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mercoledì 24 luglio 2013

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Il contesto

Giudici 6:1 Ma i figli d'Israele fecero ciò che è male agli occhi del SIGNORE, e il SIGNORE li diede nelle mani di Madian per sette anni.
Giudici 6:2 La mano di Madian fu potente contro Israele; e, per la paura dei Madianiti, i figli d'Israele si fecero quelle grotte che sono nei monti, delle caverne e dei forti.
Giudici 6:3 Quando Israele aveva seminato, i Madianiti con gli Amalechiti e con i popoli dell'oriente salivano contro di lui,
Giudici 6:4 si accampavano contro gl'Israeliti, distruggevano tutti i prodotti del paese fino a Gaza e non lasciavano in Israele né viveri, né pecore, né buoi, né asini.

Israele ebbe pace per quarant'anni (cfr. Giudici 5:31), ma ad un certo punto "fece ciò che è male agli occhi del Signore". In tempo di pace è facile dimenticarsi la propria missione, è facile dimenticarsi della propria chiamata. La Bibbia mostra come la relazione tra Dio e il suo popolo sia stata incostante nel tempo, e di come Israele non riuscì mai a vivere nella volontà di Dio perseverando a fare il bene. 



Fonte

Il ciclo "trasgressione-punizione-pentimento-pace" è sempre continuato senza fermarsi mai, arrivando al disconoscimento della giustizia di Dio e del Cristo (Ro 10:3) fino al momento futuro in cui, secondo le parole del profeta, ci sarà un ultimo e definitivo ravvedimento (Zaccaria 12:10). Questo è visibile anche nel libro stesso dei Giudici. Israele fa ciò che è male, dandosi all'idolatria (Gc 3:7), il Signore li dà in mano dei nemici (Gc 3:8), i figli di Israele gridano al Signore (Gc 3:9) e il Signore provvede un liberatore, per un nuovo tempo di pace (Gc 3:11). 
All'inizio di questo sesto capitolo però, siamo ancora punto e a capo.
Siamo ancora alla violazione dell'alleanza, alla trasgressione e alla punizione.


Il principio teologico della retribuzione

In questo caso è evidente il principio teologico della retribuzione, ossia l'intervento di Dio per premiare la fedeltà e punire l'infedeltà. Gli attacchi delle popolazioni nemiche dunque, vengono interpretate come la volontà di Dio per punire i peccati del popolo. In questa lettura e analisi, è necessario però valutare ogni elemento nel suo contesto e a non assolutizzare questa prospettiva portandola per forza anche ai giorni nostri, sovrapponendola alla vita cristiana. Nella sua infinità, Dio non è soggetto a regole o schemi comportamentali e più volte ha indicato nella Bibbia stessa come questo principio in realtà non sia valido sempre, ma semplicemente quando e come vuole lui. Abbiamo degli esempi molto chiari nell'Antico Testamento leggendo il libro di Giobbe. Gli amici di Giobbe cercano di motivare tutte le sue disgrazie con il fatto che in un modo o nell'altro deve per forza aver peccato, mentre Giobbe resta saldo nella sua consapevolezza di essere integro. L'intervento finale del Signore metterà a tacere Giobbe ma dirà a proposito dei suoi amici: 

«La mia ira è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete parlato di me secondo la verità, come ha fatto il mio servo Giobbe. Ora dunque prendete sette tori e sette montoni, andate a trovare il mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi stessi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io avrò riguardo a lui per non punire la vostra follia, poiché non avete parlato di me secondo la verità, come ha fatto il mio servo Giobbe». 
(Gb 42:7-8)

Anche il Nuovo Testamento ricalca questa negazione, con le parole dirette di Gesù:

Giovanni 9:2 I suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: «Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?»
Giovanni 9:3 Gesù rispose: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui.

Vediamo dunque come il principio retributivo sia presente, ma non assoluto nel panorama biblico. 


"E i figli d'Israele gridarono al Signore"

Tornando al testo di Giudici tuttavia, questa è la situazione che il popolo di Israele stava vivendo, proprio al centro di una crisi che li ha portati a fuggire nelle grotte e alla distruzione di ogni coltura per colpa dei Madianiti e delle altre popolazioni nemiche che non si riuscivano a contrastare. Arrivando al limite della sopravvivenza, il popolo però tornò a gridare al Signore (Gc 6:7) ottenendo risposta da parte di un profeta, che esplicitò la loro colpa come causa degli attacchi e delle persecuzioni che stavano subendo. 
In tutto questo però, il Signore inizia ad entrare nella storia, ancora una volta. L'angelo del Signore infatti (una teofania, ossia una manifestazione di Dio), si mostra a Gedeone, un ebreo della tribù di Manasse, mentre stava trebbiando del grano per nasconderlo ai nemici. Immaginiamoci questa circostanza e leggiamo il dialogo intercorso, così come la Bibbia ne porta testimonianza:

L'angelo del Signore«Il SIGNORE è con te, o uomo forte e valoroso!»

