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domenica 21 aprile 2013

La ricapitolazione in Cristo

Efesini 1:7-10 In lui [Gesù] abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha riversata abbondantemente su di noi dandoci ogni sorta di sapienza e d'intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra. (Traduzione Nuova Riveduta)


v.10 per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose,quelle del cielo come quelle della terra. (Traduzione CEI)

Questo brano incastonato nel prologo della Lettera agli Efesini è il nucleo del meraviglioso tema della "ricapitolazione".  Il termine tradotto con "raccogliere" o "ricapitolare" è reso in greco dal verbo anakephalaiomai, traducibile letteralmente con "per riassumere (di nuovo)", "ripetere sommariamente", "condensare in una sintesi." In effetti "raccogliere" è una traduzione riduttiva rispetto al significato originario. 
In senso più ampio, troviamo legato a questo concetto due significati molto importanti: "ridare un capo" e "fondare, instaurare". In Cristo tutto l'universo è (ri)fondato, restaurato; e contemporaneamente sottomesso alla Sua autorità. Questa è sempre stata la volontà di Dio ma si è espressa nel tempo opportuno con il sacrificio, la morte e la resurrezione del Signore Gesù. Nella risurrezione Egli diventa il primogenito di una nuova creazione (Col 1:18), avendo però precedentemente riassunto in sé tutta la vecchia creazione nell'incarnazione (Gv 1:14).  Oltrepassando la dimensione mortale, Cristo ha portato una tensione verso la piena manifestazione del regno di Dio. Egli è il nuovo Adamo (1 Cor 15:45), Colui che ha il compito di condurre non solo i credenti, ma anche l'intera creazione verso una piena redenzione.


Romani 8:22-27 Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello che uno vede, perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, l'aspettiamo con pazienza. Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.

La creazione, i credenti, e lo Spirito stesso gemono come se fossero in travaglio; aspettando il parto, la piena manifestazione di questa nuova creazione. Infatti noi abbiamo solo le primizie dello Spirito, abbiamo solo i "fiori primaverili" dello Spirito Santo e questo anziché portare sazietà, porta un intenso e bruciante desiderio di entrare completamente nell'"estate", nella piena adozione e redenzione del nostro corpo per diventare a tutti gli effetti simili a Cristo e godere della vittoria del Signore sulla morte (1 Co 15:54-55).


Colossesi 1:15-17 Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui.

Gesù è il fulcro della vecchia e della nuova creazione. Ogni cosa converge in Lui ed ogni cosa esiste grazie a Lui, tanto le cose visibili quanto le realtà spirituali invisibili.
Una ricapitolazione di portata cosmica che comprende però in modo speciale tutti i figli di Dio che avvertono questo travaglio spirituale.
Tutto infatti è già stato compiuto sulla croce (Gv 19:30), ma non è già stato interamente manifestato, attendendo la pienezza dei gentili (Ro 11:25, 26); la salvezza di tutti gli eletti di Dio (2 Pt 3:9).

Trovo interessante notare che il termine anakephalaiomai compare solo un'altra volta nel Nuovo Testamento, in un contesto che trova alcune differenze ma anche significative somiglianze:


Romani 13:8-10 Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il «non commettere adulterio», «non uccidere», «non rubare», «non concupire» e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è l'adempimento (plērōma) della legge.

Potremmo parafrasare così: "qualsiasi comandamento si ricapitola in questa parola: ama il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa alcun male al prossimo; l'amore infatti è la pienezza della legge."

L'amore non è una semplice sintesi ma una fioritura, una manifestazione del pieno significato della legge di Mosè. L'amore è il plērōma, la pienezza della legge. 
Esattamente come Cristo è il plērōma, la pienezza di tutta la creazione.

Dio stesso nella persona del Figlio si è incarnato entrando nella creazione pur non appartenendole, per portarla ad una piena manifestazione, per portarla alla pienezza desiderata e concepita prima di ogni tempo.
Una pienezza che nessuna creatura, visibile o invisibile,  poteva darle. 
Un significato, una piena esistenza che solo un intimo coinvolgimento del Creatore poteva portare.

A Lui sia la gloria, l'onore e la potenza!

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