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martedì 1 ottobre 2013

La santificazione

Inizio della Seconda lettera di Pietro, dal Papiro Bodmer VIII
Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenzaalla conoscenza l'autocontrollo; all'autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietàalla pietà l'affetto fraterno; e all'affetto fraterno l'amore.
Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo.
2Pietro 1:5-8 

La seconda epistola di Pietro è una delle lettere "cattoliche", ossia universali, presenti nel Nuovo Testamento. E' definita così in quanto non viene indirizzata ad un preciso destinatario ma genericamente a tutti i credenti. 
Nel primo versetto leggiamo infatti che è rivolta "a coloro che hanno ottenuto una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo". A tutti coloro che hanno ottenuto questa fede preziosa.
Probabilmente era una lettera circolare rivolta a tutti i credenti dell'Asia Minore. 

Gli studiosi sono divisi tra quelli che riconoscono la paternità petrina sostenuta dalla lettera stessa e da quelli invece che la attribuiscono ad un cristiano anonimo del II secolo. 
La moderna critica biblica in ogni caso la considera una lettera pseudoepigrafa, ossia redatta da un altro autore e non direttamente dall'apostolo Pietro. 


Il termine "agape" in greco.
Il brano di apertura a questo articolo esorta ad aggiungere una serie di virtù al carattere e alla vita dei credenti, secondo un'escalation che culmina con l'amore, reso con il termine greco agapē che identifica quel sentimento e quell'altruismo mostrato dal Signore stesso e tradotto dalla Bibbia C.E.I. con il termine "carità". L'autore motiva questo processo "per questa stessa ragione", adducendo ad una fondamentale verità scritta poche frasi prima. 
Dopo i saluti del primo capitolo infatti, al terzo versetto troviamo una proclamazione di incredibile portata:


La sua potenza divina [di Gesù] ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù. 2Pietro 1:3 

Questa è l'origine, la fonte alla quale attingere per costruire sul fondamento della fede la virtù, la conoscenza, l'autocontrollo, la pazienza, la pietà, l'affetto fraterno e l'amore puro. Questo cammino infatti è tutt'altro che umano, poggiando le proprie radici nella potenza stessa di Cristo e nella sua conoscenza. Senza questa comprensione e conoscenza, la crescita descritta dalla Scrittura rimane irrealizzabile. 
Quello di cui l'autore biblico sta parlando infatti è un dono
Un dono di Cristo a cui è possibile accedere soltanto "mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati". Soltanto conoscendo colui che ci ha chiamati, solo conoscendo Dio stesso possiamo ricevere la fede, senza la quale è impossibile iniziare questo processo di santità. La fede infatti è il punto di partenza, e la fede stessa è creata da Cristo (Ebrei 12:2).
Questo concetto è reso frequentemente dall'Apostolo Paolo con l'espressione "in Cristo". 

Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati. 1Corinzi 15:22


In queste parole, la teologia paolina proietta tutta la potenza della divinità del Signore Gesù. In Cristo infatti i credenti sono morti (Ro 6:3) e risuscitati in novità di vita (Ro 6:4). In Cristo riceviamo la grazia di Dio (1 Co 1:4), la Sua sapienza (1 Co 4:10), la vittoria ed il trionfo (2 Co 2:14). Oltre alla vivificazione appena letta nel versetto precedente e a molte altre benedizioni che è possibile trovare nella Parola di Dio. 
Tutto questo però non deve far pensare ad una formula mistica e nascosta da perseguire con sforzo, ma piuttosto ad un atto compiuto da Cristo che abilita automaticamente i credenti a vivere queste realtà. La vita spirituale di cui parla il Nuovo Testamento infatti non è guadagnata dall'uomo, ma piuttosto semplicemente ricevuta. Come? Con la fede. 
La fede riceve la virtù di Cristo, la Sua conoscenza, il Suo autocontrollo, la Sua pazienza, pietà, affetto e amore. Questo però non deve portare al pensiero di una passività in quanto la fede è per definizione un'attitudine attiva e vibrante. La lettera infatti esorta a mettere "da parte vostra ogni impegno" in questo, per rendere sicura la propria vocazione ed elezione. 

Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai. In questo modo infatti vi sarà ampiamente concesso l'ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. 2Pietro 1:10-11 

Le opere sono dimostrazione della fede (Giacomo 2:18). L'insegnamento neotestamentario nel suo insieme è molto chiaro ad evidenziare che la salvezza non è derivata dagli sforzi dell'uomo ma piuttosto unicamente dalla fede nel sacrificio di Gesù. Come è possibile interpretare dunque l'esortazione apostolica di rendere sicura la nostra vocazione ed elezione? 

Considerando tutto il cammino cristiano come dimostrazione di una salvezza già ricevuta. 

Di sicuro la vita cristiana non è priva di sforzo, ma lo sforzo di cui si parla - pur essendo indispensabile - non è sufficiente a raggiungere il livello desiderato da Dio. Lo sforzo dunque è necessario ma deve poggiare sulla fede, altrimenti è sterile. Non si parla di sinergia, ossia di collaborazione tra Dio e l'uomo, ma piuttosto di vivere per fede realtà celesti e portarle nella nostra quotidianità grazie alla forza di Cristo. Non è collaborazione, ma un coinvolgimento che il Signore ha desiderato per perseguire i Suoi piani offrendo all'uomo la possibilità di vivere esperienze che altrimenti gli sarebbero estranee. Molte di queste esperienze possono sembrare momentaneamente negative, ma ogni cosa si vedrà così come è realmente solo nel giorno del Signore, solo quando potremo contemplare la Sua gloria faccia a faccia e nulla ci sarà più nascosto. 
Sicuramente infatti questo è in parte un mistero, ma un mistero che ci deve far riflettere sulla grandiosità di Dio, dei Suoi pensieri, del Suoi progetti e del Suo scopo per noi. La vita di fede è una vita attiva e la conquista di nuove frontiere (virtù, conoscenza, autocontrollo, pazienza, pietà, affetto fraterno, amore) non sono altro che manifestazione della grazia del Signore e della gioia della nostra salvezza. 

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