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mercoledì 30 ottobre 2013

Operai fraudolenti

Or voi, pur essendo savi, li sopportate volentieri i pazzi!
Infatti, se uno vi riduce in schiavitù, se uno vi divora, se uno vi prende il vostro, se uno s'innalza sopra di voi, se uno vi percuote in faccia, voi lo sopportate. Lo dico a nostra vergogna, come se noi fossimo stati deboli. 2Corinzi 11:19-21a

La seconda lettera ai Corinzi è stata scritta dall'Apostolo Paolo molto probabilmente tra la fine del 55 d.C. e l'inizio del 56 d.C. dopo che ebbe lasciato Efeso nel corso del suo terzo viaggio missionario.
La comunità fu fondata da Paolo stesso nel secondo viaggio missionario, quando insegnò nella sinagoga di Corinto e nella stessa città contribuendo alla conversione di Crispo (il capo della sinagoga) e Giusto (probabilmente Gaio Tizio Giusto, un romano che manifestava il proprio interesse per il Dio di Israele) membri fondatori della chiesa che ebbe il privilegio di essere curata direttamente dall'Apostolo per un anno e mezzo (cfr. Atti 18). Durante la sua assenza però, arrivarono alcuni falsi apostoli giudaizzanti che con lettere di raccomandazione (cfr. 3:1) imposero la loro autorità insegnando una dottrina che non comprendeva una rigida osservanza delle leggi ebraiche come capitò ai credenti Galati, ma piuttosto uno stile di vita libertino. Oltre a queste false dottrine, veniva messa messa in discredito la figura stessa dell'Apostolo (10:2). Egli quindi, venendo a conoscenza di questi fatti, scrisse alla comunità  per mettere in guardia da tali persone e dal loro insegnamento, con delle parole molto forti ma contemporaneamente cariche d'amore. 

LA MISURA DEL CAMPO DI ATTIVITA'

Poiché noi non abbiamo il coraggio di classificarci o confrontarci con certuni che si raccomandano da sé; i quali però, misurandosi secondo la loro propria misura e paragonandosi tra di loro stessi, mancano d'intelligenza. Noi, invece, non ci vanteremo oltre misura, ma entro la misura del campo di attività di cui Dio ci ha segnato i limiti, dandoci di giungere anche fino a voi. Noi infatti non oltrepassiamo i nostri limiti, come se non fossimo giunti fino a voi; perché siamo realmente giunti fino a voi con il vangelo di Cristo. 
2Corinzi 10:12-14 



Trovo incredibile il fatto che in piena epoca apostolica ci fossero persone che si vantavano oltre misura, che si raccomandavano da sé. Eppure tanto allora quanto adesso sono presenti persone di questo tipo. La risposta di Paolo va oltre una semplice difesa, arrivando a presentare un vero e proprio insegnamento sulle caratteristiche dell'opera di Dio. Nella semplicità, leggiamo infatti che Paolo era certo di essere dentro la misura del campo di attività che il Signore aveva preparato per lui, e che questo limite comprendeva i credenti di Corinto. Ogni ministro di Dio ha una misura del proprio campo di attività, delle opere precedentemente preparate (Ef 2:10) secondo il proponimento del Signore per ciascuno di noi. C'è chi adempie fedelmente al proprio ministero sapendo discernere quello che non gli compete (cfr. Atti 16:7) e c'è chi si auto propone in ogni occasione e possibilità per la sua propria gloria. Paolo era certo di non aver oltrepassato i propri limiti ma di essere realmente giunto fino ai Corinzi con il vangelo di Cristo. 

PSEUDAPOSTOLOS

L'Apostolo Paolo descrive queste persone come pseudapostolos (11:13), un termine che compare solo questa volta in tutte le Scritture. L'elemento pseudo- significa "menzognero, falso, mendace". Essi vengono quindi smascherati come veri e propri falsi apostoli. 
Falsi apostoli nonostante le loro raccomandazioni, nonostante il loro vanto e il livello spirituale che ostentavano. Il vero dramma di questa situazione però non riguarda neanche questi personaggi ma piuttosto l'accoglienza che ricevettero dalla chiesa di Corinto. Ricordiamo che pochi anni prima la comunità era stata fondata da Paolo stesso, ed era stata curata personalmente da lui per un anno e mezzo. Dopo la sua partenza tuttavia, alle prime persone che si dicevano venire dalla chiesa di Gerusalemme, i Corinzi aprirono il proprio cuore con un'ingenuità e immaturità terribilmente pericolosa. Sicuramente il Signore invita ogni credente ad essere umile e mansueto, ma questa mansuetudine non deve essere manifestazione dei propri limiti. Anzi, al contrario, deve essere manifestazione della propria maturità. 

I DUE ERRORI 

Matteo 10:16 «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.

