lunedì 31 gennaio 2011
Il pentateuco e la critica biblica
Ogni progresso – tanto quello scientifico quanto quello spirituale – nasce nel momento in cui si crea nel cuore dell'uomo una domanda. Non si tratta di semplice curiosità, è un desiderio di conoscere e sperimentare qualcosa di nuovo. Spostare il limite della conoscenza e disegnare una nuova geografia. Acquisire una nuova consapevolezza della nostra identità, di Dio e del mondo che ci circonda. Tutto questo nasce da una piccola domanda. Per questo, a volte, è addirittura più importante della risposta stessa.
Molto spesso i credenti dimostrano di credere (in base alle loro azioni) che l'essere chiamati “pecore” da Gesù significhi credere “per fede” a tutto quello che gli viene insegnato, seguendo passivamente la pecora davanti. Ma questa è vera fede?
C'è una grande differenza tra essere credenti o creduloni. I primi credono in base ad un'esperienza personale, i secondi invece credono a qualcosa che gli viene riportato.
Le pecore di Gesù conoscono e riconoscono la Sua voce e seguono il buon Pastore, non le altre pecore. Questa è la differenza.
Ma tutto questo cosa c'entra con la teoria delle quattro fonti del pentateuco?
C'entra in più di un modo.
Da una parte, gran parte della chiesa evangelica è scandalizzata dal criticismo, additandolo come irriverente nei confronti di Dio e della fede cristiana. Ma una domanda sincera non potrà mai essere male accetta davanti al Signore. Il banco di prova della propria fede è l'atteggiamento che si manifesta proprio quando non si sa rispondere a una provocazione. E' comodo e facile alzare muri di barricata, isolandosi dalla ragione per mantenere la quiete nella propria coscienza, allontanando la persona che osa mettere in dubbio i fondamenti così cari alla propria fede. Chiudere gli occhi e fare finta di niente. Questo è fondamentalismo.
Un altro discorso invece è ammettere di non saper rispondere, e dire chiaramente che è necessario approfondire la questione e domandare una risposta al Signore.
La maggior parte delle dottrine cristiane si credono perchè insegnate da qualcuno. Ma c'è differenza tra credere l'insegnamento di altre persone e approfondire personalmente la Parola di Dio, investigando il suo Spirito per arrivare ad avere una conoscenza esperienziale personale.
Dall'altra parte infatti, tutto questo prima o poi viene inevitabilmente manifestato.
E' possibile chiudere gli occhi per molto tempo, ma prima o poi ogni credente attraversa delle crisi che fanno tremare la propria fede. E a questo punto si può vedere chiaramente dove è stata costruita la propria casa. Sulla sabbia dell'insegnamento umano oppure sulla roccia della rivelazione di Cristo? Questo non deve sminuire l'importanza del ministero dell'insegnante, ma deve essere un monito per ogni discepolo. Il discepolo di Cristo infatti non si accontenta di una lezione, lui vuole acquistare la saggezza. Non gli basta una dottrina, lui vuole il Dio che viene rappresentato da questa dottrina. Solo in questo modo un cristiano può crescere sano e dare un efficace motivo della propria fede.
Dopo questi importanti concetti preliminari, credo sia utile affacciarsi all'insegnamento dell'Apostolo Paolo nei primi due capitoli della seconda lettera ai Corinzi.
Nel dettaglio:
1Corinzi 1:21 Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione.
Il mondo non ha conosciuto Dio nella propria sapienza. E' un dato di fatto, presente nell'intero panorama biblico e nella realtà quotidiana. Non deve quindi esserci alcuna aspettativa nei confronti dei sapienti di questo secolo. Ciò che porta alla comprensione spirituale non è l'intelligenza umana ma la rivelazione divina. In questa importante verità abbiamo uno strumento che ci rende capaci di giudicare come sia meglio gestire le domande sincere.
“Chi ha scritto il pentateuco? “ è un'ottima domanda. E' la domanda che si posero Hobbes, Spinoza, Simon e duecento anni più tardi anche Wellhausen. Ma ancora di più è la domanda che si deve fare ogni credente, ogni figlio di Dio.
Come gestirono la ricerca della risposta a questa domanda i formulatori della ipotesi documentale? Essi si applicarono attraverso l'ecdotica (l'analisi del testo per identificare la sua provenienza o per ricostruire la sua storia), la critica delle fonti, la critica formale, redazionale e canonica. Tutto questo al fine di analizzare nei minimi dettagli il testo biblico e tutto quello che ne concerne, per poter capire finalmente quale fosse la sua origine.
Personalmente penso che sia stata un'attività utile, che ha portato nuove informazioni e un nuovo modo di ragionare a tutti coloro che sono interessati alla Bibbia.
Il risultato di tutti questi studi è stato il riconoscimento di quattro fonti originali, che asserirono non essere di Mosè, ma risalenti a diversi periodi della storia di Israele.
A favore di queste conclusioni, c'è da dire che un qualunque lettore della Bibbia può accorgersi – soprattutto nella Genesi – di trovare differenti stili narrativi. Due racconti della creazione. Diversi nomi per Dio. Diverse concezioni teologiche.
Di fatto “El” è il nome di una divinità del pantheon dell'area semitica e mesopotamica, comparso
per la prima volta nel 2600 a.C. nella moderna Siria; ha quindi poco a che fare con la rivelazione ebraica e molto con la contaminazione culturale.
Ci sono però delle fondamentali considerazioni da fare.
La prima, riguarda la natura della Bibbia.
Nel Nuovo Testamento comprendiamo come la natura di Gesù fosse completamente divina e completamente umana, per quanto questo possa essere impossibile da capire.
Analogamente, la Bibbia è completamente Parola di Dio ma “incarnata” in un linguaggio, in una cultura e in una geografia prettamente umane.
Analizzare sistematicamente e criticamente solo gli aspetti umani della Bibbia non possono portare a una comprensione spirituale superiore. E' impossibile.
Sono aspetti che è giusto capire per poter avere un quadro dell'insieme più ampio, ma deve esserci un livello superiore, altrimenti resta un esercizio sterile. E' importante il motivo e l'attitudine che si hanno nel cercare le risposte alle proprie domande. Questi due aspetti infatti possono viziare la ricerca e portare a delle conclusioni completamente sbagliate, perchè basate sulla sapienza di questo mondo e non sulla sapienza di Dio. La comprensione storica e culturale può dare informazioni importantissime per comprendere il significato di un brano biblico, ma deve essere uno strumento per raggiungere la forma più pura del messaggio. Non – come è stato in questo caso – il fine ultimo della ricerca.
La seconda considerazione invece riguarda la vera e propria teoria delle quattro fonti.
Molte persone non afferrano il concetto di cosa sia una teoria. Una teoria è un'idea nata in base ad una qualche ipotesi, congettura, speculazione o supposizione.
Di fatto non vi è alcuna certezza. Semplicemente, date le informazioni in possesso, si teorizza una conclusione piuttosto che un'altra. E' un ragionamento che normalmente rimane accettato finchè non si trovano nuovi elementi che portano a formulare una nuova teoria.
Riassumendo, non vi è nulla di certo; si pensa soltanto che sia andata in questo modo.
A fronte di tutta questa insicurezza, gli elementi che associano la tradizione Jahvista al periodo monarchico sono tutt'altro che assoluti.
Le deduzioni che collegano la fonte Elohista al Regno del Nord dopo la divisione dello Stato di Israele, sono opinabili e vaghe.
Gli stessi studiosi Hermann Gunkell e Martin North ammorbidirono e modificarono le teorie di Wellhausen, sviluppando l'ipotesi che i testi biblici siano stati redatti effettivamente in un epoca successiva a quella di Mosè, ma basandosi su tradizioni orali precedenti contenenti memorie accurate degli eventi descritti.
In effetti a questo punto è lecito sviluppare la domanda originaria in una forma successiva: il pentateuco è stato composto e redatto dalla stessa persona?
Anche in questo caso non si possono avere certezze assolute, però si apre uno scenario particolarmente interessante.
A parte la Genesi, la Bibbia afferma esplicitamente la paternità di Mosè nei riguardi dei libri del pentateuco.
Esodo 24:4 Mosè scrisse tutte le parole del SIGNORE.
Levitico 27:34 Questi sono i comandamenti che il SIGNORE diede a Mosè sul monte Sinai per i figli d'Israele.
(Esdra 6:18 Stabilirono i sacerdoti secondo le loro classi e i Leviti secondo le loro divisioni, per il servizio di Dio a Gerusalemme, come sta scritto nel libro di Mosè.)
Numeri 33:2 Mosè mise per iscritto le loro marce, tappa per tappa, per ordine del SIGNORE; e queste sono le tappe che fecero nel loro cammino.
Numeri 36:13 Tali sono i comandamenti e le leggi che il SIGNORE diede ai figli d'Israele per mezzo di Mosè, nelle pianure di Moab, presso il Giordano, di fronte a Gerico.
Deuteronomio 1:1 Queste sono le parole che Mosè rivolse a Israele di là dal Giordano, nel deserto, nella pianura di fronte a Suf, tra Paran, Tofel, Laban, Aserot e Di-Zaab.
In realtà per quanto riguarda il libro della Genesi ci sono comunque molti accenni impliciti, che non lasciano adito ad altre possibilità. Per esempio:
Luca 16:29 Abraamo disse: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli".
