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domenica 4 luglio 2021

Le benedizioni in Cristo
















INTRODUZIONE

La Lettera agli Efesini secondo la tradizione cristiana è una delle lettere della prigionia, scritte dall'apostolo Paolo nel 62 d.C. forse a Roma. Buona parte della moderna critica biblica, invece, prende le distanze dalla paternità paolina, principalmente a causa del suo lessico peculiare e della sua dipendenza letteraria con la Lettera ai Colossesi.

Qualsiasi sia il suo autore, comunque, è indubbio che il contenuto di Efesini ha saputo entrare nel cuore dei cristiani di ogni epoca grazie alla sua straordinaria ricchezza teologica. 

In questa occasione desidero tracciare delle linee esegetiche fondamentali per avvicinarci alla lettura e alla comprensione del primo esordio di questa lettera, problematico a livello grammaticale (nel testo originale non troviamo segni di interpunzione ma solo un periodo unico di smisurata grandezza) ma anche di grande fascino a livello teologico. 

LA LETTURA


Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo. 
 
In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio. 
 
In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha riversata abbondantemente su di noi dandoci ogni sorta di sapienza e d'intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra. 
 
In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà, per essere a lode della sua gloria; noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo. 
 
In lui voi pure, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e avendo creduto in lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio si è acquistati a lode della sua gloria.

Lettera agli Efesini 1:3-14 

IL COMMENTO


L'apertura di questo esordio letterario avviene con una lode orante a Dio, nel solco veterotestamentario, dove troviamo formule simili:

Benedetto sia il SIGNORE, il Dio d'Abraamo mio signore, che non ha cessato di essere buono e fedele verso il mio signore!
Genesi 24:27a 

Ietro disse: «Benedetto sia il SIGNORE, che vi ha liberati dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone; egli ha liberato il popolo dal giogo degli Egiziani!
Esodo 18:10

Allora Davide disse ad Abigail: «Sia benedetto il SIGNORE, il Dio d'Israele, che oggi ti ha mandata incontro a me!
1Sam 25:32


Possiamo rilevare che la lode a Dio si inserisce in una risposta per la bontà e fedeltà nella provvidenza ricevuta, nella salvezza e liberazione dagli Egiziani e nell'arrivo di una mediatrice in una situazione di tensione militare che avrebbe causato uno spargimento di sangue. Paragonando queste espressioni possiamo notare un parallelo tra la provvidenza salvifica ricevuta e ogni benedizione celeste ricevuta in Cristo


Queste benedizioni sono, appunto, nei luoghi celesti. Questo forse significa che non hanno a che vedere con le cose della terra? In realtà no, in quanto " i cieli" sono il luogo dal quale Cristo esercita la propria signoria universale (Ef. 3:10-12) e a cui noi stessi abbiamo accesso (Ef. 2:6-7). Se la benedizione ci raggiunge nei cieli, quindi, è perché noi vi siamo ormai entrati, ossia siamo divenuti definitivamente partecipi della signoria salvifica di Cristo. Essere "in" Cristo, perciò, indica che siamo associati al suo statuto.


Nel v.4 troviamo le azioni divine che rappresentano queste benedizioni, la prima delle quali è la scelta di noi credenti. Questa scelta è anteriore alla fondazione del mondo e dunque non derivata da vicende contingenti, dagli eventi storici. Poiché Cristo è il mediatore di queste benedizioni, ne risulta senza dubbio anche la sua stessa preesistenza alla creazione del mondo. Esiste quindi una predestinazione tuttavia, mentre la tradizione teologica successiva utilizzerà questa terminologia per identificare una predestinazione relativa al destino escatologico dei singoli, qui non troviamo indicazioni di questo tipo. Non vi è infatti qui alcun destino negativo e, soprattutto, non si ha in vista il destino individuale ma l'unico riferimento è al "noi" credente. Inoltre, l'oggetto di questa predestinazione divina è lo statuto attuale dei credenti, che nel resto della lettera troverà una realizzazione escatologica anche se non completa. Questa predestinazione divina, dunque, esprime una scelta di amore, una gratuità incondizionata che giunge sino al punto di considerarci (noi, credenti) come figli. 


