Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il SIGNORE.
Levitico 19:18
INTRODUZIONE
Io, circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d'Ebrei; quanto alla legge, fariseo [...]
Filippesi 3:5
La parola "fariseo", richiama senza dubbio alla nostra mente delle caratteristiche negative, per il ruolo che i farisei hanno avuto nelle vicende che troviamo nei quattro Vangeli canonici. La loro fredda religiosità e l'ottusità testimoniata dagli scritti neotestamentari hanno portato a disegnare nell'opinione pubblica cristiana l'immagine di una caricatura dei loro errori, ritagliando per i farisei il ruolo tragico di chi è così sicuro di se stesso da non accorgersi della propria grave miopia. Sicuramente ci sono vari motivi per cui Gesù si è scontrato numerose volte contro di loro, e ancora altri motivi - sorti in seguito - che hanno contribuito ad aggravare la distanza tra il giudaismo farisaico e i primi discepoli del Signore nella seconda metà del I secolo. Ma la distanza temporale che ci separa da questi eventi rende sempre più difficile identificare e comprendere appieno il significato di queste motivazioni, e, di conseguenza, il significato spirituale che possiamo apprendere da tutto questo, avendo ormai perso molta sensibilità a riguardo. Credo tuttavia che sia importante e necessario riflettere onestamente sull'identità religiosa dei farisei, lasciandoci anche coinvolgere da un esame di coscienza che può portarci verso la libertà da molti comportamenti sbagliati e una più stretta adesione all'insegnamento di Cristo e alla volontà di Dio.
Filippesi 3:5
La parola "fariseo", richiama senza dubbio alla nostra mente delle caratteristiche negative, per il ruolo che i farisei hanno avuto nelle vicende che troviamo nei quattro Vangeli canonici. La loro fredda religiosità e l'ottusità testimoniata dagli scritti neotestamentari hanno portato a disegnare nell'opinione pubblica cristiana l'immagine di una caricatura dei loro errori, ritagliando per i farisei il ruolo tragico di chi è così sicuro di se stesso da non accorgersi della propria grave miopia. Sicuramente ci sono vari motivi per cui Gesù si è scontrato numerose volte contro di loro, e ancora altri motivi - sorti in seguito - che hanno contribuito ad aggravare la distanza tra il giudaismo farisaico e i primi discepoli del Signore nella seconda metà del I secolo. Ma la distanza temporale che ci separa da questi eventi rende sempre più difficile identificare e comprendere appieno il significato di queste motivazioni, e, di conseguenza, il significato spirituale che possiamo apprendere da tutto questo, avendo ormai perso molta sensibilità a riguardo. Credo tuttavia che sia importante e necessario riflettere onestamente sull'identità religiosa dei farisei, lasciandoci anche coinvolgere da un esame di coscienza che può portarci verso la libertà da molti comportamenti sbagliati e una più stretta adesione all'insegnamento di Cristo e alla volontà di Dio.
Sappiamo che all'inizio del I secolo, in Giudea vi erano diversi correnti teologiche. C'erano i sadducei, ricchi esponenti di dinastia sacerdotale che consideravano come testi sacri solo i cinque libri di Mosè (la Torah), e che a causa dei loro rapporti con le potenze estere erano positivi alle influenze di culture straniere.1 Al polo opposto - idologicamente parlando - c'erano gli esseni, dalla prospettiva decisamente escatologica, e dalla conseguente scelta di vivere in comunità isolate dal resto del popolo, per coltivare la terra, pregare e studiare numerosi testi, anche quelli apocalittici di recente redazione, considerati da loro senza dubbio come autorevoli. In mezzo a questi due estremi, troviamo proprio i farisei, che vengono descritti in questo modo dallo storico Giuseppe Flavio:
Dai tempi più remoti i Giudei hanno tre filosofie che fanno parte delle loro tradizioni; quella degli Esseni, quella dei Sadducei e in terzo luogo quella detta dei Farisei. Certo, di esse ho parlato nel secondo libro della Guerra Giudaica, ciononostante anche qui ne farò una breve menzione. I Farisei rendono semplice il loro modo di vivere non facendo alcuna concessione alla mollezza. Seguono quanto la loro dottrina ha scelto e trasmesso come buono, dando la massima importanza a quegli ordinamenti che considerano ad atti e dettati per loro. Hanno rispetto e deferenza per i loro anziani, e non ardiscono contraddire le loro proposte. Ritengono che ogni cosa sia governata dal Destino, ma non vietano alla volontà umana di fare quanto è in suo potere, essendo piaciuto a Dio che si realizzasse una fusione: che il volere dell’uomo, con la sua virtù e il suo vizio, fosse ammesso nella camera di consiglio del Destino. Credono alla immortalità delle anime, e che sotto terra vi siano ricompense e punizioni per coloro che seguirono la virtù o il vizio: eterno castigo è la sorte delle anime cattive, mentre le anime buone ricevono un facile transito a una nuova vita. Per questi (insegnamenti) hanno un reale ed estremamente autorevole influsso presso il popolo; e tutte le preghiere e i sacri riti del culto divino sono eseguiti in modo conforme alle loro disposizioni. La pratica dei loro altissimi ideali sia nel modo di vivere sia nei ragionamenti, è l'eminente tributo che gli abitanti delle città pagano all'eccellenza dei Farisei.Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, Libro XVIII:11-15
Come possiamo vedere, questa è una descrizione tutt'altro che negativa. Nella tensione tra l'aristocraticità politica di una fazione e il settarismo pessimista dell'altra, la soluzione farisaica appariva per la maggior parte del popolo come la scelta più equilibrata. I farisei salvaguardavano la tradizione, consideravano gli Scritti e i Profeti come testi sacri, valorizzavano le promesse di Dio fatte a Israele senza lusingare opportunisticamente gli oppressori romani. Non a caso il sistema farisaico avrebbe forgiato l'ebraismo dei secoli successivi, sino ai giorni nostri, ottenendo quindi in questo modo un indubbio successo storico.2 Ma allora, perché i farisei osteggiavano continuamente Gesù? Cercando la risposta a questa domanda, vorrei avvicinarmi ai "colori originali" di questa contrapposizione di pensiero per comprendere meglio le sfumature del relativo messaggio di fondo, tanto importante anche per i credenti di oggi. Considerando l'ampiezza dell'argomento nell'intero Nuovo Testamento, intendo procedere in questa analisi limitandomi ad una selezione di brani tratti dal Vangelo secondo Matteo, probabilmente il più significativo tra i vangeli sinottici per il tema in questione.
