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martedì 27 dicembre 2011

Mosè, come tipo di Cristo

Ebrei 10:7 Allora ho detto: "Ecco, vengo"
(nel rotolo del libro è scritto di me)
"per fare, o Dio, la tua volontà"».


Ogni persona che si affacci allo studio della Bibbia con cuore sincero, arriverà senz'altro alla conclusione che “tutti i rami della storia, delle figure, dei simboli, dei tipi, negli scritti storici, poetici e profetici dell'Antico Testamento, convergono armoniosamente verso un solo centro: Gesù Cristo” (A.M. Hodgkin).

Colossesi 1:15 Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura;
Colossesi 1:16 poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
Colossesi 1:17 Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui.

Il centro della creazione, è Cristo. Il centro della Chiesa, è Cristo. Il centro della nuova creazione, è Cristo. La Bibbia è il libro mediante il quale Dio ha voluto rivelarsi agli uomini. Rivelare il Suo carattere, e parte dei Suoi piani per l'umanità. E inevitabilmente, al centro di questa rivelazione troviamo sempre la persona di Gesù Cristo.
Emblematico è l'esempio di scrittura dell'Apostolo Paolo. Scrivendo sotto ispirazione dello Spirito Santo, egli alterna stili di elevata poetica greca ad uno stile sgrammaticato e contorto. Nella Lettera ai Romani troviamo frasi particolarmente lunghe, che come spirali si chiudono e riaprono innumerevoli volte con la menzione del “Signore Gesù Cristo”. Frasi in cui era chiarissimo già dal principio il soggetto della frase ma in cui l'Apostolo si sente obbligato a passare di nuovo, per omaggiare, celebrare Colui che rappresenta il suo tutto.
Questa caratteristica però non è presente solo nella Lettera ai Romani. In ogni altro scritto biblico infatti possiamo trovare innumerevoli richiami impliciti o espliciti, aperti o segreti, che convergono ogni volta verso il Signore Gesù. In molti casi, gli stessi personaggi biblici rappresentano un “tipo” di Cristo, anticipando l'immagine della Sua incarnazione e del Suo ministero terreno. Tra questi personaggi, risalta la figura di Mosè.
Personaggio di spicco dell'Antico Testamento, portavoce della Legge di Dio, così come Cristo è diventato portavoce della Grazia di Dio. Un'immagine a tratti simmetrica, che rivela l'ombra delle cose a venire.

Giovanni 1:17 Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo.

Non solo un'analogia a grandi linee, ma un intreccio di avvenimenti che mostra, quasi in rima poetica, come dietro agli avvenimenti dell'umanità, ci sia come unico regista il solo e vero Dio.

Il silenzio di Dio

Giuseppe, figlio di Isacco, morì intorno al 1804 a.C. (ma la sua famiglia entrò in Egitto anni prima).
Mosè nacque intorno al 1525 a.C. (ma il Signore si rivelò a lui in anziana età).
Durante questo tempo, oscillante fra i trecento e quattrocento anni, il Signore non si fece sentire alla famiglia di Israele che stava diventando un vero e proprio popolo. Secoli di silenzio, prima che l'oppressione egiziana portò alla necessità da parte di Dio di suscitare un liberatore: Mosè.
Centinaia d'anni di calma apparente che terminarono con l'evento più rilevante dell'Antico Testamento. Senza l'Esodo (grazie alla Pasqua), Israele non sarebbe mai stata una nazione ma solo un popolo schiavo.

L'ultimo profeta dell'Antico Testamento fu Malachia.
Non si sa esattamente in quali anni visse e profetizzò, ma senza dubbio fu intorno al 400 a.C.
Dopo il libro di Malachia, il Signore tacque fino alla nascita di Giovanni Battista. Egli nacque sei mesi prima di Cristo, tra il 7 e il 2 a.C.
Anche in questi quattrocento anni, il silenzio di Dio si diffuse per tutto Israele.
Questo silenzio si interruppe con la nascita di Giovanni e la nascita di Gesù.
Il mondo non sarebbe più stato lo stesso. Senza la Pasqua, senza l'immolazione di Cristo, l'umanità non avrebbe mai avuto la speranza della salvezza, ma solo la certezza della schiavitù del peccato e della morte eterna.

Prima che Mosè nascesse, vi era già un elemento importante che sarebbe stato riproposto alla vigilia della nascita del Messia. Il Signore il settimo giorno della creazione si riposò della sua fatica, contemplando l'opera delle sue mani. In queste occasioni invece, si comporta in modo opposto. Per centinaia di anni prima di un evento cruciale nella storia dell'umanità, smette di comunicare con l'uomo. E' come se trattenesse il respiro. Un silenzio sacro, che prepara agli eventi più importanti della storia. Un silenzio riproposto due volte.

La strage degli innocenti

Esodo 1:22 Allora il faraone diede quest'ordine al suo popolo: «Ogni maschio che nasce, gettatelo nel Fiume, ma lasciate vivere tutte le femmine».

Esodo 2:1 Un uomo della casa di Levi andò e prese in moglie una figlia di Levi.
Esodo 2:2 Questa donna concepì, partorì un figlio e, vedendo quanto era bello, lo tenne nascosto tre mesi.
Esodo 2:3 Quando non potè più tenerlo nascosto, prese un canestro fatto di giunchi, lo spalmò di bitume e di pece, vi pose dentro il bambino, e lo mise nel canneto sulla riva del Fiume.

Il libro dell'Esodo si apre con un'ordinanza del faraone di uccidere tutti i neonati maschi ebrei.
Mosè, di stirpe levitica (tribù che sarà dedicata al servizio del tabernacolo e del Tempio) viene messo in un canestro e lasciato nel canneto del fiume, dove troverà salvezza da parte della figlia del faraone che nel frattempo era lì vicino per fare il bagno.
La sua stessa vita rappresenta un miracolo. Sopravvissuto in fasce alla persecuzione del faraone, che aveva ridotto in schiavitù l'intero popolo ebraico.

Matteo 2:13 Dopo che furono partiti, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e restaci finché io non te lo dico; perché Erode sta per cercare il bambino per farlo morire».
Matteo 2:16 Allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò moltissimo, e mandò a uccidere tutti i maschi che erano in Betlemme e in tutto il suo territorio dall'età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era esattamente informato dai magi.

In modo analogo, la nascita del Signore fu accompagnata da una strage di bambini della Sua età, ordinata dal re Erode. Gesù, (di stirpe regale e sacerdote secondo l'ordine di Melkisedek) viene salvato grazie ad un avvertimento di Dio Padre, che rivela in sogno a Giuseppe questo imminente pericolo, conducendo la famiglia in Egitto. Proprio dove fu salvato Mosè.