Dove con il nome di Mosè si intende l'intero pentateuco e con il termine profeti si rimanda ai profeti anteriori (Giosuè, Giudici, Samuele, Re, Isaia, Geremia, Ezechele) e posteriori (tutti gli altri libri profetici).
Come è possibile quindi coniugare questa correlazione con le evidenti differenze testuali che abbiamo visto precedentemente?
Personalmente credo che la possibilità più completa si possa sviluppare dal pensiero iniziale di Gunkell e North. La Bibbia è un testo su cui si basa la fede di ogni credente, non ha alcun senso “non credere” a quanto afferma a riguardo della paternità mosaica, né ci sono certezze che mettono il problema su un piano così profondo. Dio non può mentire, e neanche attraverso le parole umane i suoi concetti possono rivelarsi menzogneri.
Tuttavia restano probabili la seguente possibilità:
Mosè ha effettivamente scritto il pentateuco ma questo è stato trasmesso in realtà per via orale, essendo difficoltosa, dispendiosa e poco pratica nei tempi antichi la trasmissione scritta. Il manoscritto originale è andato distrutto, ma in un secondo momento queste parole sono state messe nuovamente per iscritto, continuando la trasmissione in modo accurato e fedele.
La Genesi invece, nel dettaglio, è stata redatta inizialmente da Mosè basandosi su tradizioni orali ancora più antiche. La sua cultura sicuramente comprendeva questa grande conoscenza, e lo Spirito Santo ha preservato la redazione da ogni errore. Il Signore ha voluto rivelarsi quindi inizialmente con un nome impersonale ma familiare al popolo ebraico del tempo, riservandosi una graduale rivelazione della Sua Persona.
Personalmente credo che questa possa essere l'ipotesi più verosimile storicamente e più accreditata spiritualmente.
Oltre ad approfondire il criticismo biblico, Spinoza insegnò anche una suddivisione differente dei primi libri della Bibbia, includendo anche il libro di Giosuè e considerando la raccolta così formata come l'esateuco. Di fatto questa suddivisione comprende il canone biblico samaritano. Questa popolazione inizialmente Israelita però, si fuse nel corso dei secoli con una parte delle popolazioni pagane a loro volta deportate in Israele, annacquando la forte identità originaria e discostandosi dalle tradizioni ebraiche più pure.
Martin Noth invece esclude dal pentateuco il Deuteronomio perchè non ci sono testi “deuteronomici” nei primi quattro libri della Bibbia. Per lui quindi bisogna parlare di un tetrateuco.
Dal mio punto di vista non vedo nessun motivo nel creare una nuova raccolta dei primi libri della Bibbia, a maggior ragione del fatto che l'entrata di Israele nella terra promessa è il più naturale spartiacque tra le origini del popolo ebraico e la sua storia successiva. Credo che Giosuè possa rimanere escluso senza alcun dubbio all'originale pentateuco che nella trama della stessa Bibbia è strutturato come l'originario insieme di libri di Mosè, e che non sia lecito né utile apportare alcuna modifica a questa struttura rimasta fedele nella tradizione biblica ebraica per interi millenni.
mercoledì 26 gennaio 2011
Credenti o creduloni?
Qual è il confine tra l'essere credente e l'essere credulone?
Molte volte mi sono posto in prima persona questa domanda, cercando di capire quale sia la fede genuina a cui Gesù chiama.
Ebrei 11:1 ci insegna che la fede è la dimostrazione di realtà che non si vedono. Ma se non le vediamo, come facciamo ad averne comprensione? Forse è fede credere in tutto ciò che la nostra fantasia ci suggerisce? Di fatto, questa è pazzia.
Mettendo da parte questo concetto, ne deriva che questa “realtà che non si vede” non deve essere frutto della fantasia umana. Quale può essere quindi la fonte di questa fede?
Ebrei 11:39 Tutti costoro, pur avendo avuto buona testimonianza per la loro fede, non ottennero ciò che era stato promesso.
Tutti gli “eroi della fede” hanno avuto buona testimonianza, ma non ottennero ciò che era stato promesso. Dunque l'origine della loro fede deve risalire a questa promessa. E' a causa di questa promessa che hanno conquistato regni, praticato la giustizia, chiuso le fauci ai leoni, guarito da infermità, messo in fuga eserciti stranieri. Tutta la loro vita, tutte le loro gloriose gesta, devono essere fatte risalire a un punto “zero”: il momento della promessa.
La loro fede non poggiava su una loro idea o su un loro concetto della divinità; al contrario la loro fede poggiava su una promessa concreta fatta da qualcuno.
Che promessa avevano ricevuto? Da chi?
Nel versetto successivo (Eb11:40) comprendiamo che la promessa era proceduta da Dio stesso. E che Egli non ha permesso l'adempimento nella loro epoca affinchè potesse coinvolgere anche noi, in questi ultimi tempi. La promessa quindi è stata fatta direttamente da Dio, ma in cosa consisteva, cosa stavano aspettando?
Ebrei 11:9 Per fede soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, abitando in tende, come Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa,
Ebrei 11:10 perché aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio.
La Nuova Gerusalemme, promessa dal Signore.
Osserviamo questo dualismo che oscilla tra le tende in terra straniera e la città dalle vere fondamenta, il cui costruttore è Dio stesso.
2Corinzi 5:1 Sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d'uomo, eterna, nei cieli.
Ecco la promessa. Ecco ciò che ci aspetta. Ecco su cosa deve basare la nostra fede!
Il “punto zero” di ogni cristiano deve essere il momento della personale rivelazione di Dio. L'istante in cui il Signore si è rivelato, convincendo di peccato. L'attimo in cui ci siamo convertiti, riconoscendolo come unico e solo Signore e Salvatore. Il tempo in cui abbiamo compreso la grandezza del Suo dono: la vita eterna. Una nuova dimora. La consapevolezza di essere stranieri su questa terra e di avere una casa perfetta nei cieli. L'identità di essere figli di Dio e di passare assieme a Lui l'eternità.
Questo è ciò che fa la differenza.
Credere in qualcosa che si è provato in prima persona, in Qualcuno che si è rivelato direttamente a noi. Al contrario di credere acriticamente tutto ciò che ci dicono le altre persone.
Qualcuno disse che non ci sono nipoti di Dio, soltanto figli.
Allo stesso modo, nella Chiesa non ci possono essere creduloni, solo credenti.
Questo non significa che non bisogna credere a ciò che ci dicono i nostri fratelli. Significa invece che il nostro spirito deve avere un sacro desiderio di sperimentare in modo sempre maggiore le cose di Dio, in modo da poterne avere comprensione e discernimento personale. La Chiesa fondata da Gesù Cristo non ha gerarchie. Ogni singolo credente è un sacerdote e un re. E' tempo quindi di appropriarsi di questo desiderio del Signore, adempiendo la Sua volontà. Crescendo in sapienza e in grazia davanti a Dio e agli uomini.
lunedì 24 gennaio 2011
Ecumenismo: sì o no?
Luca 9:50 Ma Gesù gli disse: «Non glielo vietate, perché chi non è contro di voi è per voi».
In quasi dieci anni, non ho mai sentito predicare su questo passo evangelico. In realtà, non ho mai neanche sentito citare questo episodio.
Senza affrettare nessuna conclusione su questo fatto, personalmente credo che sia molto importante per la maturità della Chiesa domandarsi il significato di tali parole del Signore Gesù. E domandare allo Spirito Santo quale deve essere la nostra attitudine - in questo tempo - alla affermazione sempre attuale che fece l'Apostolo Giovanni.
La Chiesa Cristiana come sappiamo è lacerata da innumerevoli denominazioni differenti, che nel corso della storia hanno mostrato diversi livelli di ostilità, alternati a rare situazioni di tolleranza.
Sono passati all'incirca duemila anni dalla fondazione della Chiesa da parte del Signore, ma l'evoluzione dell'amore cristiano non è stato purtroppo proporzionale a quello che è stato invece il progresso scientifico e tecnologico.
Anzi, possiamo osservare invece come abbia attraversato periodi di totale assenza.
Da una parte questo non ci deve sorprendere. Sappiamo infatti come sia stato profetizzato che l'iniquità aumenterà, e l'amore dei più si raffredderà. Mt 24:12
Dall'altra prospettiva invece, dobbiamo vegliare sul nostro cuore e sulla nostra vita, per poter essere realmente discepoli di Gesù, ripercorrendo i Suoi passi.
La sfida che il Signore ci rivolge infatti, è quella di essere trovati tra i "pochi" il cui amore non è stato raffreddato.
Terminate queste considerazioni, entriamo finalmente nell'analisi biblica di questi versetti e di questa tematica, per approfondire ancora una volta la volontà di Dio.
1) Il primo fatto curioso che possiamo notare, riguarda l'Apostolo che parla a Gesù di questo avvenimento appena successo. Dai caratteri che traspaiono nei Vangeli, ci saremmo aspettati una tale dichiarazione da Pietro, magari. E invece no, chi parla è Giovanni. Il discepolo che Gesù amava. La persona più vicina a Gesù nel modo più assoluto. Molto probabilmente l'Apostolo più maturo spiritualmente tra i dodici.
