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giovedì 21 novembre 2013

La promessa di Sichem


Giosuè 24:1 Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele a Sichem 
[...e disse...] 
Dunque temete il SIGNORE e servitelo con integrità e fedeltà; togliete via gli dèi ai quali i vostri padri servirono di là dal fiume e in Egitto, e servite il SIGNORE. E se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE». 
Giosuè 24: 14 

Nel ventiquattresimo capitolo del libro biblico di Giosuè, leggiamo l'ultimo accorato discorso che Giosuè fece al popolo di Israele prima della sua morte. Il libro racconta la storia della conquista del paese di Canaan da parte degli israeliti e della spartizione di questo territorio fra le sue varie tribù. Molto tempo dopo che il Signore ebbe dato riposo a Israele liberandolo da tutti i nemici che lo circondavano - come leggiamo al capitolo ventitré - Giosuè, ormai molto vecchio e avanti negli anni, convocò tutto Israele per fare il suo ultimo discorso, che potremmo quasi interpretare come un vero e proprio testamento spirituale. Egli ripercorse tutta la storia del popolo, tutti gli interventi e le benedizioni sovrannaturali di Dio, proprio per evidenziare il fatto che, senza una cura costante e attiva da parte del Signore, essi non sarebbero stati in vita. Esortò ad allontanarsi dagli idoli dei popoli limitrofi per non attirarsi le maledizioni che questo comportava a causa del patto che avevano fatto con YHWH. E, alla fine, arrivò a pronunciare le parole che possiamo leggere in apertura a questo articolo: "E se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE".
Una lettura attenta delle parole sottolineate rivela che, in realtà,  in questo contesto Giosuè non disse al popolo: "Scegliete se servire il Signore o gli altri dèi", ma piuttosto: "Se - dopo aver capito che siete stati formati, protetti e condotti dal Signore - vi sembra male seguire Lui, allora scegliete tra il servire gli dèi dei popoli al di là del fiume Giordano oppure gli dèi dei popoli che ora vi sono vicini". La scelta che Giosuè pose con questa frase non è tra il Signore e gli altri dèi ma tra gli idoli del passato di Israele e quelli del presente. In questi versetti, dunque, egli non stava parlando realmente di una scelta per Dio. Lo farà in questo stesso discorso, poco più in là, ma con un significato più profondo. Israele, infatti, aveva ricevuto la Legge di Dio - tramite Mosè - proprio come in tempi medievali i vassalli ricevevano dal sovrano l'affidamento di incarichi amministrativi e di gestione dei territori, prestando giuramento di obbedienza e fedeltà. Non fu Israele a scegliere Dio ma, piuttosto, fu il Signore a creare questa nazione da un sol uomo e condurla passo a passo attraverso la storia. Israele fu liberato dal legame con il faraone, signore dell'Egitto, per essere legato in maniera indissolubile con YHWH, il Signore dei Signori. 


Avanzando nella lettura, infatti, troviamo Giosuè che arriva addirittura a scoraggiare Israele dal servire il Signore, sapendo che questo servizio doveva essere svolto in modo santo. Egli però spinge infine il popolo a fare - ora sì, ed in modo esplicito - una scelta per il Signore. Una scelta, però, che sorge come naturale conseguenza di quello che Israele aveva vissuto, e del modo speciale in cui ha potuto conoscere il suo Dio. Una volta che si incontra il Signore, non si può più tornare indietro.

E Giosuè disse al popolo: «Voi non potete servire il SIGNORE, perché egli è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre ribellioni e i vostri peccati. Quando abbandonerete il SIGNORE e servirete dèi stranieri, egli si volterà contro di voi, vi farà del male e vi consumerà, dopo avervi fatto tanto bene». E il popolo disse a Giosuè: «No! Noi serviremo il SIGNORE»,. E Giosuè disse al popolo: «Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelto il SIGNORE per servirlo!» Quelli risposero: «Siamo testimoni!» Giosuè disse: «Togliete dunque via gli dèi stranieri che sono in mezzo a voi, e inclinate il vostro cuore al SIGNORE, che è il Dio d'Israele!» Il popolo rispose a Giosuè: «Il SIGNORE, il nostro Dio, è quello che serviremo, e alla sua voce ubbidiremo!» Così Giosuè stabilì in quel giorno un patto con il popolo, e gli diede delle leggi e delle prescrizioni a Sichem. Poi Giosuè scrisse queste cose nel libro della legge di Dio; prese una gran pietra e la rizzò sotto la quercia che era presso il luogo consacrato al SIGNORE. E Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco, questa pietra sarà una testimonianza contro di noi; perché essa ha udito tutte le parole che il SIGNORE ci ha dette; essa servirà quindi da testimonianza contro di voi; affinché non rinneghiate il vostro Dio».
Giosuè 24:19-27 