1. A TAVOLA CON I PECCATORI
Poi Gesù, partito di là, passando, vide un uomo chiamato Matteo, che sedeva al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli, alzatosi, lo seguì. Mentre Gesù era a tavola in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?» Ma Gesù, avendoli uditi, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Ora andate e imparate che cosa significhi: "Voglio misericordia e non sacrificio"; poiché io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori».
Matteo 9:9-13
I brani che prenderemo in considerazione - lungo tutto il Vangelo secondo Matteo - costituiscono un percorso ideale che parte da un contesto più esterno per arrivare via via verso aspetti più intimi della problematica in questione. Ma qual è questa problematica? Tenteremo di dare una definizione a partire dalla situazione raccontata in questo primo testo.
A livello letterario, questi versetti costituiscono una prima transizione tra il secondo gruppo di tre miracoli (8:23-9:8) e il terzo gruppo di tre miracoli (9:18-31), eventi che precedono il mandato di Gesù ai suoi discepoli per continuare la sua opera (9:36-12:50).3 Una transizione che però evidenzia in modo importante l'attitudine e lo scopo di Gesù nella sua attività di predicatore e taumaturgo. Dopo l'appello rivolto a Matteo, troviamo Gesù a tavola; secondo le indicazioni di Luca (5:29), egli era proprio a casa di questo nuovo discepolo. Gesù quindi, dopo aver già compiuto numerosi guarigioni miracolose, operazioni potenti e liberazioni da demoni, chiama alla sequela un esattore delle tasse, si reca a casa sua e qui siede alla tavola per mangiare con lui. A questo punto però, molte persone che avevano assistito alla scena bussano alla porta di Matteo (chiamato anche Levi), e si siedono a tavola con loro. Queste persone però, erano pubblicani e "peccatori". Quest'ultima categoria rappresentava i giudei che non volevano o non potevano attenersi alle regole scribali sull'elemosina o sulla purezza (fra i quali vi erano in gran numero proprio gli esattori delle tasse), anche se il vocabolo è stato usato più in generale per gli immorali (Lc. 7:37), gli eretici (Gv. 9:16) e i Gentili (Gal. 2:15).4 Questi peccatori quindi erano persone che per la loro condotta o per la non appartenenza al popolo ebraico erano considerati in una posizione di impurità o trasgressione religiosa. Condividere un pasto con questo tipo di persone, significava perdere immediatamente il diritto di essere riconosciuti come osservanti di tutte le regole riguardanti la purezza.5 Gesù quindi, mangiando insieme a quelle persone era diventato agli occhi dei farisei e del popolo come una persona religiosamente impura. Per questo motivo i farisei hanno chiesto con tono accusatorio ai discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?». Se c'erano numerose e minuziose regole per comportarsi in modo puro e corretto davanti a Dio, perché Gesù in questo primo esempio non le ha seguite, ma al contrario le ha trasgredite? Prima di procedere nella ricerca della risposta, possiamo e dobbiamo fermarci a considerare la particolarità di queste due diverse prospettive. In un certo senso, entrambe hanno ragione. Da una parte, abbiamo la necessità di osservare le regole che la società nel corso dei secoli ha formulato per poter mantenere intatta la propria eredità religiosa e poter vivere in un modo giusto davanti a Dio. Dall'altra parte invece abbiamo un'attenzione focalizzata su un altro aspetto: l'importanza delle singole persone. Si tratta di priorità: le regole stabiliscono chi è nel giusto e chi sta sbagliando, l'attenzione rivolta alle persone che sono nell'errore, invece, recepisce l'importanza dell'essere umano oltre la sua osservanza o correttezza religiosa. L'uomo, maschio e femmina, è considerato nella Genesi come creazione molto buona, e nonostante la sua trasgressione in Eden, resta anche successivamente agli occhi di Dio come qualcosa di prezioso.
In questo quadro generale, Gesù risponde con tre detti: uno proverbiale, una citazione profetica, e una formula rabbinica. Il primo detto è: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. I malati, coloro che sono più deboli e vicini alla morte degli altri individui, hanno bisogno per questo motivo di un immediato aiuto medico. La legge della natura, nella sua impersonale decadenza, promuove la morte dei più deboli. Ma la misericordia, la sensibilità e l'empatia personale di Dio in Cristo Gesù promuove la guarigione dalla sofferenza e la riammissione presso la propria presenza portatrice di vita. Questo è il significato delle guarigioni miracolose, degli insegnamenti e del modo di agire di Gesù. Circa seicento anni prima, il profeta Ezechiele aveva profetizzato da parte di Dio ai "pastori di Israele" queste parole di condanna:
In questo quadro generale, Gesù risponde con tre detti: uno proverbiale, una citazione profetica, e una formula rabbinica. Il primo detto è: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. I malati, coloro che sono più deboli e vicini alla morte degli altri individui, hanno bisogno per questo motivo di un immediato aiuto medico. La legge della natura, nella sua impersonale decadenza, promuove la morte dei più deboli. Ma la misericordia, la sensibilità e l'empatia personale di Dio in Cristo Gesù promuove la guarigione dalla sofferenza e la riammissione presso la propria presenza portatrice di vita. Questo è il significato delle guarigioni miracolose, degli insegnamenti e del modo di agire di Gesù. Circa seicento anni prima, il profeta Ezechiele aveva profetizzato da parte di Dio ai "pastori di Israele" queste parole di condanna:
Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza.