Di fronte a questa situazioni, le reazioni più sbagliate sono essenzialmente due, diametralmente opposte. Da una parte infatti è possibile cadere nello sbaglio dei Corinzi ed abbracciare nuove dottrine e nuovi ministri senza un minimo di discernimento spirituale, arrivando addirittura a mettere in discussione la vera copertura spirituale della chiesa. Dall'altro, può sorgere la fobia dei falsi fratelli e chiudersi ad ogni elemento di novità arrivando a rinnegare addirittura le stesse indicazioni del Signore. Ricordiamo a questo proposito l'esortazione che fece lo stesso Paolo ai Tessalonicesi: 

Non spegnete lo Spirito.
Non disprezzate le profezie;
ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene.
1Tessalonicesi 5:19-21 

Come abbiamo visto, l'indicazione biblica ancora una volta sta nell'equilibrio. 
E' giusta la mansuetudine, ma è da stolti sopportare i pazzi!
E' giusta l'avvedutezza, ma è sbagliato spegnere lo Spirito!

LA PREGHIERA E L'INSEGNAMENTO

Leggendo i Vangeli apprendiamo di come il Signore Gesù visse il Suo ministero terreno alternando la preghiera e l'insegnamento. Ancora oggi le due grandi aree del combattimento spirituale restano queste. Laddove il diavolo non riesce a fare danno nella vita di preghiera di un credente, lo fa minando la sua dottrina. E chi resta solido nella sana dottrina verrà probabilmente attaccato sulla sfera dell'intimità con Dio e sulla vita di preghiera.

Dalla prima lettera ai Corinzi sappiamo che questa comunità era consapevole dei doni dello Spirito e delle realtà spirituali. Ricevettero però una seduzione subdola secondo la loro attitudine. 

Prendiamo consapevolezza da queste realtà ed esercitiamo il giusto discernimento nelle nostre vite chiedendo direzione al Signore. Vegliamo sulla nostra vita di preghiera, ma anche sulla dottrina su cui poggia la nostra fede. Non spegniamo lo Spirito, ma esaminiamo ogni cosa per poter ritenere il bene. Infine, facendo nostra l'esperienza dei fratelli di Corinto, non sopportiamo gli operai fraudolenti, ma prodighiamoci per smascherarli affinché la Chiesa del Signore - che pur sempre vivrà questa tensione - possa crescere sana in attesa dell'arrivo del suo Sposo. 

sabato 26 ottobre 2013

Melchisedec


IL RE DI SHALEM


Melchisedec, re di Salem (= shâlêm), fece portare del pane e del vino. Egli era sacerdote del Dio altissimo. Egli benedisse Abramo, dicendo: «Benedetto sia Abramo dal Dio altissimo, padrone dei cieli e della terra! Benedetto sia il Dio altissimo, che t'ha dato in mano i tuoi nemici!» E Abramo gli diede la decima di ogni cosa.  Genesi 14:18-20 


Analisi del termine "shâlêm"


Nella narrazione della Genesi, il patriarca Abramo ad un certo punto incontra un personaggio misterioso mai comparso prima, che viene presentato come re di Salem. Viene descritto come sacerdote del Dio altissimo in un tempo in cui non esistevano ancora lo stesso popolo di Israele e la tribù sacerdotale dei Leviti. Questo re fece portare del pane e del vino, benedicendo Abramo nel momento in cui era di ritorno da una battaglia per la liberazione di suo fratello e del popolo che era stato catturato dagli eserciti di Chedorlaomer re di Elam, Tideal re dei Goim, Amrafel re di Scinear e Arioc re di Ellasar.
Dopo averlo benedetto, il re di Salem scompare dalla scena senza comparire mai più nei libri del pentateuco. Chi era dunque questo Melchisedec? Inizialmente la città di Gerusalemme era indicata con il nome di Salem, per cui si è portati a pensare che egli fosse il re di Gerusalemme addirittura mille anni prima che diventasse la capitale di Israele durante il regno di Davide. Tuttavia credo sia importante riflettere sul fatto che shâlêm sia in realtà un'aggettivo con i seguenti significati: irreprensibile, completo, del tutto, intero, solo, perfetto, preparato, sicuro, non tagliato, con tutto il cuore, interamente dedicato.
Nello stesso pentateuco infatti il termine ricorre più volte, in contesti che rivelano queste stesse accezioni. Possiamo vedere un esempio tratto dal libro del Deuteronomio:

Deuteronomio 25:15 Terrai pesi esatti (= shâlêm)e giusti, terrai misure esatte e giuste, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà.


In questo contesto troviamo la traduzione di "esatto" per rendere l'aggettivo shâlêm. Un peso pieno, esatto, corretto. Tornando al testo iniziale di Genesi quindi, possiamo comprendere come Melchisedec sia presentato potenzialmente come re di Salem (in quanto città) ma anche come re di giustizia, re di pace, di completezza, di perfezione, di interezza. Un re perfetto, completo, giusto ed esatto. Un re speciale e sovrannaturale. 



L'ORDINE DI MELCHISEDEC

Salmo 110 Salmo di Davide.
Il SIGNORE (=YHWH) ha detto 
al mio Signore (= 'âdôn):
«Siedi alla mia destra
finché io abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi».
Il SIGNORE (=YHWH) stenderà da Sion lo scettro del tuo potere.
Domina in mezzo ai tuoi nemici!
Il tuo popolo si offre volenteroso
quando raduni il tuo esercito.
Parata di santità, dal seno dell'alba
la tua gioventù viene a te come rugiada.
Il SIGNORE (=YHWH) ha giurato e non si pentirà:
«Tu sei Sacerdote in eterno,
secondo l'ordine di Melchisedec».
Signore (= 'ădônây), alla tua destra,
schiaccia dei re nel giorno della sua ira,
giudica i popoli,
ammucchia i cadaveri,
stritola la testa ai nemici in un vasto territorio.
Si disseta al torrente lungo il cammino,
e perciò terrà alta la testa.

