Traduttore


giovedì 19 settembre 2013

Perché la Torah inizia con la Bet?

"Bet", la seconda lettera dell'alfabeto ebraico
Genesi 1:1 Nel principio Dio creò i cieli e la terra.

Il primo libro della Bibbia è quello della Genesi, ed inizia con le parole "Nel principio" (o "In principio" secondo altre traduzioni), seguite dal racconto della creazione. La Genesi è anche il primo libro del Pentateuco, ossia dei cinque libri biblici chiamati dagli ebrei "Torah" e identificati con Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio.
La Torah rappresenta il documento primario dell'ebraismo, il cui studio è uno dei suoi precetti principali.
La concezione ebraica sostiene che anche il più piccolo segno della lettera ebraica nella Torah sia stato messo lì per comunicare un insegnamento. Sicuramente anche il cristianesimo ritiene il Pentateuco - così come l'intera Bibbia - parola di Dio, secondo la dottrina dell'ispirazione e dell'inerranza delle Scritture. 

L'esegesi ebraica tuttavia risulta essere particolarmente minuziosa, andando a commentare il significato delle singole parole, e addirittura del loro valore numerico secondo l'alfabeto ebraico. Ad ogni lettera ebraica infatti corrisponde anche un numero, motivo per cui qualsiasi parola oltre ad avere diverse accezioni come nel vocabolario Italiano possiede anche una valenza numerica il cui studio prende il nome di "ghematria". Per gli Ebrei quindi, nella Torah nulla è a caso ed ogni aspetto, per quanto minuscolo, rivela un'insegnamento del Signore. 


La parola ebraica "Bereshìt", tradotta con "In principio"

All'interno di questo contesto, la prima domanda che ci si può porre a riguardo dell'inizio della Genesi coinvolge proprio la sua parola iniziale, anzi - addirittura - la lettera con cui inizia la prima parola di questo primo libro della Torah. Sebbene in Italiano la prima lettera sarebbe una "I" (nel caso di "In") oppure una "N" (nel caso di "Nel"), in ebraico la prima lettera risulta essere una "Bet", iniziale della parola "Bereshìt" che significa appunto "In principio" e che può essere associata per ordine alfabetico alla lettera "B". 
La Bet è la seconda lettera, preceduta dalla Alef ossia la prima lettera dell'alfabeto ebraico, esattamente come la "A" è la prima lettera dei nostro alfabeto.

La domanda che ci si può porre, e che innumerevoli generazioni di commentatori ebrei si sono posti, risulta dunque essere la seguente:

Perché la Torah inizia con la seconda lettera dell'alfabeto ebraico e non con la prima, come sarebbe logico? Perché la Torah inizia con la "Bet" e non con la "Alef"?

Nella storia dell'esegesi ebraica si sono succedute sicuramente svariate interpretazioni, ma una in particolare risulta essere particolarmente condivisa: la Torah inizia con la seconda lettera perché il suo studio rappresenta la seconda parte di una riflessione che deve prima coinvolgere Dio stesso, la Sua santità e la Sua grandezza
Senza aver prima incontrato Dio infatti, ed aver riflettuto su di Lui, la stessa lettura del Pentateuco sarebbe fraintesa, considerandolo solamente un libro morale o di saggezza. Tutto ha inizio con Dio e ogni riflessione deve nascere da Lui solamente. Solo in un secondo momento ci si può approcciare alla Torah per ricevere i Suoi insegnamenti.

Credo che questo insegnamento valga tanto nella vita di fede ebraica quanto in quella cristiana. Il Signore infatti è il principio di ogni cosa, e senza una conoscenza e una riflessione sulla Sua persona anche la lettura stessa della Bibbia rischia di essere sterile e non portare ai frutti auspicati.
Gesù stesso, inoltre, nel libro dell'Apocalisse afferma:
Il monogramma di Cristo

Apocalisse 22:13 Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine.

Gesù Cristo è la primizia, possedendo infatti il primato di ogni cosa (Col 1:18). Egli è l'inizio, l'Alfa: la prima lettera dell'alfabeto greco, associabile alla "A" italiana e alla Alef ebraica. Gesù quindi è la Alef. E la Bibbia, Sua parola, è la Bet: la seconda tappa di un percorso di fede che dura per eternità.



Bibliografia:

Genesi / Bereshit, Avigail H. Dadon. Mamash edizioni ebraiche.

lunedì 9 settembre 2013

A causa della vostra poca fede...