E' una cosa che fa riflettere e che sicuramente crea un precedente. E' un fatto quindi che anche i ministri di Dio più onorati e benedetti dal Signore possono inciampare in una mancanza di discernimento o, nel peggiore dei casi, in uno spirito settario.
2) La seconda analisi può essere fatta in riguardo all'autorità.
Questa persona che i discepoli videro scacciare demoni, lo faceva nel nome di Cristo. Probabilmente aveva ascoltato dei suoi sermoni. Forse aveva assistito ad alcuni suoi miracoli. Di fatto, per operare nel sovrannaturale invocando il nome del Signore Gesù, lo aveva sicuramente riconosciuto come il Figlio di Dio.
La sua fede era così grande, da riconoscere che non c'era neanche bisogno della Sua presenza fisica, poichè la Sua autorità trascendeva ogni luogo e ogni spazio, poggiandosi nella stessa natura onnipotente di Dio.
Questo, è un tipo di fede condiviso anche da un altro personaggio dei Vangeli: il centurione.
Matteo 8:8 Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito.
Matteo 8:9 Perché anche io sono uomo sottoposto ad altri e ho sotto di me dei soldati; e dico a uno: "Va'", ed egli va; e a un altro: "Vieni", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo", ed egli lo fa».
Matteo 8:10 Gesù, udito questo, ne restò meravigliato, e disse a quelli che lo seguivano: «Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande!
Qual'è la caratteristica di una fede così grande?
L'aver riconosciuto l'onnipotenza di Dio nella persona di Gesù Cristo.
La sovranità di Dio è così perfetta che la Sua autorità si manifesta in tutto il creato senza neanche esserci la necessità della presenza fisica di Gesù.
Una parola soltanto basta. Una parola soltanto è capace di creare.
Ragioniamo quindi sul fatto che il "tale" incontrato dai discepoli aveva sicuramente avuto una rivelazione personale della autorità di Gesù. Solo in questo modo ha potuto scacciare i demoni. Solo in questo modo ha potuto evitare la fine degli esorcisti itineranti ebrei di Atti 19:13.
In quel caso infatti vi era l'invocazione del Signore, ma senza una conoscenza personale. Il nome di Gesù non ha infatti una connotazione magica o esoterica; la sua invocazione deve essere la proclamazione di una realtà spirituale interiore. Solo in questo modo viene manifestata correttamente la potenza di Dio.
3) La terza riflessione allarga questa tematica arrivando ad abbracciare anche la nostra esperienza, e quello che il Signore richiede a noi personalmente e con noi anche a tutta la Chiesa.
La motivazione e l'insegnamento che Gesù dà agli Apostoli è che "chi non è contro di voi è per voi"(Lc 9:50)
In realtà questo tema viene affrontato anche successivamente, riproponendolo in una versione leggermente ampliata:
Luca 11:23 Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.
Questo principio spirituale è molto, molto semplice.
Chi raccoglie con Gesù, è con Lui. Chi crea danno disperdendo, è contro di Lui.
Non ci sono partiti, dottrine, schieramenti; non c'è politica.
Se una persona predica Cristo morto e risorto per la salvezza di chiunque crede, allora è un ministro di Dio.
Se invece una persona non lo fa oppure predica diversamente, non appartiene a Gesù.
L'uomo ha la tendenza di creare un proprio gruppo dove sentirsi accettato e al sicuro, respingendo chiunque non appartenga a questo gruppo.
Il Signore però non ha creato la Chiesa con questo scopo.
Lo scopo della Chiesa è predicare Cristo crocefisso (1Co 1:23). E' un compito rivolto verso l'esterno. La Chiesa non vuole offrire solo il senso di appartenenza a qualcosa, ma piuttosto accogliere chi cambia la propria identità in Cristo.
I problemi nascono quando le persone non condividono modi di agire differenti dal proprio, ma l'unico vincolo che mette Gesù non riguarda questo.
E' normale, anzi, è ottimo che ogni credente abbia una grande chiarezza nella propria dottrina di fede, ma questo non deve essere d'inciampo a poter collaborare con fratelli che non la pensano come te. Quando Cristo è al centro, tutto il resto diventa relativo e ogni altra questione deve prendere la giusta importanza subordinata. Questo non significa svendere le proprie idee oppure perdere la propria identità di fede, al contrario! Significa avere grande chiarezza di chi si è, unita a una grande volontà di servire ed amare i fratelli anche se la pensano in modo diverso e vivono diversamente la propria fede. Perchè è necessario tutto questo? Per svolgere fedelmente il lavoro che il Signore ci ha affidato: "Raccogliere con Lui".
Ricordiamo a questo proposito gli insegnamenti dell'Apostolo Paolo:
Galati 5:19 Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: [...]
Galati 5:20 gelosia, ire, contese, divisioni, sètte [...]
1Corinzi 3:1 Fratelli, io non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo.
1Corinzi 3:2 Vi ho nutriti di latte, non di cibo solido, perché non eravate capaci di sopportarlo; anzi, non lo siete neppure adesso, perché siete ancora carnali.
1Corinzi 3:3 Infatti, dato che ci sono tra di voi gelosie e contese, non siete forse carnali e non vi comportate secondo la natura umana?
1Corinzi 3:4 Quando uno dice: «Io sono di Paolo»; e un altro: «Io sono d'Apollo»; non siete forse uomini carnali?
1Corinzi 3:5 Che cos'è dunque Apollo? E che cos'è Paolo? Sono servitori, per mezzo dei quali voi avete creduto; e lo sono nel modo che il Signore ha dato a ciascuno di loro.
1Corinzi 3:6 Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere;
1Corinzi 3:7 quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!
Le divisioni sono opere della carne.
Creare e promuovere delle fazioni è sinonimo di immaturità.
Quale deve essere invece lo sforzo di tutti?
Efesini 4:1 Io dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta,
Efesini 4:2 con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore,
Efesini 4:3 sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace.
venerdì 21 gennaio 2011
Quando la speranza svanisce
Ezechiele 37:4 Egli mi disse: «Profetizza su queste ossa, e di' loro: "Ossa secche, ascoltate la parola del SIGNORE!"
Ezechiele 37:5 Così dice il Signore, DIO, a queste ossa: "Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e voi rivivrete;
Ezechiele 37:6 metterò su di voi dei muscoli, farò nascere su di voi della carne, vi coprirò di pelle, metterò in voi lo spirito, e rivivrete; e conoscerete che io sono il SIGNORE"».
Ezechiele 37:10 Io profetizzai, come egli mi aveva comandato, e lo Spirito entrò in essi: tornarono alla vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, grandissimo.
Queste ossa secche potrebbero rivivere?
Al giorno d'oggi, il criticismo della società risponderebbe a gran voce: "sicuramente no!". La risposta del profeta Ezechiele invece fu differente.
Israele era deportato. Era un popolo schiavo, depredato di ogni suo avere e della terra che Dio gli aveva promesso. Era una nazione divisa, a causa di una scissione tra i regni di Giuda e Beniamino e le restanti tribù.
La promessa di Dio sembrava decaduta.
Il popolo scelto guardava i Babilonesi loro deportatori e si chiedeva inevitabilmente dove fosse la protezione di Dio. Se è vero che Dio esiste, perchè non fa qualcosa?
In realtà, anche questa domanda nasconde una venatura di speranza. Se Dio non ha ancora fatto qualcosa può sempre farla oggi.
In questo contesto però fu abbandonata anche la più piccola speranza.
C'è un punto in cui non vi è futuro ai nostri occhi.
C'è un punto in cui ci si convince di non essere più nulla.
Ezechiele 37:11 Egli mi disse: «Figlio d'uomo, queste ossa sono tutta la casa d'Israele. Ecco, essi dicono: "Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti!"
Questo era il punto raggiunto dalla casa d'Israele. "La nostra speranza è svanita, noi siamo perduti!". Siamo arrivati alla fine, e dopo la fine non c'è più nulla.
In questo contesto Dio chiese a Ezechiele se delle ossa secche potessero rivivere.
La sua risposta avrebbe potuto essere "Temo di no, Signore." Oppure "Lo spero con tutto me stesso". O "Tu puoi sicuramente!"
Ma la risposta non fu nessuna di queste.
Le sue parole si espressero invece dicendo: «Signore, DIO, tu lo sai».
E' una frase arresa a Dio, che non pretende di sapere nulla, nè ostentare falsa sicurezza. Quando non c'è alcuna certezza, rimane sempre quella riguardante la sovranità di Dio. Egli sa cosa sta succedendo. Egli sa cosa può succedere. Tutto è in Suo potere. Ci sono molti momenti in cui non abbiamo neanche forza di domandare qualcosa a Dio, nè rispondere alle Sue domande.
Ecco però, che proprio in questo momento, il Signore comanda ad Ezechiele: "Profetizza su queste ossa!" Non è la volontà del profeta, non è un suo desiderio. E' un atto di ubbidienza a un comando di DIO.
Questa è la differenza con molte profezie del giorno d'oggi, promosse e gridate da profeti che non hanno ricevuto nessun comando, ma che agiscono seguendo i propri desideri. Desideri che possono essere spirituali, e talvolta anche in buona fede ma senza alcun discernimento. Quando la parola parte dall'uomo, essa cade a terra. Quando la parola è comandata da Dio, riporta alla vita anche le ossa secche.