Ezechiele 34:4
Ezechiele 34:4
Ma Gesù, in questo contesto, cita in modo diretto un altro profeta ancora più antico, che disse:
e la conoscenza di Dio più degli olocausti.
Osea 6:6
Cos'è più importante: la tradizione dei sacrifici che regolano il proprio culto a Dio, oppure la conoscenza stessa di Dio? La natura umana è purtroppo portata a compiacersi più nel rito visibile che nel Dio invisibile per il quale si compie il rito stesso. Ma il desiderio di Dio è quello di trovare cuori puri, che vedono ogni mezzo come semplice strumento per poter raggiungere il vero obiettivo: avere comunione con lui. Il piacere dell'uomo non deve essere nel regolamento o nella sistematicità del culto, ma nella genuina e personale conoscenza di Dio. La terza frase di Gesù, di carattere rabbinico, in realtà precede la citazione di Osea dicendo: Ora andate e imparate che cosa significhi. Gesù è uscito dallo schema rituale religioso del tempo per manifestare l'attributo della bontà di Dio, ed avendolo mostrato in modo pratico esorta coloro che ancora hanno altre priorità, dicendo: andate e imparate che cosa significhi: "Voglio misericordia e non sacrificio". Andate, e rovesciate le vostre priorità: amate con il cuore prima che con il tradizionalismo devozionale. Andate e ascoltate la sofferenza del vostro prossimo. Liberatevi da ogni senso di superiorità, avvicinatevi agli ultimi, ed abbiate piena comunione con loro. Non per diventare peccatori come loro, ma per chiamarli alla vita e alla giustizia. Siate liberi dalla paura. Siate liberi di amare.
2. LA LEGGE DEL SABATO
In quel tempo Gesù attraversò di sabato dei campi di grano; e i suoi discepoli ebbero fame e si misero a strappare delle spighe e a mangiare. I farisei, veduto ciò, gli dissero: «Vedi! i tuoi discepoli fanno quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando ebbe fame, egli insieme a coloro che erano con lui? Come egli entrò nella casa di Dio e come mangiarono i pani di presentazione che non era lecito mangiare né a lui, né a quelli che erano con lui, ma solamente ai sacerdoti? O non avete letto nella legge che ogni sabato i sacerdoti nel tempio violano il sabato e non ne sono colpevoli? Ora io vi dico che c'è qui qualcosa di più grande del tempio. Se sapeste che cosa significa: "Voglio misericordia e non sacrificio", non avreste condannato gli innocenti; perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato».
Matteo 12:1-8
Matteo 12:1-8
La narrazione del Vangelo continua, e dopo l'importante esperienza dei discepoli di ricevere da Gesù "il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire qualunque malattia e qualunque infermità" ed esercitarlo nella missione (c.10), la reazione dei farisei e degli scribi si fa ancora più dura. L'esortazione di andare e imparare l'importanza della misericordia, infatti, per loro cade a vuoto. In breve tempo essi arriveranno addirittura a tramare per ucciderlo (12:14), vedendo in lui una minaccia per il corretto comportamento religioso del popolo intero. Le regole sociali e religiose sui commensali legittimi erano state precedentemente trasgredite da Gesù e dai suoi discepoli, ma adesso una nuova violazione stava per aumentare ulteriormente la tensione.
L'occasione, è questa volta quella di un viaggio, che viene presentato nei termini di un'andata alla sinagoga in giorno di sabato.6 Poiché i discepoli di Gesù ebbero fame, si misero a strappare delle spighe e stritolarle con le mani per mangiarne i chicchi. Di per sé questa era una attività lecita (ossia non trasgrediva la Torah: cfr. De. 23:26), ma il farlo equivaleva a mietere: una delle trentanove attività esplicitamente proibite in giorno di sabato secondo la Mishnah Shabbat 7:2 (anche se all'epoca le opinioni erano divise circa la liceità di compiere questa azione con le mani).7 Per questi farisei anche questa era una vera e propria trasgressione religiosa. Con decisione, essi lo fecero presente a Gesù, incolpandolo del comportamento dei suoi discepoli. Il dialogo che ne consegue è impostato sul canovaccio di una disputa che viene risolta per mezzo di detti.8 Gesù non nega la trasgressione delle regole farisaiche, ma argomenta ancora una volta l'importanza delle priorità di Dio, superiori a quelle dell'uomo. E lo fa con quattro diverse situazioni. Vediamo la prima:
Davide andò a Nob dal sacerdote Aimelec; Aimelec gli venne incontro turbato e gli disse: «Perché sei solo e non hai nessuno con te?» Davide rispose al sacerdote Aimelec: «Il re mi ha dato un incarico e mi ha detto: "Nessuno sappia nulla dell'affare per cui ti mando e dell'ordine che ti ho dato"; e quanto alla mia gente, le ho detto di trovarsi in un dato luogo. Ora che hai qui a portata di mano? Dammi cinque pani o quelli che si potrà trovare». Il sacerdote rispose a Davide, e disse: «Non ho sotto mano del pane comune, ma c'è del pane consacrato; i giovani si sono almeno astenuti da contatto con donne?» Davide rispose al sacerdote: «Da quando sono partito, tre giorni fa, siamo rimasti senza donne, e quanto ai vasi della mia gente erano puri; e se anche la nostra missione è profana, essa sarà oggi santificata da quel che si porrà nei vasi». Allora il sacerdote gli diede del pane consacrato, perché non c'era là altro pane tranne quello della presentazione, che era stato tolto dalla presenza del SIGNORE, perché fosse sostituito con pane caldo nel momento in cui veniva preso.
