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domenica 14 aprile 2013

Gli apostoli nel Nuovo Testamento

I dodici apostoli

Luca 6:13 Quando fu giorno, [Gesù] chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli:
Luca 6:14 Simone, che chiamò anche Pietro, e suo fratello Andrea; Giacomo e Giovanni; Filippo e Bartolomeo;
Luca 6:15 Matteo e Tommaso; Giacomo, figlio d'Alfeo, e Simone, chiamato Zelota;
Luca 6:16 Giuda, figlio di Giacomo, e Giuda Iscariota, che divenne traditore.

Tutti noi conosciamo i dodici apostoli di Gesù. 
Anche chi non ha familiarità con le Scritture infatti, ha avuto sicuramente occasione di vedere qualche film, qualche quadro famoso, o ascoltato delle storie di tradizione cristiana.
Vengono presentati nei tre Vangeli sinottici, anche se con piccole differenze di ordine e di nome.

Una loro caratteristica molto importante è quella di essere stati testimoni oculari dell'incarnazione di Cristo.


1Giovanni 1:1 Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita
1Giovanni 1:2 (poiché la vita è stata manifestata e noi l'abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata),
1Giovanni 1:3 quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo.

Dopo la Sua ascensione al cielo quindi, i dodici si ritrovano con il compito di testimoniare non solo del messaggio del Signore; ma anche di tutto il tempo in cui lo hanno seguito e tutti gli insegnamenti piccoli e grandi che hanno ricevuto da Lui. 

Termini ed etimologie

Il termine originale riportato nel Nuovo Testamento è apostolos, e letteralmente significa "delegato, messaggero, colui che è inviato". Richiama l'idea degli affidatari di un messaggio molto importante, ma con l'autorità delegata del mittente. Un concetto simile a quello di un ambasciatore che deve dare una comunicazione in un paese straniero. 
Sappiamo che a loro infatti è stata affidata la predicazione dell' Evangelo, cioè della buona notizia della morte e resurrezione di Cristo per la salvezza di ciascuno che crede, e un ruolo di guida nella Chiesa. Le Scritture attestano che venivano reputati come colonne (p.es Gal 2:9) nella chiesa primitiva.

Il vocabolo deriva probabilmente da apostellō, a sua volta costituito da "apò" , da, che indica separazione, allontanamento;  e "stèllo", colloco, ordino. Possiamo tradurre letteralmente con "ordino ad uno di recarsi dove che sia". Apostellō compare anch'esso nel Nuovo Testamento e viene generalmente tradotto con "inviato". E' presente per esempio in Atti 15:27, in relazione a Giuda e Sila, ma, in modo ancor più interessante, in 1 Pietro 1:12 dove è associato allo "Spirito Santo, inviato dal cielo".

(Altrove invece [p.es Lc 7:24], viene utilizzato il termine aggelos, sempre tradotto con "inviato", ma dal significato comune di "messaggero". Nonostante questa parola designi gli "angeli", nelle Scritture è utilizzata anche per inviati e messaggeri umani.)

Il tredicesimo apostolo

E' concezione diffusa ritenere che i dodici apostoli siano gli unici apostoli che la Chiesa cristiana ha conosciuto. Ma è davvero così? Iniziamo ad approfondire una prima eccezione: Paolo di Tarso, ritenuto di fatto il "tredicesimo apostolo".
Nel suo ministero infatti, egli in ogni occasione si è definito:

2Corinzi 1:1 Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio [...]

Apostolo messo a parte per il vangelo di Dio (Ro 1), apostolo degli stranieri (Ro 11), apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo (Gal 1), apostolo di Cristo Gesù per ordine di Dio (1 Tim 1). Raccontando la sua storia, scrive:


1Corinzi 15:8 e [Gesù risorto], ultimo di tutti, apparve anche a me, come all'aborto;
1Corinzi 15:9 perché io sono il minimo degli apostoli, e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio.
1Corinzi 15:10 Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me.

