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domenica 3 novembre 2013

La festa delle Capanne

LA FESTA DELLE CAPANNE

Celebrerete questa festa in onore del SIGNORE per sette giorni, ogni anno. È una legge perenne, di generazione in generazione. La celebrerete il settimo mese. Abiterete in capanne per sette giorni; tutti quelli che saranno nativi d'Israele abiteranno in capanne, affinché i vostri discendenti sappiano che io feci abitare in capanne i figli d'Israele, quando li feci uscire dal paese d'Egitto. Io sono il SIGNORE, il vostro Dio"».  
Levitico 23:41-43 

Celebrerai la festa delle Capanne per sette giorni, quando avrai raccolto il prodotto della tua aia e del tuo torchio;
ti rallegrerai in questa tua festa, tu, tuo figlio, tua figlia, il tuo servo, la tua serva, il Levita, lo straniero, l'orfano e la vedova che abitano nelle tue città.
Celebrerai la festa per sette giorni in onore del SIGNORE tuo Dio, nel luogo che il SIGNORE avrà scelto; poiché il SIGNORE, il tuo Dio, ti benedirà in tutta la tua raccolta e in tutta l'opera delle tue mani, e ti darai interamente alla gioia.  
Deuteronomio 16:13-15 

Schema che illustra le principali caratteristiche della festa delle Capanne

Nel ventitreesimo capitolo del libro del Levitico troviamo le feste solenni ebraiche, le festività che il Signore ha comandato ad Israele di rispettare annualmente. Tra queste feste è presente anche quella autunnale "delle Capanne", fondata da una parte sul carattere agricolo (ringraziare Dio per il raccolto) e dall'altra su una funzione memoriale (ricordare la liberazione dall'Egitto per mano del Signore e la peregrinazione nel deserto per quarant'anni). Ben presto questa festa si è legata anche ad un pellegrinaggio a Gerusalemme, obbligatorio per tutti gli uomini che vi abitavano lontano. 
Inizialmente era limitata a sette giorni ma nel corso della storia è stata dilungata con un giorno in più per tutti coloro che si trovano al di fuori della terra di Israele. Durante questa festa, si conclude la lettura annuale della Torah, e dal Deuteronomio si torna al libro iniziale della Genesi. Questa festa viene festeggiata ancora oggi dagli Ebrei, e viene chiamata principalmente con il nome di "Sukkot". 
I CANTI DEI PELLEGRINAGGI

Da un certo momento in poi, sono stati selezionati alcuni Salmi per questa ricorrenza, ed in generale per le tre ricorrenze che prevedono un pellegrinaggio a Gerusalemme. I Salmi dal 120 al 134 infatti presentano l'indicazione "canto dei pellegrinaggi", oppure "delle ascensioni" proprio per evidenziare questo legame. Si tratta di Salmi che parlano di Gerusalemme o che per altri motivi sono stati reputati particolarmente adatti a queste occasioni. Per comprendere meglio il sentimento e il significato di questa festa, credo sia importante approfondirli e poter vedere le loro profondità nascoste.
In questo articolo ho deciso di soffermarmi sul Salmo 131 che per me ha sempre esercitato un particolare fascino.  

Canto dei pellegrinaggi.
Di Davide.
SIGNORE, il mio cuore non è orgoglioso
e i miei occhi non sono altèri;
non aspiro [= hâlaka, lett. cammino in...] cose troppo grandi e troppo alte per me. In verità l'anima mia è calma e tranquilla.
Come un bimbo divezzato[= gâmal]sul seno di sua madre,
così è tranquilla in me l'anima mia.
O Israele, spera nel SIGNORE,
ora e per sempre.  
Salmo 131