Quando tornarono tra la folla, un uomo gli si avvicinò, gettandosi in ginocchio davanti a lui, e gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio, perché è lunatico e soffre molto; spesso, infatti, cade nel fuoco e spesso nell'acqua. L'ho condotto dai tuoi discepoli ma non l'hanno potuto guarire». Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Portatelo qui da me». Gesù sgridò il demonio e quello uscì dal ragazzo, che da quel momento fu guarito.

Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: «Perché non l'abbiamo potuto cacciare noi?» Gesù rispose loro: «A causa della vostra poca fede; perché in verità io vi dico: se avete fede quanto un granello di senape, potrete dire a questo monte: "Passa da qui a là", e passerà; e niente vi sarà impossibile. Matteo 17:14-21


Questo famoso brano del vangelo di Matteo è sicuramente stato letto, meditato e predicato un numero incalcolabile di volte. E' così celebre che probabilmente il detto finale di Gesù risulta essere conosciuto anche al di fuori dell'ambiente cristiano, essendo entrato nel linguaggio comune:

"Se avete fede quanto un granello di senape, potrete dire a questo monte: "spostati", ed esso si sposterà."

Stranamente, il parallelo negli altri due vangeli sinottici (Mr 9:14-29; Lc 9:37-43) non riprende questa famosa frase. E' presente piuttosto un'altra frase importante, assicurata in tutte e tre le versioni:

Matteo 17:17 Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Portatelo qui da me».

Marco 9:19 Gesù disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Portatelo qui da me».

Luca 9:41 Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Porta qui tuo figlio».


Osservando i vangeli in modo sinottico infatti, ossia con uno sguardo d'insieme, si evidenzia come questa frase sia l'unica mantenuta in una forma quasi identica da tutti e tre gli evangelisti. 
Tutti e tre, narrando questo racconto si sono premurati di conservare questo "detto di Gesù" quasi come se fosse il nucleo, il centro del brano in questione. Analizzando la situazione in un quadro più ampio, questa pericope è stata inclusa in un punto dei vangeli in cui il tema dominante risulta essere il conflitto di Gesù con il mondo che lo respinge ma anche la tensione con i suoi discepoli che non comprendono la croce e la rifiutano (Mt 16:22).

In Mt 17:20 diventa interessante a questo riguardo anche il termine "poca fede", che Gesù attribuisce ai discepoli. Sebbene molti manoscritti originali (come riportato da Strong's NASBriportino il greco oligopistia tradotta correttamente in questo caso, altri manoscritti (come riportato da Strong's KJV) presentano invece il termine apistia  traducibile però con "assenza di fede". Entrambe le parole ricorrono in più punti nel Nuovo Testamento, in contesti che credo sia importante approfondire.




APISTIA: L'INCREDULITA' NELLA PERSONA DI CRISTO

Romani 3:1-3 Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? Qual è l'utilità della circoncisione? Grande in ogni senso. Prima di tutto, perché a loro furono affidate le rivelazioni di Dio. Che vuol dire infatti se alcuni sono stati increduli? La loro incredulità annullerà la fedeltà di Dio?

L'apostolo Paolo, scrivendo alla comunità di Roma, utilizza la parola apistia per descrivere l'incredulità dei Giudei nei riguardi dell'identità di Gesù Cristo.
Essi sono stati increduli, ma questo non ha annullato la fedeltà di Dio, poiché in futuro "tutto Israele sarà salvato". Il significato in questo contesto riguarda quindi l'assenza di fede (non pochezza, ma assenza) nella persona e nell'identità di Cristo.

Si può trovare lo stesso significato nel vangelo stesso di Matteo, qualche capitolo prima:

Matteo 13:57-58 E si scandalizzavano a causa di lui.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molte opere potenti.

Le persone che conoscevano Gesù anche prima del suo ministero, e che probabilmente lo videro crescere, non riuscivano a credere nel suo messaggio e nella sua identità. Erano incredule nei suoi confronti, non credevano in lui. E per questo motivo Gesù addirittura "non fece molte opere potenti" in quel luogo. Non credo che la loro incredulità fosse un serio problema per il Signore, ma probabilmente il loro mormorio risultava negativo per tutti coloro che invece lo seguivano. Continuando a ministrare in quella regione, le persone sarebbero state confuse dall'incredulità di alcuni. Da lì la decisione di passare altrove. 


APISTIA: L'INCREDULITA' NELLE PROMESSE DI DIO

Nella lettera ai Romani è presente un'altra volta questa parola, ma in questo caso con un significato leggermente diverso:

Romani 4:20-21 davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo.