E' comune l'idea che Paolo fosse un apostolo solitario, unico nel suo genere.
Di fatto non ha avuto molti contatti con i dodici, ed ha adempiuto al suo ministero quasi totalmente al di fuori di Gerusalemme e della Giudea. Dopo la sua conversione si è presentato a loro (Atti 9:27) ma l'inizio vero e proprio della sua attività missionaria ha origine altrove:

Atti 13:1 Nella chiesa che era ad Antiochia c'erano profeti e dottori: Barnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaem, amico d'infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo.
Atti 13:2 Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati».
Atti 13:3 Allora, dopo aver digiunato, pregato e imposto loro le mani, li lasciarono partire.

Ecco che a Saulo (Paolo), che fino ad allora era considerato un dottore (2 Tim 1:11) a causa della sua alta formazione teologica (Atti 22:3), viene affidato un incarico dallo Spirito Santo, viene messo a parte per un opera particolare. Dopo questo evento lui e Barnaba partirono per il primo viaggio missionario (Atti 13:4, 14:28); a cui lui ne aggiunse altri due (Atti 15:36, 18:22 e 18:23, 21:16) prima del suo viaggio verso Roma in cattività (27:1, 28:31). In questi tre viaggi missionari l'attività di Paolo portò alla conversione di innumerevoli persone e alla fondazione di chiese locali in un territorio che va dalla Cilicia all'Achea.


 [fonte]

E' proprio durante questa attività missionaria che Paolo inizia a definirsi apostolo, soprattutto scrivendo lettere alle chiese fondate da lui o alle comunità che vorrebbe visitare (come appunto quella di Roma).
Sebbene la sua attività evangelistica iniziasse in ogni città solitamente nella sinagoga del posto, la sua missione era quella di portare il Vangelo ai Gentili, ossia alle persone di origine non Ebraica. Per questo motivo egli è l'apostolo degli stranieri. 
Il titolo "apostolo" quindi, in questo caso coincide con una missione affidata da Dio e manifestata nella predicazione del Vangelo e nella fondazione di chiese locali. Una volta fondata una comunità, Paolo nominava degli anziani, dei pastori per la guida della chiesa e dopo un certo lasso di tempo ripartiva per la sua attività, restando in rapporto epistolare con loro e tornando a trovarli per rafforzarli nella fede ed istruirli in ogni cosa. Se vi erano problemi  interveniva personalmente, o, come ad Efeso, inviando a sua volta uno dei suoi collaboratori. Sì, perchè anche se si pensa a lui come ad un uomo solitario, egli in realtà si avvaleva di una squadra di collaboratori che vedremo più avanti.

Il ministero apostolico nel corpo di Cristo


Efesini 4:11 È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori,
Efesini 4:12 per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo [...]

1Corinzi 12:28 E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori [...]

Proprio l'apostolo Paolo, nelle lettere scritte alle comunità di Efeso e Corinto, insegna e rivela quale sia la natura stessa della Chiesa e il suo corretto funzionamento. Mostra cinque differenti ministeri che hanno lo scopo di lavorare in sinergia per il perfezionamento dei santi. Tra questi ministeri nomina per primo proprio quello dell'apostolo, con l'esatto termine apostolos
Il dono di Cristo che illustra agli Efesini è dato in questi cinque ministeri con un ruolo di prim'ordine.
Sicuramente non stiamo parlando dello stesso incarico che Gesù affidò ai dodici; non identico perlomeno.
Come abbiamo visto, loro sono testimoni oculari scelti da Gesù nel Suo ministero terreno e, in questo, sono unici. La Bibbia stessa li identifica con un ruolo di fondamento che sarà onorato nell'eternità (Ap 21:14).

Loro però, non sono gli unici a detenere questo titolo. Paolo in questo passaggio parla in un tempo verbale tradotto in italiano con il passato prossimo, e parla di apostoli e profeti. E' chiaro che non si sta riferendo ai dodici, ma ad un'organizzazione molto più ampia che raggruppa cinque gruppi di persone diverse fra di loro per dono e chiamata. Una nuova generazione di apostoli, con nuove chiamate specifiche e personali che portino all'edificazione del corpo di Cristo e al perfezionamento dei santi, esattamente con una nuova generazione di profeti, evangelisti, pastori e dottori che hanno uno stesso scopo comune ma competenze diverse.


