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sabato 29 giugno 2013

La distruzione di Gerusalemme del 70 d.C.

Marco 13:1 Mentre egli usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che edifici!»
Marco 13:2 Gesù gli disse: «Vedi questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata».

Matteo 24:1 Mentre Gesù usciva dal tempio e se ne andava, i suoi discepoli gli si avvicinarono per fargli osservare gli edifici del tempio.
Matteo 24:2 Ma egli rispose loro: «Vedete tutte queste cose? Io vi dico in verità: Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sia diroccata».

Luca 21:5 Alcuni gli fecero notare come il tempio fosse adorno di belle pietre e di doni votivi, ed egli disse:
Luca 21:6 «Verranno giorni in cui di tutte queste cose che voi ammirate non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata».

Introduzione

Ad oggi non esistono certezze sulla datazione del Vangeli. Nell'ultimo secolo si sono moltiplicati gli studi che hanno cercato di fare luce sugli avvenimenti e le circostanze che hanno portato alla loro redazione. In ambito accademico si parla di una tradizione orale dei logia, ossia dei detti di Gesù che i suoi discepoli hanno memorizzato, in un secondo momento scritto ed infine portato al nucleo fondamentale condiviso dai Vangeli sinottici e addirittura da altri apocrifi. Si suppone addirittura che per un certo tempo questo materiale sia coesistito sia in forma scritta che in forma orale, prima del consolidamento dei Vangeli così come li conosciamo oggi. Sicuramente la storia della loro redazione dev'essere stata molto più ampia e intricata rispetto alla linearità che spesso abbiamo in mente.
Da una parte quindi abbiamo la tradizione cristiana che promuove delle date molto vicine alla resurrezione del Signore per la redazione di queste importanti testimonianza nel canone biblico. Si parla di un periodo intorno al 50 d.C. per il Vangelo di Marco, di una periodo tra il 50 e il 70 per quello di Matteo e del 60 d.C. per il Vangelo di Luca.
La maggior parte degli studiosi aderenti alla critica biblica invece, datano il vangelo di Marco e quello di Matteo poco dopo il 70 d.C., e il Vangelo di Luca tra il 70 e il 100.

La "priorità marciana"

Durante i primi secoli, si è pensato che il Vangelo di Marco fosse una sorta di riassunto del Vangelo di Matteo, opinione condivisa anche da Agostino d'Ippona. 
Il problema della relazione tra i Vangeli sinottici dunque veniva affrontato dando una priorità cronologica a Matteo o a Luca.
Nel XVIII secolo tuttavia, la critica testuale ha evidenziato come il Vangelo di Marco fosse stato scritto in un greco popolare (koinè) con un uso del registro stilistico basso, sicuramente più basso del greco degli altri Vangeli sinottici, più raffinato. Se il V. di Marco fosse un riassunto di quello di Matteo, perché scriverlo in una forma linguistica più rozza? Le tradizioni di molti secoli iniziavano a vacillare. Ulteriori studi hanno confermato una datazione precedente al Vangelo di Marco, e alla formulazione della "Teoria delle due fonti" come migliore soluzione al problema sinottico; cioè alla relazione di interdipendenza esistente fra i Vangeli sinottici.
Da allora, si è consolidata l'ipotesi della "priorità marciana" che è diventata una chiave di lettura e di studio dei Vangeli sinottici.

La distruzione di Gerusalemme come termine di datazione

In questo contesto, il brano sopra riportato concernente la distruzione del secondo Tempio a Gerusalemme, diventa di enorme importanza. Assume infatti il ruolo di termine di datazione, mostrando che il redattore del Vangelo di Marco (reputato il più antico, come abbiamo visto) doveva essere al corrente - in quanto contemporaneo - di questa repressione romana e della distruzione dell'intera città di Gerusalemme.

La distruzione di Gerusalemme nelle Scritture

I versetti riportati all'inizio di questo articolo sono incastonati in una pericope chiamata "discorso escatologico" perché riguarda la fine dei tempi, "discorso olivetano" in quanto riguarda un discorso espresso di Gesù sul Monte degli Ulivi, oppure "Piccola apocalisse" per il legame di immagini e contenuti con l'Apocalisse di Giovanni. Tre nomi utilizzati per identificare uno stesso brano, presente in forma molto simile in Matteo 24, Marco 13 e Luca 21:5-23.
Da un punto di vista personale, trovo molto interessante il legame di tale brano proprio con l'Apocalisse di Giovanni e il libro di Daniele. 