Gedeone«Ahimè, mio signore, se il SIGNORE è con noi, perché ci è accaduto tutto questo? Dove sono tutte quelle sue meraviglie che i nostri padri ci hanno narrate dicendo: "Il SIGNORE non ci ha forse fatti uscire dall'Egitto?" Ma ora il SIGNORE ci ha abbandonati e ci ha dati nelle mani di Madian»
L'angelo del Signore«Va' con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non sono io che ti mando?»

Gedeone: «Ah, signore mio, con che salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse, e io sono il più piccolo nella casa di mio padre».

L'angelo del Signore«Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo»

Gedeone: «Se ho trovato grazia agli occhi tuoi, dammi un segno che sei proprio tu che mi parli. Ti prego, non te ne andare di qui prima che io torni da te, ti porti la mia offerta e te la metta davanti»

L'angelo del Signore«Aspetterò finché tu ritorni»
(Gc 6:12-18)

Dopo queste parole, Gedeone offre un sacrificio al Signore ed egli lo consuma con il fuoco, in modo sovrannaturale. Dopo di che, la teofania scompare e Gedeone resta solo. Possiamo solo immaginare il suo stupore e turbamento dopo questa esperienza. Ma siamo solo all'inizio. Quella stessa notte infatti, il Signore gli comanda di distruggere l'altare idolatra di Baal e di costruire invece un altare per mostrare a tutti che Lui è l'unico e vero Dio. 
Gedeone ubbidisce, agendo di notte per timore del popolo, ed in effetti già dalla mattina dopo viene accusato di questa azione. La gente della città lo vuole uccidere ma viene protetto da suo padre che cerca di far ragionare i concittadini. A questo punto però "lo spirito del Signore" riveste Gedeone, che manda a chiamare tutte le tribù di Manasse, Ascer, Zabulon e Neftali per preparare la controffensiva ai Madianiti. Gedeone riceve una doppia conferma della sua chiamata da parte di Dio e si prepara alla battaglia.

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Giudici 7:2 Il SIGNORE disse a Gedeone: «La gente che è con te è troppo numerosa perché io dia Madian nelle sue mani; Israele potrebbe vantarsi di fronte a me, e dire: "È stata la mia mano a salvarmi".

Nel momento di maggiore tensione, poco prima dello scontro, Dio però parla nuovamente a Gedeone usando queste parole. 
La volontà del Signore era quella di mostrare inequivocabilmente il suo diretto intervento e portare a una vittoria completamente sovrannaturale. Egli conosce il cuore dell'uomo e conosceva gli israeliti e il loro "collo duro" (De 9:13), e non voleva altre scuse che potessero portare il popolo al pensiero di essersi salvati da soli. Nel momento di ogni ravvedimento, la componente essenziale è la consapevolezza dei propri peccati e la vitale necessità di un Salvatore. Senza avere questa urgenza e consapevolezza, è impossibile accostarsi e Dio ed ottenere il suo intervento e il suo perdono. La richiesta di Dio dunque, non penso sia da intendersi in modo negativo, ma al contrario come un'ulteriore aiuto al popolo, venendo ulteriormente incontro alla loro debolezza.

Giudici 7:3 Fa' dunque proclamare questo, in maniera che il popolo l'oda: Chiunque ha paura e trema se ne torni indietro e si allontani dal monte di Galaad». E tornarono indietro ventiduemila uomini del popolo e ne rimasero diecimila.

Ubbidendo alle indicazioni del Signore, l'esercito di Gedeone si ridusse di colpo di due terzi. Rimasero solo diecimila uomini. Ma la gente era ancora troppo numerosa (7:4). Troppo numerosa per una vittoria miracolosa. Troppo numerosa per gli scettici che intravedevano ancora in quell'esercito una possibilità - seppur bassa - di vittoria. Questa vittoria non doveva essere decretata dalle persone ma, per volontà del Signore, dovevano essere coinvolte alcune persone. Leggendo la Bibbia, Egli non è mai intervenuto senza coinvolgere qualche persona nei suoi progetti. Ma tutte le volte che è intervenuto, ha cambiato ogni esito statistico portando il sovrannaturale nel naturale. Questa vittoria, come ogni vittoria cristiana, doveva essere fondata sulla fede, piuttosto che sulla forza. Senza fede, è impossibile piacere a Dio (Eb 11:6) e senza fede è impossibile avere una relazione con Lui. E' impossibile accedere al patto, anche al patto della grazia! La fiducia in Dio apre gli scrigni delle sue benedizioni, della sua misericordia e provvidenza. Per avere fiducia in Dio però, è necessario perdere la fiducia in sé stessi, completamente. Gedeone dovette perdere ogni fiducia nella propria forza, per trovare nuova fiducia nella forza del Signore.

