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domenica 7 gennaio 2018

Un'attitudine inclusiva



Nota: questi sono gli appunti del sermone predicato il 12 febbraio 2017 nella Missione Oikos di Como.

1. INTRODUZIONE
                                         
La natura dell'essere umano è senza dubbio una natura dal carattere sociale. Ognuno di noi costruisce la propria identità, la propria autostima, e la propria auto comprensione attraverso le relazioni sociali. Le relazioni più importanti sono sicuramente quelle con i nostri genitori, i nostri fratelli e le nostre sorelle. Poi arriviamo ai compagni di classe a scuola, alle relazioni amorose e quelle professionali/lavorative. Passiamo tutta la vita a coltivare relazioni di diverso tipo, trovando però spesso in esse le difficoltà più grandi della nostra esistenza. In quanto cristiani poi, affrontiamo una sfida in più: quella di vivere le nostre relazioni conformemente al carattere di Cristo. Amare i nostri nemici, pregare per coloro che ci perseguitano. Riscattare tutte le nostre relazioni per poterle vivere nell'amore di Dio, nella verità e nella giustizia. La Bibbia in quanto Parola di Dio definisce molto chiaramente i criteri per delle corrette relazioni tra l'uomo e Dio e tra gli uomini stessi. E questa comprensione è un punto di partenza importante per questa nostra riflessione. La Bibbia in realtà non parla di Dio e basta. Non analizza la natura di Dio, la sua provenienza, tutti i suoi gusti, i suoi scopi ultimi. E non descrive neanche la natura umana in ogni sua componente: biologica, psicologica, sociale, comportamentale, spirituale. La Bibbia non è né un trattato su Dio, né un trattato sull'uomo. La Bibbia è invece un autorevole libro, ispirato da Dio, che definisce la relazione tra lui e l'uomo. Tutto quello che sappiamo su Dio infatti deriva da speculazioni o affermazioni collaterali delle Scritture, quando il centro di ogni argomentazione resta comunque la relazione. Allo stesso modo, quello che conosciamo della natura umana dal punto di vista biblico lo conosciamo  in modo tangente, in quanto il cuore di ogni racconto resta l'aspetto relazionale. Non conosciamo tutto su Dio grazie alla Bibbia, e non conosciamo tutto sull'uomo; ma conosciamo tutto quello che dobbiamo conoscere sulla relazione tra Dio e l'uomo.  E questo non è poco. Vediamo un esempio tratto dalle prime battute della Genesi:

2. DIO DISSE LORO   
 
Poi Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra».
Genesi 1:26-29

Dopo aver creato con la parola il cosmo, la terra, gli animali, vediamo che Dio provvede a creare l'uomo, e lo fa introducendo una variante eccezionale: l'uso della parola per scopi comunicativi. Sino ad ora, Dio aveva parlato solo per creare o benedire. Con l'esistenza dell'uomo però, Dio inizia a compiere una attività sbalorditiva: la comunicazione. Dio parla all'uomo e alla donna. Dio comunica con loro. Dio stabilisce una relazione. Questo è il vero inizio della Bibbia. Tutto il resto, tutto l'universo, è compreso solo come la culla per questa relazione speciale che possiamo vivere anche noi oggi. In queste prime battute potremmo trovare un'infinità di considerazioni, ma in questa sede vorrei soffermarmi solo su una: il contenuto della prima frase di Dio per l'uomo. La prima parola che Dio dedica all'uomo infatti è un comando: siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la terra rendendovela soggetta. Dal fatto che Dio ha creato l'uomo comprendiamo che la sua natura è creativa. Dal fatto che Dio ha ordinato all'uomo di moltiplicarsi comprendiamo che la natura dell'uomo è riproduttiva. Dio si compiace nella moltiplicazione, non nell'estinzione. Dio si compiace nelle relazioni dell'uomo, nella sua componente sociale. Dio ha creato l'uomo e la donna in modo da essere inclusivi. Questa parola significa “che include, che comprende in sé qualche cosa”, e cosa comprendevano in sé Adamo ed Eva? Tutta la loro discendenza, tutta l'umanità. Questa caratteristica però dopo la loro disubbidienza si è degradata in una forma di insicurezza e solitudine cronica, che porta per reazione ad un atteggiamento contrario: un atteggiamento esclusivo. Il senso di abbandono nel cuore dell'uomo porta al desiderio di trovare approvazione  e valore nella propria auto affermazione ed esclusività, ossia nell'entrare o nel creare una piccola cerchia di persone grazie alle quali ci sentiamo affermati. Separarci dagli altri, e far parte di una specifica compagnia di amici a numero chiuso, in un particolare ufficio, in una confraternita, in un club. Tutti gli altri non ci capiscono, ma nel nostro gruppo esclusivo, siamo qualcuno. Ebbene, il Signore sa che questo non è il meglio per l'uomo, e da sempre cerca di dimostrargli il suo amore per consentirgli di uscire da questo inganno e poter tornare ad essere aperto con il prossimo e saldo nella consapevolezza del proprio valore per il proprio Creatore. Ci sarebbero molti esempi nelle Scritture, ma a questo punto vorrei continuare soffermandomi in particolare su un momento del racconto biblico, un momento cruciale per la storia di Israele.  Dio infatti ha scelto di stabilire la propria relazione con l'umanità (in modo inclusivo) con un moto dal particolare al generale. Da Adamo all'umanità tutta, da Abramo alle famiglie della terra, da Mosè a Israele, da Gesù all'intera umanità che ora può essere riscattata dal peccato e dalla morte.  Dopo l'esempio di Adamo possiamo vedere ora l'esempio dell'attitudine di Mosè.
 