Per ritrovare il nome di Melchisedec nel panorama biblico, dobbiamo aspettare il Salmo 110. Un salmo la cui paternità è tradizionalmente associata a Davide, e che dal punto di vista ebraico risulta essere particolarmente enigmatico e di difficile comprensione. Le stesse parole di apertura pongono un ostacolo: "Il Signore ha detto al mio Signore". Di chi sta parlando il salmista? I versi successivi si svolgono nella presentazione di questa figura che siede alla destra di YHWH e riceve tutti i suoi nemici come sgabello dei suoi piedi. Mostrano la potenza di Dio, la sua autorità sul popolo e un'incredibile giuramento rivolto al protagonista iniziale:


«Tu sei Sacerdote in eterno,
secondo l'ordine di Melchisedec»

Ancora una volta dal nulla emerge il nome di Melchisedec che viene però ora associato addirittura ad un ordine sacerdotale! L'intero pentateuco non dà alcuna informazione a riguardo di questo "ordine" che viene accennato ma che resta nel più profondo mistero. Il salmo è chiaramente messianico ma presenta degli incredibili elementi di novità. Le azioni e il giuramento infatti rimbalzano tra YHWH e 'ădônây (il nome che veniva sovrapposto al vero nome di Dio, ossia appunto YHWH). Leggendo in questo modo quindi è come se il Signore dicesse al Signore, dicesse a sé stesso! Nella Scrittura infatti nessun uomo può stare alla destra di Dio, nessun uomo ha mai ricevuto o potrà ricevere per giuramento divino un ruolo sacerdotale al di sopra di quello levitico! Nessun uomo, nessun angelo, nessuna creatura. 
Come vedremo più tardi, il salmo si riferisce senza ombra di dubbio al decreto eterno di Dio Padre di conferire a Dio Figlio un sacerdozio eterno, per un'espiazione eterna - ossia fuori dal tempo - rivolta al popolo di Dio. 
Il misterioso Melchisedec, re perfetto, presentato nel libro della Genesi dunque, viene qui ripreso in relazione ad un ordine di sacerdozio non umano associato a Dio stesso. Senza la consapevolezza spirituale della pienezza di Dio nel Padre e nel Figlio, queste scritture non hanno alcun senso. E Gesù lo sapeva molto bene.


L'INSEGNAMENTO DI CRISTO

Il Salmo 110 infatti è citato direttamente da Gesù in un contesto riportato da tutti i Vangeli sinottici:


Il tempio all'epoca di Gesù
Gesù, mentre insegnava nel tempio, disse: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è Figlio di Davide?  Davide stesso disse per lo Spirito Santo: "Il SIGNORE (= kyrios) ha detto al mio Signore(= kyrios)'Siedi alla mia destra, finché io abbia messo i tuoi nemici sotto i tuoi piedi'". Davide stesso lo chiama Signore; dunque come può essere suo figlio?» E una gran folla lo ascoltava con piacere. Marco 12:35-37 


Essendo i farisei riuniti, Gesù li interrogò, dicendo: 
«Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?»  Essi gli risposero: «Di Davide».  Ed egli a loro: «Come mai dunque Davide, ispirato dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: "Il SIGNORE (= kyrios) ha detto al mio Signore (=kyrios)'Siedi alla mia destra finché io abbia messo i tuoi nemici sotto i tuoi piedi'"? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?»  E nessuno poteva replicargli parola; da quel giorno nessuno ardì più interrogarlo. Matteo 22:41-46 

Ed egli disse loro: «Come mai si dice che il Cristo è Figlio di Davide? Poiché Davide stesso, nel libro dei Salmi, dice: "Il SIGNORE (= kyrios) ha detto al mio Signore(= kyrios)'Siedi alla mia destra, finché io abbia messo i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi'". Davide dunque lo chiama Signore; come può essere suo figlio?»
Luca 20:41-44 

Gesù nel Tempio di Gerusalemme si rivolge ai farisei e, citando appunto questo salmo, chiede spiegazioni a riguardo di un paradosso per la dottrina ebraica. L'Antico Testamento infatti descrive il Messia come discendente di Davide, ma in questo salmo, Davide stesso descrive il Messia come suo Signore. Come è possibile che un uomo, un suo discendente possa contemporaneamente essere suo Signore? I migliori conoscitori della Tanakh non poterono rispondergli. Perché all'epoca, così come al giorno d'oggi, non vi è alcuna risposta a questo fatto paradossale al di fuori che riconoscere Gesù Cristo come Messia e come Dio. E' degno di nota il fatto che TUTTI gli evangelisti riportano nei rispettivi Vangeli la citazione del Salmo 110 usando per ogni ricorrenza del termine "Signore", lo stesso identico termine. Laddove in ebraico vi era una piccola sfumatura differente, il greco evangelico prende una chiara e netta posizione nel riconoscere in Dio il soggetto unico della citazione. Il Signore ha detto al mio Signore, ossia DIO ha detto al mio DIO. Una conversazione, un patto, un giuramento che coinvolge senza alcuna possibilità di errore le due Persone della divinità. Non due dèi ma un unico Dio in tre Persone, due delle quali si accordano promulgando decreto eterno.