L'occasione, è questa volta quella di un viaggio, che viene presentato nei termini di un'andata alla sinagoga in giorno di sabato.6 Poiché i discepoli di Gesù ebbero fame, si misero a strappare delle spighe e stritolarle con le mani per mangiarne i chicchi. Di per sé questa era una attività lecita (ossia non trasgrediva la Torah: cfr. De. 23:26), ma il farlo equivaleva a mietere: una delle trentanove attività esplicitamente proibite in giorno di sabato secondo la Mishnah Shabbat 7:2 (anche se all'epoca le opinioni erano divise circa la liceità di compiere questa azione con le mani).7 Per questi farisei anche questa era una vera e propria trasgressione religiosa. Con decisione, essi lo fecero presente a Gesù, incolpandolo del comportamento dei suoi discepoli. Il dialogo che ne consegue è impostato sul canovaccio di una disputa che viene risolta per mezzo di detti.8 Gesù non nega la trasgressione delle regole farisaiche, ma argomenta ancora una volta l'importanza delle priorità di Dio, superiori a quelle dell'uomo. E lo fa con quattro diverse situazioni. Vediamo la prima:
Davide andò a Nob dal sacerdote Aimelec; Aimelec gli venne incontro turbato e gli disse: «Perché sei solo e non hai nessuno con te?» Davide rispose al sacerdote Aimelec: «Il re mi ha dato un incarico e mi ha detto: "Nessuno sappia nulla dell'affare per cui ti mando e dell'ordine che ti ho dato"; e quanto alla mia gente, le ho detto di trovarsi in un dato luogo. Ora che hai qui a portata di mano? Dammi cinque pani o quelli che si potrà trovare». Il sacerdote rispose a Davide, e disse: «Non ho sotto mano del pane comune, ma c'è del pane consacrato; i giovani si sono almeno astenuti da contatto con donne?» Davide rispose al sacerdote: «Da quando sono partito, tre giorni fa, siamo rimasti senza donne, e quanto ai vasi della mia gente erano puri; e se anche la nostra missione è profana, essa sarà oggi santificata da quel che si porrà nei vasi». Allora il sacerdote gli diede del pane consacrato, perché non c'era là altro pane tranne quello della presentazione, che era stato tolto dalla presenza del SIGNORE, perché fosse sostituito con pane caldo nel momento in cui veniva preso.
1Samuele 21:1-6
In questa occasione, Davide e i suoi soldati mangiarono i pani di presentazione che sarebbero dovuti spettare soltanto ad Aaronne e ai suoi figli (Lev. 24:5-9), potendo trasgredire la legge perchè egli era un uomo secondo il cuore di Dio (Atti 13:22) e perché in quel momento stava compiendo l'opera giusta agli occhi di Dio. Una tarda esegesi giudaica inoltre asseriva che questo avvenimento fosse accaduto proprio in giorno di sabato; sicuramente - in ogni caso - era nel giorno di sabato che il pane veniva sostituito.9 La conseguenza è che qui vi è uno più grande di Davide (cfr. vv. 6,41,42): le azioni di Gesù, secondo questa argomentazione, sono legittimate semplicemente dalla sua identità e dalla sua missione.
La seconda parte della risposta invece è più diretta, in quanto concerne l'infrazione effettiva della legge del sabato. Si presume che l'azione indicata sia quella compiuta dai sacerdoti nel fare le offerte dei sacrifici del sabato (Num. 28:9-10), e forse il cambio dei pani (Lev. 24:8).10 Se il lavoro dei sacerdoti è "lavoro" effettivo nel senso rabbinico ma è giustificato dal suo fine sacro, lo stesso principio poteva valere dunque per Gesù e per i suoi discepoli. Il ragionamento riguarda una questione di autorità. Riguarda qualcosa che è maggiore del tempio. Qualcosa (neutro nel greco), non va inteso come una "cosa" impersonale, ma come lo stesso Gesù: nella formulazione parallela dell'espressione in 12:41 e 42 infatti viene usato il neutro anche in un altro paragone fatto tra Gesù e un personaggio dell'Antico Testamento.11 Egli è maggiore del tempio, egli è colui che è chiamato a restaurarlo (cfr. 21:12-13; 26:61).
La terza componente della risposta comprende la citazione di Osea 6:6, così come già affermata nel precedente episodio in Mt. 9:13. Il senso ancora una volta non è quello di non tener più conto l'osservanza cerimoniale, ma quello di stabilire un ordine nelle priorità secondo il volere di Dio.
Infine, abbiamo la conclusione della risposta di Gesù, costituita dalla frase: "il Figlio dell'uomo è signore del sabato". In quanto Figlio dell'uomo (come titolo cristologico e non come sinonimo di "uomo"), Gesù non abroga la legge del sabato, ma dichiara di avere il diritto di interpretarla in un modo che in effetti abbatte il legalismo farisaico.12 C'è qualcosa di più importante della legge farisaica, qualcosa di più importante del sabato, qualcosa di più importante del tempio. C'è qualcuno di più grande di Davide, qualcuno più grande dei sacerdoti. E questo qualcuno, è Gesù. Con l'ultima affermazione termina il dibattito, ma il racconto continua a procedere, e lo fa in questo modo:
Poi se ne andò, e giunse nella loro sinagoga dove c'era un uomo che aveva una mano paralizzata. Allora essi, per poterlo accusare, fecero a Gesù questa domanda: «È lecito far guarigioni in giorno di sabato?» Ed egli disse loro: «Chi è colui tra di voi che, avendo una pecora, se questa cade in giorno di sabato in una fossa, non la prenda e la tiri fuori? Certo un uomo vale molto più di una pecora! È dunque lecito far del bene in giorno di sabato». Allora disse a quell'uomo: «Stendi la tua mano». Ed egli la stese, e la mano divenne sana come l'altra.
Matteo 12:9-13
La seconda parte della risposta invece è più diretta, in quanto concerne l'infrazione effettiva della legge del sabato. Si presume che l'azione indicata sia quella compiuta dai sacerdoti nel fare le offerte dei sacrifici del sabato (Num. 28:9-10), e forse il cambio dei pani (Lev. 24:8).10 Se il lavoro dei sacerdoti è "lavoro" effettivo nel senso rabbinico ma è giustificato dal suo fine sacro, lo stesso principio poteva valere dunque per Gesù e per i suoi discepoli. Il ragionamento riguarda una questione di autorità. Riguarda qualcosa che è maggiore del tempio. Qualcosa (neutro nel greco), non va inteso come una "cosa" impersonale, ma come lo stesso Gesù: nella formulazione parallela dell'espressione in 12:41 e 42 infatti viene usato il neutro anche in un altro paragone fatto tra Gesù e un personaggio dell'Antico Testamento.11 Egli è maggiore del tempio, egli è colui che è chiamato a restaurarlo (cfr. 21:12-13; 26:61).
