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mercoledì 5 marzo 2014

L'amore paziente di Dio

Maria, invece, se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro, ed ecco, vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l'altro ai piedi, lì dov'era stato il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?» Ella rispose loro: «Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l'abbiano deposto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Gesù le disse: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» Ella, pensando che fosse l'ortolano (= kēpouros), gli disse: «Signore, se tu l'hai portato via, dimmi dove l'hai deposto, e io lo prenderò». Gesù le disse: «Maria!» Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: «Rabbunì!» che vuol dire: «Maestro!» Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro"». Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose.
Giovanni 20:11-18 

In questo brano del vangelo secondo Giovanni, troviamo una descrizione del primo incontro di Maria Maddalena con il Signore dopo la Sua resurrezione. Dopo aver parlato con due angeli, Maria vede Gesù, ma non lo riconosce subito. Solo quando Egli la chiama per nome, lei si rende conto di star parlando con il Signore. Nel momento in cui Cristo è resuscitato, appare diverso, nonostante sia sempre Lui. L'autore biblico ce lo ricorda anche questa volta.

L'Apostolo Giovanni in questo contesto crea una scena unica, aggiungendo nuovi livelli di significato celati dietro due particolari espressioni che vengono utilizzate nel brano, e che alludono al Cantico dei cantici. 

La prima espressione si può trovare nel sostantivo che la traduzione Nuova Riveduta (versione del 1994) rende con "ortolano". Nel testo originale infatti troviamo il termine kēpouros, che letteralmente sarebbe "il custode del giardino", "il giardiniere". Il tema del giardino è appunto ricorrente nel Cantico, e designa il corpo dell'amata. Lo troviamo per esempio in questo versetto, che esalta la verginità della protagonista:

O mia sorella, o sposa mia, tu sei un giardino serrato,
una sorgente chiusa, una fonte sigillata.
Cantico dei Cantici 4:12 

La scena della resurrezione acquisisce quindi un ulteriore piano di lettura, un nuovo significato spirituale. Davanti ai nostri occhi si dipana una scena nuova: il Signore risorto viene presentato come il dodì, "l'amato" del Cantico. Colui che ha nel proprio appellativo la radice del nome di Davide, il più illustre antenato del Messia. 

Il brano però evidenzia anche una seconda espressione, resa nelle parole di Gesù "non trattenermi", o "non toccarmi". Il Cantico dei cantici infatti è permeato dalla ricerca reciproca dei protagonisti, ricerca che raggiunge l'apice nella drammatica scena del quinto capitolo.

"Per Giovanni dunque, Gesù è il Messia-Sposo che si sottrae non per scomparire, ma per dare tempo all'amore di trovarlo."1 

Il tempo del Signore era giunto: il tempo di salire al Padre. Ma non era ancora giunto il tempo delle nozze dell'Agnello (cfr. Apocalisse 19), non era ancora il tempo della pienezza dei gentili (cfr. Romani 11), non era il tempo della totalità degli eletti di Dio. Cominciava invece il tempo della Chiesa, il tempo in cui conoscere e ricercare l'amore del Signore, per poterlo infine raggiungere al Suo ritorno.

1 Corinzi 13:4a L'amore è paziente [...]

2 Pietro 3:9 Il Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento. 

L'amore di Dio è paziente verso di noi. E' paziente nel "conquistarci", è paziente nelle nostre debolezze, è paziente nell'attesa che tutti gli eletti giungano al ravvedimento. Dal momento in cui il Signore è salito al Padre, intercede per noi (Romani 8:34) per realizzare in pieno il Suo proponimento. Egli è un Dio geloso (2 Corinzi 11:2), la Sua gelosia però non è frenetica ma è una gelosia paziente. E' una gelosia che non viene ben rappresentata da quella umana, proprio perché nella sua connotazione divina è piena di amore. La gelosia di Dio è una gelosia che brama il meglio per noi. E' una gelosia che comprende i nostri limiti e che ci mostra passo dopo passo come poter vivere nella pienezza di vita e non nella schiavitù del peccato e della morte. E' una gelosia che desidera il nostro amore disinteressato, per ristabilirci nella nobile posizione che il Signore aveva pensato per noi.

In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo affinché, per mezzo di lui, vivessimo. In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha tanto amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.
1 Giovanni 4:9 

L'amore sta nel fatto che il Signore ha amato noi, affinché potessimo vivere e ricambiare il Suo amore. Se Dio ci ha tanto amati però, noi dobbiamo anche amarci gli uni gli altri, perché questo è il riscontro più genuino dell'incontro avuto con il Suo amore. Incontrando l'amore di Dio possiamo cercarlo e conoscerlo sempre di più, e condividerlo gli uni con gli altri. 

Una relazione di coppia è al massimo del suo splendore quando i due cercano rispettivamente il meglio per l'altro. Questo è vero anche nelle altre relazioni sociali, ed è specchio della relazione tra il Signore e la Chiesa (Efesini 5:22-33). Alla base di queste tre situazioni però, vi è proprio l'amore paziente. L'attesa dell'altro, l'attesa che l'altro sia pronto a vivere i nostri sentimenti e pensieri, per poter condividere pienamente noi stessi. Si potrebbe illustrare questo concetto con due strumenti musicali che si accordano contemporaneamente. Il primo strumento viene accordato prima, ma aspetta anche il secondo per poter rendere al meglio l'armonia complessiva. Il Signore non ha bisogno di noi per essere completo, perché è completo in sé stesso, ma per noi la situazione è differente. Solo quando siamo in comunione con Lui infatti possiamo dire di essere pienamente realizzati. E questo è esattamente ciò che attende pazientemente, per ogni singolo credente. 

L'esortazione dunque è quella di riflettere sul grande amore di Dio, e di vivere questo amore nella preghiera e nella nostra quotidianità. Più questa realtà sarà nella nostra vita, più saremo capaci di condividerla con gli altri. Adempiendo appieno lo scopo di Dio per la Sua Chiesa.   


Citazione:

[1] Pier Luigi Galli Stampino e Elena Lea Bartolini De Angeli, Parola & parole, Periodico dell'Associazione Biblica della Svizzera Italiana, Settembre 2013 - Numero 14, p. 76.

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