Giudici 7:7 Allora il SIGNORE disse a Gedeone: «Mediante questi trecento uomini che hanno leccato l'acqua io vi libererò e metterò i Madianiti nelle tue mani. Tutto il resto della gente se ne vada, ognuno a casa sua».

Trecento uomini contro un'intero esercito: un'assurdità!
Il numero richiama alla memoria la celebre battaglia delle Termopili, con i trecento soldati del re spartano Leonida schierati contro l'esercito persiano. Secondo lo storico greco Erodoto però, Leonida poteva contare su altri 3000 Peloponnesiaci e ulteriori 2150 guerrieri accompagnati dai rispettivi scudieri.
Gedeone invece era con soli altri trecento uomini. Nessuno di più. 
Ora era davvero impossibile vincere.

La vittoria di Dio


Gedeone tornò all'accampamento d'Israele e disse: «Alzatevi, perché il SIGNORE ha messo nelle vostre mani l'accampamento di Madian!» Divise i trecento uomini in tre schiere, consegnò a tutti quanti delle trombe e delle brocche vuote con delle fiaccole nelle brocche; e disse loro: «Guardate me e fate come farò io; quando sarò giunto all'estremità dell'accampamento, come farò io, così farete voi; e quando io con tutti quelli che sono con me sonerò la tromba, anche voi sonerete le trombe intorno a tutto l'accampamento e direte: "Per il SIGNORE e per Gedeone!"» Gedeone e i cento uomini che erano con lui giunsero all'estremità dell'accampamento, al principio del cambio di mezzanotte, quando si era appena dato il cambio alle sentinelle. Sonarono le trombe e spezzarono le brocche che tenevano in mano.
Fonte
Allora le tre schiere sonarono le trombe e spezzarono le brocche; con la sinistra presero le fiaccole e con la destra le trombe per sonare, e si misero a gridare: «La spada per il SIGNORE e per Gedeone!» Ognuno di loro rimase al suo posto, intorno all'accampamento; e tutti quelli dell'accampamento si misero a correre, a gridare, a fuggire. Mentre quelli sonavano le trecento trombe, il SIGNORE fece rivolgere la spada di ciascuno contro il compagno per tutto l'accampamento. L'esercito madianita fuggì fino a Bet-Sitta, verso Serera, fino al limite d'Abel-Meola, presso Tabbat. Gl'Israeliti di Neftali, di Ascer e di tutto Manasse si radunarono e inseguirono i Madianiti. 
[Giudici 7:15-23]

Alla fine, Gedeone riuscì ad uccidere i principi di Madian vincendo a più riprese contro questo popolo nemico di Israele. La fede in Dio e l'ubbidienza alle sue indicazioni portarono ad una vittoria sovrannaturale e ad una liberazione dagli oppressori stranieri, coronata con altri quarant'anni di pace.

Conclusioni

1Giovanni 5:4 Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

Delle torce e delle trombe non sono strumenti di guerra, anzi, espongono a morte certa in battaglia. Allo stesso modo, in determinati momenti critici, il Signore chiama all'attesa e all'ascolto piuttosto che all'azione. In momento come questi ci vuole coraggio per dimorare nella fiducia in Dio e aspettare la sua voce e le sue indicazioni. L'apostolo Giovanni scriveva che la nostra fede ha vinto il mondo, ed è realmente così. Il Signore sicuramente provvede ad ogni necessità dei suoi figli, ma la vittoria della fede sorpassa addirittura la liberazione dai problemi che possiamo avere. Non sempre infatti il Signore provvede a delle soluzioni immediate, non per forza. Ma anche nella distretta, anche nella prova, l'attitudine di ogni figlio di Dio è quella di pentimento e ubbidienza a Dio comunque vadano le cose. Questa è la nostra vittoria. 

2Corinzi 4:17 Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria

mercoledì 17 luglio 2013

Dall'episcopato collegiale a quello monarchico

Tito 1:5 Per questa ragione ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine nelle cose che rimangono da fare, e costituisca degli anziani in ogni città, secondo le mie istruzioni

Filippesi 1:1 Paolo e Timoteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono in Filippi, con i vescovi e con i diaconi