La prima osservazione che si può fare su questo Salmo, riguarda il nome del Signore (YHWH) che apre e chiude il testo secondo uno schema che potremmo definire di inclusione letteraria. Questo schema è comune nel panorama biblico e riveste di certo una particolare importanza. Il canto quindi si svolge attraverso una continua presenza e attenzione del Signore che rimane al centro dell'attenzione anche quando non è il soggetto principale del testo. 
Una seconda considerazione da fare coinvolge la triplice negazione del primo versetto. Il cuore NON è orgoglioso, gli occhi NON sono altèri e NON aspiro al cose troppo grandi. Stranamente in questo contesto è stata fatta una traduzione errata del termine ebraico che nella versione della Nuova Riveduta viene presentato con "aspiro". Il verbo ebraico originale infatti è "hâlaka" e il suo significato è quello di "camminare". La traduzione corretta dell'ultima parte del primo versetto quindi sarebbe "non cammino in cose troppo grandi e troppo alte per me". Questa triplice negazione riguarda perciò il cuore, gli occhi e i passi, in un'espressione che vuole alludere all'interezza dell'essere umano. Il cuore infatti rappresenta la parte più intima e segreta dell'uomo, gli occhi mostrano la sua espressività ed eventualmente le sue intenzioni mentre i passi del suo camminare palesano le decisioni prese e lo scopo che si sta perseguendo. Tutti questi aspetti sono ora accordati in una tranquillità che si appoggia direttamente sul Signore. 
Il secondo versetto del Salmo però si apre ad una nuova immagine, cioè quella di un bimbo divezzato sul seno di sua madre. Sebbene io stesso abbia sempre interpretato questa espressione come una completa e totale dipendenza da Dio - nello stesso modo in cui un neonato dipende fisicamente dal latte e dalla cura materna - in questo contesto però possiamo leggere di un bimbo divezzato e non da divezzare. Il bambino con cui si paragona il salmista quindi è già stato divezzato ed è tutt'ora tranquillo sul seno di sua madre. Dietro a questa sottile, ma fondamentale differenza, credo sia utile analizzare tre altri contesti in cui si utilizza questo stesso verbo che trova la sua espressione ebraica originale con "gâmal". La prima ricorrenza riguarda Abramo ed Isacco.

Il bambino dunque crebbe e fu divezzato[= gâmal]Nel giorno che Isacco fu divezzato, Abraamo fece un grande banchetto.
Genesi 21:8 

La Scrittura attesta che quando Isacco fu divezzato, Abramo fece una grande festa. Nel capitolo immediatamente successivo però, troviamo uno tra gli episodi più significativi della vita dei patriarchi:

Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abraamo e gli disse: «Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò».  
Genesi 22:1-2 

Nella narrazione biblica, la prova di Abraamo è messa vicina al divezzamento di Isacco. E' possibile vedere di conseguenza dei legami tra i due avvenimenti. Se il primo evento è associato ad un grande banchetto ed una grande gioia, il secondo riguarda il momento di maggior tensione. Isacco ora divezzato viene chiesto in olocausto da Dio stesso per una richiesta assurda e paradossale rispetto a tutto quanto avvenuto finora. Il divezzamento viene mostrato quindi come anticamera della prova più dura, che sfocerà però in una maggiore rivelazione di Dio come "Il Signore che provvede" (v.14), e in una conferma della promessa di moltiplicazione e benedizione (v. 16-18).

Il secondo contesto riguarda invece il profeta Samuele.

1Samuele 1:24 Quando (Anna) lo ebbe divezzato[= gâmal] (Samuele), lo condusse con sé e prese tre torelli, un efa di farina e un otre di vino; e lo condusse nella casa del SIGNORE a Silo. Il bambino era ancora molto piccolo.
1Samuele 2:11 [...] il bambino rimase a servire il SIGNORE sotto gli occhi del sacerdote Eli.

Subito dopo essere stato divezzato infatti, Samuele ancora bambino viene portato al tempio dove rimane a servire il Signore. Anche in questo caso il divezzamento coincide con l'inizio di una nuova fase della vita del protagonista, coincide con l'inizio di una consacrazione fattiva ed un servizio attivo nella casa del Signore. 