Abramo infatti non fu incredulo nelle promesse di Dio ma fortificato nella fede. Quello che Dio ha promesso infatti è anche in grado di compierlo. In questa accezione, il fulcro del termine apistia non è più sulla identità ma sulla fedeltà di Dio. Quindi sulla fiducia che Dio manterrà la sua promessa, una fiducia basata su un'aspetto del carattere di Dio.

APISTIA: L'INCREDULITA' DOVUTA ALL'IGNORANZA

1Timoteo 1:12-14 Io ringrazio colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù, nostro Signore, per avermi stimato degno della sua fiducia, ponendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulitàe la grazia del Signore nostro è sovrabbondata con la fede e con l'amore che è in Cristo Gesù.

La terza sfumatura differente di questo termine la troviamo nella prima epistola a Timoteo. L'apostolo Paolo, parlando del suo passato, riconosce di essere stato un violento in quanto agiva nell'incredulità dovuta all'ignoranza. 



Passiamo ora ai contesti in cui viene usato il termine oligopistia/oligopistos per comprendere il significato di questa parola vicina alla precedente ma con sfumature sicuramente differenti. Prenderemo in esame i brani in cui la parola compare all'interno del vangelo di Matteo.


OLIGOPISTOS: LA MANCANZA DI FEDE NELLA PROVVIDENZA

Matteo 6:30 Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede?

In questo caso non siamo di fronte a una vera e propria incredulità ma ad una "poca fede" nella provvidenza di Dio. Una fragilità nel credere che il Signore provveda ai suoi figli, in modo concreto e continuativo. 
Un conto è credere in Dio, ed un altro è credere nel suo aiuto quotidiano.
Credere che ogni giorno, in ogni momento, Egli conosca la nostra necessità e abbia a cuore la nostra sussistenza.

OLIGOPISTOS: LA MANCANZA DI FEDE NEL GOVERNO DI DIO SULLA NATURA

Matteo 8:24-26 Ed ecco si sollevò in mare una così gran burrasca, che la barca era coperta dalle onde; ma Gesù dormiva. E i suoi discepoli, avvicinatisi, lo svegliarono dicendo: «Signore, salvaci, siamo perduti!» Ed egli disse loro: «Perché avete paura, o gente di poca fede?» Allora, alzatosi, sgridò i venti e il mare, e si fece gran bonaccia.

Nel vangelo di Matteo osserviamo un crescendo di rimproveri del Signore. Prima Gesù rimprovera la mancanza di fede dei suoi discepoli sulla provvidenza di Dio ed ora sul suo potere sulla natura. E' come se ci fosse una progressiva rivelazione dell'identità di Cristo, ottenuta raggiungendo ripetutamente il limite massimo dei suoi discepoli per poi andare oltre. Possiamo vedere infatti questa situazione come se fosse un vero e proprio percorso a tappe. La tappa della fede nella provvidenza e la tappa della fede del governo di Dio sulla natura. 


OLIGOPISTOS: LA FEDE SOFFOCATA DALLA PAURA

Matteo 14:29-31 Egli disse: «Vieni!» E Pietro, sceso dalla barca, camminò sull'acqua e andò verso Gesù. Ma, vedendo il vento, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!» Subito Gesù, stesa la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»

In questo passo arriviamo invece alla tappa della fede che supera la paura. Ogni tappa è contraddistinta da una frustrazione iniziale ma che porta ad un avanzamento verso una situazione successiva. Mentre l'apistis, la mancanza di fede, indica una serie di situazioni statiche e a sé stanti, l'oligopistos invece presenta un percorso di crescita della fede. Una fede che c'è, che esiste, ma che è debole. E, partendo da questa debolezza, viene rinforzata di volta in volta. 


OLIGOPISTOS: LA MENTE DI CRISTO


Matteo 16:8 Ma Gesù se ne accorse e disse: «Gente di poca fede, perché discutete tra di voi del fatto di non aver pane?
Matteo 16:11 Come mai non capite che non è di pani che io vi parlavo? Ma guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei».

