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giovedì 11 luglio 2013

La perla preziosa

Dopo queste cose, il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dov'egli stesso stava per andare. E diceva loro: «La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse perché spinga degli operai nella sua mèsse. Andate; ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non portate né borsa, né sacca, né calzari, e non salutate nessuno per via. In qualunque casa entriate, dite prima: "Pace a questa casa!" Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui; se no, ritornerà a voi. Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno del suo salario. Non passate di casa in casa. In qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate ciò che vi sarà messo davanti, guarite i malati che ci saranno e dite loro: "Il regno di Dio si è avvicinato a voi". Ma in qualunque città entriate, se non vi ricevono, uscite sulle piazze e dite:"Perfino la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scotiamo contro di voi; sappiate tuttavia questo, che il regno di Dio si è avvicinato a voi". Io vi dico che in quel giorno la sorte di Sodoma sarà più tollerabile della sorte di quella città. [Luca 10:1-12]

Dopo aver mandato i dodici a evangelizzare in Galilea a nord (9:1-6), Gesù sceglie altri settanta discepoli per mandarli avanti a sé, per i villaggi della Giudea a sud. Come Giovanni Battista, erano incaricati di aprire la via al Signore, anticipandolo. Come tutti i profeti dell'Antico Testamento, furono mandati in semplicità, a predicare un messaggio divino in una società corrotta, violenta e permeata dall'idolatria. La loro missione era senza dubbio una missione urgente. Non potevano perdere tempo. Il comando di non salutare nessuno per via, non intendeva essere maleducati, ma di evitare le cerimonie di saluto che comprendevano spesso pranzi e cene, prolungandosi parecchio nel tempo.
Fin da subito, Gesù chiarisce che sta delegando loro un'autorità importante. Non si tratta solo di annunciare, ma si tratta soprattutto di anticipare e di mostrare. Insieme a loro infatti, anche se non viaggiavano tuniche di ricambio, viaggiava la pace del Signore.
La parola che viene usata in greco, richiama lo stesso significato della parola ebraica di shalom, che ricordo significa non solo una “assenza di conflitti” ma “integrità, pienezza di vita, completezza, riposo”.
Gesù comanda di guarire i malati, per dare dimostrazione di una cosa ben precisa: “Il regno di Dio si è avvicinato a voi!” I settanta avevano l'incarico non solo di portare un messaggio, ma molto più di esso: portare la realtà del messaggio! Portare il regno di Dio alle persone.
Questo è il senso più profondo dell'evangelizzazione. L'unione di aspetti naturali e sovrannaturali.

Questi insegnamenti erano rivolti solo ai settanta discepoli e ai dodici?

Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. Giovanni [17:20-23]

No, questi insegnamenti sono rivolti anche a noi.
In questa preghiera Gesù cambia il soggetto della sua attenzione dai suoi discepoli del tempo a tutti coloro che in futuro hanno creduto e crederanno al Vangelo. In questo modo veniamo abbracciati, in questo modo possiamo avere la certezza di aver ricevuto nel momento in cui abbiamo abbracciato Cristo, la Sua gloria. E' una preghiera che trascende il tempo e lo spazio e si rivolge ai credenti di ogni nazione e epoca.
Così come i settanta, anche noi siamo abilitati ed esortati ad evangelizzare. Predicare il Vangelo e portare il regno di Dio alle persone con urgenza e con potenza.

Questo non giustifica l'interpretazione che porta a tutti credenti di ogni epoca l'espressione di tutti i doni spirituali per l'evangelizzazione:
1Corinzi 12:29 Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli?
1Corinzi 12:30 Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti?