La chiamata, il ministero

Mosè:

Esodo 3:2 L'angelo del SIGNORE gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava.
Esodo 3:14 Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "l'IO SONO mi ha mandato da voi"».

Gesù:
Matteo 3:16 Gesù, appena fu battezzato, salì fuori dall'acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui.
Matteo 3:17 Ed ecco una voce dai cieli che disse: «Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto».

Sia Gesù che Mosè ricevettero una chiamata al ministero. Gli stessi Vangeli non rivelano quasi nulla dei primi trent'anni di vita di Gesù. Così come i primi ottant'anni di vita di Mosè non rappresentarono alcuna opera da parte di Dio. Ad un certo punto però, Gesù volle battezzarsi pubblicamente. Non un battesimo di ravvedimento, ma un battesimo missionario. Il riconoscimento di Dio per una missione ben precisa. In questo evento possiamo vedere Gesù, il Figlio. La colomba rappresentante lo Spirito Santo. E la voce compiaciuta di Dio Padre che pone il Suo sigillo su questo ministero. Il contesto è sicuramente molto diverso rispetto alla visitazione del Signore a Mosè, però possiamo vedere un elemento estremamente importante che caratterizza questi due momenti specifici.

Nella chiamata di Mosè infatti appare in primo luogo un fuoco che non consuma, una manifestazione dello Spirito Santo che poi sarà ripetuta nelle fiammelle di Pentecoste davanti agli Apostoli. In secondo luogo l'angelo del Signore: una teofania, prefigurazione di Cristo. E in terzo luogo la voce del Signore che si presenta come l'IO SONO. La voce dell'Eterno, la voce di Dio Padre.

In entrambe le occasioni, si manifesta la pienezza di Dio per sottolineare la sacralità del momento. Non solo una manifestazione, ma la presenza della completezza di Dio. Due avvenimenti cruciali, che inaugurano una serie di conseguenze eterne.

L'opposizione satanica

Esodo 5:2 Ma il faraone rispose: «Chi è il SIGNORE che io debba ubbidire alla sua voce e lasciare andare Israele? Io non conosco il SIGNORE e non lascerò affatto andare Israele».
Esodo 5:7 «Voi non darete più, come prima, la paglia al popolo per fare i mattoni; vadano essi a raccogliersi la paglia!
Esodo 5:8 Comunque imponete loro la stessa quantità di mattoni di prima, senza diminuzione; perché sono dei pigri; perciò gridano, dicendo: "Andiamo a offrire sacrifici al nostro Dio"!
Esodo 5:9 Questa gente sia caricata di lavoro e si occupi di quello, senza badare a parole bugiarde».

La risposta alla missione di Mosè, fu l'ostilità del faraone.
Ostilità che ha portato alle dieci piaghe per lasciare in libertà il popolo d'Israele.

Matteo 4:3 E il tentatore, avvicinatosi, gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani».

Giovanni 5:16 Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose di sabato.

Giovanni 5:18 Per questo i Giudei più che mai cercavano d'ucciderlo; perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

Giovanni 6:15 Gesù, quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo.

Giovanni 7:1 Dopo queste cose, Gesù se ne andava per la Galilea, non volendo fare altrettanto in Giudea perché i Giudei cercavano di ucciderlo.

In modo analogo, la risposta alla missione di Gesù fu l'aperta tentazione di satana. La ripetuta e costante persecuzione dei Giudei, che volevano ucciderlo. E la pericolosa possibilità di anticipare i tempi di Dio e fare re Gesù in un momento sbagliato, in cui non avrebbe ancora adempiuto al suo ministero terreno. Ogni pericolo rappresentava una nascosta o esplicita opposizione da parte di satana. L'avversario non voleva che Israele fosse liberato così come non voleva che Gesù raggiungesse il Calvario. Ogni piano di Dio è stato osteggiato dall'angelo ribelle ma in questi due avvenimenti in modo particolare.

La Pasqua

Esodo 12:6 Lo serberete fino al quattordicesimo giorno di questo mese, e tutta la comunità d'Israele, riunita, lo sacrificherà al tramonto.
Esodo 12:7 Poi si prenda del sangue d'agnello e lo si metta sui due stipiti e sull'architrave della porta delle case dove lo si mangerà.
Esodo 12:12 Quella notte io passerò per il paese d'Egitto, colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, tanto degli uomini quanto degli animali, e farò giustizia di tutti gli dèi d'Egitto. Io sono il SIGNORE.
Esodo 12:13 Il sangue vi servirà di segno sulle case dove sarete; quand'io vedrò il sangue, passerò oltre, e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi, quando colpirò il paese d'Egitto.

Le terribili piaghe d'Egitto terminarono con la morte di tutti i primogeniti.
Solo gli Ebrei, coloro che avevano messo il sangue di un agnello sacrificato sugli stipiti e sull'architrave della porta di casa erano stati risparmiati. In questa occasione, il Signore ha istituito la Pasqua. Festività che sarà ripetuta ogni anno dagli Israeliti. Festività memoriale di questo avvenimento, fino all'arrivo della vera Pasqua.

Giovanni 19:17 Presero dunque Gesù; ed egli, portando la sua croce, giunse al luogo detto del Teschio, che in ebraico si chiama Golgota,
Giovanni 19:18 dove lo crocifissero, assieme ad altri due, uno di qua, l'altro di là, e Gesù nel mezzo.

1Corinzi 5:7b Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata.

Seicento anni dopo la prima Pasqua, il sangue di Cristo era sparso sul legno della croce.
Egli è la nostra Pasqua, immolata affinchè “chiunque creda in lui non perisca ma abbia vita eterna."

Credo che questo sia l'evento finale, di cui la vita di Mosè era ombra e verso cui tutto il ministero di Gesù era diretto. Due linee convergenti, che si incrociano sulla Croce.

Giovanni 19:30 Quando Gesù ebbe preso l'aceto, disse: «È compiuto!» E, chinato il capo, rese lo spirito.