Ezechiele 37:12 Perciò, profetizza e di' loro: Così parla il Signore, DIO: "Ecco, io aprirò le vostre tombe, vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d'Israele.
Ezechiele 37:13 Voi conoscerete che io sono il SIGNORE, quando aprirò le vostre tombe e vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio!
Ezechiele 37:14 E metterò in voi il mio Spirito, e voi tornerete in vita; vi porrò sul vostro suolo, e conoscerete che io, il SIGNORE, ho parlato e ho messo la cosa in atto", dice il SIGNORE».
Dopo aver profetizzato sulle ossa, metafora di Israele, la profezia di Dio viene diretta al Suo popolo, destinatario autentico.
Questa infatti è molto più di una promessa: è un ristabilimento già accaduto nella volontà di Dio, che si manifesterà a tempo debito.
Osserviamo l'onnipotenza di Dio che può intervenire proprio quando non c'è alcuna possibilità di speranza. Tutto è perduto, non c'è più nulla da salvare. Questo è il momento in cui il Signore si compiace di intervenire, portando all'esistenza ciò che non è più.
Giovanni 11:32 Appena Maria fu giunta dov'era Gesù e l'ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto»
Gesù aspettò la morte di Lazzaro proprio per insegnare e rendere manifesta l'onnipotenza del Padre.
Giovanni 11:43 Detto questo, gridò ad alta voce: «Lazzaro, vieni fuori!»
Giovanni 11:44 Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti da fasce, e il viso coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».
Questa comprensione e questo insegnamento deve calare nei nostri cuori, affinchè possiamo renderci conto quanto sia grande il nostro Dio.
L'uomo nasce e cresce in un mondo pieno di limiti e ordini stabiliti da Dio. Un ordine temporale, un ordine biologico, un ordine fisico. Il nostro stesso modo di pensare è soggetto a queste regole, potendo ragionare con logica solo essendone sottomessi. Ma il nostro Dio onnipotente non ha alcun limite. Egli ha creato dal nulla l'universo e può chiamare all'esistenza le cose che non esistono più, tanto quanto quelle che non sono mai esistite.
Come può consolarci tutto questo?
La consolazione è enorme, per ciascuno di noi.
Se fino ad ora abbiamo sperato solo fino a un certo punto, rimettiamoci completamente nelle mani del nostro Creatore. Deponiamo noi stessi nel Suo abbraccio, confessando "Signore, Dio, tu lo sai". Tu sai se io posso uscire da questa situazione, tu sai se posso superare questo dolore. Io non so nulla, ma Tu sai tutto. Mi abbandono alla Tua conoscenza.
Ora però stiamo in ascolto. Il Signore ci sta per parlare.
Sta profetizzando parole di vita su di noi.
Ascoltiamo attentamente, e la nostra vita cambierà.
martedì 18 gennaio 2011
Il riposo di Dio
Genesi 2:1 Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro.
Genesi 2:2 Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta.
Genesi 2:3 Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.
Dopo aver creato ogni cosa - visibile e invisibile - Dio creò, benedisse e santificò il settimo giorno. In esso il Signore si riposò. Questo riposo ovviamente non ha a che fare con uno sforzo fisico, ma piuttosto con un tempo di contemplazione del creato.
Questo riposo ha un importantissimo significato teologico, che riguarda tutti i credenti e il loro sviluppo spirituale. Biblicamente il numero sette rappresenta la perfezione di Dio; contrapposta ai sei giorni della creazione che sono associati all'uomo e alla sua imperfezione. Ogni cosa infatti è sì "buona", ma ben presto degenererà in qualcosa di molto lontano dal progetto finale di Dio.
Romani 8:19 Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio;
Romani 8:20 perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l'ha sottoposta,
Romani 8:21 nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.
Romani 8:22 Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio;
Romani 8:23 non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo.
Questi versi ben rappresentano la grande tensione fra la schiavitù della corruzione e la libertà dei figli di Dio. La prima è contenuta nei sei giorni della creazione, la seconda nel settimo. Cosa c'è di così profondo in questo giorno? Sappiamo che da questo comandamento gli ebrei iniziarono ad osservare lo Shabbat, ossia un completo riposo nel giorno settimanale del Sabato, in onore a Dio. Questo però è solo un comandamento che Dio diede per rappresentare qualcosa di molto più glorioso, che sarebbe stato manifestato pienamente a tempo debito. Il settimo giorno infatti non è un tempo, ma una posizione spirituale.
LA PROFEZIA
Salmi 118:22 La pietra che i costruttori avevano disprezzata
è divenuta la pietra angolare.
Salmi 118:23 Questa è opera del SIGNORE,
è cosa meravigliosa agli occhi nostri.
Salmi 118:24 Questo è il giorno che il SIGNORE ci ha preparato;
festeggiamo e rallegriamoci in esso.
Salmi 118:25 O SIGNORE, dacci la salvezza!
Questo salmo è spiccatamente profetico, poichè parla della venuta del Messia.
Affrontando questo argomento, è giusto soffermarsi sul versetto 24, per capire il significato profondo che sta dietro a questa affermazione.
Il soggetto di partenza è la pietra divenuta pietra angolare. Il riferimento indica chiaramente il Signore Gesù. (Cfr. Mt 21:42, Mc 12:10, Atti 4:11)
Qual'è dunque questo giorno, che il Signore ci ha preparato? La risposta è più d'una.
Il giorno della resurrezione di Cristo, sancisce l'inizio di una nuova epoca spirituale, l'epoca della Grazia. Il compimento più importante della volontà di Dio. In tutto questo vediamo il giorno che è stato preparato dal Signore fin dall'inizio dei tempi. Il giorno in cui finalmente possiamo dire "O Signore, dacci la salvezza!" perchè finalmente è una cosa che il Signore vuole donare, in accordo con l'adempimento progressivo della Sua volontà. Questo brano è una Sua anticipazione di ciò che verrà. Ai tempi dell'Antico Testamento, si poteva sapere che c'era speranza perchè il Signore ha rivelato quello che voleva fare, la salvezza che voleva accordare. Anche se ancora non la vedevano, ogni uomo di Dio si è potuto rallegrare in essa. C'è gioia nel conoscere i piani del Signore.
Questo giorno però, è anche qualcosa di più dell'"epoca della Grazia".
Rappresenta infatti anche la piena manifestazione del settimo giorno.
Il riposo di Dio che rappresenta a tutti gli effetti la Sua natura, il Suo regno; contrapposti alla creazione sottomessa alla schiavitù della corruzione. L'uomo, il mondo, l'universo; ogni cosa è schiava della corruzione. In tutto questo, la salvezza offerta da Dio è una metamorfosi di ogni Suo figlio in questa nuova creazione, in questa natura divina.
L'ADEMPIMENTO
Ebrei 4:1 Stiamo dunque attenti: la promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso.
Ebrei 4:2 Poiché a noi come a loro è stata annunciata una buona notizia; a loro però la parola della predicazione non giovò a nulla non essendo stata assimilata per fede da quelli che l'avevano ascoltata.
Ebrei 4:3 Noi che abbiamo creduto, infatti, entriamo in quel riposo, come Dio ha detto:
«Così giurai nella mia ira:
"Non entreranno nel mio riposo!"»
E così disse, benché le sue opere fossero terminate fin dalla creazione del mondo.
Ebrei 4:4 Infatti, in qualche luogo, a proposito del settimo giorno, è detto così:
«Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere»;
Ebrei 4:6 Poiché risulta che alcuni devono entrarci, e quelli ai quali la buona notizia fu prima annunciata non vi entrarono a motivo della loro disubbidienza,
Ebrei 4:7 Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima:
«Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori!»
Ebrei 4:8 Infatti, se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d'un altro giorno.
Ebrei 4:9 Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio;
Ebrei 4:10 infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue.
Rimane un riposo sabatico per il popolo di Dio.
Questo riposo è l'adempimento delle profezie a riguardo. La realizzazione del significato del settimo giorno della creazione.
In realtà questo compimento è iniziato dall'epoca della Grazia ma avrà come punto focale il momento in cui Cristo Re tornerà per regnare. Il momento in cui i credenti erediteranno nuovi corpi incorruttibili. Nel tempo presente, ubbidendo all'esortazione del Signore si entra nel riposo di Dio, ma in questo tempo futuro si potrà vedere la piena manifestazione di questa scelta. Chi entra nel riposo di Dio infatti, si riposa anche lui dalle opere proprie. Se noi entrando nel riposo ci riposiamo completamente dalle nostre opere, quali saranno le opere che avremo possibilità di compiere?
Le opere di Dio.
Galati 2:20 non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!
Questa è la nuova natura, la natura di Dio.
Questa è la creazione spirituale del settimo giorno.
Un giorno in cui Dio non ha lavorato per creare qualcosa ma semplicemente si è riposato per essere ciò che Egli è ed osservare ciò che ha fatto.
I credenti che entrano nel settimo giorno possono godere del soprannaturale di Dio, possono camminare ascoltando lo Spirito Santo e imparare a diventare delle nuove creature. Tuttavia anche in questo modo c'è la tensione dell'attesa della redenzione del corpo e la manifestazione di questa realtà spirituale che sarà pienamente realizzata solo al ritorno di Gesù.
