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domenica 8 marzo 2015

Il fondamento della Chiesa

Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?» Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?» Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo.
Matteo 16:13-20
1. ARRIVANDO A CESAREA DI FILIPPO

Questo avvenimento evangelico si colloca geograficamente a ridosso della frontiera settentrionale della terra promessa. A nord della Galilea e alla stessa altezza di Tiro ma nell'entroterra, vi era infatti la città di Cesarea di Filippo. Cesarea sorgeva alle pendici del monte Hermon, il monte dove secondo alcuni studiosi è avvenuta la trasfigurazione di Cristo descritta nel successivo capitolo del vangelo secondo Matteo1. La narrazione si apre proprio nei dintorni di questo luogo, entrando nel vivo con un importante dialogo tra Gesù e i suoi discepoli. Fin dall'inizio del suo ministero terreno, egli è stato riconosciuto come taumaturgo e profeta; vista la sua affinità ministeriale a Giovanni Battista (che molti ritenevano il nuovo Elia) è probabile che in parecchi lo vedessero come il nuovo Eliseo. Ad un tratto però, il Signore pensa che sia giunto il momento di riflettere con i suoi discepoli circa le dicerie del popolo sul suo conto, per poterli condurre verso una nuova rivelazione ed una nuova esperienza spirituale. Per farlo, definendosi figlio dell'uomo chiede loro chi dice la gente che egli sia. Le risposte sono Giovanni, Elia o Geremia: uno dei profeti del passato tornato alla vita. A questo punto però, Gesù incalza arditamente, mettendo senza dubbio in difficoltà i suoi discepoli. "E voi, chi dite che io sia?". I discepoli avevano conosciuto Cristo come predicatore. In modo simile a Giovanni Battista infatti, egli a Capernaum aveva esortato al ravvedimento, a motivo del regno dei cieli (Mt. 4:17). Essi lo avevano seguito nei suoi insegnamenti nelle sinagoghe e avevano assistito ai miracoli di guarigione (Mt. 4:23). Erano testimoni della crescita della sua popolarità, da personaggio all'ombra di Giovanni a punto di riferimento per folle sempre più numerose in Galilea, Decapoli, a Gerusalemme, in Giudea e da oltre il Giordano (Mt. 4:25). Avevano ascoltato con attenzione le perfezioni morali del sermone sul monte, gli insegnamenti sull'amore simili a quelli del rabbino Hillel; vivendo la tensione di un nuovo tempo spirituale alle porte. Essi stessi avevano ricevuto potere di scacciare gli spiriti immondi ed erano stati protagonisti di questa autorità conferita anche a loro (Mt. 10). Sicuramente si facevano delle domande, così come se le faceva lo stesso Giovanni Battista. Quando Giovanni dalla prigionia mandò i suoi discepoli a chiedere al Signore se fosse "colui che doveva venire", i dodici ascoltarono la sua risposta: "i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri" (Mt. 11). Nessun titolo e nessuna definizione: soltanto la testimonianza oculare della potenza di Dio. Avvenimenti straordinari, che prospettavano l'arrivo degli ultimi tempi e la fine di ogni cosa. Un oracolo profetico, quattro secoli prima aveva proclamato:

Malachia 4:5 Ecco, io vi mando il profeta Elia,
prima che venga il giorno del SIGNORE,
giorno grande e terribile.


Il profeta Elia era giunto - sia che fosse Giovanni, sia che fosse Gesù - e mancava ora soltanto l'arrivo del giorno del Signore, grande e terribile. I dodici discepoli respiravano sicuramente un clima di santità e autorità, ma forse anche con qualche velata preoccupazione e perplessità. Chi era davvero Gesù, colui davanti al quale ogni legge naturale si piegava umiliandosi? Chi era davvero Gesù, vista la sua reticenza a definire una volta per tutte la sua vera identità? Penso che i discepoli in questa occasione non avessero le idee molto più chiare della "gente" a cui Gesù si stava riferendo con la precedente domanda. Ma nel groviglio di questi pensieri, il racconto presenta un raggio di luce che con maestosità irrompe sulla scena, cambiandola per sempre. 