Il terzo testo che prenderemo in considerazione, riguarda invece una famosa profezia tratta dal libro del profeta Isaia: 

Il lattante giocherà sul nido della vipera,
e il bambino divezzato[= gâmal] stenderà la mano nella buca del serpente.
Isaia 11:8 

Questo versetto si colloca in una porzione di Isaia (cc.7-11) chiamata "Libretto dell'Emmanuele", e come appena letto descrive un bambino divezzato che stende la mano nella buca del serpente. Il tempo è quello escatologico e il soggetto ultimo di questi capitoli è il Messia. Egli appena divezzato gioca con i serpenti, stende la mano sulla buca del serpente che ora è un gioco grazie alla trasformazione e redenzione dell'intero universo. Affronta il male, ora reso innocuo. Il serpente che fin dalla Genesi appare come piena manifestazione di satana, ora invece perde completamente la sua potenza tanto da poter essere affrontato nella condizione di massima vulnerabilità. 

Queste tre situazioni credo che si possano applicare anche al sentimento del bambino presentato dal Salmo 131. Il bambino con il quale si identifica il salmista infatti è già divezzato, e pur essendo nelle braccia della madre non è più dipendente da lei in modo così fisico ed intimo come prima. E' come se pur restando tra le sue braccia spostasse lo sguardo altrove, verso la prova, verso la consacrazione ed il servizio per il Signore e verso il conflitto con il male. La tranquillità dunque non si traduce in una apatia ma al contrario in un momento di serenità che precede l'azione decisiva del combattimento spirituale. Un combattimento che non viene affrontato con orgoglio o con una sopravvalutazione di sé, ma con la consapevolezza di essere fra le braccia di Dio e di poter contare sulla sua protezione e forza. 

Immaginiamo dunque un ipotetico pellegrino diretto a Gerusalemme per la festa delle Capanne mentre canta questo salmo. Riflettiamo su questa visione che sposta l'attenzione dall'inedia per portarla verso una piena fiducia in Dio e l'attesa di un'azione decisiva di fede. Arriva il ricordo del pellegrinaggio nel deserto per quarant'anni, a mostrare la debolezza umana ma l'onnipotenza di Dio. Il ringraziamento per la sua provvidenza realizzata tramite il raccolto, il cibo che garantisce sussistenza e vita. E la meta di Gerusalemme, davanti a lui. La capitale di Israele, la città di Dio! La direzione verso cui ogni sincero credente è in cammino. La prospettiva sta cambiando e l'orizzonte si sta allargando portando ad una nuova realizzazione e consapevolezza del presente e del futuro. 
IL RISTABILIMENTO POST ESILICO

Il secondo giorno, i capi famiglia di tutto il popolo, i sacerdoti e i Leviti si radunarono presso Esdra, lo scriba, per esaminare le parole della legge.Trovarono scritto nella legge, che il SIGNORE aveva data per mezzo di Mosè, che i figli d'Israele dovevano abitare in capanne durante la festa del settimo mese, e che in tutte le loro città e in Gerusalemme si doveva pubblicare questo bando: "Andate al monte, a cercare rami d'olivo, rami d'olivastro, di mirto, di palma e di alberi ombrosi, per fare delle capanne, come sta scritto". Allora il popolo andò fuori, portò i rami, e ciascuno fece la sua capanna sul tetto della propria casa, nel proprio cortile, nei cortili della casa di Dio, sulla piazza davanti alla porta delle Acque, e sulla piazza davanti alla porta di Efraim. Così tutta l'assemblea di quanti erano tornati dall'esilio si fece delle capanne, e abitò nelle capanne. Dal tempo di Giosuè, figlio di Nun, fino a quel giorno, i figli d'Israele non avevano più fatto così. E ci fu grandissima gioia.  
Neemia 8:13-17 