Osserviamo quindi l'importanza fondamentale nell'entrare e dimorare nel riposo di Dio. Solo entrando nel settimo giorno si può venire a conoscenza del Signore, solo in questo modo è possibile essere rinnovati e stare con Lui per l'eternità.
giovedì 13 gennaio 2011
Il dono di Cristo
La Chiesa della nostra generazione sembra ignorare completamente questa esortazione.
Scarsa umiltà, impazienza, insofferenza reciproca, accuse e incomprensioni riguardanti lo Spirito, aperta ostilità. Sembra quasi che vi siano più corpi, più Spiriti, più battesimi.....uno per ogni denominazione cristiana.
Purtroppo questa è la fotografia lucida e nitida della situazione attuale, e sono sicuro che la tua esperienza può confermarla. Come siamo arrivati a questo? Di chi è colpa?
La colpa è di tutti noi. Nessuno escluso.
Certo, ognuno ha le proprie motivazioni. Ciascuno può dirsi sicuro di avere perfettamente ragione. Di fatto queste molteplici “ragioni” hanno allontanato la Chiesa dal desiderio più importante del suo Sposo.
Giovanni 17:20-23 Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me.
Perfetti nell'unità. La distanza è talmente grande da causare una profonda tristezza.
Possono forse delle “verità” allontanare dalla volontà di Dio?
No di certo.
Alcune, o forse tutte, devono per forza essere menzogne.
Matteo 12:33 O fate l'albero buono e buono pure il suo frutto, o fate l'albero cattivo e cattivo pure il suo frutto; perché dal frutto si conosce l'albero.
Dal frutto si conosce l'albero.
Settarismo. Divisioni. Quale può essere il loro albero?
Galati 5:19 Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: [...] inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie […].
E' l'albero della carnalità. Dell'egoismo. Della fragilità umana.
Sono parole molto pesanti ed è difficile e doloroso rispecchiarsi in esse in prima persona. L'occasione è importante però e vale la pena mostrare la nostra buona coscienza davanti al Signore, ascoltando la Sua voce.
La riprensione del Signore vale molto di più delle lodi degli uomini che stimiamo e che ci stanno accanto.
Salmi 139:23 Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore.
Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri.
Salmi 139:24 Vedi se c'è in me qualche via iniqua
e guidami per la via eterna.
Chiediamo insieme al Signore di esaminarci. Di mostrarci se abbiamo percorso delle vie inique. Delle vie percorse nel pregiudizio, nella critica distruttiva, nel pettegolezzo soprattutto nei confronti di fratelli nella fede.
Nel Regno di Dio non importa dove sta la "ragione", quel che conta è l'"amore".
Prendiamo il tempo necessario per affrontare a fondo queste riflessioni. Per chiedere una conferma e un'indicazione dallo Spirito Santo.
Solo dopo tutto questo possiamo affacciarci a qualcosa di nuovo: l'unità dello Spirito con il vincolo della pace.
Come è possibile raggiungerla? Cosa posso fare personalmente per promuoverla?
Credo che il brano iniziale della Lettera agli Efesini possa insegnarci molto. Torniamo quindi a leggerlo, soffermandoci al versetto sette.
Efesini 4:7 Ma a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo.
La fede in Gesù Cristo è contraddistinta in una serie di unità. Unità del corpo, dello Spirito, della speranza e della vocazione.
Un unico Signore, una sola fede ed un solo battesimo.
Un solo Dio.
Successivamente c'è un “ma”.
Tutte queste caratteristiche sono vere, ma sono attuabili attraverso un'eccezione, che porta diversità in tutte queste unità. Qual'è questa eccezione inserita in un sistema così completo e unico?
La (differente) misura del dono di Cristo.
Ad ogni figlio di Dio viene data la Sua grazia secondo una misura personale del “dono di Cristo”.
Questa misura varia da persona a persona, pertanto non è uguale per tutti.
Questo porta a delle diversità, ed è l'unica diversità ammessa da Dio.
E' importante ora capire che cosa sia questo “dono di Cristo”, in modo da comprendere la dinamica che porta la Chiesa ad essere diversa nelle sue individualità e come sia possibile la sua unità nonostante tutto questo. Per farlo, dobbiamo continuare la lettura di questo brano tratto dalla lettera agli Efesini.
Efesini 4:9 Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra?
Efesini 4:10 Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al di sopra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa.
Efesini 4:11 È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori,
Efesini 4:12 per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo,
Efesini 4:13 fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo;
Efesini 4:14 affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore;
Efesini 4:15 ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo.
Efesini 4:16 Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore.
Il dono di Cristo è il ministero di apostolo, profeta, evangelista, pastore e dottore.
Ognuno di questi ministeri è una parte del dono di Cristo. Insieme mostrano l'interezza del dono. Questa diversità donata dal Signore ha lo scopo di portare all'unità della fede (vv.12,13). E' qualcosa di fondamentale importanza, il modo che il Signore ha provveduto per adempiere la Sua volontà per la Chiesa. A tutti gli effetti è il Suo dono per la Chiesa.
Non una struttura aziendale di tipo gerarchico, ma un organismo spirituale interdipendente. Dove i doni e il ministero di ogni credente ha efficacia di benedizione sull'intero Corpo. Ciò che spesso non si comprende però è che per funzionare correttamente, questi ministeri devono mantenere la propria identità. E' normale che in tutto questo ci siano priorità e punti di vista differenti, ma chi ha detto che ci deve essere un solo punto di vista?
Chi ha scritto nella Bibbia che il pastore ha potere superiore ai profeti? Che la cura d'anime sia più importante della profezia? Che gli studi biblici siano più importanti dell'evangelizzazione?
Credo che ognuno possa capire che sono tutte cose importanti. E' stupido cercare di dare più importanza a un aspetto piuttosto che ad un altro solo per avere un'organizzazione migliore.
Proverbi 14:4 Dove mancano i buoi è vuoto il granaio,
ma l'abbondanza della raccolta sta nella forza del bue.
La stalla senza buoi è la più pulita ed organizzata del mondo. C'è solo un piccolo problema: il granaio è vuoto. A cosa serve allora? A nulla!
Certo, i buoi sporcano. Mettono in disordine. A volte sono difficili da gestire. Ma nella loro forza sta l'abbondanza della raccolta.
Se vogliamo portare frutto e che sia un frutto duraturo, è necessario chiedere al Signore di aprire la nostra mente per capire anche i fratelli che non comprendiamo. Le cause di un attrito sono molteplici. Immaturità spirituale, divergenza di interpretazione su alcuni passi biblici, doni e ministeri diversi. Per nessun motivo però ci è lecito avere discordie, gelosia, ire, contese. Quando la differenza non si basa sulle verità fondamentali della Parola di Dio, sulle dottrine che riguardano la salvezza; agiamo in modo assennato, pregando Dio che possa rivelare a noi o all'altro fratello qualcosa a riguardo. Impariamo ad avere una mente aperta e a mettere in discussione il nostro punto di vista. Scopriremo che spesso molte convinzioni si sono radicate in noi per tradizione e non per uno studio personale della Bibbia.
Ma anche quando la differenza rimane, esercitiamo l'amore di Dio in noi. La tolleranza, la pazienza e la comprensione. Invochiamo questo aiuto soprannaturale del Signore in modo da crescere e portare benedizioni alla chiesa. Non disprezziamo il dono di Cristo. Non spegnamo lo Spirito.
mercoledì 12 gennaio 2011
I gradi di intimità con Gesù
La conversione a Cristo si può definire sostanzialmente come l'incontro e la conoscenza con una Persona: Gesù Cristo. Lo Spirito Santo convince di peccato e dona la piena consapevolezza della presenza di Dio. Questo però è solo l'inizio, la nascita. Questo, è solo il primo incontro – la prima rivelazione – del Signore, a cui sono necessarie molte altre successive per crescere.
Ogni tappa di crescita cristiana però possiamo dire essere regolata soltanto da una variabile: la maggiore profondità nella conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Davanti al Padre non ci sono altre vie. Egli non si compiace nel bene come nel male. Egli si compiace soltanto nel Figlio: Gesù. E solo nella nostra progressiva conoscenza di Lui possiamo venire trasformati a Sua immagine percorrendo la strada che ha voluto per noi.
L'apostolo Pietro, scrivendo questo concetto nella sua seconda lettera, affianca due attributi (aggettivi – sostantivi) riguardanti Cristo. Attributi che riguardano non solo il Suo carattere ma anche la Sua stessa natura.
Il primo è “Signore”: κύριος – kyrios. Tale termine comunica la supremazia in autorità. Suo è l'universo e a maggior ragione, Suoi sono i credenti. Egli è il Re Supremo e noi, proclamandoci “schiavi” possiamo metterci in un rapporto personale con Lui.
Il secondo termine è “Salvatore”: σωτήρ – soter. E' abbastanza chiaro il suo significato per noi, ma penso sia utile sottolineare qualche aspetto in particolare. Cristo è morto per noi, affinchè noi possiamo vivere. Egli è il Salvatore: ci ha salvati! Questa salvezza però si può concepire con maggiore consapevolezza e maggior dettaglio. Un piccolo spunto di riflessione riguarda proprio altri significati di questo termine. Oltre al generico significato immediato infatti, può intendere “liberare, proteggere, preservare, guarire, rendere intero: completo”.