[Fonte]
Le comunità cristiane del I secolo erano governate da una pluralità di anziani, in greco "presbyteros". Nel Nuovo Testamento questo termine aveva lo stesso significato di "vescovi", reso con la parola "episcopos"
I vescovi quindi, o anziani, erano coloro che conducevano un gruppo di credenti fungendo da responsabili della chiesa locale. 
Venivano nominati direttamente dagli apostoli che avevano autorità su di loro per garantire la salute della comunità (1 Tim 1:3,4).
Le lettere paoline mostrano l'esistenza di una varietà di ministeri: apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori dati da Cristo per l'edificazione dei santi (Ef 4:11,12). Questi ministeri però non vengono associati al governo di chiesa, quanto piuttosto ad una funzione specifica all'interno del corpo di Cristo. 
Contrariamente all'opinione comune, il ministero pastorale non riguardava la conduzione di una chiesa, ma piuttosto la cura dei credenti e della loro salute spirituale, mentale e in senso lato anche fisica. E' significativo che in tutto il Nuovo Testamento non sia riportato neanche una volta il termine "pastore" al singolare. I ministeri quindi avevano funzioni differenti slegate dall'incarico vero e proprio di leadership che invece veniva demandato agli anziani, o vescovi. Non abbiamo elementi per capire al meglio la relazione tra questi due tipi di incarichi ma penso sia lecito assumere che un ministro (inteso come credente con uno dei cinque ministeri appena visti) potesse prendere anche l'incarico di anzianità, ma un anziano non per forza doveva avere anche una chiamata ministeriale di diverso tipo, altrimenti avremmo avuto indicazioni di questo tipo nei brani in cui si affrontavano i criteri di scelta da seguire per i candidati vescovi. (Cfr. 1 Tim 3:1-7 e Tito 1:7-9). 
Come vediamo negli Atti degli Apostoli, in questo periodo la realtà extra-ecclesiale era contraddistinta da una varietà di ministeri itineranti che visitavano le varie comunità per rafforzarle. Oltre ai dodici apostoli scelti da Cristo iniziavano a mostrarsi nuove generazioni di apostoli, ma anche di profeti (Atti 11:28, Atti 21:9). Queste strutture dinamiche permettevano l'edificazione di ogni credente in un mondo in cui non esisteva ancora il canone neotestamentario ed ogni informazione dottrinale derivava dal discepolato ricevuto dal missionario di riferimento. 


                                                                    [Fonte]


Nel II secolo però le cose iniziarono a cambiare. Cavalcando l'onda dei ministeri itineranti, erano sorti numerosi falsi profeti che approfittavano dell'accoglienza dei credenti per vivere sulle loro spalle. Oltre a questi, si stava diffondendo una nuova e pericolosa piaga identificata con l'insorgere di "eresie" che minavano la dottrina così come era stata tramandata dagli apostoli.
E' significativa a questo riguardo la testimonianza di Ignazio di Antiochia, allo stesso tempo testimone e promotore di un cambiamento nel governo di chiesa, dall'episcopato collegiale all'episcopato monarchico
In questo contesto, Ignazio iniziò a raccomandare una distinzione tra l'ufficio del vescovo e quello dell'anziano; arrivando a promuovere la visione di un vescovo che emergesse sugli altri, con l'intenzione di esibire una successione episcopale che garantisse l'integrità di quello che potremmo chiamare "depositum fidei". In poche parole, diventava necessario ricondurre il responsabile della comunità (ora al singolare) all'incarico ricevuto dall'apostolo fondatore di questa stessa comunità. L'autorità di successione quindi garantiva l'autorità del vescovo che a sua volta l'avrebbe trasmessa al vescovo successivo. Questo sistema escludeva automaticamente tutti gli eretici (giudaizzanti e gnostici) che predicavano dottrine differenti da quelle uniformemente riconosciute, senza aver avuto un incarico diretto da altri apostoli o vescovi. 
Parallelamente, la formazione del canone dei libri neotestamentari solidificava l'idea di "ortodossia" che tanto stava a cuore a Ireneo di Lione, discepolo di Policarpo. Questi fattori collaborarono ad una istituzionalizzazione delle chiese e ad una progressiva atrofizzazione del ministero profetico a favore del ministero di insegnante e di una maggiore ritualità nel culto. 

Il declino del profetismo, però, avrà una risposta nel montanismo.Tale movimento riprenderà l'urgenza profetica ed avrà una grande influenza, tale da includere in un secondo momento persino Tertulliano tra le sue fila.

Conclusioni

In epoca apostolica il governo di chiesa era collegiale, e questo è attestato molto chiaramente nel Nuovo Testamento. Il termine "anziano" e "vescovo" avevano lo stesso significato. Una serie di fattori però hanno portato nel II secolo alla perdita di questo tipo di conduzione a favore di un episcopato monarchico, ossia alla conduzione della chiesa da parte di un unico vescovo. Questo incarico quindi si è differenziato da quello di "anziano" che ha acquisito un significato diverso. In questo modo la chiesa è riuscita a difendersi maggiormente dagli eretici, secondo il principio di successione episcopale che lega l'autorità del vescovo alla persona da cui ha ricevuto quell'incarico. Questo concetto, unito alla formazione del canone e al tramonto del ministero profetico, ha portato ad una istituzionalizzazione della chiesa cristiana, che in questo modo si è difesa dai problemi contingenti allontanandosi però da alcuni aspetti della sua visione originale testimoniata dalle Scritture.