La terza componente della risposta comprende la citazione di Osea 6:6, così come già affermata nel precedente episodio in Mt. 9:13. Il senso ancora una volta non è quello di non tener più conto l'osservanza cerimoniale, ma quello di stabilire un ordine nelle priorità secondo il volere di Dio.
Infine, abbiamo la conclusione della risposta di Gesù, costituita dalla frase: "il Figlio dell'uomo è signore del sabato". In quanto Figlio dell'uomo (come titolo cristologico e non come sinonimo di "uomo"), Gesù non abroga la legge del sabato, ma dichiara di avere il diritto di interpretarla in un modo che in effetti abbatte il legalismo farisaico.12 C'è qualcosa di più importante della legge farisaica, qualcosa di più importante del sabato, qualcosa di più importante del tempio. C'è qualcuno di più grande di Davide, qualcuno più grande dei sacerdoti. E questo qualcuno, è Gesù. Con l'ultima affermazione termina il dibattito, ma il racconto continua a procedere, e lo fa in questo modo:
Poi se ne andò, e giunse nella loro sinagoga dove c'era un uomo che aveva una mano paralizzata. Allora essi, per poterlo accusare, fecero a Gesù questa domanda: «È lecito far guarigioni in giorno di sabato?» Ed egli disse loro: «Chi è colui tra di voi che, avendo una pecora, se questa cade in giorno di sabato in una fossa, non la prenda e la tiri fuori? Certo un uomo vale molto più di una pecora! È dunque lecito far del bene in giorno di sabato». Allora disse a quell'uomo: «Stendi la tua mano». Ed egli la stese, e la mano divenne sana come l'altra.
Matteo 12:9-13
Era da poco terminato questo intenso confronto quando, ampiamente insoddisfatti delle risposte fornite da Gesù, i farisei tornano a provocarlo nella loro sinagoga, "per poterlo accusare". Ormai lo scopo non era più coinvolgere in un dibattito o cercare di convincere dell'errore, ma trovare sufficienti prove per poter accusare Gesù, e così facendo condannarlo pubblicamente. Perché Gesù decise di andare nella loro sinagoga? Il primo scontro era avvenuto in una casa privata (o nelle immediate vicinanze), il secondo sul suolo pubblico (nei pressi di un campo di grano), ma questo terzo dialogo conflittuale si svolge nel luogo preferito dai farisei, dove senza dubbio si sentivano "a casa". E' proprio qui che Gesù si reca, creando l'occasione per un'ulteriore provocazione e per un suo ulteriore insegnamento. L'occasione di scandalo restano ancora le azioni lecite o meno nel giorno di sabato. Se prima l'attività era quella della mietitura, adesso invece è quella della guarigione: qualcosa di ancora più importante. A casa di Matteo (Levi) Gesù sottolineò che sono i malati ad aver bisogno del medico, e usando questa stessa affermazione contro di lui, i farisei ora chiedono: «È lecito far guarigioni in giorno di sabato?». Come abbiamo visto, questa è senza dubbio una trappola. La malattia in questione era una mano paralizzata (lett. "secca"), che non costituendo per l'uomo un pericolo immediato per la sua vita (l'unica eccezione che autorizzava un intervento secondo la Mishnah Yoma 8:6)13, poteva essere curata nel giorno successivo. Rispondere negativamente avrebbe significato rinnegare le precedenti affermazioni, mentre invece rispondere positivamente avrebbe portato i farisei nella posizione di poter denunciare Gesù (non solo i suoi discepoli) come trasgressore del sabato. La risposta di Gesù a questo punto non si fa attendere, e comprende un'altra domanda: Chi è colui tra di voi che, avendo una pecora, se questa cade in giorno di sabato in una fossa, non la prenda e la tiri fuori? Questa volta non troviamo una rivendicazione di autorità, né un esempio tratto dell'Antico Testamento, ma una segnalazione dell'evidente incoerenza pratica dei farisei: rigorosi nel proibire la guarigione di un altro uomo, senza però esserlo altrettanto quando si trattava di qualcosa di loro proprietà.14 La setta di Qumran proibiva specificatamente il recupero di un animale da un pozzo in giorno di sabato, ma la pratica di quel tempo era generalmente più permissiva.15 E se lo era per un animale, tanto più avrebbe dovuto esserlo per la salute di un essere umano! Di conseguenza, è dunque lecito far del bene in giorno di sabato. Dopo averlo affermato, Gesù guarisce miracolosamente la mano di quest'uomo, confermando con questa guarigione miracolosa l'autorità del suo insegnamento.
Dallo scandalo per le persone frequentate, siamo arrivati dunque a quello per le spighe mietute, ed infine quello per la mano guarita. Una progressione che parte dall'aspetto sociale dell'uomo, passa per i suoi bisogni primari (il nutrimento) ed arriva ora alla salute fisica. Occasioni che come ho anticipato precedentemente riguardano la natura umana in modo sempre più intimo, con interventi che portano al ristabilimento delle giuste priorità in ambiti sempre più importanti per ogni uomo. La misericordia è da preferire al sacrificio, la salvezza delle persone è da preferire alla propria purezza rituale. Quando si vive la propria vita interamente alla sua gloria, il cibo ne risulta santificato, così come ogni altro aspetto della propria esistenza. Quando si diviene sensibili alla sofferenza delle persone, qualsiasi intervento di aiuto per dare sollievo è manifestazione dell'amore di Dio per l'uomo, espressione della sua misericordia e della sua bontà.
