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domenica 21 gennaio 2018

La chiamata ad essere ministri


Nota: questo messaggio è stato predicato il 14 maggio 2017 nella Missione Oikos di Como.

Dopo queste cose, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli presso il mar di Tiberiade; e si manifestò in questa maniera. Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli erano insieme. Simon Pietro disse loro: «Vado a pescare». Essi gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Uscirono e salirono sulla barca; e quella notte non presero nulla. Quando già era mattina, Gesù si presentò sulla riva; i discepoli però non sapevano che era Gesù. Allora Gesù disse loro: «Figlioli, avete del pesce?» Gli risposero: «No». Ed egli disse loro: «Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete». Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su per il gran numero di pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!» Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare. Ma gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano molto distanti da terra (circa duecento cubiti), trascinando la rete con i pesci. Appena scesero a terra, videro là della brace e del pesce messovi su, e del pane. Gesù disse loro: «Portate qua dei pesci che avete preso ora». Simon Pietro allora salì sulla barca e tirò a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci; e benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. Gesù disse loro: «Venite a far colazione». E nessuno dei discepoli osava chiedergli: «Chi sei?» Sapendo che era il Signore. Gesù venne, prese il pane e lo diede loro; e così anche il pesce. Questa era già la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli, dopo esser risuscitato dai morti. Quand'ebbero fatto colazione, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami più di questi?» Egli rispose: «Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci i miei agnelli».Gli disse di nuovo, una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami?» Egli rispose: «Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pastura le mie pecore». Gli disse la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?» Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: «Mi vuoi bene?» E gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti». Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse: «Seguimi».
Giovanni 21:1-19

Settimana scorsa abbiamo visto le diverse circostanze che hanno portato alcuni dei principali discepoli a seguire Gesù. Dopo gli eventi descritti al primo capitolo del Vangelo di Giovanni, troviamo tutti i segni miracolosi e gli insegnamenti del Signore, a cui hanno potuto assistere questi stessi discepoli come testimoni oculari e come diretti interessati di quel processo di formazione. Ma, nonostante il fatto che Gesù stesso ebbe modo di avvisare tutti loro diverse volte, l'evento dell'arresto e della sua messa a morte causò lo sconforto più totale, nonché il triplice rinnegamento di Simon Pietro. I discepoli scapparono e si dispersero come pecore che vedono percosso il proprio pastore (Mt. 26:31). Nel seguito della narrazione di questo Vangelo, Gesù dopo la sua risurrezione appare a Maria Maddalena e ai discepoli. Infine torna da loro nel brano che abbiamo appena letto. 

Riflettendo su tutto questo possiamo immedesimarci e capire che in ultima analisi ogni discepolo di Gesù arriva in un certo momento a vivere questa parabola di sofferenza, affrontando la morte del proprio io nel crogiuolo del Signore (Salmo 66:10, Proverbi 17:3) e abbandonando ogni sicurezza. Può essere a causa del nostro orgoglio, nel nostro desiderio di affermazione, della nostra delusione di fronte alla mancata risposta ad alcune preghiere, dall'abbandono di coloro che ci erano vicini o altro ancora. Questo tipo di esperienza è comune a quella dei primi discepoli: sperimentare grandi cose CON Gesù e PER Gesù...ma arrivare ad un punto in cui lo smarrimento di una situazione di porta a tornare alla “nostra barca” - alla nostra attività principale - senza sapere bene che direzione prendere. E, beffa delle beffe, in tutta la notte (un ampio periodo di tempo) non troviamo alcun risultato per questo nostro lavoro. Possiamo chiamarlo un momento di crisi, privo della convinzione iniziale e della benedizione del tempo di discepolato. Ebbene, anche gli apostoli sono stati in questa situazione: sapevano della risurrezione di Gesù ma dubitavano, domandandosi che ne sarebbe stato di loro, cosa avrebbero dovuto fare, che direzione prendere. 

Anche noi possiamo essere stati in questa situazione o possiamo esserlo adesso, quest'oggi. In tutto questo però cosa fa Gesù?
  1. Chiede il frutto del loro lavoro. Non per accusare ma per far prendere consapevolezza.
  2. Chiede di riprovare a lavorare ancora sulla sola base della fede nelle sue parole.
  3. Resta in comunione e condivisione con i discepoli.
E dopo queste cose, inizia un dialogo molto importante con Pietro, mostrando il suo affetto e il piano che c'è e che c'è sempre stato sulla sua vita. E' ampiamente risaputo che Gesù chiede per due volte “mi ami” utilizzando il termine agape (amore disinteressato) e l'ultima volta viene incontro a Pietro chiedendogli se lo ama utilizzando il termine fileo (amore famigliare). Non voglio speculare su questo aspetto del dialogo, né sul significato allegorico dei centocinquantatré grossi pesci. Vorrei invece semplicemente soffermarmi sul senso piano di questo dialogo. Come dimostrazione di amore per lui, Gesù chiede a Pietro di pasturare e pascere i suoi agnelli e le sue pecore. Naturalmente, questi ultimi sono simboli che rappresentano gli altri credenti. Gesù chiede a Pietro di essere un suo ministro, nel senso letterale di servitore. Pietro in questo passo rappresenta infatti i ministri della Chiesa, ma in una certa misura anche tutti i credenti. Lo scopo dei discepoli, una volta cresciuti nella maturità e affinati dalle difficoltà, è quello di servire gli altri discepoli. Come? Pasturando e pascendo, con un rapporto personale. In Gv. c. 10 apprendiamo che in primo luogo Gesù è il Buon Pastore. E in quanto tale:
  • E' pronto a dare la vita per il gregge
  • E' responsabile verso di loro
  • Le conosce
  • Loro conoscono lui
Di conseguenza, con le opportune proporzioni, queste sono anche le richieste che vengono ora avanzate verso Pietro. Il pastore deve proteggere, nutrire, dirigere le pecore. Queste attività sono svolte in primo luogo da Gesù, che continua ad essere presente nella Chiesa, ma anche dai ministri di Dio (1 Ts. 5:12,13) e in una misura inferiore da tutti i credenti (1 Ts. 5:14) che sono chiamati ad ammonirsi, confortarsi e sostenersi reciprocamente nell'amore. 

Questa è la grande sfida che Gesù ha messo davanti a Pietro, e con lui (come abbiamo detto, a livelli diversi) a tutti i credenti. Dopo l'essere discepoli, nasce l'esigenza di fare discepoli. Non come piace a noi, ma come piace a Gesù. Non per soddisfare la nostra realizzazione, ma per soddisfare i Suoi propositi. Questa è la vita cristiana, questa è la nostra vita. In tutto questo non siamo soli, il Signore ci precede, affianca ed anticipa in ogni nostro passo, ma ogni passo lo dobbiamo compiere in piena libertà e solamente per amore di Gesù. 

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