2.1 IL FONDAMENTO DELLA CHIESA

Il monte Hermon
Simon Pietro infatti risponde in modo sorprendente, riconoscendo in Gesù l'Unto di Dio, il Figlio di Dio. Nell'Antico Testamento solo pochi personaggi si sono potuti fregiare del titolo di "Unto del Signore", tra i quali Saul (1Sam 24:7), Davide (2Sam 23:1), Ciro II di Persia (Is 45:1), e un misterioso individuo protagonista dei canti del "servo del Signore" presenti nel libro del profeta Isaia. Di per sé quindi questo è un titolo regale e molto speciale, che identifica una persona investita di particolare autorità e con una speciale missione da parte del Signore. Pietro però non arriva a questo titolo ragionando sulle Scritture ebraiche, e questo lo capiamo direttamente dal testo. Gesù infatti lo dichiara beato proprio perché questa sua affermazione non è derivata da carne e sangue ma da una rivelazione del Padre. Nelle narrazioni precedenti erano avvenuti parecchi miracoli, ma solo in questo momento preciso il Padre ha voluto rivelare a Pietro, e successivamente ai dodici, l'identità del Figlio. Solo dopo la resurrezione, la Chiesa ha potuto riflettere sui brani veterotestamentari e comprendere che certe profezie erano legate in realtà proprio a Gesù: il Salmo 2 e 110, Isaia 49, 53 e 61, per esempio. Questa rivelazione però non è fine a sé stessa, ma arriva a ricoprire un ruolo unico, un ruolo di fondamento. Dopo aver ricevuto il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire qualunque malattia e qualunque infermità (c.10)infatti, adesso Pietro e i discepoli vengono coinvolti in qualcosa di ancora più importante, qualcosa che possiamo comprendere nelle parole del Messia secondo queste tre affermazioni:

A - Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. 
B Le porte dell'Ades non la potranno vincere. 
C Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli.


A L'interpretazione cattolica romana ha formulato in virtù di questa affermazione la dottrina del primato petrino e del primato papale; ossia l'insegnamento che Pietro avesse il primato su tutta la Chiesa e che l'avesse trasmesso al successivo vescovo di Roma, e così via fino al presente. Questo pensiero teologico è sorto nel V secolo e si è cementato nei tempi successivi. Lo studio del vangelo di Matteo però, evidenzia un focus ecclesiologico e la peculiarità di proiettare sui dodici discepoli e su Pietro in particolar modo le caratteristiche di tutti i cristiani2
Consiglio a questo riguardo di approfondire le prospettive letterarie, teologiche e storico-sociali del vangelo in questione, seguendo queste lezioni.
Avvicinandoci alla frase mettendo da parte questo paradigma, troviamo Gesù che dice letteralmente: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa [...]. Gesù sta parlando a Pietro della rivelazione della propria identità. A causa di questa rivelazione (dunque una conoscenza sovrannaturale ricevuta immeritatamente), Pietro è beato. E' beato perché in questo momento si è tolto il velo dai suoi occhi e può riconoscere Gesù come il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Una specie di anticipazione della trasfigurazione. Ma c'è di più! Proprio su questa pietra infatti (ossia la rivelazione di Gesù come Cristo) Gesù stesso edificherà la sua chiesa! Dicendo questo, il Signore formula un gioco di parole tra la traduzione greca del soprannome aramaico di Simone (Petros) e la parola pietra (petra). La Chiesa dunque verrà fondata dal Signore sulla rivelazione della propria identità (su sé stesso) e non su Pietro. Questo pensiero del resto è convalidato da numerosi altri passi neotestamentari, tra cui la prima lettera di Pietro attribuita dalla tradizione cristiana proprio a questo apostolo: 

Atti 4:11 Egli [Cristo] è "la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata,
ed è divenuta la pietra angolare"
.

1 Corinzi 3:11 poiché nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù.

Accostandovi a lui [Gesù Cristo], pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Infatti si legge nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chiunque crede in essa non resterà confuso».
1 Pietro 2:4-6


Il fondamento della Chiesa dunque non è Pietro/Petros ma la pietra/petra rappresentata dalla rivelazione di Cristo. E' proprio su Gesù Cristo, infatti, che è edificata la sua Chiesa.

2.2 LA VITTORIA DELLA CHIESA

B - Annunciando l'edificazione di questa Chiesa, il Signore afferma immediatamente una sua caratteristica molto importante: l'eternità. Le porte del soggiorno dei morti e della morte stessa infatti, resi con il termine greco hadēs, non la potranno vincere. La morte, ultimo e definitivo nemico di ogni essere vivente, non può sopraffare la Chiesa di Cristo, e questo non per le virtù dei suoi componenti, ma a causa del suo fondamento e capo eterno: per l'appunto Gesù Cristo, Dio Figlio. I cristiani sono il tempio dello Spirito Santo (1Cor 3:16) e la stessa presenza di Dio risulta in comunione tanto con la Chiesa trionfante, quanto con la Chiesa militante. Nel 1566 il pastore riformato Heinrich Bullinger (successore di Zwingli a capo della chiesa di Zurigo), pubblicò la confessione di fede elvetica posteriore, nella quale tra le altre cose leggiamo:

Vero è che dalla Chiesa, come da una sorgente, sgorgano come diversi ruscelli e condutture, diverse parti o specie, non che essa sia spartita o divisa in sé stessa, ma piuttosto perché essa è differente a causa della diversità dei membri che si trovano in essa. Vi è infatti una Chiesa, detta militante ed un’altra trionfante. La prima lotta ancora sulla terra e combatte contro la carne, il mondo ed il principe di questo mondo, cioè il diavolo, con il peccato e con la morte, mentre la seconda, avendo riportato vittoria sui suoi nemici ed essendo quindi esente da ogni forma di lotta, trionfa in cielo e gioisce davanti al Signore. Ciononostante, queste due chiese non cessano di essere in comunione ed in congiunzione [connessione] fra di loro.

La Chiesa vivente nella presente generazione è in lotta contro la carne, il mondo, il diavolo, il peccato e la morte, ma la vittoria non dipende dalla sua forza! La vittoria dipende piuttosto da questo decreto di Dio: le porte dell'Ades non la potranno vincere. Così come la vera Chiesa invisibile delle generazioni passate ha potuto vincere in virtù di questo decreto, allo stesso modo anche la Chiesa di questa generazione vincerà la propria lotta. Per questo motivo, dopo il lungo elenco dei credenti delle epoche passate, l'autore della lettera agli Ebrei esorta:

Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta.

Ebrei 12:1-2a 

La rivelazione di Gesù come Messia e Figlio di Dio rappresenta la pietra di fondamento della Chiesa. Gesù Cristo è colui che ha creato la fede di ogni singolo credente, portandola a compimento alla fine di ogni singola vita terrena. Per questo motivo, circondati da così tanti testimoni della fedeltà di Dio ai suoi decreti, possiamo deporre ogni peso e correre, lavorare, faticare, lottare per realizzare le opere che il Signore ha precedentemente preparato per ciascuno di noi (Ef 2:10). Possiamo correre sapendo già della nostra vittoria! Una vittoria che, ripeto, non dipende dalla nostra performance ma dalla promessa di Dio espressa in questa particolare occasione. Così come il Grande Mandato si appoggia sul fondamento del potere di Cristo e sulla garanzia della sua perenne presenza, similmente l'esistenza e la vittoria della Chiesa si appoggia sulla volontà di Dio di renderla eterna e invincibile. Nessuna sofferenza, nessuna difficoltà, nessuna delusione, nessun peccato, nessuna fragilità umana potrà mai separare la Chiesa dalla sua vittoria in Cristo. Le porte dell'Ades, infatti, non la potranno mai vincere. 
2.3 IL POTERE DELLA CHIESA

C - Le ultime parole di Gesù riguardano le chiavi del regno dei cieli e la possibilità di legare e slegare in terra avendo una risposta direttamente nei cieli. Possiamo comprendere meglio queste espressioni confrontandole con altri due preziosi brani della Scrittura. In relazione al primo aspetto infatti leggiamo:

Isaia 22:22 Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide;
egli aprirà, e nessuno chiuderà;
egli chiuderà, e nessuno aprirà.


Durante il regno del re Ezechia (715 a.C. - 687 a.C.), il profeta Isaia rivolse quest'oracolo contro il ministro reale Sebna, a favore di Eliachim, figlio di Chilchia. Ad Eliachim dunque il Signore stesso accordava il potere di condurre o meno le persone alla presenza del re Ezechia, ricoprendo in questo modo un delicatissimo incarico. Questa stessa espressione (la chiave della casa di Davide), ricorre anche nella presentazione di Cristo alla chiesa di Filadelfia, nell'Apocalisse di Giovanni, dove appunto il Signore Gesù si presenta come colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre. Il potere delegato a Eliachim è quindi un'ombra del vero potere che il Signore possiede, il potere di ammettere o meno le persone alla presenza sua e del Padre. Ebbene, proprio questo potere viene trasmesso qui all'apostolo Pietro. Molti vedono in queste parole il presupposto per la conversione delle tremila persone riportate dagli Atti a Pentecoste in seguito alla predicazione di Pietro, ed è probabilmente così. Ma questo potere non si limita a tale episodio, né alla sola persona di Pietro. Egli in particolare infatti, nel vangelo di Matteo rappresenta il prototipo del discepolo, mostrando frequentemente caratteristiche comuni a tutti i discepoli3. Soprattutto però, l'apostolo Paolo scriverà ai Corinzi a riguardo di un ministero particolare, condiviso con tutti i cristiani: il ministero della riconciliazione. 


Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. 
2 Corinzi 5:17-20 

Dio ha affidato ai credenti il ministero della riconciliazione: ossia l'autorità delegata necessaria a fare da ambasciatori per Cristo, ad esortare in rappresentanza di Dio, invitando ad essere riconciliati con lui. Il soggetto sottinteso "noi" non può essere riferito solo a Paolo e ai suoi collaboratori in quanto non erano di certo gli unici ad essere stati riconciliati con Dio per mezzo di Cristo e, di conseguenza, a ricevere questo ministero. Questa è la chiave della casa di Davide, la possibilità attraverso Cristo di andare alla presenza di Dio e condurre anche altre persone, esortandole come per la stessa voce del Signore. Questo è il potere che ha ricevuto Pietro, ma che - come leggiamo negli Atti degli Apostoli - è stato esercitato anche da moltissimi altri credenti. Questo, è lo stesso potere che esercitano i cristiani dei nostri tempi, tanto nelle missioni quanto nelle chiese locali, nei posti di lavoro, nella società e in tutti i paesi fino all'estremità della terra. Ogni credente, in Cristo, è una nuova creatura. Ogni credente, in Cristo, è riconciliato con il Padre. Ogni credente, in Cristo, è un suo ambasciatore, con il mandato e l'autorità di esortare e condurre altre persone alla presenza di Dio. Sulla rivelazione dell'identità di Cristo la Chiesa ottiene il suo sostegno, e la certezza di vincere, e di entrare nell'eternità. Ma, oltre a tutto questo, ottiene anche il potere di rappresentare il proprio Signore per accrescere ed edificare sé stessa nell'amore. 

Come stiamo vedendo, questo testo del sedicesimo capitolo del vangelo di Matteo è ricco di insegnamenti. Non semplici informazioni, ma piuttosto un vero e proprio percorso volto alla scoperta del senso e della missione di essere cristiani e di essere Chiesa. Qualcosa di enorme e universale, ma anche di quotidiano e personale. E proprio seguendo questo percorso, arriviamo ora all'ultima e importantissima tappa.

La seconda parte della terza affermazione di Cristo infatti, si riferisce al cosiddetto "ministero del legare e sciogliere", che secondo gli studiosi del vangelo di Matteo, dovette essere presente all'interno della comunità in cui è stato redatto questo stesso vangelo4. Gesù dice a Pietro: "tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli". Questa autorità è sia dottrinale che disciplinare, e riappare nel diciottesimo capitolo del vangelo di Matteo, questa volta riferito all'intera Chiesa.  

«Se tuo fratello ha peccato contro di te, va' e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; ma, se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. Se rifiuta d'ascoltarli, dillo alla chiesa; e, se rifiuta d'ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano. Io vi dico in verità che tutte le cose che legherete sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che scioglierete sulla terra, saranno sciolte nel cielo. E in verità vi dico anche: se due di voi sulla terra si accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Matteo 18:15-20 