Dopo l'esilio Babilonese, la tribù di Giuda tornò in patria ristabilendo l'osservanza della Torah e di tutte le pratiche comandate da Dio. 
Tra queste anche la festività delle Capanne. Leggiamo questa testimonianza nel libro di Neemia. Un fatti di grande significato però è quello che per aver festeggiato questa ricorrenza ci fu una grandissima gioia. Come abbiamo visto questa non è una festa fine a sé stessa ma ha un significato bene preciso, così come ha un significato ben preciso il suo ristabilimento dopo la deportazione. In questo contesto infatti Israele si stava riappropriando della sua identità di fede. Stava riconoscendo il suo passato con il Signore, il suo presente e soprattutto il suo futuro. Un futuro legato alla presenza di Dio, all'ubbidienza di Dio e a quel sentimento così magistralmente descritto nel Salmo 131 e che potrebbe essere riassunto con questo ulteriore versetto:

Allora egli mi rispose: «È questa la parola che il SIGNORE rivolge a Zorobabele: "Non per potenza, né per forza, ma per lo Spirito mio", dice il SIGNORE degli eserciti.
Zaccaria 4:6 


Non è per potenza o per forza degli uomini che Israele è tornato dall'esilio ed ugualmente non è per questi motivi che sta ricostruendo un intero paese. Tutto è accaduto per lo Spirito del Signore ed è grazie allo Spirito che il popolo ha un futuro ed una speranza. 

IL PELLEGRINAGGIO DI CRISTO

Or la festa dei Giudei, detta delle Capanne, era vicina.
Perciò i suoi fratelli gli dissero: «Parti di qua e va' in Giudea, affinché i tuoi discepoli vedano anch'essi le opere che tu fai. Poiché nessuno agisce in segreto, quando cerca di essere riconosciuto pubblicamente. Se tu fai queste cose, manifèstati al mondo». Poiché neppure i suoi fratelli credevano in lui.
Gesù quindi disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo, invece, è sempre pronto. Il mondo non può odiare voi; ma odia me, perché io testimonio di lui che le sue opere sono malvagie. Salite voi alla festa; io non salgo a questa festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto».
Giovanni 7:2-8 

Il vangelo di Giovanni, diversamente dai vangeli sinottici è stato redatto seguendo una cronologia che coinvolge le festività ebraiche ed una parte rilevante della narrazione (corrispondente ai capitoli 7 e 8) è ambientata proprio alla festa delle Capanne. Tutto ha inizio con una provocazione dei fratelli del Signore che lo volevano spingere ad una presa di posizione pubblica in un modo che però non rientrava nel tempo stabilito da Dio. Inizialmente dunque Gesù non parte per Gerusalemme perché in questo momento il suo tempo non era ancora compiuto. 

Ma quando i suoi fratelli furono saliti alla festa, allora vi salì anche lui; non palesemente, ma come di nascosto.
Giovanni 7:10 

Verso la metà della festa, Gesù salì al tempio e si mise a insegnare. Perciò i Giudei si meravigliavano e dicevano: «Come mai conosce così bene le Scritture senza aver fatto studi?»
Giovanni 7:14-15 

A metà festa però Gesù decide di salire di nascosto e ad un certo punto si mette ad insegnare al tempio, stupendo i presenti con la sua conoscenza, ed entrando con loro in una disputa riguardante la sua identità e autorità. 