Matteo 24:15 Quando dunque vedrete l'abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, posta in luogo santo (chi legge faccia attenzione!),
Matteo 24:16 allora quelli che saranno nella Giudea, fuggano ai monti;
Matteo 24:17 chi sarà sulla terrazza non scenda per prendere quello che è in casa sua;
Matteo 24:18 e chi sarà nel campo non torni indietro a prendere la sua veste.

Daniele 11:31 Per suo ordine, delle truppe si presenteranno e profaneranno il santuario, la fortezza, sopprimeranno il sacrificio quotidiano e vi collocheranno l'abominazione della desolazione.

La profezia di Daniele, pur riguardando la fine dei tempi e le azioni dell'Anticristo durante la tribolazione, ha trovato un'anticipazione nell'invasione di Antioco IV Epifane. Questo sovrano di dinastia seleucide volle ellenizzare a forza i Giudei ed arrivò a profanare il secondo Tempio bandendo la circoncisione e i sacrifici quotidiani e cospargendo l'altare di grasso di scrofa (1 Maccabei 1:44-54). Ecco quindi che Antioco divenne un "tipo" dell'Anticristo.
Gesù prende questi avvenimenti nel discorso della piccola apocalisse, profetizzando sulla distruzione di Gerusalemme e allungando lo sguardo verso il tempo della fine, congiungendosi con le profezie di Daniele. 
Ecco quindi come differenti episodi storici possono inanellarsi e proiettarsi verso un ultimo avvenimento futuro. Abbiamo infatti la profanazione del secondo Tempio, la distruzione di quest'ultimo e la profanazione di un futuro (e a tutt'oggi inesistente) Terzo tempio, evento culmine di tutte le profezie escatologiche, dopo la quale si metteranno in moto gli eventi che porteranno a un diretto intervento di Dio.

La distruzione di Gerusalemme nella storia

Come abbiamo visto la distruzione di Gerusalemme riveste un ruolo molto importante nella redazione dei Vangeli, secondo gli studi filologici. Dobbiamo essere consapevoli che i primi credenti aspettavano il ritorno del Signore da un momento all'altro (2 Tessalonicesi 2:2) e non vi era la stretta necessità di mettere per iscritto tutto quello che Gesù aveva detto e fatto. Nel Nuovo Testamento infatti i libri più antichi sono le lettere che gli Apostoli hanno spedito a varie comunità o persone per risolvere problemi dottrinali, comportamentali, oppure per informare semplicemente di certe cose. Questa era infatti la necessità principale, in quanto i testimoni oculare del Signore erano in gran parte ancora vivi e discepolavano in prima persona i credenti man mano che si convertivano. Il 70 invece segna un cambiamento spirituale e storico con la distruzione del Tempio, la diaspora giudaica e una serie di altre conseguenze che stiamo per vedere. Erano passati intorno ai quarant'anni dalla resurrezione di Cristo, la Giudea era stata completamente conquistata e brutalmente sottomessa; e la maggior parte degli Apostoli erano morti da martiri lasciando il "testimone" alla seconda generazione di credenti. Una nuova esigenza stava nascendo velocemente: preservare la testimonianza dei discepoli di Gesù di Nazareth per poterla diffondere integralmente alle generazioni successive, adeguandosi a quello che alcuni interpretavano come un ritardo nella venuta del Signore (2 Pietro 3:9). Molto probabilmente fu questo il contesto attorno al quale gli evangelisti redassero i Vangeli, attingendo a fonti preesistenti di diverso tipo (Luca 1:1-4).