Dallo scandalo per le persone frequentate, siamo arrivati dunque a quello per le spighe mietute, ed infine quello per la mano guarita. Una progressione che parte dall'aspetto sociale dell'uomo, passa per i suoi bisogni primari (il nutrimento) ed arriva ora alla salute fisica. Occasioni che come ho anticipato precedentemente riguardano la natura umana in modo sempre più intimo, con interventi che portano al ristabilimento delle giuste priorità in ambiti sempre più importanti per ogni uomo. La misericordia è da preferire al sacrificio, la salvezza delle persone è da preferire alla propria purezza rituale. Quando si vive la propria vita interamente alla sua gloria, il cibo ne risulta santificato, così come ogni altro aspetto della propria esistenza. Quando si diviene sensibili alla sofferenza delle persone, qualsiasi intervento di aiuto per dare sollievo è manifestazione dell'amore di Dio per l'uomo, espressione della sua misericordia e della sua bontà.
3. IL MATRIMONIO
Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito mandar via la propria moglie per un motivo qualsiasi?» Ed egli rispose loro: «Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: "Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne"? Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi». Essi gli dissero: «Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?» Gesù disse loro: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così. Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio».
Matteo 19:3-9
Matteo 19:3-9
Nei capitoli 16 e 17 del Vangelo secondo Matteo, l'interesse diventa soprattutto ecclesiale: l'attenzione di Gesù si sposta sempre di più verso i suoi discepoli, informati sulla necessità della croce e sull'atteggiamento da avere di fronte alle istituzioni giudaiche.16 Con il capitolo 18 invece, inizia una grande sezione (che terminerà solo con il c. 22) che presenta la definitiva rottura con il giudaismo: la narrazione corre sempre più veloce verso il momento della crocifissione e della risurrezione.17 In questo contesto dunque troviamo il capitolo 19, e nello specifico i sette versetti relativi al dibattito sul matrimonio. L'ebraismo farisaico è intriso di discussioni su singoli aspetti della corretta vita pratica di fede, che successivamente sarebbero confluiti nella Mishna e nella successiva Ghemara, ossia nel Talmud. Molte questioni al tempo di Gesù erano dibattute dai rabbini Hillel e Shammai (e rispettivi discepoli), l'uno più morbido e l'altro generalmente più rigoroso. Ed è proprio nel quadro di questi dibattiti che i farisei coinvolgevano Gesù chiamandolo in causa per metterlo alla prova, sperando a questo punto che la sua risposta fosse completamente inaccettabile. Questa volta la domanda che gli viene rivolta è la seguente: «È lecito mandar via la propria moglie per un motivo qualsiasi?». Nella Mishnà Ghittin 9,10 leggiamo che la scuola di Shammai insegna che il marito non deve ripudiare la moglie fuorché nel caso in cui egli constati in lei un contegno immorale, conforme al testo che dice: “avendo egli trovato in lei qualche cosa di sconcio”. La scuola di Hillel ritiene: [Egli può divorziare da lei] anche se essa ha recato offesa comunque (letteralmente: abbia rovinato una pietanza), come è scritto, “avendo egli trovato in lei qualche cosa di sconcio in qualsiasi cosa”.18 In questo caso la risposta di Gesù non contempla nessuna di queste due opinioni, né indaga sul motivo che renderebbe possibile il divorzio, ma si dirige direttamente all'atto della creazione:
Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina.[...]
Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne.
Genesi 1:27,2:24
Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina.[...]
Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne.
Genesi 1:27,2:24
L'uomo e la donna sono stati creati da Dio per unirsi ed essere una sola carne, questa è la volontà del Creatore.
In questo momento raggiungiamo il cuore dell'identità che Dio ha dato all'uomo e alla donna, e la condizione che egli ha voluto per questa relazione kenegdo ossia occhi negli occhi. Dalla comunione al pasto, al mangiare chicchi di grano, alla guarigione....arriviamo al matrimonio come relazione fisica, emotiva e spirituale creata da Dio. Qualcosa di preziosissimo, qualcosa da curare e preservare e da non dividere. I farisei replicano ricordando l'insegnamento di Mosè:
In questo momento raggiungiamo il cuore dell'identità che Dio ha dato all'uomo e alla donna, e la condizione che egli ha voluto per questa relazione kenegdo ossia occhi negli occhi. Dalla comunione al pasto, al mangiare chicchi di grano, alla guarigione....arriviamo al matrimonio come relazione fisica, emotiva e spirituale creata da Dio. Qualcosa di preziosissimo, qualcosa da curare e preservare e da non dividere. I farisei replicano ricordando l'insegnamento di Mosè:
Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via. Se lei, uscita dalla casa di quell'uomo, diviene moglie di un altro e se quest'altro marito la prende in odio, scrive per lei un atto di divorzio, glielo mette in mano e la manda via di casa sua, o se quest'altro marito, che l'aveva presa in moglie, muore, il primo marito, che l'aveva mandata via, non potrà riprenderla in moglie, dopo che lei è stata contaminata, poiché sarebbe cosa abominevole agli occhi del SIGNORE. Tu non macchierai di peccato il paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà come eredità.
Deuteronomio 24:1-4
Deuteronomio 24:1-4
Ma Gesù risponde: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di
mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così. Ma io vi dico
che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di
fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio». Il divorzio non era "comandato" da Mosè ma solamente permesso, e la condizione era un ripiego dovuto alla durezza dei cuori del popolo di Israele, inteso come insensibilità riguardo al pensiero e alla volontà di Dio.19 Per il Signore, infatti, chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio. L'uomo non deve separare quello che Dio stesso ha unito.