I farisei da quel giorno non ardirono più interrogarlo per paura. La conoscenza sovrannaturale è infinitamente più alta della conoscenza religiosa e umana, tanto più alta da atterrire coloro che non la conoscono. La conoscenza di Dio tura la bocca a tutti coloro che si reputano dottori della legge, dottori della Parola unicamente per la propria vanagloria, per il proprio tornaconto o per il proprio potere religioso. La verità, è che non vi è alcuna conoscenza al di fuori della conoscenza di Dio. Non vi è alcuna sapienza al di fuori della sapienza di Dio. 

1Corinzi 1:20 Dov'è il sapiente? Dov'è lo scriba? Dov'è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo?
[...]
Tuttavia, a quelli tra di voi che sono maturi esponiamo una sapienza, però non una sapienza di questo mondo né dei dominatori di questo mondo, i quali stanno per essere annientati; ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli predestinata a nostra gloria e che nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuta; perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
1Corinzi 2:6-8 

La sapienza di Dio è stata nascosta e predestinata a gloria di coloro che hanno conosciuto il Signore. Chi non lo ha conosciuto come vero uomo e vero Dio, tale quale è, può solo inseguire i propri ragionamenti umani senza afferrare mai la verità. Il Vangelo di Marco testimonia che una gran folla ascoltava con piacere Gesù, mentre molti altri non osavano più interrogarlo per paura della sua sapienza. Così è anche al giorno d'oggi. La vera Chiesa - invisibile e conosciuta da Dio - riconosce la voce del buon Pastore e lo ascolta con piacere. Ma tanto nel mondo quando nella Chiesa visibile, molte sono anche le persone che anziché convertirsi si allontanano da Cristo per paura di riconoscersi vuoti e in errore. Una dottrina non potrà mai essere il fondamento della fede, perché il fondamento della fede è Cristo. Lo scopo delle Scritture è  testimoniare di Lui, lo scopo dello Spirito Santo è quello di glorificarlo. Egli è la sapienza di Dio, che rende pazza e insensata la sapienza di questo mondo.


IL GARANTE DI UN PATTO MIGLIORE

Benché fosse Figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì; e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna, essendo da Dio proclamato sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec. Ebrei 5:8-10 
Rappresentazione di un sacerdote
del vecchio patto
[...]
Questo Melchisedec, re di Salem, era sacerdote del Dio altissimo. Egli andò incontro ad Abraamo, mentre questi ritornava dopo aver sconfitto dei re, e lo benedisse. E Abraamo diede a lui la decima di ogni cosa. Egli è anzitutto, traducendo il suo nome, Re di giustizia; e poi anche re di Salem, vale a dire Re di pace. È senza padre, senza madre, senza genealogia, senza inizio di giorni né fin di vita, simile quindi al Figlio di Dio. Questo Melchisedec rimane sacerdote in eterno. Ebrei 7:1-3 
[...]
Ebrei 7:22 Ne consegue che Gesù è divenuto garante di un patto migliore del primo.

La Lettera agli Ebrei è il libro neotestamentario che spiega meglio il significato delle pratiche del culto ebraico alla luce della rivelazione di Cristo. Anche per questo tema, la lettera non aggira l'argomento del sacerdozio di Melchisedec ma anzi, al contrario, lo affronta per la prima volta nelle Scritture in un modo chiaro e completo. Egli è Gesù Cristo che, reso perfetto, è stato proclamato da Dio come sommo sacerdote secondo quest'ordine profetizzato dal Salmo 110.  Melchisedec stesso quindi, senza padre, madre o genealogia, senza inizio di giorni né fin di vita è in realtà il Figlio di Dio. Questa è la rivelazione spirituale che apre la chiave di comprensione di Genesi 14, del Salmo 110 e dello stesso insegnamento di Cristo che anche ai giorni d'oggi rimane coperto da un velo per tante persone. Questa è la sapienza di Dio, sapienza che esponiamo a coloro che sono maturi nella fede, una sapienza che nessuno tra i dominatori di questo mondo ha conosciuto. Una sapienza che per il mondo è pazzia ma per coloro che sono chiamati è la potenza stessa del Signore.

domenica 13 ottobre 2013

Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio

Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore [= Kyrios], così camminate in lui; radicati, edificati in lui e rafforzati dalla fede, come vi è stata insegnata, abbondate nel ringraziamento. Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo Cristo; perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità [=Theotētos]; e voi avete tutto pienamente in lui, che è il capo di ogni principato e di ogni potenza; in lui siete anche stati circoncisi di una circoncisione non fatta da mano d'uomo, ma della circoncisione di Cristo, che consiste nello spogliamento del corpo della carne: siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. Colossesi 2:6-12 