Da un punto di vista storico, la ricostruzione di questo evento dipende dal "Bellum Iudaicum" di Flavio Giuseppe, un fariseo di nobile origine sacerdotale che riuscì ad aggraziarsi l'imperatore Tito ottenendo la cittadinanza romana e una certa libertà che sfruttò scrivendo diverse opere storiche, fra cui appunto la Guerra giudaica e Antichità giudaiche. Egli fu un testimone oculare della distruzione di Gerusalemme da parte dell'esercito romano.
I fatti che portarono a questo tragico epilogo si possono far risalire all'autunno del 66, quando i rivoltosi giudei (che non sopportavano l'occupazione romana in corso da svariati decenni) riuscirono a sbaragliare i soldati della XII Legione Fulminata al comando del legato romano Cestio Gallo. L'entusiasmo del partito antiromano salì vorticosamente credendo in una vittoria sull'oppressore straniero. I giudei pacifisti e i cristiani invece presagivano la ritorsione romana ed abbandonarono la città. Nerone infatti - l'imperatore di quel periodo - nominò il generale Vespasiano per una nuova operazione di guerra in Palestina durante la quale i romani avanzarono in tutta la Galilea contrastando facilmente i giudei, uccidendo 11.600 samaritani e arrivando fino alla regione della Perea. Il 9 giugno del 68 morì Nerone, e furono sospese le operazioni belliche per un anno. Vespasiano fu acclamato come nuovo imperatore e riprese la campagna con ravvivato vigore. Gerusalemme fu cinta d'assedio con una muraglia di sette chilometri e mezzo ed espugnata in modo particolarmente violento. L'esercito romano prese come schiavi 97.000 prigionieri giudei, di cui alcuni furono condotti a Roma per celebrare la processione trionfale i cui particolari si possono trovare ancora oggi rappresentati nei rilievi dell'arco di Tito nel foro romano. La Giudea divenne un possedimento di Vespasiano che ostentò questa vittoria come fondamento per la nuova dinastia che rappresentò al potere.

Le conseguenze della distruzione di Gerusalemme

Le conseguenze furono numerose e durevoli, riassumibili in questi aspetti: il tramonto del genere letterario apocalittico, l'emergenza del rabbinismo e la separazione tra cristiani e giudei. 

Il genere apocalittico nasceva su un pessimismo presente ma sulla fede di un'imminente intervento divino volto a portare giustizia e a preservare il popolo di Dio. In un clima di totale sconfitta mancarono i presupposti per un'ottica di questo genere.

Senza avere più un tempio come cuore della religione ebraica, emerse la necessità di tornare allo studio e all'osservanza della Torah in altri modi e contesti, per ritornare all'ubbidienza di Dio. La catastrofe appena avvenuta era vista inevitabilmente come conseguenza dell'infedeltà di Israele al patto che aveva stipulato con Dio millenni prima. Le sinagoghe assunsero un'importanza sempre maggiore.

I cristiani non presero parte alla rivolta e furono definitivamente allontanati dalle assemblee giudaiche. D'altro canto, gli stessi cristiani vedevano nella sciagura subita da Israele un giusto castigo inferto da Dio a coloro che avevano rifiutato di credere in Gesù, e si fece sempre più forte l'idea che la Chiesa avesse preso il posto di Israele nei piani di Dio.

Considerazioni finali

Abbiamo osservato come la distruzione di Gerusalemme sia stato un evento dalle profonde conseguenze storiche, teologiche e bibliche. Profezia e storia si legano in questo dramma formando un nodo cruciale per il popolo di Dio (Israele e la Chiesa), lanciando uno sguardo ad un futuro escatologico di sofferenza, prima del ritorno del Signore.
Ignorare questi elementi rende pericolosamente miopi nei confronti del passato, del presente e del futuro del cristianesimo e del piano di Dio per l'umanità.



Bibliografia:

- Cristianesimi nell'antichità, Giancarlo Rinaldi. Ed. GBU
- Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Rafael Aguirre Monasterio e Antonio Rodrìguez Carmona. Ed. Paideia
- La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur. Ed. Società biblica di Ginevra

Sitografia:

http://it.wikipedia.org/wiki/Discorso_escatologico
http://www.fuocovivo.org/CATECHESI/VANGELO%20DI%20MARCO.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Vangelo_secondo_Matteo
http://it.wikipedia.org/wiki/Vangelo_secondo_Luca
http://it.wikipedia.org/wiki/Vangelo_secondo_Marco

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