“E' compiuto!” Le ultime parole di Gesù prima della resurrezione sanciscono la fine di un'epoca e la liberazione dell'umanità. Un nuovo esodo, verso il paradiso.

lunedì 26 dicembre 2011

Le piaghe d'Egitto

La famiglia di Giacobbe, circa settanta persone, riuscì a sopravvivere alla carestia che opprimeva la regione mediorientale in quel periodo, entrando nel paese d'Egitto. Grazie alla posizione di rilievo occupata da Giuseppe, questa famiglia trovò la possibilità di prosperare e crescere, secondo la promessa che il Signore fece ad Abraamo. Nel tempo però, le situazioni cambiarono. Sorse un altro faraone che iniziò a preoccuparsi del grande numero degli Ebrei nel paese. Da ospiti d'onore, presto divennero la minaccia più grande del regno egiziano. Per questo furono ridotti in schiavitù.
Ma il Signore si ricordò del suo patto, vide l'oppressione dei figli di Israele e ne ebbe compassione.
Per questo motivo scelse Mosè, affidando a lui il compito di liberare il popolo dalla schiavitù.

Esodo 5:2 Ma il faraone rispose: «Chi è il SIGNORE che io debba ubbidire alla sua voce e lasciare andare Israele? Io non conosco il SIGNORE e non lascerò affatto andare Israele».

Questa frase sancisce il destino degli eventi successivi.
Il faraone, per tradizione religiosa figlio del dio Ra, domanda (forse ironicamente) quale Dio sia il Signore, affinchè egli debba ubbidirgli. Afferma di non conoscerlo.
Per questi motivi, il Signore decide di mostrare la Sua potenza all'Egitto.
Attraverso dieci calamità naturali.

La cultura egiziana comprendeva un gran numero di divinità da adorare. Ogni divinità aveva un suo campo d'azione nel quale poteva maledire o benedire il popolo. Mentre la frase del faraone “Chi è il Signore che io debba ubbidirgli?” riecheggiava ancora nel paese, il Signore iniziò a mostrarsi, governando la natura che essi credevano controllata dai loro dèi, in modo sovrannaturale.

Esodo 7:19 Il SIGNORE disse a Mosè: «Di' ad Aaronne: "Prendi il tuo bastone e stendi la tua mano sulle acque dell'Egitto, sui loro fiumi, sui loro canali, sui loro stagni e sopra ogni raccolta d'acqua"; essi diventeranno sangue. Vi sarà sangue in tutto il paese d'Egitto, perfino nei recipienti di legno e nei recipienti di pietra».
Esodo 7:20 Mosè e Aaronne fecero come il SIGNORE aveva ordinato. Ed egli alzò il bastone e percosse le acque che erano nel Fiume sotto gli occhi del faraone e sotto gli occhi dei suoi servitori; e tutte le acque che erano nel Fiume furono cambiate in sangue.

La società egiziana era una delle civiltà più stabili e fiorenti dell'epoca grazie alla presenza del fiume Nilo. Le sue annuali inondazioni infatti fertilizzavano il terreno intorno, permettendo la coltivazione del grano, produzione cruciale in una regione del mondo dove la fame fu molto comune. Per questo motivo gli egiziani celebravano un dio dedicato al controllo delle inondazioni: il dio Hapi. Per la loro cultura egli infatti, insieme al faraone, regolamentava queste inondazioni. La prima opera che il Signore fece per mostrare la Sua potenza, fu proprio quella di svergognare questa falsa divinità. Se Hapi e il faraone governavano il Nilo, chi era questo Dio di cui Mosè si faceva portavoce, con l'autorità di trasformare lo strumento di vita della nazione egiziana in uno strumento di morte? L'acqua infatti fertilizza il terreno e promuove la vita. Ma il sangue ha avuto l'effetto di far morire tutti i pesci del paese, e rendere imbevibile ogni riserva d'acqua. Per sette giorni.
In sette giorni il Signore ha creato l'universo e ogni forma di vita.
In sette giorni il Signore ha dimostrato sovranità sulla natura, portando morte.

Tutto questo però, non intimorì il faraone. Egli vide che i maghi d'Egitto riuscivano a fare la stessa cosa con le loro arti occulte, e indurì il suo cuore. Mosè replicò la richiesta del Signore di lasciare libero Israele, pena un'altra dimostrazione della Sua potenza, che puntualmente avvenne.

Esodo 8:5 Il SIGNORE disse a Mosè: «Di' ad Aaronne: "Stendi la tua mano con il bastone sui fiumi, sui canali, sugli stagni e fa' salire le rane sul paese d'Egitto"».
Esodo 8:6 Allora Aaronne stese la sua mano sulle acque d'Egitto e le rane salirono e coprirono il paese d'Egitto.

Un'altra conseguenza delle inondazioni del Nilo, era la nascita di molte rane, nel periodo finale di questo ciclo della natura. Esse rappresentavano il riscontro più immediato della vita portata dal fiume. Per questo motivo, gli egiziani credevano in un'altra divinità, portatrice di vita, che si chiamava Hequet. Nella tradizione religiosa dell'epoca, Hequet era la dea della vita, della creazione, del parto e della fertilità. Veniva rappresentata come una donna con la testa di rana ma anche semplicemente come una rana. Una dea che poteva portare protezione e aiuto durante il travaglio. Le stesse ostetriche del tempo si chiamavano frequentemente “serve di Hequet”.

Di colpo però, dopo una seconda minaccia del Signore, un numero incalcolabile di rane sorse dal Nilo per occupare completamente il paese d'Egitto. Anche in questo caso, un simbolo naturale della vita fu governato in modo sovrannaturale dal vero Creatore della vita. Non solo un disagio insostenibile, ma soprattutto un conflitto interiore per ogni Egiziano, che vedeva una seconda sovversione della natura e del potere che riteneva avere una propria divinità. I maghi egiziani convocati dal faraone, riuscirono a replicare con un trucco anche questa opera, ma le rane restavano nel paese. Il faraone chiese a Mosè di pregare Dio affinchè le rane se ne andassero. E questo avvenne puntualmente, tutte le rane morirono in un giorno, tranne quelle nei fiumi. Ma appena il faraone ebbe un po' di respiro, rinnovò l'ostinatezza del suo cuore.

Esodo 8:16 Quindi il SIGNORE disse a Mosè: «Di' ad Aaronne: "Stendi il tuo bastone, percuoti la polvere della terra ed essa diventerà zanzare per tutto il paese d'Egitto"».
Esodo 8:17 Essi fecero così. Aaronne stese il braccio con il suo bastone, percosse la polvere della terra e ne vennero delle zanzare sugli uomini e sugli animali. Tutta la polvere della terra diventò zanzare per tutto il paese d'Egitto.

