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domenica 3 aprile 2022

Il quinto segno


INTRODUZIONE 

Una delle caratteristiche peculiari del Vangelo secondo Giovanni è quella di raccogliere un piccolo numero di miracoli di Gesù definendoli in modo specifico come suoi segni (semeia). Nei Vangeli sinottici, il significato del termine segno è prevalentemente negativo, in quanto viene usato dagli oppositori di Cristo per chiedergli di convincere i dubbiosi sulla sua identità, ricevendo come risposta quasi sempre un rimprovero. Negli Atti degli Apostoli apprendiamo che Gesù compì opere potenti, prodigi e segni (2:22), incontrando per la prima volta questo termine in senso positivo, anche se generico. Nel quarto Vangelo invece, il significato di questa parola assume una dimensione molto più profonda, costituendo di fatto nelle sue ricorrenze una sorta di percorso che conduce il lettore da una superficiale apertura alla fede ad una piena consapevolezza dell'identità di Gesù Cristo, che non necessita più di miracoli per essere sostenuta. Possiamo dunque schematizzare tale percorso nel seguente modo: 


Questi segni raccolgono l'eredità teologica dei segni che Dio ha compiuto per il suo popolo nell'esodo verso la libertà, proiettandoli nella persona di Gesù e nella pienezza della rivelazione salvifica del Padre in lui. Essi testimoniano quindi dell'identità e dello scopo di Cristo, non per far ristagnare i credenti nel deserto della continua necessità di miracoli (come accadde a Israele per la sua incredulità), ma per portarli subito nella maturità di una fede capace di vivere ancorata a lui e portare molto frutto (Gv. 15:5). Una fede capace di entrare subito nella terra promessa per conquistarla. Una terra che questa volta è estesa a tutto il mondo, per una conquista che questa volta è spirituale: mediante la proclamazione del Vangelo e la preghiera, continuando attraverso lo Spirito Santo (con l'autorità di Cristo risorto) l'opera iniziata da Gesù durante il suo ministero terreno (Gv. 17:18). 

Osservando il Vangelo secondo Giovanni nella sua interezza, è possibile ora definire con precisione quali siano i segni specifici presentati dall'opera, e la loro esatta successione. Abbiamo dunque questi sette principali segni, più uno conclusivo:
  1. trasformazione dell'acqua in vino (2:1-11);

  2. guarigione del figlio dell'ufficiale reale (4:46-54);

  3. guarigione dell'uomo paralizzato da trentotto anni (5:1-9);

  4. moltiplicazione dei pani (6:1-14);

  5. Gesù cammina sul mare (6:15-25);

  6. guarigione del cieco nato (9:1-8);

  7. risurrezione di Lazzaro (11:1-46) 

  •  + la pesca miracolosa (21:1-14)5.

Ognuno di questi segni ha un preciso significato circa l'identità di Gesù, e la pienezza della rivelazione relativa alla salvezza di Dio. 

Dopo aver approfondito il primo, secondo, terzo e quarto segno, passiamo adesso al quinto. Dopo la rivelazione su Gesù come Sommo Sacerdote e Sposo, oltre che come Colui che guarisce e che elargisce la Grazia di Dio attraverso la Nuova Alleanza e che è la vera manna del cielo, andiamo a vedere questa nuova rivelazione cristologica.

GESÙ CAMMINA SUL MARE


Gv 6:16 Quando fu sera, i suoi discepoli scesero al mare 17 e, montati in una barca, si dirigevano all'altra riva, verso Capernaum. Era già buio e Gesù non era ancora venuto presso di loro. 18 Il mare era agitato, perché tirava un forte vento. 19 Com'ebbero remato per circa venticinque o trenta stadi, videro Gesù camminare sul mare e accostarsi alla barca; ed ebbero paura. 20 Ma egli disse loro: «Sono io, non temete». 21 Essi dunque lo vollero prendere nella barca, e subito la barca toccò terra là dove erano diretti.