Ecco perciò che nella propria vita spirituale possiamo accostarci per rivelazione a nuovi “aggettivi – sostantivi” di Dio, nuove sfaccettature della Sua natura e della Sua azione nei nostri confronti. Esattamente come è accaduto con Israele migliaia di anni fa (YHWH – Jireh, Rapha, Nissi, M'kaddesh, Shalom, Tsidkenu, Rohi, Shammah).
Ogni nuovo incontro con Dio, ogni nuova rivelazione che ci viene donata accresce la nostra comprensione e la nostra intimità con Lui. Questo è reso possibile dalla Sua Grazia nei nostri confronti e dalla nostra volontà ed il nostro tempo dedicati ad una sincera ricerca di profonda comunione. Penso ci siano due aspetti nei Vangeli che ci possono insegnare qualcosa in merito.
Il primo, riguarda la parabola del seminatore.
Matteo 13:3 Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo:
«Il seminatore uscì a seminare.
Matteo 13:4 Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono.
Matteo 13:5 Un'altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo;
Matteo 13:6 ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì.
Matteo 13:7 Un'altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono.
Matteo 13:8 Un'altra cadde nella buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta, il trenta per uno.
Nel Vangelo di Marco, capitolo 4 dal versetto 14 al 20 abbiamo l'interpretazione che Gesù diede ai suoi discepoli: i vari terreni sono diversi tipi di persone che hanno un'adesione e una risposta diversa al seme che è la Parola di Dio.
Sono persuaso però che tale parabola possa identificare anche la stessa persona in differenti tempi.
Ecclesiaste 3:1 Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo.
Lo stesso seme ha sicuramente riscontri diversi in base alle circostanze, alle stagioni e al lavoro che è stato fatto. Possiamo vedere la parabola nell'ambito dell'evangelizzazione e della conversione a Cristo. Il seminatore può essere il figlio di Dio che provvede a evangelizzare, in accordo al comandamento del Maestro. I terreni diversi sono le diverse persone. C'è chi è entusiasta ma poi si perde nel mondo e chi rifiuta completamente il messaggio perchè troppo indurito. Il nostro compito però – sicuramente il compito di ogni leader credente – è quello di insistere in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convincere, rimproverare con ogni tipo di insegnamento e di pazienza nella speranza che Dio conceda alle persone di ravvedersi per conoscere la verità (2Tim4:2, 2:25). Con questa azione infatti, la Grazia di Dio in noi lavora il terreno duro. Rimuove le spine da quello infestato. Esercita un'azione santificante che muta il cuore e – nella volontà del Signore – modifica l'esito della nuova semina. La Parola di Dio infatti non torna a vuoto senza aver compiuto ciò per cui è stata mandata. (Is 55:11). Ecco quindi che una stessa persona può essere un terreno duro e impermeabile ad un primo seme. Ma a distanza di tempo, altri servitori di Dio possono avere altre occasioni di seminare. E magari questa sarà una stagione di primavera. Un nuovo terreno morbido e fecondo, che possa dare un risultato completamente differente.
Oltre alla salvezza però, questo può riguardare anche i processi di santificazione per i credenti. Alcuni messaggi e alcune prove del Signore infatti portano ad una crescita e un livello maggiore di comunione e intimità. Altre volte però si è distratti. Anche se gli spiriti sono pronti, la carne in certi tempi è particolarmente debole. Ed ecco quindi che quello specifico insegnamento non ha un'immediato risultato. Come Israele nel deserto, possiamo ritrovarci a girare in cerchio per qualche tempo, prima di tornare a porre la nostra vita completa nelle mani del Signore ed essere indirizzati in modo spedito verso la nostra terra promessa. C'è chi ci arriva prima e chi ci arriva dopo.
Il secondo aspetto riguarda i diversi gradi di relazione con Gesù, nel Suo ministero terreno.
Matteo 14:20 Tutti mangiarono e furono sazi; e si portarono via, dei pezzi avanzati, dodici ceste piene. E quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, oltre alle donne e ai bambini.
Cinquemila uomini ascoltarono Gesù e furono guariti da svariate malattie. Furono testimoni del miracolo della moltiplicazione dei pani. Erano migliaia di persone, ma ebbero un'esperienza di Gesù limitata alla loro benedizione.
Luca 10:1 Dopo queste cose, il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dov'egli stesso stava per andare.
Settanta persone poterono essere chiamate “discepoli” dal Signore. Erano uomini che ascoltarono numerosi insegnamenti di Gesù, seguendolo personalmente. Ricevettero l'importante incarico di evangelizzare Israele e parlare a tutti del Regno di Dio. Anche se la Scrittura non ne parla più, è probabile che molti di loro si ritrovarono insieme nell'alto solaio ad attendere la Pentecoste (visto che c'erano centoventi persone), facendo parte della chiesa primitiva di Gerusalemme.
Luca 6:12 In quei giorni egli andò sul monte a pregare, e passò la notte pregando Dio.
Luca 6:13 Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli.
I dodici furono scelti per stare sempre assieme al Maestro.
Diede loro il nome di “apostoli” ossia “inviati, missionari”.
Ascoltarono gli insegnamenti in parabole come tutti gli altri, ma furono gli unici ai quali il Signore spiegò apertamente il significato.
Matteo 17:1 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte.
Matteo 17:2 E fu trasfigurato davanti a loro; la sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce.
Dei dodici apostoli, soltanto tre videro Gesù trasfigurato e glorificato.
Ebbero una comunione più profonda e intima con il Signore, vivendo circostanze estranee agli altri discepoli.
Giovanni 13:23 Ora, a tavola, inclinato sul petto di Gesù, stava uno dei discepoli, quello che Gesù amava.
Giovanni 19:25 Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena.
Giovanni 19:26 Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio!»
Soltanto invece Giovanni fu conosciuto come il discepolo che Gesù amava.
Solo lui – dei dodici - restò con il Signore fin sotto la croce senza rinnegarlo mai.
Apocalisse 1:1 Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve, e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo servo Giovanni.
Solo Giovanni, circa sessant'anni dopo l'ascesa al cielo di Gesù, ricevette la più importante rivelazione per la Chiesa, con implicazioni dall'importanza eterna.
Così come la parabola del seminatore, anche queste osservazioni possono portare almeno a due considerazioni differenti.
Romani 12:3 Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno.
La prima riguarda l'unità nella diversità. La Chiesa è formata da persone estremamente diverse tra di loro, che hanno altresì doni e ministeri spirituali molto differenti. Non sono rare inconprensioni tra il ministero profetico e di insegnamento – per esempio – viste le diverse priorità e punti di vista che ne sono derivati. Ci vuole molta maturità per poter avere un quadro più ampio e accettare pareri diversi dal proprio. Ad ogni credente infatti è concessa da Dio una misura di fede personale, diversa da ogni altro. Così come Gesù nel Suo ministero terreno ebbe relazioni differenti con i Suoi discepoli, allo stesso modo accade oggi. Alcuni fratelli possono avere un'intimità fortissima, che spesso porta a rivelazioni e rapimenti nello Spirito di raro accadimento. Altri invece possono accostarsi a Dio in modo più superficiale ma non per questo meno sincero.
La seconda interpretazione invece, anche qui riguarda la crescita cristiana. La conversione è di per sé stessa un miracolo, e spesso coinvolge liberazioni spirituali e da dipendenze di svariato tipo. Questo però è solo l'inizio, il primo approccio al Dio soprannaturale. Dopo poco tempo infatti, si prende consapevolezza di aver ricevuto il mandato evangelistico e si inizia a testimoniare ciò che è successo nella propria vita, volendo comunicare ad amici e parenti quello che si è compreso essere il Regno di Dio. Se il proprio grado di ubbidienza al Signore aumenta progressivamente con il passare del tempo, è normale fare scoperte sempre nuove sia riguardanti la Sua Parola – la Bibbia – attraverso lo studio, sia attraverso l'ascolto personale dello Spirito Santo, che porta a mettere in pratica la propria fede nella vita quotidiana. Una volta che questa viene consolidata, si cresce nella sensibilità spirituale e profetica (1Cor14:21) oltre che in generale nell'esercizio dei propri doni spirituali. Alcune persone poi iniziano gradualmente ad avere la maturità e la chiamata per poter esercitare un ministero, e comunicare alla chiesa rivelazioni e insegnamenti particolarmente utili per l'edificazione comune.
Ciò che differenzia i cristiani carnali da quelli spirituali però, è la diretta dipendenza o meno che si ha dallo Spirito Santo. Ecco quindi che da qualsiasi livello di “maturità spirituale” si può facilmente cadere nell'orgoglio e in svariati peccati che accecano la mente e lo spirito, portando fuori dalla comunione più intima con il Signore.
Per questo motivo credo che ad una sfumatura più profonda, ogni credente in base all'abbandono e all'ubbidienza a Dio, viva in modo diverso la propria fede addirittura tra un giorno e l'altro.
La nostra fede però non è nell' "amicizia" con il Signore.
La nostra fede è nella Grazia di Dio.
Ed ecco che in qualsiasi stato io mi senta, da qualsiasi successo o fallimento io arrivi, l'unica cosa sensata che posso e potrò mai fare è proprio accostarmi al Signore con cuore umile. Riconoscendolo per ciò che Egli è. E ringraziandolo per tutto quello sono e per tutto quello che mi ha donato.
A Dio sia la gloria, ora e sempre.
giovedì 6 gennaio 2011
Homo novus: perchè?