Cosa pensavano gli Egiziani guardando Aaronne percuotere il suolo?
Un gesto che per noi non ha alcun significato, in un altro tempo e luogo portava alla mente un nome ben specifico: “Seb”. Egli infatti era la divinità della terra, della terra abitabile e della vegetazione. Un altro dio dedicato a un altro elemento di prosperità. Probabilmente percuotere in quel modo il suolo rappresentava quasi un insulto verso Seb. Che gesto pieno di significato! Il messaggero del Dio degli Ebrei che umilia una terza divinità. E da questo gesto si solleva della polvere, che si trasforma in miriadi di zanzare. Davanti a questa piaga, neanche i maghi del faraone riuscirono a fare nulla. Anche essi riconobbero in questo “il dito di Dio”. Una persona ostinata può inventare delle scuse una volta, due volte. Ma la terza, anche chi è in cattiva fede, anche gli scettici più accaniti devono riconoscere la sovranità di Dio. Ma il faraone non desistette.

Esodo 8:21 se non lasci andare il mio popolo, io manderò su di te, sui tuoi servitori, sul tuo popolo e nelle tue case, le mosche velenose. Le case degli Egiziani saranno piene di mosche velenose e il suolo su cui stanno ne sarà coperto.
Esodo 8:22 Ma in quel giorno io risparmierò la terra di Goscen, dove abita il mio popolo; lì non ci saranno mosche, affinché tu sappia che io, il SIGNORE, sono in mezzo al paese.
Esodo 8:23 Io farò distinzione tra il mio popolo e il tuo popolo. Domani avverrà questo miracolo"».
Esodo 8:24 Il SIGNORE fece così: vennero grandi sciami di mosche velenose in casa del faraone, nelle case dei suoi servitori e in tutto il paese d'Egitto. La terra fu devastata dalle mosche velenose.

Grandi sciami di mosche velenose, probabilmente tafani o vespe icneumone, infestarono tutto il paese d'Egitto, fino alla casa del faraone. In questa occasione, era Khepri la divinità osteggiata dal Signore. Lo scarabeo sacro, insetto che rappresentava il movimento solare, non potè opporre alcuna resistenza. E così la quarta piaga investì il popolo, facendo per la prima volta distinzione tra gli Egiziani e Israele. Le cose non potevano essere più evidenti di così. Alla richiesta del faraone, Mosè chiese in preghiera la fine di questa calamità. Le mosche si diradarono. Il faraone promise libertà. Ma presto tradì la sua stessa promessa. E puntualmente si verificò una nuova calamità.

Esodo 9:6 L'indomani il SIGNORE lo fece e tutto il bestiame d'Egitto morì; ma del bestiame dei figli d'Israele non morì neppure un capo.

Da un giorno con l'altro, morì tutto il bestiame egiziano. Ovunque guardassero, c'erano carcasse di tori. La forma del dio egizio Api. Sicuramente nel paese iniziava a serpeggiare una profonda paura. Non era più un caso isolato, non era più una coincidenza, era la prova sistematica che le divinità del paese non avevano alcun potere di fronte al Dio degli Ebrei. Egli era il vero Dio e stava mostrando il Suo potere e la volontà di trarre il Suo popolo fuori d'Egitto. Per la seconda volta, avviene una calamità che tocca selettivamente gli egiziani lasciando illeso il popolo di Dio e le sue proprietà.
Ancora una volta tuttavia, il faraone non lasciò andare in libertà il popolo di Israele.

Esodo 9:8 Il SIGNORE disse a Mosè e ad Aaronne: «Prendete delle manciate di fuliggine di fornace e Mosè la getti verso il cielo, sotto gli occhi del faraone.
Esodo 9:9 Essa diventerà una polvere che coprirà tutto il paese d'Egitto e produrrà ulceri che si trasformeranno in pustole sulle persone e sugli animali in tutto il paese d'Egitto».

Questo gesto di Aaronne, compiuto sotto gli occhi del faraone, dimostrava l'inefficacia della protezione di Seth, dio del deserto, della siccità, della bufera e dell'ostilità della natura. Nelle versioni ellenistiche della mitologia egizia è noto come Tifone, che significa “fumo stupefacente”. Anche Seth, il fumo stupefacente non poteva nulla contro la volontà di Dio, che attraverso la fuliggine contaminò l'intera popolazione con ulcere e pustole. Una piaga insostenibile, l'ennesima dimostrazione di impotenza delle divinità che adoravano gli egiziani.

Esodo 9:12 Ma il SIGNORE indurì il cuore del faraone e questi non diede ascolto a Mosè e ad Aaronne, come il SIGNORE aveva detto a Mosè.

Nonostante tutto questo, il Signore non era soddisfatto. Egli voleva dare una dimostrazione assoluta e indimenticabile per ogni persona e ogni nazione circostante. La liberazione di Israele era quasi un pretesto per dimostrare ad ogni popolo la Sua potenza. Dopo tutte queste calamità, qualunque persona avrebbe lasciato andare gli schiavi. Ma per il Signore questo non era abbastanza. Per questo motivo, Egli indurì il cuore del faraone, affinchè non potesse cedere al Suo potere prima del dovuto.
Secondo i Suoi piani dunque, Israele continuava ad essere sotto la schiavitù, e le piaghe continuavano ad abbattersi sulla nazione. Grandine e fuoco, per sottolineare l'inutilità di Seth, conosciuto anche come dio delle tempeste.

Esodo 10:7 I servitori del faraone gli dissero: «Fino a quando quest'uomo sarà per noi un'insidia? Lascia andare questa gente, e che serva il SIGNORE, il suo Dio! Non ti accorgi che l'Egitto è rovinato?»

Gli stessi servitori del faraone non potevano più sopportare la forza della natura che il Signore governava contro di loro. Riconoscevano che l'Egitto era rovinato! Gli stessi nemici degli Ebrei iniziarono ad aiutarli di fronte al faraone per far cessare questa vendetta divina.

Esodo 10:13 Mosè protese il suo bastone sul paese d'Egitto e il SIGNORE fece levare un vento orientale sul paese, tutto quel giorno e tutta la notte. Quando venne il mattino, il vento orientale aveva portato le cavallette.
Esodo 10:14 Le cavallette salirono su tutto il paese d'Egitto e si posarono su tutta l'estensione dell'Egitto. Erano numerosissime: prima non ce n'erano mai state tante, né mai più tante ce ne saranno.
Esodo 10:15 Esse coprirono la superficie di tutto il paese, che ne rimase oscurato, e divorarono tutta l'erba del paese e tutti i frutti degli alberi, che la grandine aveva lasciato. Nulla di verde rimase sugli alberi né sulle erbe della campagna, in tutto il paese d'Egitto.

Dal cielo, regno della divinità egizia Shu, arrivarono una quantità incalcolabile di cavallette.