4. GUAI A VOI
Ma guai a voi, scribi e
farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente;
poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di
entrare. [Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché divorate le case
delle vedove e fate lunghe preghiere per mettervi in mostra; perciò
riceverete maggior condanna.] Guai a voi, scribi e farisei ipocriti,
perché viaggiate per mare e per terra per fare un proselito; e quando lo
avete fatto, lo rendete figlio della geenna il doppio di voi. Guai a
voi, guide cieche, che dite: Se uno giura per il tempio, non importa; ma
se giura per l'oro del tempio, resta obbligato. Stolti e ciechi! Che
cosa è più grande: l'oro o il tempio che santifica l'oro? E se uno, voi
dite, giura per l'altare, non importa; ma se giura per l'offerta che c'è
sopra, resta obbligato. Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o
l'altare che santifica l'offerta? Chi dunque giura per l'altare, giura
per esso e per tutto quello che c'è sopra; e chi giura per il tempio,
giura per esso e per Colui che lo abita; e chi giura per il cielo, giura
per il trono di Dio e per Colui che vi siede sopra. Guai a voi, scribi e
farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del
comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio,
la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare,
senza tralasciare le altre. Guide cieche, che filtrate il moscerino e
inghiottite il cammello. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché
pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di
rapina e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del
bicchiere e del piatto, affinché anche l'esterno diventi pulito. Guai a
voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri
imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d'ossa di
morti e d'ogni immondizia. Così anche voi, di fuori sembrate giusti alla
gente; ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità. Guai a voi,
scribi e farisei ipocriti, perché costruite i sepolcri ai profeti e
adornate le tombe dei giusti e dite: "Se fossimo vissuti ai tempi dei
nostri padri, non saremmo stati loro complici nello spargere il sangue
dei profeti!" In tal modo voi testimoniate contro voi stessi, di essere
figli di coloro che uccisero i profeti. E colmate pure la misura dei
vostri padri! Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio
della geenna? Perciò ecco, io vi mando dei profeti, dei saggi e degli
scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne
flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in
città, affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla
terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio
di Barachia, che voi uccideste fra il tempio e l'altare. Io vi dico in
verità che tutto ciò ricadrà su questa generazione.
Matteo 23:13-36
Matteo 23:13-36
Dal capitolo 19 arriviamo adesso al capitolo 23: l'inizio della fine di questo Vangelo. Qui infatti viene sciolta la tensione venuta a crescere in tutto il racconto e, soprattutto, nelle controversie di 21:23-22:46.20 Qui troviamo il più importante attacco di Gesù al giudaismo - con una rottura definitiva - e successivamente i racconti della passione e dell'evento pasquale della risurrezione.21 Il discorso di Gesù risulta essere una successione di "guai a voi" destinata agli scribi e ai farisei ipocriti, seguita dai motivi di queste accuse e dalla minaccia finale. Di per sé, questa è una forma di discorso profetico che trae la sua origine nell'Israele antico, e che prende il nome tecnico di "oracolo di sventura" (Wehe-Wort).22 La struttura di questo oracolo nasce probabilmente dalle lamentazioni funebri, oppure dalla recitazione di maledizioni rituali nella cerimonia di rinnovo del patto (De. 27:15-26) e/o da istruzioni a carattere sapienziale israelitiche.23 Esattamente come risulta in questo discorso di Gesù, l'oracolo di sventura si compone di due elementi fondamentali: la parte contenente "guai a...!", dove si descrivono i misfatti precisi compiuti da coloro contro i quali è diretto l'oracolo, e la minaccia che ne consegue.24 L'oracolo di sventura non è mai indirizzato al popolo di Israele nel suo complesso, ma solo ad alcune categorie di persone.25 In questo caso, come abbiamo visto, agli scribi e ai farisei ipocriti. E' tipico degli oracoli di sventura essere esposti in serie (Is. 5; 28:1-33), quindi anche questa caratteristica rientra nella forma classica di questo tipo di discorso profetico.26 Le accuse che Gesù muove ai farisei sono molto precise:
- Serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare.
- Divorate le case delle vedove e fate lunghe preghiere per mettervi in mostra (Proveniente da Mc. 12:40 e assente nei migliori MSS di Mt.).27
- Viaggiate per mare e per terra per fare un proselito; e quando lo avete fatto, lo rendete figlio della geenna il doppio di voi.
- Dite: Se uno giura per il tempio, non importa; ma se giura per l'oro del tempio, resta obbligato.
- Pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede.
- Pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e d'intemperanza.
- Siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d'ossa di morti e d'ogni immondizia.
- Costruite i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti e dite (in modo falso): "Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nello spargere il sangue dei profeti!"
Queste accuse sono formulate in sette "guai" originari, ad indicare quindi una colpa totale e definitiva. Secondo questa stessa forma di discorso, il profeta Isaia (c.5) più di sette secoli prima aveva profetizzato contro coloro che in Israele:
- Aggiungono casa a casa,
che uniscono campo a campo,
finché non rimanga più spazio,
e restino soli ad abitare nel paese! - La mattina si alzano presto
per correre dietro alle bevande alcoliche
e fanno tardi la sera,
finché il vino li infiammi!
Nel secondo caso il problema era più che altro sociale, mentre nel caso del discorso di Gesù il problema è chiaramente l'ipocrisia religiosa. Questi farisei mostravano un grande zelo spirituale rinnegandolo però con i fatti, corrompendo la religione con il proprio orgoglio ed egoismo ai danni delle altre persone, soprattutto quelle più deboli e semplici. Dopo i vari dibattiti sull'halakhah, ossia sulla tradizione normativa ebraica, Gesù si distanzia definitivamente da questo tipo di vita religiosa, promettendo di mandare profeti, saggi e scribi che saranno perseguitati ed uccisi dai farisei, arrivando a compiere il numero di coloro che devono morire come martiri. L'indicazione che viene fatta infatti è quella del primo martire dell'Antico Testamento (Abele) e dell'ultimo:
Allora lo Spirito di Dio rivestì Zaccaria, figlio del sacerdote Ieoiada, il quale, stando in piedi in mezzo al popolo, disse: «Così dice Dio: "Perché trasgredite i comandamenti del SIGNORE? Voi non prospererete; poiché avete abbandonato il SIGNORE, anch'egli vi abbandonerà"». Ma quelli fecero una congiura contro di lui e lo lapidarono per ordine del re, nel cortile della casa del SIGNORE. Il re Ioas non si ricordò della benevolenza usata verso di lui da Ieoiada, padre di Zaccaria, e gli uccise il figlio; il quale, morendo, disse: «Il SIGNORE lo veda e ne chieda conto!»