Nell'ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato.  
Giovanni 7:37-39 

Nell'ultimo giorno della festa delle Capanne, il giorno più solenne, Gesù preannuncia l'arrivo dello Spirito Santo in un contesto particolare che i primi lettori del vangelo potevano cogliere ma che un lettore contemporaneo difficilmente può riconoscere. Nella fase conclusiva della festa infatti, era consueto un rito ben preciso comprendente una processione fino alla fonte di Siloe per attingere dell'acqua e trasportarla fino al tempio di Gerusalemme cantando:

Voi attingerete con gioia l'acqua
dalle fonti della salvezza,
e in quel giorno direte: «Lodate il SIGNORE, invocate il suo nome, fate conoscere le sue opere tra i popoli, proclamate che il suo nome è eccelso!
Isaia 12:3-4
Sito della piscina di Siloam
L'esclamazione di Cristo "Se qualcuno ha sete, venga a me e beva", dunque ha un significato ancora più profondo della semplice anticipazione dello Spirito Santo. E' da interpretare a tutti gli effetti come una proclamazione profetica nella quale il Signore annunciava di sostituirsi alla fonte di Siloe. Da quel momento in avanti infatti sarà lui stesso la meta di ogni pellegrinaggio dell'uomo verso la vita. 

Dopo questo evento nel vangelo di Giovanni leggiamo della controversia nata attorno a lui, del perdono accordato alla donna adultera e dell'insegnamento sulla luce del mondo. La narrazione dei fatti però termina in questo modo:

Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono». 
Giovanni 8:58
 
Cristo afferma in modo chiaro la sua divinità presentandosi come l'IO SONO, il nome sacro di Dio nell'Antico Testamento. 

Allora essi presero delle pietre per tirargliele; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Giovanni 8:59 


Con questo gesto Gesù esce dal tempio, allontanando la presenza di Dio dal luogo sacro. Questo eventi hanno causato una profonda rottura dell'equilibrio e dello stato spirituale di Israele, capitolato definitivamente con la passione di Cristo e la sua resurrezione per l'instaurazione del nuovo patto.
Gesù quindi pur essendo salito alla festa non vi ha partecipato, perché non era ancora il suo tempo di parteciparvi. Ha però insegnato la dottrina del Padre ed ha proclamato di essere la nuova fonte di Siloe grazie alla manifestazione dello Spirito Santo che da lì a poco (a Pentecoste, altra festività ebraica) sarebbe avvenuta.

IL PELLEGRINAGGIO MESSIANICO

La festa delle Capanne però non scompare dal panorama biblico, ma torna proiettata verso un tempo escatologico. Al ritorno del Signore infatti, Egli stesso parteciperà a questa festività ricevendo shâchâh, termine che significa tanto prostrazione quanto adorazione. Cristo sarà riconosciuto da tutti quelli che saranno rimasti di tutte le nazioni come fonte di Siloe e tutti saliranno in pellegrinaggio verso di Lui per celebrare il pieno significato della festa delle Capanne. 

Tutti quelli che saranno rimasti di tutte le nazioni
venute contro Gerusalemme,
saliranno di anno in anno
prostrarsi(= shâchâh) davanti al Re, al SIGNORE degli eserciti,
e a celebrare la festa delle Capanne.
Zaccaria 14:16 

Questo sarà il tempo opportuno, questo sarà il senso compiuto di una festività indicata da Dio millenni fa al popolo di Israele, ma che solo in questo tempo troverà un pieno adempimento. 


CONCLUSIONI

La festa delle Capanne è stata istituita da Dio per il popolo di Israele ed aveva il duplice scopo di ringraziare Dio per il raccolto e ricordarsi del tempo passato a peregrinare nel deserto. Presto questa festa ha subìto delle modifiche contemplando il pellegrinaggio a Gerusalemme cantando dei salmi che riguardavano la città santa ed un'attitudine di fiducia attiva nei confronti di Dio. Gesù stesso è salito a Gerusalemme in concomitanza con questa festa evitando di festeggiarla per prendere invece l'iniziativa di insegnare al tempio e proclamare il vero senso della festa: la Sua stessa identità come vero Dio e tempio definitivo. La Sua partecipazione alla festa delle Capanne però rimane un evento in attesa di essere adempiuto, quando in un tempo escatologico tutte le nazioni omaggeranno il Signore in questa circostanza salendo a Gerusalemme. 

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