L'ultima tappa del "percorso della mancanza di fede" (prima del brano di apertura dell'articolo), riguarda questo fraintendimento che i discepoli hanno avuto con Gesù. Nel momento in cui Gesù parlò di lievito, essi iniziarono a pensare al cibo e a come procurarselo senza ricordarsi dei miracoli che il Signore aveva già fatto nella moltiplicazione del pane. Questa pochezza di fede sembrerebbe coinvolgere i miracoli che Gesù poteva fare. Il soggetto del brano però riguarda il fraintendimento su ciò che Cristo stava dicendo, ossia la pochezza di fede che ostacola l'ottenimento della mente di Cristo (cfr. 1Co2:16, Ef 4:23), e il pensiero rivolto alle cose spirituali. "Spirituali" non è sinonimo di "sovrannaturali" e questo caso ne è un esempio lampante. Il pensiero spirituale di Gesù infatti riguardava il peccato e l'ipocrisia dei farisei e sadducei, un aspetto molto concreto e visibile. 


CONCLUSIONI

Abbiamo visto che i due termini che sono riportati in differenti manoscritti nel versetto di Mt 17:20 hanno caratteristiche e significati diversi, seppur con delle somiglianze. Leggendo il brano con la parola apistia,e confrontandolo con gli altri contesti in cui questa parola è presente nel Nuovo Testamento, le parole di Gesù evidenziano una vera e propria mancanza di fede che potremmo definire in modo quasi statico. Una mancanza di fede nella sua identità, sebbene poco prima (Mt 16:16) Pietro avesse avuto la rivelazione di Gesù come il Cristo Figlio del Dio vivente. Sembrerebbe quindi un episodio in cui l'evangelista scelse di riprendere questo tema per rinforzarlo in modo vivace con una riprensione importante di Gesù seguita - sempre nel vangelo di Matteo - da una dichiarazione molto forte: "se avete fede quanto un granello di senape (ovvero se avete la fede: se ne avete un quantitativo microscopico ma pur sempre esistente, al contrario di ora) potrete dire a questo monte: "Passa da qui a là", e passerà; e niente vi sarà impossibile. Una fede però basata su Cristo stesso e non sui propri doni spirituali (Mt 10:1), enfatizzata con un modo letterario che potremmo quasi affiancare a quello iperbolico usato nella retorica. 

Leggendo il brano con la parola oligopistia/oligopistos invece, osserviamo come il vangelo di Matteo presenti un percorso di crescita della fede, scandito da alcune tappe che mostrano differenti "crisi" e culminano proprio con questo passo e la sua frase finale. La provvidenza, il governo di Dio sulla natura, la vittoria della fede sulla paura e la fede derivante dall'avere la mente di Cristo divengono passi verso una crescita spirituale della fede in Dio e in Gesù. 
Potremmo sintetizzare questo concetto con il desiderio stesso dei discepoli, quando rivolgendosi al Signore gli dissero:

Luca 17:5  «Aumentaci la fede!»

E non a caso, rispondendo a questa frase, Gesù rispose loro:

Luca 17:6 Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: "Sràdicati e trapiàntati nel mare", e vi ubbidirebbe.

Una frase da non assolutizzare ma da meditare nel suo giusto contesto e da vivere in prima persona attraverso una costante comunione con Cristo. Un percorso volto all'esercizio della fede e contraddistinto da una serie di rivelazioni e di insegnamenti del Signore. Non una situazione statica ma un percorso esperienziale contraddistinto da una crescita quotidiana, dinamica, fluida e vitale.

sabato 7 settembre 2013

Nella caverna di En Ghedi


1Samuele 24:1 Davide salì di là e abitò nelle fortezze di En-Ghedi.


Valle di Davide, En Ghedi ai giorni nostri

Dal momento in cui uno spirito cattivo, permesso dal Signore, si impossessò di Saul (1 Sam 19:9), egli cominciò a perseguitare Davide con l'intenzione di ucciderlo. Le trasgressioni alle indicazioni di Dio e la gelosia nei confronti dei successi militari di Davide portarono il re di Israele ad essere avvolto da questi legami spirituali e vivere secondo uno spirito omicida. 
Perseguitato da Saul, Davide cominciò una rocambolesca fuga che lo portò a scappare velocemente attraversando diverse località in poco tempo. Arrivò dal profeta Samuele a Rama, poi insieme si diressero a Naiot. Ebbe modo di salutare Gionatan e di stringere un patto con lui prima di tornare a fuggire passando per Nob, Gat e Moab, attraversando i deserti di Zif e Maon. Un'incursione dei Filistei attirò momentaneamente l'attenzione di Saul, dando la possibilità a Davide di nascondersi infine nelle fortezze di En-Ghedi.


