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domenica 10 febbraio 2019

Insieme per (ri)costruire






















Nota:  questi sono gli appunti del messaggio predicato al centro REHOBOTH Saronno il 10/02/2019

Raccontai loro come la benefica mano del mio Dio era stata su di me, e riferii le parole che il re mi aveva dette. Quelli dissero: "Sbrighiamoci e mettiamoci a costruire!" E si fecero coraggio con questo buon proposito.
Nehemia 2:18

INTRODUZIONE 

I libri di Esdra e Nehemia testimoniano di un miracolo. Un risveglio, una rinascita, anzi: una vera e propria risurrezione dai morti. Non di una singola persona ma, in modo ancora più incredibile, di un intero popolo e di una intera nazione. Ricordiamo la visione del profeta dell’esilio Ezechiele nella valle delle ossa secche (Ez. c. 37): il profeta viene trasportato in una valle piena di ossa secche e, alla parola del Signore che infonde lo Spirito, queste ossa si ricongiungono con muscoli, carne e pelle. La spiegazione di questa immagine è la seguente:

Egli mi disse: «Figlio d'uomo, queste ossa sono tutta la casa d'Israele. Ecco, essi dicono: "Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti!" Perciò, profetizza e di' loro: Così parla il Signore, DIO: "Ecco, io aprirò le vostre tombe, vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d'Israele. Voi conoscerete che io sono il SIGNORE, quando aprirò le vostre tombe e vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio! E metterò in voi il mio Spirito, e voi tornerete in vita; vi porrò sul vostro suolo, e conoscerete che io, il SIGNORE, ho parlato e ho messo la cosa in atto", dice il SIGNORE»
Ezechiele 37:11-14

I sacerdoti, i nobili, gli artigiani di Giuda erano deportati a Babilonia, la nazione settentrionale di Israele era stata deportata in Assiria più di un secolo prima, il tempio di Gerusalemme - luogo della presenza di Dio sulla terra - era stato distrutto. Le promesse di benedizione e prosperità per il popolo sembravano definitivamente sepolte in terra straniera e all’orizzonte non appariva più alcun futuro per il popolo nella sua identità e integrità. Ma da questa desolazione, da questa tragedia, l’oracolo profetico promuove una parola di speranza. La speranza di una vera e propria risurrezione nazionale. Qual è la prima cosa che il Signore chiede di fare? Crederci. E dalla tomba arriverà a sorgere una nuova vita. 

Ecco, il versetto che stiamo per considerare (Ne. 2:18) si inserisce nel tempo di realizzazione di questa promessa, nel tempo di realizzazione di questo miracolo. 

UNITI DAL PROPOSITO DI DIO

Zorobabele e Giosuè avevano già guidato il primo rimpatrio e ricostruito il tempio a Gerusalemme. Era stato un vero e proprio pellegrinaggio religioso, con l’obiettivo di ricostruire il luogo più santo del giudaismo (Ed. 1-6). Successivamente Esdra aveva capeggiato un secondo rimpatrio (458 a.C., Ed. 7-10). Una parte del popolo di Giuda era dunque già tornato nella sua terra, il tempio si stava ricostruendo, ma naturalmente mancava ancora molto per poter dire di essere al sicuro. In questo tempo infatti in Persia Nehemia apprende che "i superstiti della deportazione sono là, nella provincia, in gran miseria e nell'umiliazione; le mura di Gerusalemme restano in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco"Egli dunque si sente profondamente coinvolto da questa situazione, prega il Signore e con convinzione sottopone il problema al re Artaserse che lo lascia andare per offrire il proprio contributo. Nehemia fa un sopralluogo per vedere di persona l’entità della devastazione delle mura e delle porte delle città e poi, nel versetto che stiamo considerando, si rivela al popolo, ai sacerdoti e ai Giudei raccontando l’approvazione che aveva ricevuto da Artaserse e il piano di ricostruzione che Dio gli aveva messo in cuore. 

Questo libro biblico e questa vicenda resta di grande edificazione spirituale anche oggi, a migliaia di anni di distanza. Esattamente come nella parabola di Gesù sui lavoratori nella vigna (Mt. 20), Nehemia non è il primo uomo a iniziare un lavoro, ma si inserisce nel lavoro iniziato da altri (partendo appunto dal tempio, ossia dal cuore della fede giudaica) per promuovere l’indispensabile opera di costruzione delle mura a protezione della città, e contribuire in modo determinante. Ecco quindi che un racconto storico-teologico può trascendere il suo contesto più immediato per avere un impatto anche su noi oggi, credenti del XXI secolo, in una forma di attualizzazione ermeneutica. Riflettendoci infatti possiamo rilevare molti punti in comune con la nostra fede quotidiana e molti princìpi spirituali che possono essere di utilità anche per noi oggi. Vediamone alcuni. 