2Cronache 24:20-22
Quindi con questi due martiri estremi (il primo e l'ultimo) vengono racchiusi anche tutti coloro che sono morti tra l'uno e l'altro. Se in ultimo Dio aveva minacciato che "voi non prospererete; poiché avete abbandonato il SIGNORE, anch'egli vi abbandonerà", adesso Gesù conferma questa parola promettendo: "io vi dico in
verità che tutto ciò ricadrà su questa generazione". Il giudizio è stato decretato in modo irrevocabile, e i credenti del I e II secolo non potevano giungere a conclusioni diverse, ascoltando i resoconti di una Gerusalemme distrutta e di un Tempio raso al suolo.
CONCLUSIONE
"Il buon samaritano", Van Gogh, 1890. |
La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo.
Giacomo 1:27
Giacomo 1:27
In questo approfondimento abbiamo preso in considerazione alcuni dialoghi fondamentali tra Gesù e i farisei del suo tempo. Abbiamo visto come questi ultimi fossero di enorme importanza, avendo il compito di conoscere le Scritture e presentarle al popolo in termini comprensibili. Essi erano inoltre la frangia più moderata all'interno del panorama religioso dell'epoca, e non a caso proprio la loro tradizione è risultata vincente nel corso della storia, sedimentandosi nel Talmud e nel giudaismo che conosciamo anche noi al giorno d'oggi. Un importante principio farisaico è quello di "costruire una siepe" attorno alla Legge, ossia aggiungere degli ulteriori regolamenti che assicurino di non avvicinarsi neanche alla trasgressione delle leggi mosaiche. Questo principio è stato sviluppato nella halakhah, ossia nella tradizione normativa religiosa dell'ebraismo; proprio su questo tipo di regole i farisei dibattevano, e proprio in questi discorsi hanno coinvolto Gesù per ascoltare la sua opinione e successivamente per avere motivi evidenti per poterlo accusare. Tra i molti dibattiti che Gesù deve aver avuto con loro, il redattore del Vangelo secondo Matteo ha raccontato quelli relativi alla comunione con commensali, al nutrimento e alla guarigione in giorno di sabato e al matrimonio. Contesti concreti e argomenti dalla progressiva importanza per l'uomo, che Gesù ha puntualmente affrontato riscattando la dignità dell'uomo davanti a Dio rispetto all'importanza delle regole che la società religiosa stava sigillando a quel tempo. Gesù ha rivelato l'attributo della misericordia di Dio, mostrando quotidianamente e praticamente lo stesso amore per l'umanità che lo ha portato successivamente a sacrificarsi per condurre chiunque creda in lui verso una piena riconciliazione con il Padre. Gesù si è diretto verso i peccatori per ristabilire la loro dignità e santità, verso i malati per guarirli, verso i prigionieri per liberarli, proclamando "l'anno accettevole del Signore". In questo tuttavia non è mancato un giudizio per coloro che in modo ipocrita si concentravano sulla forma tralasciando la sostanza della devozione religiosa, amando più le leggi che Dio, più le osservanze che il proprio prossimo. L'amore per Dio e per il prossimo sono, e devono restare, centrali nell'attitudine e nel comportamento; tutto il resto infatti è semplicemente al servizio di questi elementi, nel pensiero di Dio. L'umanesimo evangelico è un umanesimo cristocentrico, che raggiunge tutti gli uomini con sincero amore percependo l'importanza che ogni persona ha di fronte a Dio in Cristo. Sulla base di questa consapevolezza all'interno della chiesa possono e devono nascere spontaneamente offerte di aiuto materiale, psicologico e spirituale; evangelizzazioni, missioni, testimonianze e iniziative personali e comunitarie. Il tutto alla gloria di Dio, per l'avanzamento del suo Regno ed il servizio (ministero) efficace della riconciliazione.
Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio.
2Corinzi 5:20 Note:
[1] http://www.treccani.it/enciclopedia/sadducei_(Enciclopedia-Italiana)/
[2] http://www.treccani.it/enciclopedia/farisei_(Enciclopedia-Italiana)/
[3] Rafael Aguirre Monasterio, Antonio Rodriguez Carmona, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Paideia, p. 178.
[4] R.T. France, Il vangelo secondo Matteo, GBU, p. 224.
[5] Id. Ibid.
[6] R. E. Brown, J. A. Fitzmyer, R. E. Murphy, Grande commentario biblico, Queriniana, p. 928.
[7] Martin McNamara, I targum e il Nuovo Testamento, EDB, pp. 13,14.
[8] R. E. Brown, J. A. Fitzmyer, R. E. Murphy, Grande commentario biblico, Queriniana, p. 928.
[9] R.T. France, Il vangelo secondo Matteo, GBU, p. 277.
[10] Id. Ibid.
[11] Id. Ibid. p. 278.
[12] Id. Ibid. p. 279.
[13] Id. Ibid. p. 280.
[14] Id. Ibid.
[15] Id. Ibid.
[16] R. A. Monasterio, A. R. Carmona, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Paideia, p. 182.
[17] Id. Ibid.
[18] http://www.kolot.it/2011/09/20/il-divorzio-e-comunque-un-fallimento/
[19] R.T. France, Il vangelo secondo Matteo, GBU, p. 394.
[20] R. A. Monasterio, A. R. Carmona, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Paideia, p. 182.
[21] Id. Ibid.
[22] David E. Aune, La profezia nel primo cristianesimo e il mondo mediterraneo antico, Paideia, p. 185.
[23] Id. Ibid.
[24] Id. Ibid.
[25] Id. Ibid.
[26] Id. Ibid. p. 186.
[27] R.T. France, Il vangelo secondo Matteo, GBU, p. 462.
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