Romani 16:7 Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me.

Il ruolo apostolico da questo momento oltrepassa il ministero dei dodici apostoli e si allarga a tutto il tempo della Grazia, perchè il corpo di Cristo ha necessità di essere edificato e perfezionato fino alla pienezza dei Gentili, e al ritorno di Gesù per le nozze dell'Agnello (Ap 19:7).

La squadra apostolica

Come abbiamo accennato prima, nonostante la fama di Paolo come ministro solitario, in realtà egli era in un ruolo di conduzione all'interno di una squadra - o team - apostolico.
Nella maggior parte dei casi non viaggiava da solo. Nel primo viaggio è stato accompagnato da Barnaba; nel secondo Sila e, successivamente Luca e Timoteo; solo nel terzo visitò da solo le chiese fondate in precedenza, rafforzandole. Nelle sue lettere troviamo altre informazioni di questa interessante formazione ministeriale:


1Tessalonicesi 1:1 Paolo, Silvano e Timoteo alla chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace [...]
1Tessalonicesi 2:6 E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità;
1Tessalonicesi 2:7 invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini.

Nella prima lettera ai Tessalonicesi, Paolo parla di Silvano (o Sila) e Timoteo come apostoli, al pari del suo ministero e con la stessa autorità apostolica di fondazione.

2Corinzi 8:23 Quanto a Tito, egli è mio compagno e collaboratore in mezzo a voi; quanto ai nostri fratelli, essi sono gli inviati delle chiese, e gloria di Cristo.

Ai credenti di Corinto scrive che Tito è suo compagno e collaboratore e che i loro fratelli (coloro che i Corinzi avevano visto insieme a Paolo) sono gli apostolos delle chiese, a gloria di Cristo.
Nonostante la traduzione italiana renda "inviati", Paolo in greco usa proprio il termine "apostoli".

Tito 1:5 Per questa ragione ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine nelle cose che rimangono da fare, e costituisca degli anziani in ogni città, secondo le mie istruzioni.

Per questo motivo dà a Tito un incarico apostolico, costituire degli anziani (una leadership) in ogni comunità locale...

1Timoteo 1:3 Ti ripeto l'esortazione che ti feci mentre andavo in Macedonia, di rimanere a Efeso per ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse [...]

...E a Timoteo l'importante compito di intervenire in una chiesa locale e difendere la sana dottrina che rischiava di essere compromessa a causa di persone all'interno della comunità, probabilmente con un ruolo di guida (cfr. 1:7)...

2Timoteo 2:2 e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri.

...Oltre a quello, infine, di discepolare altre persone e probabilmente costituire una nuova squadra apostolica nel momento in cui sapeva di dover morire martire.

Paolo dunque era in un team apostolico e questa è l'unica formazione di cui abbiamo esempio nel Nuovo Testamento in relazione al ministero apostolico successivo ai dodici apostoli di Gesù. Anche quando saluta altri apostoli di questo tipo, ne parla al plurale (Ro 16:7) lasciando intendere che lavoravano insieme ad altre persone e non da soli. E' lecito dunque pensare che anche al giorno d'oggi l'indicazione del Signore sia sempre quella di collaborare nel ministero insieme agli altri fratelli come un corpo, in sinergia. Ogni ministro deve rendere conto agli altri e ogni ministero deve discepolare altri credenti con questa chiamata, perchè nel regno di Dio non esiste l'individualismo. Il Signore ha creato la Chiesa come un corpo, non come una serie di individui a sé stanti. Ne consegue che gli apostoli non debbano adempiere al loro ministero in solitudine ma collaborando con gli altri ministeri e discepolando altri apostoli che a loro volta potranno tramandare l'opera di Dio alle successive generazioni, fino al ritorno del Signore.

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