Bibliografia:
Cristianesimi nell'antichità, Giancarlo Rinaldi. Edizioni GBU

giovedì 11 luglio 2013

La perla preziosa

Dopo queste cose, il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dov'egli stesso stava per andare. E diceva loro: «La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse perché spinga degli operai nella sua mèsse. Andate; ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non portate né borsa, né sacca, né calzari, e non salutate nessuno per via. In qualunque casa entriate, dite prima: "Pace a questa casa!" Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui; se no, ritornerà a voi. Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno del suo salario. Non passate di casa in casa. In qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate ciò che vi sarà messo davanti, guarite i malati che ci saranno e dite loro: "Il regno di Dio si è avvicinato a voi". Ma in qualunque città entriate, se non vi ricevono, uscite sulle piazze e dite:"Perfino la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scotiamo contro di voi; sappiate tuttavia questo, che il regno di Dio si è avvicinato a voi". Io vi dico che in quel giorno la sorte di Sodoma sarà più tollerabile della sorte di quella città. [Luca 10:1-12]

Dopo aver mandato i dodici a evangelizzare in Galilea a nord (9:1-6), Gesù sceglie altri settanta discepoli per mandarli avanti a sé, per i villaggi della Giudea a sud. Come Giovanni Battista, erano incaricati di aprire la via al Signore, anticipandolo. Come tutti i profeti dell'Antico Testamento, furono mandati in semplicità, a predicare un messaggio divino in una società corrotta, violenta e permeata dall'idolatria. La loro missione era senza dubbio una missione urgente. Non potevano perdere tempo. Il comando di non salutare nessuno per via, non intendeva essere maleducati, ma di evitare le cerimonie di saluto che comprendevano spesso pranzi e cene, prolungandosi parecchio nel tempo.
Fin da subito, Gesù chiarisce che sta delegando loro un'autorità importante. Non si tratta solo di annunciare, ma si tratta soprattutto di anticipare e di mostrare. Insieme a loro infatti, anche se non viaggiavano tuniche di ricambio, viaggiava la pace del Signore.
La parola che viene usata in greco, richiama lo stesso significato della parola ebraica di shalom, che ricordo significa non solo una “assenza di conflitti” ma “integrità, pienezza di vita, completezza, riposo”.
Gesù comanda di guarire i malati, per dare dimostrazione di una cosa ben precisa: “Il regno di Dio si è avvicinato a voi!” I settanta avevano l'incarico non solo di portare un messaggio, ma molto più di esso: portare la realtà del messaggio! Portare il regno di Dio alle persone.
Questo è il senso più profondo dell'evangelizzazione. L'unione di aspetti naturali e sovrannaturali.

Questi insegnamenti erano rivolti solo ai settanta discepoli e ai dodici?

Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. Giovanni [17:20-23]

No, questi insegnamenti sono rivolti anche a noi.
In questa preghiera Gesù cambia il soggetto della sua attenzione dai suoi discepoli del tempo a tutti coloro che in futuro hanno creduto e crederanno al Vangelo. In questo modo veniamo abbracciati, in questo modo possiamo avere la certezza di aver ricevuto nel momento in cui abbiamo abbracciato Cristo, la Sua gloria. E' una preghiera che trascende il tempo e lo spazio e si rivolge ai credenti di ogni nazione e epoca.
Così come i settanta, anche noi siamo abilitati ed esortati ad evangelizzare. Predicare il Vangelo e portare il regno di Dio alle persone con urgenza e con potenza.

Questo non giustifica l'interpretazione che porta a tutti credenti di ogni epoca l'espressione di tutti i doni spirituali per l'evangelizzazione:
1Corinzi 12:29 Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli?
1Corinzi 12:30 Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti?

Ma piuttosto alla realtà che la gloria di Dio condivisa con la prima generazione di discepoli è la stessa condivisa con quella attuale. Un conto è il dono di guarigione - per esempio - e un altro è il ministero di riconciliazione comune e tutti i credenti (cfr. 2Co5:18)

Ma cosa significa nella pratica? Significa portare le persone tramite la preghiera e l'invocazione del Signore a incontrare Dio. Incontrare la Sua presenza, il Suo amore e la Sua pace. Egli è con noi e abbiamo questo privilegio e questa responsabilità di espletare il nostro ministero di riconciliazioneA volte è più facile parlare di Gesù con le persone, piuttosto che chiamarLo in presenza delle persone.

Addentrandoci ulteriormente in questo percorso, credo sia utile approfondire il significato del regno di Dio.
Gesù molte volte nei Vangeli parla in parabole descrivendo in molti modi diversi il Regno per poterlo far capire in semplicità.

Ecco quindi che il Regno di Dio viene paragonato a un seminatore che semina in diversi terreni, alcuni fruttiferi ed altri meno. Poi viene paragonato a un uomo che semina nel suo campo, ma che viene sabotato dal suo nemico che durante la notte semina dell'erbaccia. Poi viene paragonato al più piccolo sei semi, che però si trasforma con il tempo nel più grande degli alberi. Ognuna di queste parabole esprime un concetto relativo al Regno. La differente reazione delle persone, la convivenza con il male, l'espansione graduale del Regno.

Ad un certo punto però, Gesù continua ad insegnare, presentando altri concetti nuovi:

Matteo 13:44 «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.