Quando Saul tornò dall'inseguimento dei Filistei, vennero a dirgli: «Davide è nel deserto di En-Ghedi». Allora Saul prese tremila uomini, scelti fra tutto Israele, e andò in cerca di Davide e della sua gente fin sulle rocce delle capre selvatiche; e giunse ai recinti di pecore che erano presso la via; là vi era una caverna, nella quale Saul entrò per fare i suoi bisogni. Davide e la sua gente erano in fondo alla caverna. La gente di Davide gli disse: «Ecco il giorno nel quale il SIGNORE ti dice: "Vedi, io ti do in mano il tuo nemico; fa' di lui quello che ti piacerà"». Allora Davide si alzò e, senza farsi scorgere, tagliò il lembo del mantello di Saul. Ma dopo, il cuore gli batté per aver tagliato il lembo del mantello di Saul. Davide disse alla gente: «Mi guardi il SIGNORE dall'agire contro il mio re, che è l'unto del SIGNORE, e dal mettergli le mani addosso; poiché egli è l'unto del SIGNORE». Con queste parole Davide frenò la sua gente e non le permise di gettarsi su Saul. Saul si alzò, uscì dalla caverna e continuò il suo cammino. 
1Samuele 24:2-8 

Mentre Davide si rifugiava in una caverna, Saul vi entrò senza vederlo, mostrandosi quindi vulnerabile. Il re disapprovato da Dio e posseduto da un demone venne praticamente consegnato nelle sue mani. Chi non lo avrebbe interpretato come un segno del Signore? La "gente di Davide" la vide esattamente in questo modo. Un evento così improbabile, una fortuna così rara non può che venire da Dio, ed essere la giusta occasione da parte di Davide di ucciderlo facilmente. Evitare di fare questo inoltre, significava continuare ad essere perseguitati dalle armate di Israele. Non si può fuggire per sempre e i fuggiaschi lo sapevano molto bene. Il loro futuro era la distruzione e la morte qualora Saul avesse continuato a perseguire il suo intento. Davide in un primo momento si avvicinò tagliando di nascosto un lembo del mantello di Saul. Subito dopo però si pentì di questo e, fermatosi, ordinò alla sua gente di non fargli del male perché "egli è l'unto del Signore". Nonostante fosse caduto in discredito, Davide sentì in cuor suo quanto fosse sbagliato ucciderlo. Sentì in cuor suo che giudicarlo ed eseguire la sua condanna non erano funzioni che gli spettavano. Dio non gli aveva dato quell'incarico. Era consapevole che il giudizio spettava solo al Signore. 



Sorgente di En Ghedi ai giorni nostri
Poi anche Davide si alzò, uscì dalla caverna e gridò dietro a Saul, dicendo: «O re, mio signore!» Saul si voltò indietro e Davide s'inchinò con la faccia a terra e si prostrò. Davide disse a Saul: «Perché dai retta alle parole della gente che dice: "Davide cerca di farti del male?" Ecco, in questo giorno tu vedi con i tuoi occhi che oggi il SIGNORE ti aveva dato nelle mie mani in quella caverna; qualcuno mi disse di ucciderti, ma io ti ho risparmiato e ho detto: Non metterò le mani addosso al mio signore, perché egli è l'unto del SIGNORE. Ora, padre mio, guarda qui nella mia mano il lembo del tuo mantello. Se ti ho tagliato il lembo del mantello e non ti ho ucciso, puoi da questo vedere chiaramente che non c'è nella mia condotta malvagità né ribellione e che io non ho peccato contro di te, mentre tu mi tendi insidie per togliermi la vita!Il SIGNORE sia giudice fra me e te e il SIGNORE mi vendichi di te; ma io non ti metterò le mani addosso. 1Samuele 24:9-13 

Con questa mossa coraggiosa, Davide decise di esporsi ed affrontare apertamente Saul. E la sua argomentazione è stata principalmente soltanto una: "le mie azioni e la mia condotta manifestano che non sono malvagio né ribelle, come altri vogliono farti credere". Qualsiasi critica e mormorio avesse accusato Davide alle orecchie di Saul, in questa dichiarazione non può aver fatto altro che cadere all'istante. Davide mostrò in modo chiaro, pratico ed inequivocabile che queste critiche erano false. Lo dimostrò! Mise la sua incolumità e la sua vendetta nelle mani di Dio, consapevole che sarebbero state onorate ma anche che non sarebbero potute essere perseguite da lui in prima persona. Dopo aver fatto tutto questo, spiegò il principio del suo agire:


1Samuele 24:14 Dice il proverbio antico: "Il male viene dai malvagi!" Io quindi non ti metterò le mani addosso.