3. FOSSERO TUTTI PROFETI!  

Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole del SIGNORE; radunò settanta fra gli anziani del popolo e li dispose intorno alla tenda. Il SIGNORE scese nella nuvola e parlò a Mosè; prese dello Spirito che era su di lui, e lo mise sui settanta anziani; e appena lo Spirito si fu posato su di loro, profetizzarono, ma poi smisero. Intanto, due uomini, l'uno chiamato Eldad e l'altro Medad, erano rimasti nell'accampamento, e lo Spirito si posò su di loro; erano fra i settanta, ma non erano usciti per andare alla tenda; e profetizzarono nel campo. Un giovane corse a riferire la cosa a Mosè, e disse: «Eldad e Medad profetizzano nel campo». Allora Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè fin dalla sua giovinezza, prese a dire: «Mosè, signor mio, non glielo permettere!» Ma Mosè gli rispose: «Sei geloso per me? Oh, fossero pure tutti profeti nel popolo del SIGNORE, e volesse il SIGNORE mettere su di loro il suo Spirito!» E Mosè si ritirò nell'accampamento, insieme con gli anziani d'Israele.
Numeri 11:24-30

In questo contesto, il Signore voleva dividere il peso di governo di Mosè con altre persone per aiutarlo. Decide quindi di prendere dello Spirito che era su di lui e di dividerlo sui settanta anziani prescelti. Questa attività non era per sminuire l'importanza di Mosè ma era per aiutarlo a condividere il peso che portava per tutto il popolo. Mosè lo aveva ben capito, ma un giovane Giosuè invece no. Vedendo altri profetizzare infatti si era risentito e lo aveva percepito come un affronto all'autorità spirituale di Mosè. Giosuè era geloso per Mosè, perché gli voleva bene e non voleva che altri usurpassero il suo ruolo. Ma non era questo il caso, e la risposta di Mosè è in accordo con l'attitudine stessa di Dio: Oh, fossero pure tutti profeti nel popolo del SIGNORE, e volesse il SIGNORE mettere su di loro il suo Spirito! Mosè aveva radicato la sua identità nella relazione con il Signore, e in questo modo riusciva a vivere in modo sano la propria relazione con il resto del popolo santo. E così dobbiamo fare noi. Un profeta non deve essere geloso del proprio dono tanto da non volerlo condividere perché la condivisione è parte essenziale del significato del dono stesso. Il massimo desiderio di un insegnante non deve essere quello di riservare a pochi la propria conoscenza, ma di semplificarla affinché possa raggiungere più persone possibili. Il desiderio di un dottore deve essere quello di arrivare all'adempimento di questa profezia:

Abacuc 2:14 Poiché la conoscenza della gloria del SIGNORE riempirà la terra
come le acque coprono il fondo del mare.


La massima aspirazione di un insegnante biblico deve essere quella che non ci sia più bisogno di insegnamento, sapendo che la propria identità non è nell'insegnamento ma in Cristo! Nel popolo di Dio (in Israele così come nella Chiesa) non ci deve essere un sentimento di esclusività ma di inclusività: il desiderio di includere più persone possibili nelle proprie relazioni, in modo sincero e veritiero. Essere aperti al dialogo, non avere paura del confronto, essere fiduciosi nella qualità che le relazioni sociali possono avere in Cristo!
 
 4. NON GLIELO IMPEDITE

Giovanni gli disse: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo vietate, perché non c'è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. Chi non è contro di noi, è per noi. Chiunque vi avrà dato da bere un bicchier d'acqua nel nome mio, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa.
Marco 9:38-41