In questo brano viene espanso il concetto che precedentemente era riferito unicamente a Pietro, allargandolo con nuovi aspetti. Le parole di Gesù iniziano prima di tutto a delineare una regola ecclesiastica ben precisa. La critica testuale esclude le parole "contro di te", parole presenti in molti manoscritti ma che non sembrano essere presenti nelle versioni più antiche5. Il dovere della correzione pertanto non sarebbe limitato alle offese di carattere personale, restando in vigore al contrario per qualsiasi tipo di peccato. Così come nell'antico Israele un solo testimone non era sufficiente a condannare un uomo (Dt 19:15), allo stesso modo nella chiesa locale sono necessari due o tre testimoni e tre diversi passaggi prima di escludere una persona dalla partecipazione all'assemblea. E, seguendo questo argomento, Gesù a questo punto annuncia ai discepoli che tutte le cose che legheranno sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che scioglieranno sulla terra, saranno sciolte nel cielo. La stessa autorità conferita a Pietro, viene conferita anche agli altri discepoli, rappresentanti dell'intera Chiesa. La regola disciplinare quindi viene associata al potere della Chiesa di influenzare il mondo spirituale con le proprie decisioni. Accordarsi in questo contesto significa esercitare la propria testimonianza, il proprio discernimento e il proprio giudizio. E le conseguenze di queste azioni hanno ripercussioni non solo sulla terra, ma anche in cielo! Questa regola non deve essere vista in contrasto con il comandamento di non giudicare (Mt 7), in quanto esso mette in guardia dal comportamento ipocrita, ricordando la responsabilità insita nei propri giudizi. La chiesa locale però è chiamata a giudicare sé stessa nell'amore, con lo scopo di sorreggere le persone deboli e rialzare quelle cadute (Gal 6:1), ma anche di togliere il malvagio dal proprio mezzo (1Cor 5:13) esercitando appunto questa indicazione di Gesù. La garanzia di questa autorità, proprio come per il Grande Mandato, è la presenza del Signore in ogni assemblea, formata al minimo da due persone. Se nell'antichità erano necessari dodici capi famiglia ebrei per fondare una nuova sinagoga6, fin da allora restano invece necessarie solamente due persone per creare spiritualmente una chiesa: un accordo e un incontro comunitario benedetto da Cristo con la sua presenza. La stessa etimologia di queste due parole chiarisce la grande differenza esistente fra queste due realtà: "sinagoga" infatti deriva da syn (insieme) e àgein (condurre), mentre "chiesa" deriva dalle particelle ek (da) e kaeo (chiamare). La sinagoga è un luogo dove si è condotti insieme e ci si può riunire con uno stesso scopo. La chiesa invece è un luogo dove vi sono persone "chiamate (fuori) dal mondo": persone che sono state singolarmente chiamate da Dio per essere appartate insieme per formare un popolo. La chiesa non risponde ad un'unica etnia, un unico sesso, un'unica condizione sociale, un'unica lingua (Ap 7:9; Gal 3:28); ma al contrario è una realtà trasversale che comprende persone molto differenti tra di loro, unite però dalla stessa chiamata. Dove ci sono due "chiamati", lì il Signore promette di essere presente, per garantire un effetto spirituale al loro accordo e una risposta alla loro preghiera. 

3.CONCLUSIONI

La rivelazione di Pietro - propria di tutti i cristiani - e le successive parole di Gesù in questo contesto, definiscono e chiariscono il fondamento, la vittoria ed il potere appartenente alla Chiesa. Ogni chiesa locale, in qualsiasi Paese e in qualsiasi tempo, risponde inderogabilmente a questa realtà spirituale, affrontando le proprie sfide e le proprie lotte fino al momento in cui deve lasciare il posto alla successiva generazione, raggiungendo progressivamente il suo Signore nelle fila della Chiesa trionfante. Sebbene ci siano istituzioni, denominazioni, e assemblee locali cristiane che pensano (implicitamente o esplicitamente) di essere fondate sull'autorità di singoli uomini, in realtà la loro sussistenza dipende unicamente dalla conversione a Cristo dei rispettivi membri e dal loro ascolto e dall'ubbidienza dimostrata nei confronti di Dio. La mancata consapevolezza del fondamento tuttavia, risulta essere un serio problema, rischiando di generare una perversione del cristianesimo, la cristallizzazione di una struttura sociale ecclesiastica ben lontana dal Signore e dalla sua vera e genuina Chiesa. 

La Chiesa di Cristo rappresenta il suo corpo (1 Cor 12:27) sulla terra, avendo l'autorità di esserne ambasciatrice in ogni suo componente, con lo scopo di fare discepoli di Cristo tra tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando a tutti come osservare tutte quante le cose che sono state dal Signore (capo della Chiesa) comandate. In altre parole, essa ha l'incarico di esercitare il ministero della riconciliazione, e condurre a Dio persone di ogni popolo e nazione, grazie al sacrificio sostitutivo di Gesù Cristo, possessore della chiave di Davide. La Chiesa è vincitrice sulla morte ed esisterà sempre, fino alla distruzione dei cieli e della terra ed alla creazione di nuovi cieli e di una nuova terra, quando, finalmente completa, potrà godere dell'eterna presenza del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. 


Note: 

[1] https://books.google.it/books?id=UjdyAgAAQBAJ&lpg=PA43&ots=i12s6PuUcw&dq=monte%20della%20trasfigurazione%20hermon&hl=it&pg=PA43#v=onepage&q=monte%20della%20trasfigurazione%20hermon&f=false

[2] Monasterio Rafael Aguirre, Carmona Antonio Rodriguez, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Ed. Paideaia, pp. 208-210. 
[3] Id. Ibid., p. 212.
[4] Id. Ibid., p. 213. 
[5] Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Grande commentario biblico, ed. Queriniana, p. 943.
[6] La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur, ed. Società Biblica di Ginevra, p. 1814. 

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