Esodo 10:16 Allora il faraone chiamò in fretta Mosè e Aaronne e disse: «Io ho peccato contro il SIGNORE, il vostro Dio, e contro di voi.
Esodo 10:17 Ma ora perdonate, vi prego, il mio peccato, questa volta soltanto. Supplicate il SIGNORE, il vostro Dio, perché almeno allontani da me questo flagello mortale».

Mosè pregò il Signore e le cavallette scomparirono.

Esodo 10:20 Ma il SIGNORE indurì il cuore del faraone, e questi non lasciò andare i figli d'Israele.

Il proposito di Dio stava per giungere al compimento. Mancavano ancora due segni, per completare la Sua volontà.

Esodo 10:21 Allora il SIGNORE disse a Mosè: «Stendi la tua mano verso il cielo e vi siano tenebre nel paese d'Egitto, così fitte da potersi toccare.
Esodo 10:22 Mosè stese la sua mano verso il cielo e per tre giorni ci fu una fitta oscurità in tutto il paese d'Egitto.

Tutte le divinità svergognate dal Signore fino ad ora erano molto importanti. La più importante divinità del pantheon egizio però, era senza dubbio Ra. Nella mitologia egizia infatti, egli era un dio creatosi da solo. Il suo corpo era il sole stesso. Niente è più importante di Ra-Sole, ciò che scandisce il giorno e la notte, ciò che promuove la vita vegetale e animale. Senza di lui non ci sarebbe nulla. E proprio lui, il dio più potente degli egiziani, viene ridotto al nulla dalle tenebre dell'unico vero Dio.

Dopo questo flagello, il faraone concesse inizialmente libertà.
Ma ancora una volta, il Signore non gli concesse di farlo. Indurì il suo cuore e colpì direttamente la sua persona, il suo ruolo.

Esodo 12:29 A mezzanotte, il SIGNORE colpì tutti i primogeniti nel paese d'Egitto, dal primogenito del faraone che sedeva sul suo trono al primogenito del carcerato che era in prigione, e tutti i primogeniti del bestiame.
Esodo 12:30 Il faraone si alzò di notte, egli e tutti i suoi servitori e tutti gli Egiziani; e vi fu un grande lamento in Egitto, perché non c'era casa dove non vi fosse un morto.

Il faraone stesso infatti veniva riconosciuto come divinità, con molti appellativi tra cui “figlio di Ra”. La sua progenie era considerata una stirpe divina. La morte del primogenito del faraone portò a termine il giudizio di Dio sull'Egitto, e la dimostrazione inconfutabile di chi era Lui e dell'urgenza di ubbidire alle Sue parole. Eventi soprannaturali che hanno dato una prova al popolo di Egitto, ma che hanno anche dimostrato agli Israeliti la forza del Dio che li stava chiamando fuori da quella nazione per i Suoi scopi.

Esodo 12:33 Gli Egiziani fecero pressione sul popolo per affrettare la sua partenza dal paese, perché dicevano: «Qui moriamo tutti!»
Esodo 12:35 I figli d'Israele fecero come aveva detto Mosè: domandarono agli Egiziani oggetti d'argento, oggetti d'oro e vestiti;
Esodo 12:36 il SIGNORE fece in modo che il popolo ottenesse il favore degli Egiziani, i quali gli diedero quanto domandava. Così spogliarono gli Egiziani.

Solo ora, dopo aver compiuto appieno il Suo giudizio, il Signore lascia andare i figli d'Israele verso la libertà. Gli Egiziani erano arrivati all'esasperazione e ricoprirono di argento, oro e vestiti il popolo che fino ad allora era schiavo. Ora non solo potevano andare, ma avevano anche l'aiuto e i beni del popolo che fino al giorno prima li stava opprimendo!

Romani 9:17 La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra».

lunedì 19 dicembre 2011

Al tempo di Isaia

Al termine dei cinquantadue anni di regno del re Uzzia (790 – 739 a.C.), Giuda godeva di una buona prosperità economica. Aveva mura, torri e fortificazioni. Un grande porto commerciale sul mar Rosso. E un re che stava per morire di lebbra, a causa di una punizione divina. Uzzia non era una persona malvagia. Aveva procurato prosperità per il suo popolo. Aveva saputo gestire l'economia e la politica interna ed esterna con grande abilità. Ma era una persona diventata empia. Non un re cattivo, ma superbo, lontano da Dio.

2Cronache 26:16-21 " Ma quando fu divenuto potente, il suo cuore, insuperbitosi, si pervertì, ed egli commise un'infedeltà contro il SIGNORE, il suo Dio, entrando nel tempio del SIGNORE per bruciare dell'incenso sull'altare dei profumi. 17 Ma il sacerdote Azaria entrò dopo di lui con ottanta sacerdoti del SIGNORE, uomini coraggiosi, 18 i quali si opposero al re Uzzia, e gli dissero: «Non spetta a te, Uzzia, di offrire incenso al SIGNORE, ma ai sacerdoti, figli d'Aaronne, che sono consacrati per offrire i profumi! Esci dal santuario, poiché tu hai commesso un'infedeltà! E questo non ti tornerà a gloria davanti a Dio, al SIGNORE». 19 Allora Uzzia, che teneva in mano un turibolo per offrire l'incenso, si adirò. E mentre si adirava contro i sacerdoti, la lebbra gli scoppiò sulla fronte, in presenza dei sacerdoti, nella casa del SIGNORE, presso l'altare dei profumi. 20 Il sommo sacerdote Azaria e tutti gli altri sacerdoti lo guardarono, ed ecco che aveva la lebbra sulla fronte; e lo fecero uscire in fretta, ed egli stesso si affrettò ad andarsene fuori, perché il SIGNORE lo aveva colpito. 21 Il re Uzzia fu lebbroso fino al giorno della sua morte e rimase nell'infermeria come lebbroso, perché era escluso dalla casa del SIGNORE; e Iotan, suo figlio, era a capo della casa reale e rendeva giustizia al popolo del paese."