E' una parabola molto semplice, corta e immediata.
Un fatto curioso è che la scrittura non riporta in modo esplicito che questa persona stesse cercando il tesoro. Dice solo che lo trova! Possiamo anche pensare quindi che lo abbia trovato senza neanche cercarlo. Un tesoro può essere nascosto in un grande baule o in una piccola scatolina, può essere nascosto in ogni centimetro quadrato di un grande campo, a varie profondità. Le variabili se non sono infinite sono comunque moltissime. E' impossibile per una persona che cerca un tesoro sotterrato trovarlo se non sa almeno a grandi linee qual'è il luogo in cui è stato sepolto.
E' impossibile!
Ma a quali occhi è stato celato questo tesoro? Agli occhi del mondo.
Agli occhi del mondo secolare, il regno di Dio è nascosto, è inesistente. Non si vede, non lo si tocca né odora.

Salmi 14:1 Lo stolto ha detto in cuor suo: «Non c'è Dio».
Perchè deve dire in cuor suo una cosa simile? Perchè non Lo vede. Perchè è nascosto ai suoi occhi.

Ma il nostro, è un Dio di grazia, non solo di giustizia.

Romani 5:10 Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.

Mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante Cristo Gesù.
Mentre il Regno ci era nascosto, mentre non ne eravamo a conoscenza e di conseguenza non lo cercavamo affatto, il Signore ce l'ha fatto trovare. Per pura grazia. Non avevamo pale, scavatrici né gru. Un giorno però, camminando il nostro piede è inciampato in un angolo che sporgeva nel terreno. Incuriositi abbiamo scavato intorno e abbiamo trovato il gran tesoro. Non siamo noi che abbiamo scelto Cristo, ma è Lui che ha scelto noi.

Giovanni 15:16 Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.

Certo, Pietro ha scelto di abbandonare la sua famiglia e il suo lavoro per seguire Cristo.
Ognuno di noi ha scelto di abbandonare la proprie convinzioni, le proprie abitudini, la propria vita precedente per seguire Cristo ma questa risposta è stata causata unicamente dalla Sua precedente chiamata.
Come fai a seguire Dio se non sai se esiste? Come fai ad innamorarti di un tesoro se ne ignori l'esistenza?

L'uomo della parabola dopo aver trovato questo tesoro cosa fa? Vende tutto quel che ha per acquistare il campo e prendere il tesoro. Sicuramente c'è una relazione importante tra l'aspetto economico e la vita cristiana. Nella parabola però, il tesoro è un bene spirituale. Penso che sia lecito pensare che anche i soldi spesi per acquisire il campo possano rappresentare un bene che ai nostri occhi appare come spirituale. Durante l'ultimo studio abbiamo visto come Paolo abbia passato questa stessa esperienza, trasmettendola con parole molto forti:

Filippesi 3:5 io, circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d'Ebrei; quanto alla legge, fariseo;
Filippesi 3:6 quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile.
Filippesi 3:7 Ma ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo.

L'Apostolo Paolo era un uomo rispettato dalla comunità religiosa. Un uomo ammirato per il valore della sua fede basata sulla legge di Dio e sulla sua forza di volontà. Ma ha dovuto abbandonare tutto questo a causa di Cristo.
Ogni persona deve abbandonare la propria giustizia per acquisire il tesoro della giustizia di Dio. Ecco quindi il significato che torna in questa parabola. Dopo essere stati trovati da Dio, spogliarsi di sé stessi per entrare nel regno.

Ma il regno dei cieli è anche simile a qualcosa d'altro.

Matteo 13:45 «Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle;
Matteo 13:46 e, trovata una perla di gran valore, se n'è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e l'ha comperata.

In questo caso, la persona rappresentata nella parabola è un mercante in cerca di belle perle.
Una persona che ha fame di Dio anche se non Lo conosce ancora. Una persona che ricerca esperienze spirituali.
A un certo punto trova una perla diversa da tutte le altre. Una perla unica.
Finalmente è consapevole di aver raggiunto ciò che cercava da tutta una vita, vende tutti i suoi averi (come nella parabola precedente) e la acquista. Dal mio punto di vista la sua fame di spirituale ovviamente è causata dal Signore stesso. Un'altra forma della sua grazia.
L'accostamento di Gesù al regno dei cieli con una perla però non è casuale, come non lo è neppure con il tesoro.

Apocalisse 21:9 Poi venne uno dei sette angeli che avevano le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò, dicendo: «Vieni e ti mostrerò la sposa, la moglie dell'Agnello».
Apocalisse 21:10 Egli mi trasportò in spirito su una grande e alta montagna, e mi mostrò la santa città, Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio,
Apocalisse 21:11 con la gloria di Dio. Il suo splendore era simile a quello di una pietra preziosissima, come una pietra di diaspro cristallino.
Apocalisse 21:21 Le dodici porte erano dodici perle e ciascuna era fatta da una perla sola. La piazza della città era d'oro puro, simile a cristallo trasparente.