Il male viene dai malvagi. Non importa quanto la situazione sia favore, quanto il contesto giustifichi le azioni, se un azione è malvagia resta malvagia. E questo malvagi. Di fronte a queste azioni, Saul non solo risparmiò Davide, ma si commosse e riconobbe di essere nel torto. Consapevole che sarebbe salito al trono per volontà di Dio, gli fece giurare di non distruggere la sua discendenza e tornò a casa sua. 



La  nostra caverna di En Ghedi

Credo che questo brano sia denso di insegnamenti per la vita di ogni cristiano. Può succedere di essere perseguitati, magari non fisicamente ma verbalmente. Può succedere di essere oggetto di critiche, pregiudizi, mormorii. Sia fuori che dentro la chiesa. A volte addirittura a causa di un ministro di Dio, un pastore, un leader. Come comportarsi? Cosa fare quando si viene finalmente a conoscenza delle loro debolezze, dei loro peccati? 

La soluzione non è portare discredito davanti a tutti. La soluzione non è disonorare. Ogni uomo sbaglia, nessuno è perfetto, ma agli occhi di Dio non è giusto indicare gli errori altrui per "uccidere" le persone, tanto meno se sono scelti dal Signore per un ufficio particolare. 

1Giovanni 3:15 Chiunque odia suo fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna.

1) Davide in primo luogo dimostrò l'infondatezza delle accuse a suo riguardo. Dimostriamo con le nostre azioni che le critiche nei nostri confronti sono sbagliate. (1 Pietro 2:15)

2) Davide spiegò il motivo delle sue azioni: non si comportò come malvagio perché non lo era. Non lo era, anche a costo di morire. Non comportiamoci come malvagi, in nessuna situazione o contesto. Non scendiamo a compromessi. (Romani 12:21)

3) Davide affidò la sua vita e la sua vendetta nelle mani di Dio. Facciamo altrimenti. (Romani 12:19)

Non sono comportamenti facili, né naturali. Quando si ha ragione si crede di avere il diritto di mostrare la propria ragione a tutti, a qualsiasi costo. Il diritto di ribellarsi. Ma l'amore che siamo chiamati a vivere è molto più forte di un diritto. La nostra esistenza, la nostra vita, il nostro ministero sono nelle mani di Dio. A volte questo semplice pensiero, questa semplice consapevolezza può portare pace nel nostro cuore e accrescere la nostra fede e il nostro affidamento al Signore. se è vero che persino i capelli del nostro capo sono contati (Luca 12:7), quanto più riceveremo aiuto dal Signore nel momento del bisogno per la Sua gloria. Alla fine di tutta questa disavventura infatti, Davide esplose in un canto di gioia. Lo stesso canto che il Signore vuole fare vivere e cantare a ciascuno di noi. Ma non c'è altra via per raggiungerlo, che l'ubbidienza e la mansuetudine. 

Il canto della liberazione

Al direttore del coro.
«Non distruggere».
Inno di Davide, quando, perseguitato da Saul, fuggì nella spelonca.

Abbi pietà di me, o Dio, abbi pietà di me,
perché l'anima mia cerca rifugio in te;
e all'ombra delle tue ali io mi rifugio
finché sia passato il pericolo.
Io invocherò Dio, l'Altissimo,
Dio che agisce in mio favore.
Egli manderà dal cielo a salvarmi,
mentre chi vuol divorarmi m'oltraggia; 
[Pausa]
Dio manderà la sua grazia e la sua fedeltà.
L'anima mia è in mezzo a leoni;
dimoro tra gente che vomita fiamme,
in mezzo a uomini i cui denti sono lance e frecce,
e la cui lingua è una spada affilata.
Innàlzati, o Dio, al di sopra dei cieli,
risplenda la tua gloria su tutta la terra!
Essi avevano teso una rete ai miei piedi,
mi avevano piegato,
avevano scavato una fossa davanti a me,
ma essi vi sono caduti dentro. 
[Pausa]
Il mio cuore è ben disposto, o Dio,
il mio cuore è ben disposto;
io canterò e salmeggerò.
Dèstati, o gloria mia, destatevi,
saltèrio e cetra!
Io voglio risvegliare l'alba.
Io ti celebrerò tra i popoli, o Signore,
ti loderò tra le nazioni,
perché grande fino al cielo è la tua bontà,
e la tua fedeltà fino alle nuvole.
Innàlzati, o Dio, al di sopra dei cieli,
risplenda la tua gloria su tutta la terra!

Salmo 57
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...