Questo brano della Lettera ai Colossesi, manifesta pienamente tutta l'attenzione che l'Apostolo Paolo rivolgeva nel mettere al centro di ogni cosa Gesù Cristo. Egli lo chiama "Signore", utilizzando il termine greco "Kyrios".  Questo termine veniva utilizzato nell'Antico Testamento tradotto in greco per rendere la parola ebraica "Adonai" che è il modo in cui ancora oggi viene letto il tetragramma divino YHWH altrimenti impronunciabile. "Adonai" quindi sostituiva il nome di Dio nell'Antico Testamento, e veniva tradotto in greco con lo stesso termine utilizzato dall'Apostolo Paolo in relazione a Cristo.
Possiamo visualizzare questi passaggi nel seguente modo: 

YHWH ----> 'Adonai ----> Kyrios ----> Gesù Cristo
               
Questo è il "nome al di sopra di ogni altro nome" con cui Cristo è stato sovranamente innalzato (Fil 2:9), ed è il fulcro di tutto il cambiamento della comunità cristiana successiva alla resurrezione.
Se durante il ministero terreno di Cristo, il messaggio era rivolto ai Giudei e riguardava il pentimento e il Regno di Dio in modo generico (leggi Luca 10, Matteo 10), dopo la Sua resurrezione le cose cambiarono in modo radicale in un modo che l'Apostolo Giovanni descrive direttamente per bocca di Cristo:

Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà. Giovanni 16:12-14 

Durante la vita di Gesù, la sua identità e il suo ruolo non furono compresi neanche dai dodici discepoli, tant'è che alla sua domanda "e voi, chi dite che io sia", soltanto Pietro rispose grazie alla rivelazione del Padre (Mt 16:13-16). Alcuni pensavano che fosse Giovanni battista risorto oppure Elia, Geremia o uno dei profeti. Alla resurrezione però, ogni consapevolezza fu rivista alla luce di questo evento e i discepoli furono trasformati e riempiti dallo Spirito Santo.


L'identità di Cristo fu rivelata in modo più completo, lo scopo del suo sacrificio e della resurrezione poté essere interpretato alla luce delle Scritture. Il messaggio stesso del Vangelo acquisì piena maturità. L'evangelizzazione non riguardava più il fatto che il regno dei cieli si fosse avvicinato ma riguardava la salvezza ottenuta per grazia mediante la fede (Efesini 2:8), attraverso il sacrificio di Cristo. Pietro fece una nuova esperienza che lo portò alla consapevolezza che la salvezza offerta da Dio era destinata anche alle persone di origine non ebraica (Atti 10). L'Apostolo Paolo fu chiamato da Gesù stesso (Atti 9) e messo da parte dallo Spirito Santo (Atti 13) per essere "l'apostolo degli stranieri" (Ro 11:13). Contemporaneamente a tutte queste novità e rivelazioni portate da Dio però, alcune persone cercarono fin da subito di parlare male della "nuova via" (Atti 19:9), mentre altri rimasero ancorati alla tradizione ebraica rinnegando queste nuove esperienze e dando luogo al fenomeno del giudeo cristianesimo. Questo pensiero, insieme allo gnosticismo, rappresentò il più grande pericolo per l'insegnamento cristiano delle origini che si trovò fin da subito a combattere con tutto quello che riguardava le tradizioni degli uomini e non le indicazioni di Dio. Anche i rituali ebraici infatti, pur essendo comunicati direttamente da Dio nel pentateuco, furono ben presto svuotati del loro significato per promuovere un tradizionalismo umano e sterile, così come possiamo leggere già dal primo capitolo del libro di Isaia, intorno al 700 a.C. 

«Che m'importa dei vostri numerosi sacrifici?», dice il SIGNORE;
«io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate;
il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri,
io non lo gradisco
Quando venite a presentarvi davanti a me,
chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili?
Smettete di portare offerte inutili;
l'incenso io lo detesto;
e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni,
io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne.
L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite;
mi sono un peso che sono stanco di portare.
Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi;
anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto;
le vostre mani sono piene di sangue.
Lavatevi, purificatevi,
togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni;
smettete di fare il male;
imparate a fare il bene; cercate la giustizia,
rialzate l'oppresso,
fate giustizia all'orfano,
difendete la causa della vedova!
Poi venite, e discutiamo», dice il SIGNORE;
«anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno bianchi come la neve;
anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana.
Isaia 1:11-18 

Ma possiamo anche ascoltare direttamente le parole che Gesù rivolse ai farisei del suo tempo:

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre. Matteo 23:23 

Laddove il giudizio, la misericordia e la fede vennero trasportati in un nuovo patto dunque (Ebrei 8:13), le tradizioni umane continuarono ad essere osservate e idolatrate da alcuni che le reputavano più importanti di ogni altra cosa, e che non riconoscevano il "nome nuovo" di Cristo, la nuova rivelazione che mostrava la sua identità come quella di vero uomo e vero Dio. 
A questo riguardo, l'Apostolo Paolo mette in guardia la comunità di Colossi, esortando a stare attenti del fatto che nessuno tra di loro possa essere fatto preda, possa essere raggirato, sedotto con la [falsa]filosofia e con le tradizioni degli uomini e gli elementi del mondo. 