Dopo gli esempi di Adamo e Mosè, possiamo arrivare ora direttamente a Gesù, visto che abbiamo un tempo limitato. Questo episodio evidenzia ancora una volta il desiderio inclusivo di Dio, ma questa volta attraverso il Figlio di Dio stesso. Giovanni, colui che sarebbe stato conosciuto da tutto il mondo cristiano come “il discepolo dell'amore”, in questo episodio vede una persona che stava scacciando demoni nel nome di Gesù e insieme ad altri discepoli glielo vieta, perché questo non voleva seguirli. Tale gesto di immaturità viene corretto da Gesù, e in questa correzione possiamo ritrovarci anche noi stessi. Quante volte abbiamo pensato che altri credenti non avessero il diritto di manifestare la loro fede semplicemente perché lo facevano in modo diverso dal nostro, senza uniformarsi al nostro modo di fare? Ognuno di noi ha delle convinzioni molto forti, ed è giusto che sia così, ma chi ubbidisce a Cristo riceverà il suo premio anche se non lo fa assecondando i nostri gusti e la nostra cultura religiosa. La Bibbia definisce senza dubbio dei limiti su come sia giusto comportarsi, ma molto spesso ci sono delle “zone grigie” dove la Parola di Dio lascia libertà e dove si inserisce prepotentemente la nostra cultura religiosa. Gesù taglia in modo netto questa problematica, riconoscendo che chi non è contro di lui è con lui. Chi serve il prossimo con gesti di misericordia nel suo nome, avrà la sua ricompensa. Non c'è esclusività del Regno di Dio ma purtroppo spesso c'è esclusività in singole comunità locali. Purtroppo ci sono situazioni nelle quali il senso di appartenenza alla chiesa locale è superiore al senso di appartenenza a Cristo! E questo è un problema molto grave. Questo è settarismo, e il settarismo è un'opera della carne, non dello Spirito.

5. CONCLUSIONE

Potremmo vedere altri esempi ancora, ma mi fermo qui, per cercare di riannodare tutti i fili ed evidenziare il messaggio comune a tutti questi brani biblici. In questo nostro percorso, siamo partiti dalla creazione dell'uomo e abbiamo compreso come la natura di quest'ultimo sia innanzitutto relazionale. L'uomo è stato creato per relazionarsi con altri suoi simili e per relazionarsi con Dio. La stessa Bibbia ha come centro di ogni suo insegnamento la relazione tra Dio e l'uomo. In queste relazioni, la volontà di Dio è che si stabiliscano delle attitudini inclusive e non esclusive, ossia che l'uomo non si isoli dal prossimo e da Dio ma che – al contrario – cresca fiducioso nell'interazione con gli altri, moltiplicandosi e vivendo in modo sereno la propria dimensione matrimoniale e sociale.

Dopo la disubbidienza di Adamo ed Eva, il progetto originario di Dio si è guastato, ma il Creatore ha perseguito comunque un piano di riscatto attraverso una scelta particolare (Abramo) per uno scopo generale (la benedizione di tutte le famiglie della terra). Egli ha dunque formato il popolo di Israele per poter benedire tutta l'umanità attraverso questa nazione. Proprio nella storia di Israele troviamo l'episodio di Mosè e dei settanta anziani scelti per aiutarlo. Mosè ben dimostra di avere la stessa attitudine di Dio desiderando di condividere l'elezione e i doni ricevuti con tutti! Non voleva tenere per sé lo Spirito, non voleva vivere in modo esclusivo ma voleva che tutti potessero conoscere il Signore come lo conosceva lui e vivere nella sua stessa dimensione profetica. Questo è il cuore di Dio, e anche noi in quanto credenti dobbiamo ricercare questo stesso sentimento!

Infine abbiamo visto l'apertura di Gesù verso tutti coloro che conoscono e riconoscono la sua autorità e si pongono in sottomissione ad essa. Per lui non c'era bisogno di seguire per forza i suoi discepoli stretti per poter essere a sua volta discepoli. Bastava riconoscere la sua autorità. Anche in questo caso abbiamo un importante ammonizione contro il settarismo, e l'esortazione ad avere delle relazioni sane e fiduciose tra figli di Dio.

Ma tutto questo, come può essere vissuto da ciascuno di noi? Prima di tutto comprendendo che la nostra identità è nell'amore del Padre e non nell'approvazione degli uomini. In secondo luogo amando il prossimo, in accordo con il grande comandamento. E una sfumatura dell'amore è proprio quella del dialogo, della comprensione, del rispetto. Possiamo non condividere le stesse idee e gli stessi modi di fare del nostro prossimo ma...possiamo comunque cercare di comprenderlo. Ascoltarlo. Capirlo. Fare un passo verso di lui, verso di lei, proprio come il Signore ha fatto dei passi verso di noi pur non condividendo molti aspetti della nostra vita. Ed infine evitando di custodire gelosamente i doni che Dio ci ha dato, nascondendoli per cercare di “aumentare il nostro valore”, ma al contrario condividendoli con le persone. Nel mercato dei materiali preziosi, la preziosità si stabilisce proprio dalla rarità dei materiali. Nel Regno dei cieli però, la logica è al contrario: la preziosità viene riconosciuta da quanto si dà con abbondanza. Diamo con abbondanza e raccoglieremo con abbondanza. Facciamo fruttare quello che Dio ci ha affidato, così da poter ricevere ancora di più, facendo moltiplicare in questo modo la benedizione di Dio attorno a noi.

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