Se è vero - come è vero - che Dio è onnipotente, perchè ha lasciato che Adamo ed Eva decadessero dalla loro posizione originaria? La risposta più comune concerne il loro libero arbitrio. E l'amore di Dio, che ha significato solo se l'oggetto di questo amore è libero di sceglierlo. Nel peccato originale dunque vedremmo la frustrazione dei piani di Dio che, sottomesso alla libertà umana, escogita un nuovo modo per "salvare il salvabile" della creazione che porta la Sua immagine. Questo piano riguarda la morte e resurrezione di Cristo nella carne, per offrire redenzione all'umanità.
Conservando un'enorme rispetto per questi insegnamenti, è mio desiderio mettere alla prova un altro punto di vista; cominciato, come accennato sopra, in un intervento di qualche mese fa.
Isaia 25:1 SIGNORE, tu sei il mio Dio;
io ti esalterò, loderò il tuo nome,
perché hai fatto cose meravigliose;
i tuoi disegni, concepiti da tempo, sono fedeli e stabili.
I disegni del Signore sono concepiti da tempo e sono fedeli e stabili.
Efesini 1:3 Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo.
Efesini 1:4 In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui,
Efesini 1:5 avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà,
Efesini 1:6 a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio.
Il disegno benevolo del Signore, concepito prima della creazione del mondo, è di salvare coloro che sono giustificati attraverso la fede nel sacrificio di Cristo Gesù, consistente nella Sua morte e resurrezione.
Questo piano è stato deciso prima della creazione del mondo. Prima della creazione di Adamo e di Eva.
Prima dell'esistenza di ogni essere umano infatti, il Padre aveva progettato di costruire l'intero universo, il mondo e l'uomo. Ma ancor di più, aveva già deciso di donare vita eterna all'uomo facendo entrare in questo mondo il Figlio diventato carne. Infatti vi è un legame indissolubile tra l'adozione di Dio e il sacrificio di Cristo. L'uno dipende direttamente dall'altro.
Colossesi 1:13 Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio.
Colossesi 1:14 In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.
Colossesi 1:15 Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura;
Colossesi 1:16 poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
Colossesi 1:17 Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui.
Tutte le cose sono state create per mezzo del Figlio e in vista di Lui.
Si potrebbe pensare che ciò riguarda Dio Figlio come Spirito, ma appare chiaro invece che il soggetto è Dio Figlio come immagine visibile del Dio invisibile. Non solo la Parola dunque ma Gesù Cristo nel momento in cui si è fatto carne. Questo è infatti il motivo per cui Egli può dire di essere il primogenito di ogni creatura. Finchè Dio Figlio rimase solo Creatore, non poteva essere il primogenito di ogni creatura in quanto non era una creatura, non era mai stato creato. Gesù Cristo invece, dal Suo concepimento per opera dello Spirito Santo è entrato nella creazione diventando creatura (pur rimanendo anche completamente Dio Creatore) e - essendo esistito prima di ogni altra cosa - ha preso immediatamente il titolo di primogenito.
Osservando gli eventi da questa prospettiva, ci rendiamo conto del fatto che la stessa disubbidienza nell'Eden rientrava nei piani divini.
Possiamo quindi collegarci agli insegnamenti dell'articolo "Homo Novus": l'atto creativo di Dio non si è fermato il sesto giorno ma continua anche oggi, attraverso il processo di santificazione nei Suoi figli. Ma che senso ha tutto questo? Perchè non creare l'uomo già perfetto oltre che immortale, senza farlo passare attraverso la sofferenza e la morte?
[Adamo infatti non è mai stato immortale. Piuttosto godeva di una continua rigenerazione dovuta all'assunzione del frutto dell'albero della vita. Ne è dimostrazione il fatto che cominciò ad invecchiare quando uscì dal giardino di Eden, interdetto dall'albero in questione.]
Una possibile risposta credo che possiamo trovarla al capitolo 28 del libro di Ezechiele. Il Signore parla al profeta, ordinando di profetizzare sul re di Tiro. Inizialmente la profezia si esprime in modo molto personale. Andando avanti con la lettura però troviamo delle descrizioni che sono di impossibile applicazione a questo personaggio storico:
Ezechiele 28:12 Così parla il Signore, DIO:
"Tu mettevi il sigillo alla perfezione,
eri pieno di saggezza, di una bellezza perfetta;
Ezechiele 28:13 eri in Eden, il giardino di Dio;
eri coperto di ogni tipo di pietre preziose:
rubini, topazi, diamanti,
crisoliti, onici, diaspri,
zaffiri, carbonchi, smeraldi, oro;
tamburi e flauti, erano al tuo servizio,
preparati il giorno che fosti creato.
Ezechiele 28:14 Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore.
Ti avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio,
camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
Ezechiele 28:15 Tu fosti perfetto nelle tue vie
dal giorno che fosti creato,
finché non si trovò in te la perversità.
Ezechiele 28:16 Per l'abbondanza del tuo commercio,
tutto in te si è riempito di violenza, e tu hai peccato;
perciò io ti caccio via, come un profano, dal monte di Dio
e ti farò sparire, o cherubino protettore,
di mezzo alle pietre di fuoco.
Ezechiele 28:17 Il tuo cuore si è insuperbito per la tua bellezza;
tu hai corrotto la tua saggezza a causa del tuo splendore;
io ti getto a terra,
ti do in spettacolo ai re.
E' chiaro che queste parole non possono riguardare un essere umano.
Nessun uomo è perfetto, nessun uomo oltre ad Adamo è mai stato nel giardino dell'Eden e nessun essere umano può dire essere un cherubino.
Molto probabilmente questa profezia ha un duplice significato. Il primo riguarda il re di Tiro che stava percorrendo uno stile di vita satanico. E il secondo riguarda direttamente colui che un tempo si chiamava Lucifero ed ora è Satana.
Dio creò il diavolo in modo che fosse perfetto più di ogni altro angelo. Aveva accesso illimitato alla presenza del Signore. Era coinvolto nella lode dei cori angelici. Era di una bellezza perfetta. Finchè non si trovò in lui la perversità.
Nessuna creatura può sostenere il peso di una natura perfetta senza inorgoglirsi.
Solamente il Creatore può essere perfetto senza peccare e deviare la Sua natura. Sono persuaso che questa sia una risposta al precedente quesito.
Romani 8:18 Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo.
Daniele 12:3 I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno.
Apocalisse 22:3 Non ci sarà più nulla di maledetto. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello; i suoi servi lo serviranno,
Apocalisse 22:4 vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome scritto sulla fronte.
Apocalisse 22:5 Non ci sarà più notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli.
La volontà di Dio è che l'uomo venga glorificato e viva per sempre.
La volontà di Dio è che l'uomo sia perfetto.
Egli però non ha voluto creare dal nulla l'uomo in modo perfetto.
Genesi 1:31 Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono.
Adamo stesso, appena fu creato era "molto buono", non "perfetto".
Tutto questo con uno scopo ben preciso. Il Signore ha creato l'essere umano con una propria volontà e coscienza, ed ha voluto che raggiungesse la perfezione in Cristo, seguendo le Sue orme ed essendo adottato grazie al Suo sacrificio.
Tutto ciò per una crescita attraverso la sofferenza, nell'ubbidienza e nella consapevolezza di sè stesso e di Dio.
Proverbi 17:3 Il crogiuolo è per l'argento e il fornello per l'oro,
ma chi prova i cuori è il SIGNORE.
Salmi 66:10 Poiché tu ci hai messi alla prova,
o Dio, ci hai passati al crogiuolo come l'argento.
La perfezione raggiunta attraverso il crogiuolo infatti non è paragonabile ad una acquisita per natura, in modo arbitrario.
Ebrei 5:7 Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà.
Ebrei 5:8 Benché fosse Figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì;
Ebrei 5:9 e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna,
Ebrei 5:10 essendo da Dio proclamato sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec.
Gesù stesso, nonostante fosse completamente Dio, acquisì una seconda volta la perfezione imparando l'ubbidienza al Padre dalle cose che soffrì.
In questo modo divenne primogenito anche della nuova creazione, aprendo una porta rivolta a tutti coloro che Lo ubbidiscono. Credendo nel Signore, essendo adottati da Dio Padre, è nostro compito imparare l'ubbidienza attraverso la sofferenza.
In questo modo la perfezione imputata potrà essere sorretta nei credenti da un carattere forgiato dalla disciplina dello Spirito Santo, infinitamente superiore in consapevolezza e dignità rispetto a quello che ebbe Lucifero.
Questa è la vera differenza, ciò che il Signore ha voluto per l'uomo portandolo a un livello superiore rispetto a qualsiasi altra creatura esistente.
Questo carattere e questa esperienza infatti saranno ciò che metterà l'uomo nuovo (glorificato) nella condizione di non inorgoglirsi ma piuttosto lodare ed adorare Dio con tutto il proprio essere per l'eternità. Tutto questo ben consapevole sia della propria indegnità, ma anche della Grazia ricevuta.
Possiamo osservare, per concludere, l'importanza della vita cristiana in sottomissione al Signore. La nostra vita terrena ha un importanza eterna. Tutto ciò che porteremo nell'eternità infatti sarà il nostro carattere, l'esperienza graduale che avremo maturato nel Signore; in base alla quale ogni figlio di Dio potrà esprimersi finalmente nella sua piena manifestazione.
domenica 2 gennaio 2011
Fino a quando griderò senza che tu mi dia ascolto?