Infatti, in Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della Deità.
Colossesi 2:9

       [Fonte]

Corporalmente, in quanto Egli si è incarnato, e chi non riconosce questo fatto pubblicamente è un anticristo (2 Gv 7). Ma oltre ad essere pienamente uomo Egli è anche pienamente Dio, e questo è reso con "Theotētos" un termine presente solo in questo passo del Nuovo Testamento e che deriva
da "Theósossia "Dio". 

Giovanni 1:1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio [= Theós].

Giovanni 20:28 Tommaso gli rispose: «Signor mio e Dio [= Theós] mio!»

1Giovanni 5:20 Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio [= Theós] e la vita eterna.

Romani 9:5 ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio [= Theós] benedetto in eterno. Amen!

Tito 2:13 aspettando la beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Dio [= Theós] e Salvatore, Cristo Gesù.

Ebrei 1:8 parlando del Figlio dice: il tuo trono, o Dio [= Theós], dura di secolo in secolo [...]

Il significato che sta dietro a queste parole è chiaro, e designa Gesù Cristo come Dio. Egli non è una divinità minore, Egli non ha solo una parte della divinità perché in Lui abita corporalmente TUTTA la pienezza della Deità. Proprio questo concetto infatti è la sorgente di tutta la fede cristiana che vede di conseguenza avere tutto pienamente in LuiDal tempo della lettera ai Colossesi sono passati interi millenni ma la situazione in realtà non è cambiata di molto. Ancora oggi sono presenti coloro che vivono secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo Cristo, e che cercano di predare con la [falsa]filosofia e con vani raggiri chi non è ancora ben radicato ed edificato in Cristo. Ecco quindi l'attualità di questo insegnamento biblico, che deve mettere in guardia ogni credente sincero affinché possiamo non essere più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore; ma, seguendo la verità nell'amore, possiamo crescere in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Efesini 4:14,15

Solo a Dio ogni onore e gloria.
Amen.

domenica 6 ottobre 2013

Giosuè e il capo dell'esercito del Signore

Mentre Giosuè era presso Gerico, egli alzò gli occhi, guardò, ed ecco un uomo in piedi che gli stava davanti, tenendo in mano la spada sguainata. Giosuè andò verso di lui, e gli disse: «Sei tu dei nostri, o dei nostri nemici?» E quello rispose: «No, io sono il capo dell'esercito del SIGNORE; arrivo adesso». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?». Il capo dell'esercito del SIGNORE disse a Giosuè: «Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è santo». E Giosuè fece così. Giosuè 5:13-15 

Il nome Giosuè deriva dall'ebraico Yěhōshūa῾, che significa "Yahweh è salvezza". L'abbreviazione di questo nome è Yēshūa῾
Giosuè rappresenta un'importante leader del popolo di Israele, colui che prese il posto di Mosè per volontà diretta di Dio con lo scopo di entrare finalmente nella terra promessa (Giosuè 1). Dopo aver attraversato il fiume Giordano con tutto il popolo, egli circoncise tutta la nuova generazione e festeggiò la pasqua nelle pianure di Gerico, ubbidendo in tutto e per tutto alla voce del Signore. Il brano in apertura si colloca in questo contesto, con Israele alle porte della prima grande città da conquistare. 
Ad un certo punto, Giosuè vede un uomo che non riconosce. Ha una spada sguainata ed un aspetto minaccioso. Si avvicina e gli intima di identificarsi. 
Questo misterioso individuo si identifica come "capo dell'esercito del Signore".


Il primo indizio

Appena Giosuè sente queste parole, si butta a terra e si prostra. Il verbo ebraico utilizzato per rendere questa parola è shachah (שָׁחָה) e rappresenta un primo indizio importante per capire l'identità di questa figura così misteriosa. Vediamo di seguito infatti alcuni contesti nel libro della Genesi in cui troviamo tale termine:  

Abraamo alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano davanti a lui. Come li ebbe visti, corse loro incontro dall'ingresso della tenda, si prostrò fino a terra e disse: «Ti prego, mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo!» Genesi 18:2-3

I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andar loro incontro, si prostrò con la faccia a terra [...] Genesi 19:1 

Allora Abraamo disse ai suoi servi: «Rimanete qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi torneremo da voi». Genesi 22:5 

Allora l'uomo s'inchinò, adorò il SIGNORE, e disse [...] Genesi 24:26 

Sebbene il verbo venga anche utilizzato in altri contesti in relazione ad un prostrarsi davanti al popolo, è di grande importanza l'accezione che possiamo constatare dai passaggi presi a titolo di esempio, dove è stata evidenziata la parola che traduce il termine shachah. Come possiamo vedere infatti, il significato di questa parola varia dal comune significato di "abbassarsi" e "prostrarsi" al ricco senso teologico di "prostrarsi per adorare Dio". Addirittura infatti nelle ultime due referenze il termine viene tradotto in italiano proprio con il verbo "adorare", e nelle prime due il termine è legato a delle chiare ed evidenti teofanie, ossia "manifestazioni di Dio in forma sensibile".
Questo indizio punta quindi ad identificare fin da subito questo "capo dell'esercito del Signore" come una vera e propria manifestazione di Dio.