Quando l'angelo mostra a Giovanni la Nuova Gerusalemme, egli rimane stupito nel vedere come sono stati usati soltanto materiali preziosissimi per la sua costruzione. Tutta la città è in realtà un immenso tesoro che rappresenta il vero tesoro al suo interno: la presenza di Dio insieme a quella dei Suoi santi.
La città avrà dodici porte, sulle mura.
E le dodici porte saranno dodici perle.

Gesù descrive il regno di Dio come una perla.
Ed è bello pensare che la prima cosa che i redenti vedranno entrando nella città sarà una enorme perla.
E poi, finalmente, il Regno in tutto il suo splendore e nella sua massima espressione: la gloria di Dio.

Ogni credente ha trovato questo tesoro, ha visto questa perla e un giorno la vedrà in modo intero. Ogni credente ha la responsabilità di mostrarla agli altri, perché questa è la volontà di Dio.
Può anche succedere però che ci si dimentichi della bellezza della perla e che gli altri beni ci distraggano facendo affievolire l' infatuamento. Ecco quindi l'importanza e la necessità di riscoprire continuamente - giorno dopo giorno - la magnificenza della "perla preziosa", della realtà di Dio, e di condividerla con gli altri. Condividerla con i fratelli e le sorelle e condividerla con il mondo per adempiere al nostro scopo e brillare in questo mondo di tenebre mostrando a tutti questa lucentezza mirabile.

Matteo 5:14 Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta,
Matteo 5:15 e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa.
Matteo 5:16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.

domenica 7 luglio 2013

Il giudeo cristianesimo



[Fonte]

Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei?» [Galati 2:11-14] 

Uno dei primi problemi che il cristianesimo dovette affrontare, era quello di definire la sua relazione con il giudaismo da cui era nato.
Leggiamo che gli apostoli frequentavano il Tempio anche dopo la resurrezione di Cristo (Atti 3) e si attenevano almeno ad alcuni dei precetti giudaici (Atti 11). Tuttavia la comunità di Gerusalemme era composta anche da credenti "ellenisti" con una prospettiva teologica differente. in Atti 7, leggendo il discorso di Stefano possiamo infatti ravvisare notevoli evidenze a riguardo: il valore del Tempio e della Legge viene qui notevolmente ridimensionato a favore appunto di un pensiero diverso.
La comunità era guidata da Pietro, Giacomo e Giovanni ma con l'allontanamento  di Pietro da Gerusalemme, l'autorità di Giacomo crebbe sempre di più.
Come possiamo leggere negli Atti degli Apostoli e nelle lettere paoline, in quel tempo l'apostolo Paolo stava evangelizzando i territori al di fuori della Giudea, fondando chiese con un'alta componente di gentili che venivano approcciati alla grazia di Dio unicamente attraverso la fede in Cristo senza avere alcun rapporto con l'osservanza della Legge di Mosè.
Accadde però che alcuni credenti di Gerusalemme si recarono nella comunità di Antiochia - comunità di riferimento per i viaggi missionari di Paolo - ed iniziarono ad insegnare l'obbligo della circoncisione ai fini della salvezza. Paolo e Barnaba dissentivano e furono inviati a Gerusalemme per risolvere il problema con gli altri apostoli. Intorno al 48 quindi si tenne questa importante  conferenza che sancì una linea guida per coloro che, non appartenendo al popolo ebraico, si convertivano a Cristo. 

 Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa, di scegliere tra di loro alcuni uomini da mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli.
E consegnarono loro questa lettera:

«I fratelli apostoli e anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dal paganesimo, salute.
Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza nessun mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre.
È parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e di mandarveli insieme ai nostri cari Barnaba e Paolo, i quali hanno messo a repentaglio la propria vita per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.
Vi abbiamo dunque inviato Giuda e Sila; anch'essi vi riferiranno a voce le medesime cose. Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso all'infuori di queste cose, che sono necessarie: di astenervi dalle carni sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati, e dalla fornicazione; da queste cose farete bene a guardarvi. State sani». 
[Atti 15:22-29]

Ancora prima della sua separazione dalla sinagoga dunque, il cristianesimo prese una posizione di stacco dall'osservanza dalla Legge di Mosè ai fini della salvezza. Le conseguenze della distruzione del Tempio di Gerusalemme del 70 aumenteranno poi questa distanza con il giudaismo fino ad una completa separazione con la repressione dell'ultima insurrezione antiromana nel 135 in cui l'imperatore Adriano vietò ai giudei di entrare a Gerusalemme.
E' ipotizzabile tuttavia che dei piccoli gruppi giudeocristiani siano sopravvissuti e, attraversando questa diaspora, ottennero una nuova fioritura in una vasta area che si estende dalla Siria al Golfo Persico e al Mar Rosso secondo testimonianze storiche che confermano la loro presenza fino al secolo IV anche dopo la svolta filocristiana dell'imperatore Costantino.
A riguardo della presenza di tali dottrine anche nella seconda generazione di cristiani, è significativa la testimonianza degli scritti di Ignazio di Antiochia che si trovò a confrontarsi proprio con queste:

"Non vi lasciate sedurre da dottrine eterodosse, né da vecchie inutili favole. Poiché se ancora viviamo secondo la legge giudaica, dobbiamo confessare che non abbiamo ricevuto la grazia. I profeti stessi vissero secondo Gesù Cristo. Ed ecco perché essi furono perseguitati...gettate via il vecchio lievito inveterato e rancido...è assurdo parlare di Gesù Cristo e giudaizzare. Se qualcuno vi interpreta i profeti nel senso del giudaismo, non l'ascoltate. Non fu il cristianesimo che credette nel giudaismo ma questo che credette nel cristianesimo, in cui si sono riuniti tutti quelli che credono in Dio."


Ma quale può essere una migliore definizione del fenomeno del giudeo cristianesimo? Quali sono le sue caratteristiche, entrando maggiormente nel dettaglio?
E' da tenere in considerazione il fatto che non ci troviamo davanti ad un gruppo compatto e ben organizzato, ma piuttosto a numerose frange indipendenti con alcuni tratti in comune. Sebbene, come abbiamo visto, i lineamenti del giudeo cristianesimo si possono sovrapporre a quelli della comunità di Gerusalemme dei primi decenni, storicamente è errato considerarlo come una forma iniziale del cristianesimo. 
In passato sono stati presi in considerazione svariati elementi di identificazione, ma i più rilevanti sono i seguenti:

- Il rispetto della Legge di Mosè.
- Forme di antipaolinismo, cioè la condanna di Paolo di Tarso per aver dichiarato la Legge superata.
- L'utilizzazione di letture apocrife per scopi devozionali.
- Il rifiuto di ogni condizionamento dalla cultura filosofica greca.
- Una cristologia di tipo adozionista, che concepisce Gesù Cristo unicamente come uomo "adottato" da Dio al battesimo, nel momento della discesa dello Spirito Santo. Di conseguenza c'è il netto rifiuto a considerare Cristo come Dio in virtù degli insegnamenti relativi all'unicità di Dio nell'Antico Testamento.

I due principali gruppi giudeo cristiani dell'epoca patristica, sono gli Ebioniti e i Elcasaiti. I primi credevano che Gesù fosse il figlio naturale di Giuseppe, si attenevano alla Legge e avevano un'alta considerazione dell'elezione di Israele come popolo di Dio. Come abbiamo visto condannavano Paolo e le sue dottrine. I secondi invece costituirono il primo terreno di coltura del manicheismo, erano uno dei tanti movimenti di tipo battista con influenza gnostica e adottavano un rigoroso monoteismo, la pratica della circoncisione, la purificazione dei cibi, l'osservanza del sabato, la pratica dei digiuni e l'obbligo del matrimonio. Il Cristo era considerato un angelo reincarnato diverse volte nella storia dell'umanità secondo una "catena dei profeti".

Con il IV secolo il cristianesimo prese una posizione definitiva ed unanime sull'identità di Cristo,

nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio,
Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero,
generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre

[Simbolo niceno-costantinopolitano]

Consolidò quindi la tradizione giovannea che, già intorno al 90, riconosceva in Gesù la Parola che era Dio (Vangelo di Gv 1:1).

Uscire da questa dottrina equivale dunque ad uscire dallo stesso cristianesimo e dall'insegnamento apostolico così come ci è stato trasmesso. 

Conclusioni

Il fenomeno del giudeo cristianesimo è nato nel I secolo, in un'epoca in cui non erano ancora chiari i rapporti che il cristianesimo aveva con il giudaismo. Le testimonianze neotestamentarie ci mostrano come tale problema sia stato affrontato dagli apostoli del Signore, e quali provvedimenti presero a riguardo.
Avvicinandoci al II secolo, gli eventi storici separarono definitivamente il giudaismo dal cristianesimo, ma sopravvissero alcune piccole realtà che portarono avanti questa tradizione allontanandosi dalla cristianità "ortodossa". Con il concilio di Nicea-costantinopoli del 325 e con il concilio di Calcedonia del 451 infine, la chiesa cristiana prese posizione sulla questione dell'identità di Cristo in modo definitivo, definendolo vero uomo e vero Dio in accordo con gli insegnamenti dell'apostolo Paolo e con il Vangelo di Giovanni.
Tutt'oggi esistono gruppi che rivendicano l'eredità giudeo cristiana, interpretando le Scritture in modo prettamente giudaico e non riconoscendo Cristo come Dio. Questa posizione è in contrasto con il Nuovo Testamento e con le dottrina fondamentali del cristianesimo, fondandosi invece unicamente sul patrimonio di fede ebraica.

Bibliografia:
Cristianesimi nell'antichità, Giancarlo Rinaldi. Ed. GBU
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