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domenica 27 giugno 2021

L'insegnamento di Gesù sul divorzio nel vangelo secondo Marco

INTRODUZIONE

Al centro di qualsiasi società umana, in qualsiasi cultura, ci sono sempre state delle tappe sociali universali: nascite, passaggi verso l'età adulta, matrimoni. Il contesto ebraico del I secolo non era senz'altro esente da questi appuntamenti che venivano vissuti secondo le prescrizioni della Torah e secondo le sue interpretazioni per i vari gruppi religiosi dell'epoca. 

In questo quadro complessivo le controversie che Gesù affronta con i farisei, così come raccontate nei Vangeli,  non sono da considerarsi come casuali ma rispecchiano in modo preciso le discussioni che questo gruppo giudaico promuoveva nel I secolo per interpretare e attualizzare al loro meglio il testo biblico. Le conversazioni tra i migliori maestri sarebbero in seguito confluite nei  nel Talmud. 

Tra le varie questioni prese in causa dai rabbini, e sottoposte a Gesù, troviamo anche quella del matrimonio e del divorzio. 

1. LA TORAH

Il punto di partenza del nostro percorso non può che essere il Pentateuco, ossia i primi cinque libri biblici normativi per ebrei e cristiani dove troviamo appunto le prescrizioni relative ad ogni aspetto della vita quotidiana secondo la volontà di Dio. 

Nel libro del Deuteronomio leggiamo che Mosè affronta il tema del matrimonio e del divorzio con le seguenti parole:

Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via.

Deuteronomio 24:1 

Come possiamo notare a una semplice lettura, il divorzio viene previsto e consentito a condizione che il marito scopra qualcosa di indecente a riguardo della moglie. L'allusione a qualcosa di indecente, così come troviamo nella traduzione italiana, è probabile che guardi un'infedeltà, anche se in effetti non viene detto in modo esplicito. Esaminando il testo ebraico originale, troviamo che questo termine è reso con עֶרְוָה ʻervâh i cui significati letterari sono nudità, vergogna, indecenza. La stessa parola ricorre anche nel capitolo precedente, in relazione alla condizione della comunità:

Infatti il SIGNORE, il tuo Dio, cammina in mezzo al tuo accampamento per proteggerti e per sconfiggere i tuoi nemici davanti a te; perciò il tuo accampamento dovrà essere santo, affinché egli non veda in mezzo a te nulla d'indecente e non si ritiri da te.

Deuteronomio 23:14 

Appare chiaro dunque che questo concetto viene presentato nel libro biblico come opposto a quello di santo. Questo indizio può confermare la definizione delle condizioni nelle quali è legittimo divorziare, ossia a causa di infedeltà, condotta impura, anche se i contorni e il contesto appaiono ancora confusi e lasciati al giudizio dei singoli casi. 

A partire da questo versetto, dunque, verso quali direzione andavano le interpretazioni dei farisei del I secolo d.C?

2. IL TALMUD

Nella Mishnà Ghittin 9,10 - redatta alcuni secoli dopo mettendo per iscritto tradizioni orali dell'epoca che stiamo considerando - leggiamo che la scuola del maestro Shammai (50 a.C. - 30 d.C.) insegnava che "il marito non deve ripudiare la moglie fuorché nel caso in cui egli constati in lei un contegno immorale, conforme al testo che dice: “avendo egli trovato in lei qualche cosa di sconcio"

Questa esposizione appare rispettosa del testo biblico ma tra le scuole di pensiero teologico dell'epoca era addirittura la più morbida. 

La scuola di Hillel (60 a.C. - 7 d.C.) infatti, contraddistinta da un approccio più rigido, affermava: "[Egli può divorziare da lei] anche se essa ha recato offesa comunque (letteralmente: abbia rovinato una pietanza), come è scritto, “avendo egli trovato in lei qualche cosa di sconcio in qualsiasi cosa”.

Quest'ultima interpretazione ci appare più libera, prendendosi delle libertà che non sono strettamente legate al testo di partenza ma che erano comunque tenute in alta considerazione al tempo di Gesù e praticate dalle persone che ritenevano affidabile l'insegnamento del rabbi Hillel. Troviamo traccia di questa variante anche in Mt. 19:3.