Il secondo indizio

Dopo essersi prostrato per adorare, Giosuè domanda: «Che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?» La traduzione italiana mette in maiuscolo la lettera iniziale della parola "Signore" perché in effetti si riferisce al termine originale 'adon molto vicino all''ădônây utilizzato così frequentemente dagli ebrei per sostituire il nome sacro di Dio: YHWH. Anche in questo caso si tratta di una parola che viene utilizzata in relazione agli uomini, ma in alcuni casi anche in relazione a Dio. Ed è di particolare interesse che una di queste volte sia contemplata poco prima nello stesso libro di Giosuè:

E non appena i sacerdoti che portano l'arca di DIO, Signore di tutta la terra, avranno posato le piante dei piedi nelle acque del Giordano, le acque del Giordano, quelle che scendono dalla parte superiore, saranno tagliate e si fermeranno in un mucchio». Giosuè 3:13 

Nel testo, Giosuè dà indicazioni al popolo per attraversare il fiume Giordano e parla dell'arca di YHWH 'adown di tutta la terra. Ed ecco che dopo pochissimo ritroviamo questo termine sempre utilizzato da lui proprio nel contesto di cui stiamo parlando, quando al capo dell'esercito del Signore chiede: «Che cosa vuol dire il mio 'adown al suo servo?» Questo secondo indizio testuale convalida l'ipotesi del primo, e porta ad identificare questa misteriosa figura con Dio stesso.


Ed ora??

A questo punto, il capo dell'esercito del Signore risponde a Giosuè: «Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è santo», frase che ricorda il famoso passo del pruno ardente in cui Mosè incontra Dio per la prima volta. Anche allora..

Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro». Esodo 3:5 

Tuttavia, nel nostro brano, dopo che Giosuè ubbidisce e si toglie i calzari, il capitolo si conclude lasciando un non-senso nel testo. Che scopo ha avuto questa visita del capo dell'esercito del Signore? Possibile che gli abbia detto solo di togliere i calzari? Sappiamo che l'indicazione dei capitoli e dei versetti ai testi biblici è stata un'aggiunta di molto posteriore alla loro redazione, da ricondurre all'epoca medioevale. Credo che in questo caso siamo di fronte alla peggior divisione dei capitoli nell'intero Antico Testamento. Senza unire questo brano a quello seguente infatti, il testo di così grande importanza teologica viene svuotato dal suo significato e abbandonato all'incomprensione.
Il capitolo sei infatti si apre con una breve digressione, per ricordare lo stato della narrazione:

Gerico era ben chiusa e barricata per paura dei figli d'Israele; nessuno ne usciva e nessuno vi entrava. Giosuè 6:1 

Dopo di che però, la narrazione continua manifestando il significato della visitazione di Dio!

E il SIGNORE disse a Giosuè: «Vedi, io do in tua mano Gerico, il suo re, i suoi prodi guerrieri. Voi tutti dunque, uomini di guerra, marciate intorno alla città, facendone il giro una volta. Così farai per sei giorni; e sette sacerdoti porteranno davanti all'arca sette trombe squillanti; il settimo giorno farete il giro della città sette volte, e i sacerdoti soneranno le trombe. E avverrà che, quand'essi soneranno a distesa il corno squillante e voi udrete il suono delle trombe, tutto il popolo lancerà un gran grido, e le mura della città crolleranno, e il popolo salirà, ciascuno diritto davanti a sé». 
Giosuè 6:2-5 



Colui che finalmente è palesato dal testo come Dio stesso, ha fatto visita a Giosuè per un motivo di enorme importanza: dare l'indicazione di come conquistare Gerico! Israele aveva vagato per decenni nel deserto, di certo non aveva un esercito ben addestrato ed efficiente. Ben sapendo questa situazione, il Signore volle mostrare ancora una volta la Sua mano potente dietro all'ubbidienza del popolo scelto, intervenendo in modo sovrannaturale con la distruzione delle mura della città. Ecco quindi il pieno senso della visitazione di Dio sotto forma di capo dell'esercito. La risposta divina a quello di cui Israele aveva un assoluto bisogno in quel momento: una strategia e una guida militare. Dopo aver istruito Giosuè, egli ubbidì anche in questa occasione e ancora una volta il Signore operò in modo sovrannaturale garantendo a Israele la vittoria. Una vittoria suggerita in un modo assolutamente unico e garantita da una strategia altrettanto esclusiva.

martedì 1 ottobre 2013

La santificazione

Inizio della Seconda lettera di Pietro, dal Papiro Bodmer VIII
Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenzaalla conoscenza l'autocontrollo; all'autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietàalla pietà l'affetto fraterno; e all'affetto fraterno l'amore.
Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo.
2Pietro 1:5-8 

La seconda epistola di Pietro è una delle lettere "cattoliche", ossia universali, presenti nel Nuovo Testamento. E' definita così in quanto non viene indirizzata ad un preciso destinatario ma genericamente a tutti i credenti. 
Nel primo versetto leggiamo infatti che è rivolta "a coloro che hanno ottenuto una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo". A tutti coloro che hanno ottenuto questa fede preziosa.
Probabilmente era una lettera circolare rivolta a tutti i credenti dell'Asia Minore. 