Abacuc 1:2 Fino a quando griderò, o SIGNORE,
senza che tu mi dia ascolto?
Io grido a te: «Violenza!»
e tu non salvi.
Abacuc 1:3 Perché mi fai vedere l'iniquità
e tolleri lo spettacolo della perversità?
Mi stanno davanti rapina e violenza;
ci sono liti, e nasce la discordia.
Abacuc 1:4 Perciò la legge è senza forza,
il diritto non si fa strada;
perché l'empio raggira il giusto
e il diritto ne esce pervertito.
Abacuc era profondamente turbato e sdegnato nell'osservare la condizione del suo paese. Del popolo che doveva appartenere a Dio. "Come è possibile tutto questo?" si chiedeva? L'empio raggira il giusto, la società è piena di iniquità e perversità, perchè tu, Signore, non rispondi alla mia invocazione?
Sono riflessioni dedicate al regno di Giuda del 600 a.C. ma possiamo considerare la loro importanza e il loro insegnamento per noi, che a millenni di distanza possiamo ritenerci spesso nello stessa condizione. Quante volte, ognuno di noi si è chiesto "perchè?". Perchè le persone buone soffrono e gli approfittatori, gli speculatori continuano indisturbati ad arricchirsi sulle spalle di chiunque altro? Le domande di questo tipo sono infinite ed infinitamente attuali.
Dobbiamo dunque prendere coscienza di questa duplice valenza (contestuale e spiritualizzata) per poterci addentrare nel libro di Abacuc, ed apprendere il suo messaggio completo.
Dei capitoli successivi, mi ha particolarmente colpito un brano, che sembra essere la risposta più diretta a tutte queste domande lasciate animosamente in sospeso:
Abacuc 2:13-16
Ecco, non viene forse dall'Eterno degli eserciti che i popoli si affatichino per il fuoco e le nazioni si stanchino per nulla? Poiché la terra sarà ripiena della conoscenza della gloria dell'Eterno, come le acque riempiono il mare. Guai a chi dà da bere al suo prossimo, porgendo a lui la propria bottiglia, e lo ubriaca per guardare la sua nudità! Tu sarai saziato di vergogna e non di gloria; bevi anche tu e la tua incirconcisione sia messa a nudo. La coppa della destra dell'Eterno sarà rivolta verso di te e l'ignominia coprirà la tua gloria.
Tutto inizia con una gloriosa verità: Dio regna nelle circostanze.
E' volontà di Dio che i popoli si affatichino e le nazioni si stanchino solo per poi essere distrutte. E' questione di decenni o di secoli, ma la loro distruzione non è casuale: ogni impero è declinato per volontà espressa di Dio, nel momento da Lui desiderato (vedi Daniele 11)
Giobbe 12:23 [il Signore] Accresce i popoli e li annienta,
amplia le nazioni e le riconduce nei loro confini;
Giobbe 12:24 toglie il senno ai capi della terra,
e li fa peregrinare in solitudini senza sentiero.
Ecco che già la nostra prospettiva inizia a cambiare. La nostra stessa comprensione muta. Certo, in molti casi le domande si possono fare ancora più numerose, in quanto se Dio permette la prosperità di una nazione malvagia, perchè lo fa? L'uomo vuole capire e sondare i propositi di Dio, misurandoli con la propria morale condizionata dal tempo, dalla cultura e dalla società. L'uomo conosce il proprio benessere o la propria indigenza, al massimo quelle della propria famiglia; ma nulla di più. Certo, considerare queste cose non è probabilmente un sollievo, nè ci rinfranca i cuori. Ma è comunque un passaggio obbligato. Lo stesso passaggio a cui fu sottoposto Giobbe:
Giobbe 38:2 «Chi è costui che oscura i miei disegni
con parole prive di senno?
Giobbe 38:3 Cingiti i fianchi come un prode;
io ti farò delle domande e tu insegnami!
Giobbe 38:4 Dov'eri tu quando io fondavo la terra?
Però c'è un livello successivo. Un livello fondamentale, che può veramente aiutarci.
Il Signore non fa semplicemente tacere gli uomini umili davanti alla Sua grandezza, ma fa cambiare la loro prospettiva, rivelando qualcosa di nuovo. "La conoscenza della gloria del Signore riempirà la terra come le acque coprono il mare". Ecco la luminosa rivelazione celeste! Tutto è voluto da Dio e molte cose senza che noi possiamo capirle. Ma ciò che ci viene detto è quello che davvero ci interessa! A questi momenti seguiranno altri eterni, nei quali la gloria del Signore sarà pienamente manifesta. Che profezia è questa? Quando si avvererà? Possiamo trovare la risposta nel libro di un altro profeta dell'Antico Testamento:
Isaia 11:9 Non si farà né male né danno
su tutto il mio monte santo,
poiché la conoscenza del SIGNORE riempirà la terra,
come le acque coprono il fondo del mare.
Isaia 11:10 In quel giorno, verso la radice d'Isai,
issata come vessillo dei popoli,
si volgeranno premurose le nazioni,
e la sua residenza sarà gloriosa.
Isaia infatti scrive ispirato da Dio la stessa identica espressione, inserendola però in un contesto temporale specifico. Il periodo cioè, in cui Gesù Re regnerà su tutta la Terra e verso di Lui si volgeranno tutte le nazioni. Questo sarà il regno milleniale. Ecco quindi ciò che fa da contraltare alla prosperità attuale della malvagità. Dio ha dei progetti che non conosciamo, di certo sappiamo che non tollera il malvagio. Nei Suoi disegni però, anche questo ha un senso, che sarà pienamente manifesto alla conclusione delle epoche.
Abacuc 2:2 Il SIGNORE mi rispose e disse:
«Scrivi la visione,
incidila su tavole,
perché si possa leggere con facilità;
Abacuc 2:3 perché è una visione per un tempo già fissato;
essa si affretta verso il suo termine e non mentirà;
se tarda, aspettala;
poiché certamente verrà; e non tarderà.
Questa quindi è la vera risposta, che viene incontro alla nostra fede e ci rende capaci di interpretare l'oppressione Assira e Caldea del 600 a.C. così come la nostra situazione attuale, in qualsiasi tempo e nazione siamo.
La rivelazione di ciò che sarà però, non si limita a rassicurarci nel fatto che potremo conoscere il Signore perfettamente (così come siamo perfettamente conosciuti) e stare con Lui per sempre. Il messaggio biblico infatti ribadisce un altro aspetto, quello del giudizio e della giusta retribuzione degli empi. Abacuc infatti prende sarcasticamente cinque ingiustizie e peccati dei Caldei per mostrare come saranno torti a loro danno, a tempo debito. Desidero approfondire la quarta accusa, narrata al capitolo 2, nei versetti dal 15 al 17 che abbiamo letto prima. In questo caso viene affrontata la loro dissolutezza. Non era insolito obbligare a ubriacarsi le altre persone, svestendole e rapinandole se non peggio. Al versetto 2:16 però c'è la svolta. Così come loro obbligavano a bere alcolici, allo stesso modo saranno obbligati a bere dal calice dell'ira di Dio. Questo li poterà ad essere intontiti, tanto da essere spogliati. Nudi, sarà manifesta a tutti il fatto che sono incirconcisi. Per capire questo messaggio è necessario essere a conoscenza del significato della circoncisione per gli Ebrei in quel tempo.
Genesi 17:9 Poi Dio disse ad Abraamo: «Quanto a te, tu osserverai il mio patto: tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione.
Genesi 17:10 Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso.
La circoncisione era il simbolo fisico dell'appartenenza al patto di benedizione e salvezza che Dio fece con Abramo.
Vediamo quindi quale imponenza ci sia, nel giorno del Giudizio, a rendere manifesto a tutti le opere inique che si sono fatte. Quelle conosciute, ma ancora di più quelle segrete. Ogni cosa sarà messa a nudo e chiunque potrà vedere chi non appartiene al Signore, chi è estraneo al patto di salvezza. A costoro sarà tolto quel che pensavano fosse loro e saranno lasciati nudi, esattamente come i Babilonesi facevano; è stato usato quindi un linguaggio a loro pienamente comprensibile.
Conclusione:
Possiamo interpretare il libro di Abacuc in modo almeno duplice.
Da un lato, storicamente il suo lamento rivolto verso Dio per la malvagità di Giuda e dei Caldei. La risposta del Signore nel castigo riservato ai primi e nella distruzione promessa ai secondi. La visione affidata ad Abacuc e la rivelazione del futuro regno milleniale di Cristo, una profezia fissata per un tempo preciso che certamente verrà per ristabilire la condizione voluta da Dio.
Dall'altra prospettiva, vediamo come anche la Chiesa di ogni tempo è nella condizione di appellarsi a Dio per le ingiustizie subite. Da quì, viene la Sua rassicurazione nel fatto che Egli regna sopra ogni circostanza e che "le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo." Romani 8:18
Abbiamo quindi abbondanti motivi per rendere grazie a Dio, che sempre ci fa trionfare in Cristo e spande per mezzo nostro dappertutto il profumo della Sua conoscenza! (2Co2:14)
Solo a Dio la gloria!