Ma piuttosto alla realtà che la gloria di Dio condivisa con la prima generazione di discepoli è la stessa condivisa con quella attuale. Un conto è il dono di guarigione - per esempio - e un altro è il ministero di riconciliazione comune e tutti i credenti (cfr. 2Co5:18)

Ma cosa significa nella pratica? Significa portare le persone tramite la preghiera e l'invocazione del Signore a incontrare Dio. Incontrare la Sua presenza, il Suo amore e la Sua pace. Egli è con noi e abbiamo questo privilegio e questa responsabilità di espletare il nostro ministero di riconciliazioneA volte è più facile parlare di Gesù con le persone, piuttosto che chiamarLo in presenza delle persone.

Addentrandoci ulteriormente in questo percorso, credo sia utile approfondire il significato del regno di Dio.
Gesù molte volte nei Vangeli parla in parabole descrivendo in molti modi diversi il Regno per poterlo far capire in semplicità.

Ecco quindi che il Regno di Dio viene paragonato a un seminatore che semina in diversi terreni, alcuni fruttiferi ed altri meno. Poi viene paragonato a un uomo che semina nel suo campo, ma che viene sabotato dal suo nemico che durante la notte semina dell'erbaccia. Poi viene paragonato al più piccolo sei semi, che però si trasforma con il tempo nel più grande degli alberi. Ognuna di queste parabole esprime un concetto relativo al Regno. La differente reazione delle persone, la convivenza con il male, l'espansione graduale del Regno.

Ad un certo punto però, Gesù continua ad insegnare, presentando altri concetti nuovi:

Matteo 13:44 «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.

E' una parabola molto semplice, corta e immediata.
Un fatto curioso è che la scrittura non riporta in modo esplicito che questa persona stesse cercando il tesoro. Dice solo che lo trova! Possiamo anche pensare quindi che lo abbia trovato senza neanche cercarlo. Un tesoro può essere nascosto in un grande baule o in una piccola scatolina, può essere nascosto in ogni centimetro quadrato di un grande campo, a varie profondità. Le variabili se non sono infinite sono comunque moltissime. E' impossibile per una persona che cerca un tesoro sotterrato trovarlo se non sa almeno a grandi linee qual'è il luogo in cui è stato sepolto.
E' impossibile!
Ma a quali occhi è stato celato questo tesoro? Agli occhi del mondo.
Agli occhi del mondo secolare, il regno di Dio è nascosto, è inesistente. Non si vede, non lo si tocca né odora.

Salmi 14:1 Lo stolto ha detto in cuor suo: «Non c'è Dio».
Perchè deve dire in cuor suo una cosa simile? Perchè non Lo vede. Perchè è nascosto ai suoi occhi.

Ma il nostro, è un Dio di grazia, non solo di giustizia.

Romani 5:10 Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.

Mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante Cristo Gesù.
Mentre il Regno ci era nascosto, mentre non ne eravamo a conoscenza e di conseguenza non lo cercavamo affatto, il Signore ce l'ha fatto trovare. Per pura grazia. Non avevamo pale, scavatrici né gru. Un giorno però, camminando il nostro piede è inciampato in un angolo che sporgeva nel terreno. Incuriositi abbiamo scavato intorno e abbiamo trovato il gran tesoro. Non siamo noi che abbiamo scelto Cristo, ma è Lui che ha scelto noi.

Giovanni 15:16 Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.

Certo, Pietro ha scelto di abbandonare la sua famiglia e il suo lavoro per seguire Cristo.
Ognuno di noi ha scelto di abbandonare la proprie convinzioni, le proprie abitudini, la propria vita precedente per seguire Cristo ma questa risposta è stata causata unicamente dalla Sua precedente chiamata.
Come fai a seguire Dio se non sai se esiste? Come fai ad innamorarti di un tesoro se ne ignori l'esistenza?