Gli studiosi sono divisi tra quelli che riconoscono la paternità petrina sostenuta dalla lettera stessa e da quelli invece che la attribuiscono ad un cristiano anonimo del II secolo. 
La moderna critica biblica in ogni caso la considera una lettera pseudoepigrafa, ossia redatta da un altro autore e non direttamente dall'apostolo Pietro. 


Il termine "agape" in greco.
Il brano di apertura a questo articolo esorta ad aggiungere una serie di virtù al carattere e alla vita dei credenti, secondo un'escalation che culmina con l'amore, reso con il termine greco agapē che identifica quel sentimento e quell'altruismo mostrato dal Signore stesso e tradotto dalla Bibbia C.E.I. con il termine "carità". L'autore motiva questo processo "per questa stessa ragione", adducendo ad una fondamentale verità scritta poche frasi prima. 
Dopo i saluti del primo capitolo infatti, al terzo versetto troviamo una proclamazione di incredibile portata:


La sua potenza divina [di Gesù] ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù. 2Pietro 1:3 

Questa è l'origine, la fonte alla quale attingere per costruire sul fondamento della fede la virtù, la conoscenza, l'autocontrollo, la pazienza, la pietà, l'affetto fraterno e l'amore puro. Questo cammino infatti è tutt'altro che umano, poggiando le proprie radici nella potenza stessa di Cristo e nella sua conoscenza. Senza questa comprensione e conoscenza, la crescita descritta dalla Scrittura rimane irrealizzabile. 
Quello di cui l'autore biblico sta parlando infatti è un dono
Un dono di Cristo a cui è possibile accedere soltanto "mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati". Soltanto conoscendo colui che ci ha chiamati, solo conoscendo Dio stesso possiamo ricevere la fede, senza la quale è impossibile iniziare questo processo di santità. La fede infatti è il punto di partenza, e la fede stessa è creata da Cristo (Ebrei 12:2).
Questo concetto è reso frequentemente dall'Apostolo Paolo con l'espressione "in Cristo". 

Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati. 1Corinzi 15:22


In queste parole, la teologia paolina proietta tutta la potenza della divinità del Signore Gesù. In Cristo infatti i credenti sono morti (Ro 6:3) e risuscitati in novità di vita (Ro 6:4). In Cristo riceviamo la grazia di Dio (1 Co 1:4), la Sua sapienza (1 Co 4:10), la vittoria ed il trionfo (2 Co 2:14). Oltre alla vivificazione appena letta nel versetto precedente e a molte altre benedizioni che è possibile trovare nella Parola di Dio. 
Tutto questo però non deve far pensare ad una formula mistica e nascosta da perseguire con sforzo, ma piuttosto ad un atto compiuto da Cristo che abilita automaticamente i credenti a vivere queste realtà. La vita spirituale di cui parla il Nuovo Testamento infatti non è guadagnata dall'uomo, ma piuttosto semplicemente ricevuta. Come? Con la fede. 
La fede riceve la virtù di Cristo, la Sua conoscenza, il Suo autocontrollo, la Sua pazienza, pietà, affetto e amore. Questo però non deve portare al pensiero di una passività in quanto la fede è per definizione un'attitudine attiva e vibrante. La lettera infatti esorta a mettere "da parte vostra ogni impegno" in questo, per rendere sicura la propria vocazione ed elezione. 

Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai. In questo modo infatti vi sarà ampiamente concesso l'ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. 2Pietro 1:10-11 

Le opere sono dimostrazione della fede (Giacomo 2:18). L'insegnamento neotestamentario nel suo insieme è molto chiaro ad evidenziare che la salvezza non è derivata dagli sforzi dell'uomo ma piuttosto unicamente dalla fede nel sacrificio di Gesù. Come è possibile interpretare dunque l'esortazione apostolica di rendere sicura la nostra vocazione ed elezione? 

Considerando tutto il cammino cristiano come dimostrazione di una salvezza già ricevuta. 

Di sicuro la vita cristiana non è priva di sforzo, ma lo sforzo di cui si parla - pur essendo indispensabile - non è sufficiente a raggiungere il livello desiderato da Dio. Lo sforzo dunque è necessario ma deve poggiare sulla fede, altrimenti è sterile. Non si parla di sinergia, ossia di collaborazione tra Dio e l'uomo, ma piuttosto di vivere per fede realtà celesti e portarle nella nostra quotidianità grazie alla forza di Cristo. Non è collaborazione, ma un coinvolgimento che il Signore ha desiderato per perseguire i Suoi piani offrendo all'uomo la possibilità di vivere esperienze che altrimenti gli sarebbero estranee. Molte di queste esperienze possono sembrare momentaneamente negative, ma ogni cosa si vedrà così come è realmente solo nel giorno del Signore, solo quando potremo contemplare la Sua gloria faccia a faccia e nulla ci sarà più nascosto. 
Sicuramente infatti questo è in parte un mistero, ma un mistero che ci deve far riflettere sulla grandiosità di Dio, dei Suoi pensieri, del Suoi progetti e del Suo scopo per noi. La vita di fede è una vita attiva e la conquista di nuove frontiere (virtù, conoscenza, autocontrollo, pazienza, pietà, affetto fraterno, amore) non sono altro che manifestazione della grazia del Signore e della gioia della nostra salvezza. 

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