I suoi successi commerciali e politici, il suo potere lo ha portato alla corruzione. Egli arrivò a pensare di essere superiore all'ordine sacerdotale stabilito da Dio. Superiore agli ordini di Dio stesso. E per questo fu punito. La sua condizione rispecchiava perfettamente quella della nazione sulla quale regnava: 2Re 15:4 Tuttavia, gli alti luoghi non furono soppressi; il popolo continuava a offrire sacrifici e incenso sugli alti luoghi. Il popolo continuava a offrire sacrifici a idoli e falsi dèi. Il declino religioso del re era parallelo a quello di tutto Giuda.
Ad un certo punto però, il Signore iniziò a parlare. Egli scelse Isaia, figlio di Amots. Una persona colta, dalle origini molto probabilmente nobili. Una persona che aveva possibilità di accesso al re in persona (Is 7:3). Un messaggero per la capitale: Gerusalemme.
Nella stessa generazione, scelse anche Michea, nelle campagne agricole di Giuda e Osea, nel regno del nord di Israele. Diede a ciascuno di loro una serie di messaggi molto importanti e specifici. Ed in alcuni casi, molto simili. Aprendo il libro del profeta Isaia, leggiamo qual'è stato il primo approccio del Signore, rivolto a Gerusalemme e al regno di Giuda.

Isaia 1:2 "Udite, o cieli! E tu, terra, presta orecchio! Poiché il SIGNORE parla: «Ho nutrito dei figli e li ho allevati, ma essi si sono ribellati a me."
L'Eterno mostra una visione ad Isaia. Una visione con uno schema ben preciso: la scena di un processo in cui il Signore è parte civile e il popolo di Giuda l'imputato. L'aula, i testimoni chiamati sono i cieli e la terra stessi. L'accusa è la ribellione.
Isaia 1:3-9 "Il bue conosce il suo possessore, e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non ha conoscenza, il mio popolo non ha discernimento». 4 Guai alla nazione peccatrice, popolo carico d'iniquità, razza di malvagi, figli corrotti! Hanno abbandonato il SIGNORE, hanno disprezzato il Santo d'Israele, hanno voltato le spalle e si sono allontanati. 5 Per quale ragione colpirvi ancora? Aggiungereste altre rivolte. Tutto il capo è malato, tutto il cuore è languente. 6 Dalla pianta del piede fino alla testa non c'è nulla di sano in esso: non ci sono che ferite, contusioni, piaghe aperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né lenite con olio. 9 Se il SIGNORE degli eserciti non ci avesse lasciato un piccolo residuo, saremmo come Sodoma, somiglieremmo a Gomorra."


Il Signore si lamenta in modo molto duro. Il bue e l'asino conoscono il loro padrone, ma Giuda non lo riconosce più. Non dimostra discernimento, disprezzando e abbandonando il loro Dio, che li ha portati alla vita e all'esistenza. Questa ribellione è così estesa che non servirebbero più neanche delle punizioni. Giuda si è allontanato così tanto dal Signore da non avere più nulla di sano.
Sembrerebbe una situazione irreversibile. Soltanto la grazia immeritata del Signore consente che ci siano persone fedeli nel paese che, per quel che è diventato, meriterebbe la completa distruzione. Il popolo ha infranto il patto.
Il termine tradotto con “ribellati” (1:2) è pasa, usato spesso nei trattati per descrivere la disubbidienza di uno stato vassallo con la nazione sovrana. Israele (e Giuda) hanno infranto l'alleanza con Dio. L'accusa e la situazione sono veramente drammatiche. Ma il processo continua. Il Signore infatti, fermo restando che l'accusa è questa, inizia a dare istruzioni su come la nazione deve affrontare la sua colpa.

Isaia 1:10-20 "Ascoltate la parola del SIGNORE, capi di Sodoma! Prestate orecchio alla legge del nostro Dio, popolo di Gomorra! 11 «Che m'importa dei vostri numerosi sacrifici?», dice il SIGNORE; «io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri, io non lo gradisco. 12 Quando venite a presentarvi davanti a me, chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili? 13 Smettete di portare offerte inutili; l'incenso io lo detesto; e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni, io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne. 14 L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite; mi sono un peso che sono stanco di portare. 15 Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi; anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue. 16 Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; 17 imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l'oppresso, fate giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova! 18 Poi venite, e discutiamo», dice il SIGNORE; «anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana. 19 Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese; 20 ma se rifiutate e siete ribelli, sarete divorati dalla spada»; poiché la bocca del SIGNORE ha parlato."

Tanto i capi quanto il popolo di questa nazione perversa sono comandati ad ascoltare e ad imparare. Essi infatti non hanno smesso di essere religiosi ma hanno invece distorto lo stesso concetto di religione. Quanto è vicino questo problema ai giorni nostri! Si compivano numerosi sacrifici, innumerevoli offerte. Si rispettavano le festività e si convocavano le assemblee. Si rispettavano di fatto tutte le tradizioni religiose! C'erano altari dedicati a falsi dèi, culti idolatri, e magari le stesse persone che commettevano tali pratiche, continuavano a perpetrare i rituali della Torah.
Il vero pericolo, la malattia incurabile della nazione infatti non era che ci fosse una parte idolatra, ma che tutto il popolo mischiasse alla convivenza l'idolatria con la tradizione svuotata del culto a YHWH. Non possiamo forse vedere nella nostra società la stessa cosa? Altari dedicati all'unico vero Dio, affiancati a statue raffiguranti uomini, portate in processione, baciate, invocate.
Persone che si confessano cristiane, ma che vanno a consultare maghi, indovini e cartomanti. Filosofie comuni nell'opinione pubblica, che riconoscono come tutte le religioni conducano allo stesso obiettivo. Sincretismo travestito da rispetto comune. Non c'è più bianco e nero, giusto e sbagliato. C'è solo confusione. Caos. E in mezzo a questo caos, la Chiesa di Cristo è chiamata a parlare a gran voce, così come Isaia parlò a Israele e Giuda 2.700 anni fa.

Efesini 2:20 "Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, 21 sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore."

La Chiesa è stata edificata sul fondamento dei dodici apostoli e dei profeti dell'Antico Testamento. E da questo fondamento deve continuare a comunicare il messaggio di Dio per le nazioni e i popoli di questa generazione. Come fecero gli Apostoli. Come fecero i profeti. Come fece Isaia. (Is 1:14)
Il Signore odia le feste e le tradizioni religiose portate avanti nella malvagità. Egli non ascolta le preghiere dell'uomo perverso. Ma anche se la situazione sembra irrimediabile, non smette di lanciare un monito, un appello al ravvedimento. Imparare a fare il bene, fare giustizia all'orfano e difendere la causa della vedova. Mostrare misericordia, non vuote tradizioni. Questa è la vera religione. Questo è il sacrificio gradito a Dio! Senza questa premessa, questa attitudine interiore, è impossibile piacere al Signore. Solo in questo modo ci si può avvicinare a Lui. Solo in questo modo si può invocare e ricevere il Suo perdono.
Non c'è perdono infatti senza pentimento e ravvedimento. Queste sono le istruzioni, per affrontare la colpa nazionale. Una scelta davanti al popolo: riallacciare l'antica alleanza per vivere e prosperare, oppure morire nella ribellione. L'accusa è stata formalizzata, la colpa riconosciuta, ma la pena è apparentemente sospesa aspettando la scelta del popolo.
Perchè dico apparentemente?

