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domenica 6 ottobre 2013

Giosuè e il capo dell'esercito del Signore

Mentre Giosuè era presso Gerico, egli alzò gli occhi, guardò, ed ecco un uomo in piedi che gli stava davanti, tenendo in mano la spada sguainata. Giosuè andò verso di lui, e gli disse: «Sei tu dei nostri, o dei nostri nemici?» E quello rispose: «No, io sono il capo dell'esercito del SIGNORE; arrivo adesso». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?». Il capo dell'esercito del SIGNORE disse a Giosuè: «Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è santo». E Giosuè fece così. Giosuè 5:13-15 

Il nome Giosuè deriva dall'ebraico Yěhōshūa῾, che significa "Yahweh è salvezza". L'abbreviazione di questo nome è Yēshūa῾
Giosuè rappresenta un'importante leader del popolo di Israele, colui che prese il posto di Mosè per volontà diretta di Dio con lo scopo di entrare finalmente nella terra promessa (Giosuè 1). Dopo aver attraversato il fiume Giordano con tutto il popolo, egli circoncise tutta la nuova generazione e festeggiò la pasqua nelle pianure di Gerico, ubbidendo in tutto e per tutto alla voce del Signore. Il brano in apertura si colloca in questo contesto, con Israele alle porte della prima grande città da conquistare. 
Ad un certo punto, Giosuè vede un uomo che non riconosce. Ha una spada sguainata ed un aspetto minaccioso. Si avvicina e gli intima di identificarsi. 
Questo misterioso individuo si identifica come "capo dell'esercito del Signore".


Il primo indizio

Appena Giosuè sente queste parole, si butta a terra e si prostra. Il verbo ebraico utilizzato per rendere questa parola è shachah (שָׁחָה) e rappresenta un primo indizio importante per capire l'identità di questa figura così misteriosa. Vediamo di seguito infatti alcuni contesti nel libro della Genesi in cui troviamo tale termine:  

Abraamo alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano davanti a lui. Come li ebbe visti, corse loro incontro dall'ingresso della tenda, si prostrò fino a terra e disse: «Ti prego, mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo!» Genesi 18:2-3

I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andar loro incontro, si prostrò con la faccia a terra [...] Genesi 19:1 

Allora Abraamo disse ai suoi servi: «Rimanete qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi torneremo da voi». Genesi 22:5 

Allora l'uomo s'inchinò, adorò il SIGNORE, e disse [...] Genesi 24:26 

Sebbene il verbo venga anche utilizzato in altri contesti in relazione ad un prostrarsi davanti al popolo, è di grande importanza l'accezione che possiamo constatare dai passaggi presi a titolo di esempio, dove è stata evidenziata la parola che traduce il termine shachah. Come possiamo vedere infatti, il significato di questa parola varia dal comune significato di "abbassarsi" e "prostrarsi" al ricco senso teologico di "prostrarsi per adorare Dio". Addirittura infatti nelle ultime due referenze il termine viene tradotto in italiano proprio con il verbo "adorare", e nelle prime due il termine è legato a delle chiare ed evidenti teofanie, ossia "manifestazioni di Dio in forma sensibile".
Questo indizio punta quindi ad identificare fin da subito questo "capo dell'esercito del Signore" come una vera e propria manifestazione di Dio.

Il secondo indizio

Dopo essersi prostrato per adorare, Giosuè domanda: «Che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?» La traduzione italiana mette in maiuscolo la lettera iniziale della parola "Signore" perché in effetti si riferisce al termine originale 'adon molto vicino all''ădônây utilizzato così frequentemente dagli ebrei per sostituire il nome sacro di Dio: YHWH. Anche in questo caso si tratta di una parola che viene utilizzata in relazione agli uomini, ma in alcuni casi anche in relazione a Dio. Ed è di particolare interesse che una di queste volte sia contemplata poco prima nello stesso libro di Giosuè:

E non appena i sacerdoti che portano l'arca di DIO, Signore di tutta la terra, avranno posato le piante dei piedi nelle acque del Giordano, le acque del Giordano, quelle che scendono dalla parte superiore, saranno tagliate e si fermeranno in un mucchio». Giosuè 3:13 

Nel testo, Giosuè dà indicazioni al popolo per attraversare il fiume Giordano e parla dell'arca di YHWH 'adown di tutta la terra. Ed ecco che dopo pochissimo ritroviamo questo termine sempre utilizzato da lui proprio nel contesto di cui stiamo parlando, quando al capo dell'esercito del Signore chiede: «Che cosa vuol dire il mio 'adown al suo servo?» Questo secondo indizio testuale convalida l'ipotesi del primo, e porta ad identificare questa misteriosa figura con Dio stesso.


Ed ora??

A questo punto, il capo dell'esercito del Signore risponde a Giosuè: «Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è santo», frase che ricorda il famoso passo del pruno ardente in cui Mosè incontra Dio per la prima volta. Anche allora..

Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro». Esodo 3:5 

Tuttavia, nel nostro brano, dopo che Giosuè ubbidisce e si toglie i calzari, il capitolo si conclude lasciando un non-senso nel testo. Che scopo ha avuto questa visita del capo dell'esercito del Signore? Possibile che gli abbia detto solo di togliere i calzari? Sappiamo che l'indicazione dei capitoli e dei versetti ai testi biblici è stata un'aggiunta di molto posteriore alla loro redazione, da ricondurre all'epoca medioevale. Credo che in questo caso siamo di fronte alla peggior divisione dei capitoli nell'intero Antico Testamento. Senza unire questo brano a quello seguente infatti, il testo di così grande importanza teologica viene svuotato dal suo significato e abbandonato all'incomprensione.
Il capitolo sei infatti si apre con una breve digressione, per ricordare lo stato della narrazione:

Gerico era ben chiusa e barricata per paura dei figli d'Israele; nessuno ne usciva e nessuno vi entrava. Giosuè 6:1 

Dopo di che però, la narrazione continua manifestando il significato della visitazione di Dio!

E il SIGNORE disse a Giosuè: «Vedi, io do in tua mano Gerico, il suo re, i suoi prodi guerrieri. Voi tutti dunque, uomini di guerra, marciate intorno alla città, facendone il giro una volta. Così farai per sei giorni; e sette sacerdoti porteranno davanti all'arca sette trombe squillanti; il settimo giorno farete il giro della città sette volte, e i sacerdoti soneranno le trombe. E avverrà che, quand'essi soneranno a distesa il corno squillante e voi udrete il suono delle trombe, tutto il popolo lancerà un gran grido, e le mura della città crolleranno, e il popolo salirà, ciascuno diritto davanti a sé». 
Giosuè 6:2-5 



Colui che finalmente è palesato dal testo come Dio stesso, ha fatto visita a Giosuè per un motivo di enorme importanza: dare l'indicazione di come conquistare Gerico! Israele aveva vagato per decenni nel deserto, di certo non aveva un esercito ben addestrato ed efficiente. Ben sapendo questa situazione, il Signore volle mostrare ancora una volta la Sua mano potente dietro all'ubbidienza del popolo scelto, intervenendo in modo sovrannaturale con la distruzione delle mura della città. Ecco quindi il pieno senso della visitazione di Dio sotto forma di capo dell'esercito. La risposta divina a quello di cui Israele aveva un assoluto bisogno in quel momento: una strategia e una guida militare. Dopo aver istruito Giosuè, egli ubbidì anche in questa occasione e ancora una volta il Signore operò in modo sovrannaturale garantendo a Israele la vittoria. Una vittoria suggerita in un modo assolutamente unico e garantita da una strategia altrettanto esclusiva.

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