L'uomo della parabola dopo aver trovato questo tesoro cosa fa? Vende tutto quel che ha per acquistare il campo e prendere il tesoro. Sicuramente c'è una relazione importante tra l'aspetto economico e la vita cristiana. Nella parabola però, il tesoro è un bene spirituale. Penso che sia lecito pensare che anche i soldi spesi per acquisire il campo possano rappresentare un bene che ai nostri occhi appare come spirituale. Durante l'ultimo studio abbiamo visto come Paolo abbia passato questa stessa esperienza, trasmettendola con parole molto forti:

Filippesi 3:5 io, circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d'Ebrei; quanto alla legge, fariseo;
Filippesi 3:6 quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile.
Filippesi 3:7 Ma ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo.

L'Apostolo Paolo era un uomo rispettato dalla comunità religiosa. Un uomo ammirato per il valore della sua fede basata sulla legge di Dio e sulla sua forza di volontà. Ma ha dovuto abbandonare tutto questo a causa di Cristo.
Ogni persona deve abbandonare la propria giustizia per acquisire il tesoro della giustizia di Dio. Ecco quindi il significato che torna in questa parabola. Dopo essere stati trovati da Dio, spogliarsi di sé stessi per entrare nel regno.

Ma il regno dei cieli è anche simile a qualcosa d'altro.

Matteo 13:45 «Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle;
Matteo 13:46 e, trovata una perla di gran valore, se n'è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e l'ha comperata.

In questo caso, la persona rappresentata nella parabola è un mercante in cerca di belle perle.
Una persona che ha fame di Dio anche se non Lo conosce ancora. Una persona che ricerca esperienze spirituali.
A un certo punto trova una perla diversa da tutte le altre. Una perla unica.
Finalmente è consapevole di aver raggiunto ciò che cercava da tutta una vita, vende tutti i suoi averi (come nella parabola precedente) e la acquista. Dal mio punto di vista la sua fame di spirituale ovviamente è causata dal Signore stesso. Un'altra forma della sua grazia.
L'accostamento di Gesù al regno dei cieli con una perla però non è casuale, come non lo è neppure con il tesoro.

Apocalisse 21:9 Poi venne uno dei sette angeli che avevano le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò, dicendo: «Vieni e ti mostrerò la sposa, la moglie dell'Agnello».
Apocalisse 21:10 Egli mi trasportò in spirito su una grande e alta montagna, e mi mostrò la santa città, Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio,
Apocalisse 21:11 con la gloria di Dio. Il suo splendore era simile a quello di una pietra preziosissima, come una pietra di diaspro cristallino.
Apocalisse 21:21 Le dodici porte erano dodici perle e ciascuna era fatta da una perla sola. La piazza della città era d'oro puro, simile a cristallo trasparente.

Quando l'angelo mostra a Giovanni la Nuova Gerusalemme, egli rimane stupito nel vedere come sono stati usati soltanto materiali preziosissimi per la sua costruzione. Tutta la città è in realtà un immenso tesoro che rappresenta il vero tesoro al suo interno: la presenza di Dio insieme a quella dei Suoi santi.
La città avrà dodici porte, sulle mura.
E le dodici porte saranno dodici perle.

Gesù descrive il regno di Dio come una perla.
Ed è bello pensare che la prima cosa che i redenti vedranno entrando nella città sarà una enorme perla.
E poi, finalmente, il Regno in tutto il suo splendore e nella sua massima espressione: la gloria di Dio.

Ogni credente ha trovato questo tesoro, ha visto questa perla e un giorno la vedrà in modo intero. Ogni credente ha la responsabilità di mostrarla agli altri, perché questa è la volontà di Dio.
Può anche succedere però che ci si dimentichi della bellezza della perla e che gli altri beni ci distraggano facendo affievolire l' infatuamento. Ecco quindi l'importanza e la necessità di riscoprire continuamente - giorno dopo giorno - la magnificenza della "perla preziosa", della realtà di Dio, e di condividerla con gli altri. Condividerla con i fratelli e le sorelle e condividerla con il mondo per adempiere al nostro scopo e brillare in questo mondo di tenebre mostrando a tutti questa lucentezza mirabile.

Matteo 5:14 Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta,
Matteo 5:15 e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa.
Matteo 5:16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.

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