Isaia 6:9 Ed egli disse: «Va', e di' a questo popolo: "Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere!" 10 Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in modo che non veda con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda con il cuore, non si converta e non sia guarito!»

Dico questo perchè in un secondo momento il Signore rivela a Isaia che la sua predicazione non condurrà a ravvedimento.
In ultima analisi, anche la pena sta per essere espressa.

Isaia 1:21-23 "Come mai la città fedele è diventata una prostituta? Era piena di rettitudine, la giustizia vi abitava, e ora è invece un covo di assassini! 22 Il tuo argento si è cambiato in scorie, il tuo vino è stato tagliato con acqua. 23 I tuoi prìncipi sono ribelli e compagni di ladri; tutti amano i regali e corrono dietro alle ricompense; non fanno giustizia all'orfano, e la causa della vedova non giunge fino a loro. Il Signore si lamenta, si lamenta a gran voce! Tutto ciò che ha edificato in bellezza è scaduto nell'obbrobrio."

Isaia 1:24-31"Perciò il Signore, il SIGNORE degli eserciti, il Potente d'Israele, dice: «Guai! Io avrò soddisfazione dai miei avversari, e mi vendicherò dei miei nemici! 25 Ti rimetterò la mano addosso, ti purificherò delle tue scorie, come fa la potassa, e toglierò da te ogni particella di piombo. 26 Ristabilirò i tuoi giudici com'erano anticamente, e i tuoi consiglieri com'erano al principio. Dopo questo, sarai chiamata la città della giustizia, la città fedele». 27 Sion sarà salvata mediante il giudizio, e quelli che in lei si convertiranno saranno salvati mediante la giustizia; 28 ma i ribelli e i peccatori andranno in rovina assieme, e quelli che abbandonano il SIGNORE saranno distrutti. 29 Allora avrete vergogna dei terebinti che avete amati, e arrossirete dei giardini che vi siete scelti. 30 Infatti sarete come un terebinto dalle foglie appassite, e come un giardino senz'acqua. 31 L'uomo forte sarà come stoppa, e l'opera sua come scintilla; entrambe bruceranno assieme, e non vi sarà chi spenga."

Ed ecco, infine, la condanna del processo. Viene emessa la sentenza, lasciando una possibilità di salvezza ai pochi in Sion che si convertiranno, ma rinnovando la promessa di distruzione a tutti quelli che perseverano nel loro abbandono verso il Signore.

Ma dopo queste parole, cosa è successo in Giuda?

Alla morte di Uzzia, succedette al trono il figlio Iotam, già soprintendente. Continuò a regnare esattamente come il padre. Abile economista ma empio verso Dio. Iniziò addirittura a scontrarsi contro il regno del nord di Israele.
Dopo di lui regnò per sedici anni Acaz, che strinse alleanze militari con l'Assiria, importando altri culti pagani e arrivando all'estremo introducendo un altare pagano nel tempio di Salomone (2Re15:35). Aiutò gli Assiri a conquistare il paese e condurre i più eccellenti uomini di Israele in cattività. Un tradimento paragonabile a quello di Caino e Abele.
Il suo successore fu il figlio Ezechia. Egli era fedele al Signore ed operò immediatamente una riforma religiosa nel paese. Purificò il tempio, ristabilendone il culto. Celebrò la Pasqua coinvolgendo tutto il popolo e riabilitò l'ordine sacerdotale levitico. Queste riforme diedero a Giuda all'incirca un secolo in più di libertà, ma ormai la corruzione era così avanzata da essere irremediabile.
Dopo centotrentasei anni infatti il giudizio di Dio si compì sotto il re Sedechia. In tre fasi, tutti gli uomini più importanti di Giuda furono deportati a Babilonia, lasciando dietro di sé solo una landa desolata e le persone più deboli del popolo. Tutto rimase così, per settant'anni, quando il Signore fece tornare un residuo in accordo alla Sua volontà.

Rut e la prospettiva missionaria

Rut 1:1 Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia, e un uomo di Betlemme di Giuda andò a stare nelle campagne di Moab con la moglie e i suoi due figli.

La narrazione nel libro biblico di Rut inizia al tempo dei giudici. Questo è un tempo oscuro nella storia di Israele, in cui la mancanza di una forte leadership che succedesse a Giosuè ha consentito il dilagare di un grande disordine all'interno della nazione.

Giudici 17:6 In quel tempo non vi era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio.

Proprio per questo motivo, il Signore nel corso di questo tempo ha suscitato dei giudici a Nord e a Sud di Israele, per evitare che il popolo si compromettesse oltre il limite che Egli aveva stabilito. In questo contesto di confusione e disordine quindi, inizia una carestia. La città di Betlemme, letteralmente “la casa del pane”, rimane senza pane. Una circostanza troppo particolare per essere casuale.

Giobbe 12:15 Egli trattiene le acque, e tutto inaridisce.


A causa di questa distretta, Elimelec e Naomi con i loro figli si stabilirono nelle campagne di Moab, dove hanno trovato del cibo per poter sopravvivere. La popolazione del posto era discendente dell'incesto tra Lot e la sua figlia maggiore (Genesi 19:37), e aveva pendente sopra di sé la maledizione pronunciata da Balaam sostenuto dallo Spirito di Dio (Numeri 24:17), causata molto probabilmente dalla promessa divina di maledire chiunque maledirà Israele (Genesi 12:3). Una popolazione maledetta dunque, ma resa partecipe del sovrano piano di Dio che porterà attraverso una intricata linea genealogica la nascita del re Davide ed infine l'incarnazione di Gesù Cristo. I figli di Elimelec infatti si sposarono con donne Moabite e dopo alcuni anni morirono, così come loro padre, lasciando sola Naomi con le sue nuore. In questa sofferenza e solitudine, il Signore interviene nuovamente.

Rut 1:6 Allora si alzò con le sue nuore per tornarsene dalle campagne di Moab, perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane.
Rut 1:7 Partì dunque con le sue due nuore dal luogo dov'era stata, e si mise in cammino per tornare nel paese di Giuda.