Nella controversia già avviata, dunque, ad un certo punto del ministero pubblico di Gesù alcuni farisei chiesero il suo punto di vista sulla questione. 

3. GESU'

Poi Gesù partì di là e se ne andò nei territori della Giudea e oltre il Giordano. Di nuovo si radunarono presso di lui delle folle; e di nuovo egli insegnava loro come era solito fare. 

Dei farisei si avvicinarono a lui per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito a un marito mandare via la moglie?» 

Egli rispose loro: «Che cosa vi ha comandato Mosè?» Essi dissero: «Mosè permise di scrivere un atto di ripudio e di mandarla via». Gesù disse loro: «È per la durezza del vostro cuore che Mosè scrisse per voi quella norma; ma al principio della creazione Dio li creò maschio e femmina. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne. L'uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito». In casa i discepoli lo interrogarono di nuovo sullo stesso argomento.  Egli disse loro: «Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei;  e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio».
Marco 10:1-12 

La domanda riportata da Marco, con l'intento di mettere alla prova Gesù e confutare la sua implicita messianicità, viene riportata in questo modo: «È lecito a un marito mandare via la moglie?». Il resoconto di Matteo aggiunge «per un qualsiasi motivo», confermando i termini della diatriba che abbiamo già delineato. La liceità del divorzio in realtà non è messa in discussione, quanto piuttosto la sua condizione: per motivi di sconvenienza sessuale o anche di altro tipo?

Gesù sceglie di non rispondere aderendo a una delle due soluzioni e chiede ai suoi interlocutori cosa ha comandato Mosè, ricevendo la risposta che tutti già conoscevano. 

La sua controrisposta viene articolata in due momenti. Nel primo egli si rifà al motivo per cui Mosè ha dato queste istruzioni: per la durezza dei loro cuori. La parola greca utilizzata qui nel testo originale è sklērokardia, e indica l'atteggiamento di colui che, venendo meno alla fede in Dio, si oppone al compimento della sua volontà. La concessione del divorzio viene considerata, quindi, come una concessione che non apparteneva alla volontà originaria di Dio ma che è stata data come compromesso in un secondo momento visto che il popolo non era in grado di seguire il volere divino. Gesù si appella a un principio anteriore alla Legge, il principio della volontà originaria di Dio. Nel secondo momento troviamo invece la citazione dei due seguenti passi biblici: 

1) Dio li creò maschio e femmina (Gn. 1:27)

Dio creò l'uomo a suo immagine maschio e femmina. Con questa citazione Gesù fa rilevare come l'unione sponsale sia in maniera costitutiva inscritta nella struttura umana, perché è il ricongiungimento delle due persone, che formano l'unico Adamo. 

2) Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne.  (Gn. 2:24)

Con questa seconda citazione Gesù richiama il valore prioritario della relazione di coppia, fondata sull'avvenuta unità della carne, in confronto a tutti gli altri rapporti familiari. 

Dopo tutto questo arriva la vera risposta ai farisei: "L'uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito".

CONSIDERAZIONI FINALI

Da un punto di vista legale i farisei avevano ragione: «Mosè permise di scrivere un atto di ripudio e di mandarla [la moglie] via». La Torah permette il divorzio, anche nella possibilità più limitata dell'immoralità sessuale. 

Gesù tuttavia non si attiene alla prescrizione della Legge ma presenta il principio precedente della Creazione: l'uomo è stato creato come uomo e donna e questa è la sua realtà esistenziale, che non può cambiare. L'uomo e la donna diventano una sola carne in un'unione voluta da Dio che l'uomo è chiamato a non dividere. La possibilità del divorzio è stata data come concessione in un secondo momento, per venire incontro alla debolezza umana nel seguire la volontà di Dio. 

Questa stessa linea è stata mantenuta dall'apostolo Paolo, come leggiamo in 1 Corinzi 7, difendendo prima di tutto l'unità del matrimonio. Paolo tuttavia, consapevole dei problemi all'interno delle comunità cristiane, estenderà questa riflessione verso un'attenzione particolare alle coppie composte da credenti e non credenti, riammettendo la possibilità di separazione nel caso in cui il partner non credente desideri farlo. 

Il tema è senz'altro complesso e bisogna adottare buon senso e attenzione alla salute e alla dignità dei singoli, essendo consapevoli comunque della volontà originaria di Dio. 

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