Il piano eterno del Padre è reso conoscibile dall'esperienza presente della salvezza, espressa per mezzo di un parallelismo il cui secondo membro è in apposizione al primo e con una corrispondenza verbale in Colossesi 1:14. Possiamo descrivere nel seguente modo questo parallelismo:


a) redenzione

b) mediante il suo sangue

a') remissione dei peccati 

b') secondo le ricchezze della sua grazia


Il termine "redenzione" originariamente indica la liberazione di schiavi attraverso il pagamento di un prezzo. Nella traduzione LXX ricorre, per esempio, in:


Ho anche udito i gemiti dei figli d'Israele che gli Egiziani tengono in schiavitù e mi sono ricordato del mio patto. Perciò, di' ai figli d'Israele: "Io sono il SIGNORE; quindi vi sottrarrò ai duri lavori di cui vi gravano gli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi salverò con braccio steso e con grandi atti di giudizio.
Esodo 6:5-6

Mentre il sangue di Cristo indica la modalità attraverso cui è elargita la redenzione: ossia l'auto-donazione di Cristo sulla croce. Questa è in parallelo con la grazia di Dio, mentre la redenzione - questa liberazione ricevuta - è affiancata alla remissione dei peccati, qui designati dal sostantivo "caduta, colpa". 

La grazia dona anche l'intelligenza e la sapienza di conoscere il "mistero della sua volontà" che consiste nella riepilogazione, nella ricapitolazione universale in Cristo. 

Il termine tradotto con "raccogliere" o "ricapitolare" è reso in greco dal verbo anakephalaiomai, traducibile letteralmente con "per riassumere (di nuovo)", "ripetere sommariamente", "condensare in una sintesi." In effetti "raccogliere" è una traduzione riduttiva rispetto al significato originario. In senso più ampio, troviamo legato a questo concetto due significati molto importanti: "ridare un capo" e "fondare, instaurare". A monte deve essere avvertito il presupposto di un universo disgregato, di una realtà svuotata del suo senso causa del peccato. In Cristo tutto l'universo è (ri)fondato, restaurato, e contemporaneamente sottomesso alla sua autorità. Questa è sempre stata la volontà di Dio ma si è espressa nel tempo opportuno con il sacrificio, la morte e la resurrezione del Signore Gesù. Nella risurrezione Egli diventa il primogenito di una nuova creazione (Col 1:18), avendo però precedentemente riassunto in sé tutta la vecchia creazione nell'incarnazione (Gv 1:14). Oltrepassando la dimensione mortale, Cristo ha portato una tensione verso la piena manifestazione del regno di Dio. Egli è il nuovo Adamo (1 Cor 15:45), Colui che ha il compito di condurre non solo i credenti, ma anche l'intera creazione verso una piena redenzione.

La parola anakephalaiomai compare solo un'altra volta nel Nuovo Testamento, nel seguente testo:

Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il «non commettere adulterio», «non uccidere», «non rubare», «non concupire» e qualsiasi altro comandamento si riassumono (anakephalaiomai)
in questa parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è l'adempimento (plērōma) della legge.
Romani 13:8-10 

Potremmo parafrasare così: "qualsiasi comandamento si ricapitola, si rifonda in questa parola: ama il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa alcun male al prossimo; l'amore infatti è la pienezza della legge." A livello teologico può esserci un contatto interessante tra l'idea che l'amore riassume e rifonda la legge in modo analogo a come Cristo riassume e rifonda in sé tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra. 

Nel testo successivo, infine, troviamo i tre momenti logici che hanno scandito l'inserimento dei destinatari in queste benedizioni. Il primo è l'ascolto della parola di verità, ossia il Vangelo. Il secondo è l'adesione di fede. Il terzo è la ricezione del sigillo dello Spirito, ossia il dono dello Spirito come dono che convalidi l'essere inseriti nel piano salvifico di Dio che rende i destinatari sua "proprietà", fino alla piena manifestazione escatologica di questa redenzione.

CONCLUSIONE


La Lettera agli Efesini esordisce con una frase estremamente lunga, che nel greco originario non presenta nemmeno una punteggiatura. Come una colata di lava incandescente avanza sul terreno coprendo ogni cosa, così il suo autore ha voluto esprimere la ricchezza del suo pensiero teologico relativo alla benedizione che i credenti hanno in Cristo. Una benedizione che copre ogni cosa, che si sta già vivendo ma che si manifesterà pienamente nei tempi escatologici. 

Questa benedizione riguarda l'elezione della Chiesa, ossia dei credenti, per essere liberati dalla schiavitù del peccato ed essere resi liberi. Non solo liberi, però, ma anche adottati dal Padre per mezzo del sacrificio di Cristo e grazie al suo amore e alla sua volontà disinteressata. 

E' questa dunque la condizione dei credenti, la loro forza e il loro destino. 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE


- Lettera agli Efesini, nuova versione, introduzione e commento di Stefano Romanello, Ed. Figlie di San Paolo, 2003. 


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