Il dialogo tra Giosuè e il popolo di Israele termina con un patto, secondo una dinamica che richiama alla mente il celebre passo evangelico in cui Gesù mette alla prova i suoi discepoli:

Perciò Gesù disse ai dodici: «Non volete andarvene anche voi?» Simon Pietro gli rispose: «Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Giovanni 6:67-69 

Israele ha creduto e conosciuto il Dio Santo che li ha liberati dalla schiavitù e condotti verso la conquista della terra promessa. Ha conosciuto che solo Lui ha parole di vita eterna, e dunque da chi altro potrebbero andare?
Purtroppo questa risolutezza si spegnerà presto, così come possiamo leggere nel libro dei Giudici, ma in questo momento il popolo prese una posizione ben precisa. Trovo molto significativo il fatto che questo patto così importante avvenga proprio a Sichem. Tale località infatti ha un precedente di grande importanza, che porta a riconsiderare l'intera vicenda appena letta: 


Giunsero così nella terra di Canaan, e Abramo attraversò il paese fino alla località di Sichem, fino alla quercia di More. In quel tempo i Cananei erano nel paese. Il SIGNORE apparve ad Abramo e disse: «Io darò questo paese alla tua discendenza». Lì Abramo costruì un altare al SIGNORE che gli era apparso. Genesi 12:6-7 

Centinaia di anni prima, il Signore apparve ad Abramo proprio nella stessa località, e lì promise di dare quel paese per la sua discendenza. Il discorso di Giosuè deve perciò essere letto come un adempimento di questa promessa. L'altare che Abramo costruì ebbe un seguito nella pietra che Giosuè rizzò come testimonianza del patto di fedeltà che fece il popolo di Israele. Dio promise in quel luogo la terra ai discendenti di Abramo, ed essi rinnovarono in quello stesso luogo il loro patto con Lui. Che meravigliosa armonia possiamo trovare nella Parola di Dio! 

Ma gli indizi che portano ad una piena consapevolezza di questi eventi biblici non terminano qui. Arrivano, infatti, anche al Nuovo Testamento, celati in uno dei brani meglio conosciuti dai credenti: quello di Gesù e la donna Samaritana.

[Gesù] Giunse dunque a una città della Samaria, chiamata Sicar, vicina al podere che Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe; e là c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del cammino, stava così a sedere presso il pozzo. Era circa l'ora sesta. Una Samaritana venne ad attingere l'acqua. Gesù le disse: «Dammi da bere». Giovanni 4:5-7


Il brano è molto ben conosciuto, e si svolge nella località di Sicar, presentata come città della Samaria. Andando alla mappa presente all'inizio dell'articolo, si può notare la grande vicinanza tra la regione della Samaria e Sichem. Se questa coincidenza non bastasse, molti studiosi hanno pensato a fugare l'alone di dubbio che avvolge la città di Sicar. Essa infatti non sarebbe altro che Sichem stessa, presentata con il suo nome aramaico. Un altro importante anello che ora congiunge una collana di notevole significato teologico. Perché? Rileggiamo insieme gli insegnamenti di Gesù in quel luogo.

Gesù le disse: «Donna, credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità». Giovanni 4:21-24 

Ad ovest di Sichem vi era il monte Garizim, dove i Samaritani ritenevano si dovesse adorare Dio. E proprio ai suoi piedi - nella città di Sichem/Sicar - Gesù proclamò che l'ora era venuta che né in quel luogo, né a Gerusalemme si sarebbe adorato il Padre ma soltanto in spirito e verità. 
A Sichem il Signore promise ad Abramo quel territorio per i suoi discendenti. A Sichem i discendenti di Abramo rinnovarono il loro patto con il Signore, possedendo la terra promessa. E sempre a Sichem il Signore incarnato annunciò un nuovo patto, svincolato da luoghi sacri e caratterizzato unicamente dall'ubbidienza dello Spirito di verità. 


CONCLUSIONI

Questi tre eventi non possono essere scollegati tra di loro, acquistando un notevole significato se collegati insieme. La successione di eventi nello stesso luogo specifico di Sichem dimostra la fedeltà di Dio verso la Sua promessa, adempiuta secoli dopo e rivelata interamente più di milleduecento anni dopo nella dichiarazione del Figlio incarnato. Nessun particolare è casuale quando coinvolge il Dio sovrano presente nella storia e nel mondo, che ha voluto rivelare e manifestare passo dopo passo i Suoi propositi coinvolgendo innumerevoli generazioni. L'altare di Abramo è stato seguito da quello di Giosuè, che ha prefigurato il Cristo: la pietra di fondamento per la Chiesa universale di ogni tempo. 

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