Il Signore visita il suo popolo dandogli del pane. Dopo aver causato l'emigrazione di Elimelec e Naomi, l'unione dei loro figli con le Moabite Orpa e Rut (anche se sposare donne straniere sarà indicato chiaramente come un peccato [Esdra 10:10, Neemia 13:26]), la morte di Elimelec e dei suoi stessi figli, Dio interviene nuovamente nelle vite di queste vedove provvedendo loro un futuro e una speranza: in Israele adesso c'è del cibo. Vediamo come, nonostante nel libro di Rut il nome del Signore appaia pochissime volte, Egli è sempre presente a condurre il Suo piano prestabilito. Anzi, potremmo dire che Lui stesso è il vero protagonista dietro le quinte della narrazione. Da questa situazione drammatica infatti, Orpa decide di rimanere con il suo popolo, ma Rut rimane con Naomi, esprimendo con fermezza il suo proposito di seguirla in Israele e di abbracciare la cultura e la religione di questo popolo a lei straniero. Una volta a Betlemme, Naomi mandò Rut a raccogliere l'orzo caduto ai mietitori per potersi sostentare. Qui viene a conoscenza di Boaz, un ricco parente di Elimelec. Dopo la rinuncia al diritto di riscatto di un parente più prossimo, Boaz riesce a sposare Rut.

Rut 4:13 Così Boaz prese Rut, che divenne sua moglie. Egli entrò da lei, e il SIGNORE le diede la grazia di concepire; e quella partorì un figlio.
Rut 4:14 E le donne dicevano a Naomi: «Benedetto il SIGNORE, il quale non ha permesso che oggi ti mancasse uno con il diritto di riscatto! [lo stesso popolo riconosceva la mano di Dio dietro a tutto ciò].Il suo nome sia celebrato in Israele!
Rut 4:15 Egli consolerà l'anima tua e sarà il sostegno della tua vecchiaia; l'ha partorito tua nuora che ti ama, e che vale per te più di sette figli».
Rut 4:16 E Naomi prese il bambino, se lo strinse al seno, e gli fece da nutrice. Rut 4:17 Le vicine gli diedero il nome, e dicevano: «È nato un figlio a Naomi!» Lo chiamarono Obed. Egli fu il padre d'Isai, padre di Davide.

La cultura ebraica dà enorme importanza alla genealogia, cercando di valorizzare più possibile gli antenati. In questo caso però, sarebbe convenuto maggiormente agli uomini Israeliti nascondere tale storia. Questa è la prova storica che la discendenza regale di Davide deriva da un matrimonio con una straniera. Israele, il popolo eletto, il popolo che doveva tenersi ben separato da tutte le altre nazioni (per comando divino) si ritrova ad avere una stirpe reale dal sangue misto. Agli occhi degli uomini, e agli occhi degli uomini che interpretano la volontà di Dio nella Legge di Mosè, questo è senza dubbio un fatto abominevole. Ma non è così agli occhi di Dio.

Romani 9:8 Cioè, non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. Romani 9:15 Poiché egli dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione».
Romani 9:16 Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia.

E' vero che il Signore diede la Legge, ma a Lui piacque avere relazione con uomini che avevano fede non nella Legge ma nel Dio vivente. Uomini e donne scelte, a cui usare misericordia. Questa è un'enorme delusione per gli uomini che pensano di raggiungere il paradiso compiendo solamente buone azioni, adempiendo solamente i comandamenti. Il paradiso non si raggiunge attraverso i comandamenti adempiuti dagli uomini. Si raggiunge solo dalla misericordia operata da Dio. Ecco che si dispiega davanti a noi un affresco completamente inedito, un messaggio nascosto nella trama del racconto e che mostra un significato nuovo, più profondo. Questo, è il significato comune ad ogni altra vicenda biblica, e in particolare agli Atti degli Apostoli.
Dall' XI secolo a.C. dunque, passiamo direttamente al I secolo d.C., subito dopo la risurrezione di Gesù. Seguendo un suo comando, i discepoli erano riuniti insieme, in preghiera.

Atti 2:2 Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti.
Atti 2:3 Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro.
Atti 2:4 Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.

Il dono di Dio, lo Spirito della verità, pronto a guidare in tutta la verità (Gv16:13). Questo è l'evento che apre gli Atti degli Apostoli. La presenza dello Spirito Santo, è ciò che dona vita alla chiesa, così come il sangue assicura vita all'intero organismo umano portando il nutrimento necessario ad ogni cellula. E' quello che fa la differenza. Qualunque lettore attento potrà riconoscere che in realtà questo libro biblico racconta gli “Atti dello Spirito Santo”, più che degli Apostoli. Lo stesso Spirito che ha portato la vita e la verità attraverso i profeti dell'Antico Testamento, ora compie un'opera nuova con gli Apostoli. Lo Spirito Santo infatti chiama al ministero apostolico:
Atti 13:2 Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati».

Vieta di condurre la missione dove vuole l'uomo ma non Dio:
Atti 16:6 Poi attraversarono la Frigia e la regione della Galazia, perché lo Spirito Santo vietò loro di annunciare la parola in Asia.

Conduce la missione in luoghi specifici:
Atti 16:9 Paolo ebbe durante la notte una visione: un macedone gli stava davanti, e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici».
Atti 16:10 Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là, ad annunciare loro il vangelo.

Cosa possiamo imparare allora sulle attività missionarie dal libro di Rut? Quali sono le analogie con gli Atti degli Apostoli, il libro biblico incentrato più di ogni altro sulle missioni, e a cui ogni missionario di oggi deve prendere ispirazione? In primo luogo, la misericordia di Dio. Il suo dono: il pane che Egli mette nella casa del pane. Senza la fine della carestia a Betlemme Rut e Naomi, vedove,non sarebbero potute sopravvivere molto a lungo. Allo stesso modo, difficilmente la Chiesa sarebbe potuta sopravvivere senza il vero pane del cielo (Gv 6:32), difficilmente le attività ministeriali e missionarie di oggi potrebbero portare un frutto duraturo. In secondo luogo, l'ubbidienza. Se Rut non avesse scelto di seguire Naomi e di restarle fedele, Obed non sarebbe mai nato. Se gli Apostoli dei primi tempi avessero disobbedito alle indicazioni dello Spirito Santo, non sarebbero esistite molte chiese locali, con conseguenze anche nazionali. Se i ministri e missionari di oggi non ubbidiscono alla voce del Signore, prima o poi i risultati di ogni sforzo scompariranno. E, nel peggiore dei casi, sorgeranno scandali nella Chiesa. La misericordia di Dio, e la conseguente ubbidienza dell'uomo. Questo possiamo imparare dal libro di Rut. Un principio per le attività missionarie di ieri e di oggi. Un principio per la Chiesa. Un principio per la nostra vita.
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