Subito dopo il segno della moltiplicazione dei pani, venuta sera, leggiamo questo altro episodio condiviso anche dai Vangeli sinottici. Anche in Marco e Matteo troviamo questa successione nella quale di fatto il quinto segno rappresenta la conclusione del quarto. In seguito, troviamo il discorso di Gesù sull’essere pane di vita. Nel nostro racconto, la narrazione segue il punto di vista dei discepoli che montano sulla barca e iniziano a navigare senza Gesù. Nel racconto sinottico invece, il racconto segue il punto di vista di Gesù che è solo a terra e vede i discepoli in difficoltà. L’elemento prodigioso è più evidente nel racconto sinottico, specialmente in Matteo, dove Gesù cammina attraverso il mare fino a una barca che è a molti stadi distante da terra. In questa versione assume l’aspetto di un miracolo di natura in cui i discepoli sono salvati. In Giovanni, però, la sostanza del miracolo è significativamente diversa. La spiegazione più plausibile è che Giovanni tratti l’episodio come una epifania divina incentrata sull’espressione “sono io”, del v. 20. Nonostante sia presente anch’essa nei sinottici, infatti, in Giovanni rappresenta un leit-motiv come quella forma del nome divino che il Padre ha dato a Gesù e con la quale identifica sé stesso. Non è un caso il fatto che questa espressione ricorra sette volte nel quarto vangelo, di cui la prima piena ricorrenza si trova proprio nel discorso di Gesù che segue, identificandosi come pane di vita (vv. 28-35).

Il significato dunque nel nostro caso è quello di un’espressione alla maestà di Gesù, in modo molto simile a quello della Trasfigurazione. 

Che ruolo svolge questo segno in rapporto alla moltiplicazione e al resto del capitolo? In una certa misura, l’evangelista lo usa come correttivo della inadeguata reazione della folla alla moltiplicazione. Impressionati dal carattere prodigioso di quel segno essi volevano acclamarlo come messia politico:

Gv. 6:14 La gente dunque, avendo visto il segno miracoloso che Gesù aveva fatto, disse: «Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo». 15 Gesù, quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo.

Ma egli è molto più di “profeta” e “re” e il camminare sull’acqua è un segno che gli permette di interpretare a se stesso, un segno che ciò che egli è può essere espresso pienamente solo col nome divino “Io sono”. 

C’è forse anche un simbolismo pasquale nel camminare sul mare, nel senso di un’allusione al passaggio del Mar Rosso al tempo dell’Esodo. Il racconto liturgico giudaico recitato nella cena di Pasqua, così come ci è stato conservato in un periodo di poco posteriore, associa strettamente il passaggio del mare e il dono della manna. Può essere che Giovanni voglia fare la stessa associazione. Nel seguito del c. 6 leggiamo: 

v. 31 I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto:
"Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo"».


in parallelismo con:

Salmo 78:24 fece piover su di essi la manna per nutrimento
e diede loro il frumento del cielo.


Sempre il Salmo 78 al v. 13 dice:
Divise il mare, li fece passare
e fermò le acque come in un mucchio.

Costituendo anche in questo caso un legame teologico. Ci sono dunque passi dell’Antico Testamento, specialmente tra quelli che parlano dell’Esodo, che contribuiscono a spiegare perché l’episodio di Gesù che cammina sul mare poteva rientrare nel generale motivo pasquale del c. 6 di Giovanni ed essere quindi strettamente associato alla moltiplicazione. 

CONCLUSIONE


Il quarto segno miracoloso di Gesù nel Vangelo secondo Giovanni rivela la sua identità come pane del cielo e come erede escatologico e definitivo del ministero profetico di Elia ed Eliseo. Tra questo segno e il discorso di Gesù nel quale esplicita per la prima volta il suo nome divino “Io sono”, troviamo quindi il racconto della sua camminata sul mare, il quinto segno. 

Diversamente dai sinottici, nel nostro racconto il significato non è meramente quello di un miracolo e del salvataggio dei discepoli quanto quello di una vera e propria manifestazione divina di Gesù, una teofania simile a quella della Trasfigurazione. 

Possiamo rintracciare, infine, una traccia biblica che interseca il tema pasquale dell’attraversamento del mare con quello della manna. Un parallelo presente tanto nella tradizione giudaica pasquale quanto nel Salmo 78 e nel nostro brano. 

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