Il primo può riguardare l’esigenza di ripristinare il luogo di adorazione nella nostra vita e, in seguito a questo, proteggere la fiamma della fede che il Signore ci ha affidato. Il tempio infatti può rappresentare la nostra devozione personale per Dio, che in Cristo deve avere il primo posto nella nostra vita. Ma questo non basta: bisogna anche difendere e coltivare questa intimità con nuove abitudini quotidiane, e questa esigenza può venir paragonata all’urgenza di costruzione delle mura. Così come le mura non sono costruite da un solo uomo, tuttavia, allo stesso modo anche la nostra fede non può essere conservata e coltivata esclusivamente in solitudine davanti al Signore, ma è promossa e rafforzata nella frequentazione della nostra comunità: il luogo dove Dio si usa di altri fratelli e sorelle per farci crescere nel carattere, nella formazione e nella maturità. Proseguendo nella lettura del successivo capitolo di Nehemia infatti vediamo come tutto il popolo risponde volenteroso all’appello dell’uomo di Dio e ciascuno prende il proprio posto di lavoro per la ricostruzione complessiva delle mura. Il lavoro di tutti per l’edificazione comune. Proprio come accade nel corpo di Cristo, dove ogni membro è chiamato a intervenire in base al vigore della propria forza per trarre il proprio sviluppo complessivo (Ef. 4:16). Non importa dunque quale incarico possiamo avere in chiesa: tutti siamo tempio dello Spirito Santo, e tutti siamo chiamati a sostenere, incoraggiare, formare e difendere la nostra maturità spirituale individuale e comunitaria. Tutti noi abbiamo questa missione da compiere, ma sempre in modo personale e unico, secondo la nostra chiamata più specifica e il contributo particolare che il Signore ci chiede di dare.

Oltre alla missione di ciascuno, questo esempio biblico può istruirci sulla corretta attitudine da mantenere nel corso della nostra vita di fede. La costruzione delle mura non è avvenuta in un sol giorno, e in modo simile anche le nostre opere di fede non si limitano al giorno in cui abbiamo accettato la salvezza del Signore. No, la vita cristiana più che a una corsa ai cento metri assimiglia a una maratona a staffetta, e quello che il Signore ci richiede è costanza e integrità nel nostro servizio. Tutto questo per il nostro carattere, per la nostra crescita e per la nostra maturità. Più ancora delle mura ricostruite, questa opera ha prodotto una grande unità in un popolo scoraggiato e demotivato. E, in forma simile, più di qualsiasi opera che possiamo fare nella nostra vita, la fede che conserviamo viene raffinata nelle difficoltà ed è per Dio più preziosa dell’oro fino (1 Pt. 1:7). Il nostro amore, il nostro carattere e la fede che tempriamo nel fuoco sono le uniche cose che potremo portare nell’eternità, ed è in queste cose che il Signore ci chiede di investire. 

Un terzo esempio che possiamo trarre, infine, riguarda l’esempio. Nehemia non si è lasciato scoraggiare dal suo lavoro, dal mettere a repentaglio la propria vita, dalla demotivazione del popolo, dalla lentezza dei lavori o dall’enormità dei cantieri. Al contrario, è sempre stato focalizzato sull’obiettivo che sentiva in cuore da parte di Dio e sulla sua determinazione a realizzarlo, a qualsiasi costo. Questo ha fatto di lui un esempio positivo, che ha portato il popolo a reagire secondo il proposito stesso di Dio. La Scrittura ci esorta a fare lo stesso: non lasciarci scoraggiare dalle circostanze o dai nostri limiti ma agire in modo fermo nella fede per continuare a “combattere il buon combattimento”. Questo sarà utile per noi, ma aiuterà anche le persone che il Signore ci metterà vicino e potremo essere per loro degli esempi positivi. Dobbiamo considerare che, in ultima analisi, tutti noi siamo sempre e comunque degli esempi: influenziamo tutti le persone che abbiamo intorno, in un modo o nell’altro. Ma sta a noi decidere che esempi essere: esempi di scoraggiamento e dubbio o esempi di incoraggiamento e fede. Dimoriamo nella chiamata e nel proposito che Dio ha depositato nel nostro cuore e non potremo fallire. Proprio come Nehemia.

CONCLUSIONE

I libri biblici di Esdra e Nehemia sono testimoni di un grande miracolo: la risurrezione del popolo di Giuda che, deportato a Babilonia, ormai di dava per distrutto. In questo tempo, Dio ha suscitato singoli uomini per promuovere un prodigioso ritorno e una impegnativa ricostruzione. Prima è stato ricostruito il tempio e poi, con l’entrata in scena di Nehemia, le mura di Gerusalemme che fino a quel momento erano devastate, con le porte consumate dal fuoco. 

In quanto cristiani, da questa vicenda biblica possiamo trarre edificazione e direzione in almeno tre aspetti specifici della nostra fede: l’impegno nella nostra missione, nella crescita del nostro carattere e la nostra integrità nell’essere di esempio. Ogni credente infatti ha in sé il proposito di custodire la fede che Dio ha riposto nei nostri cuori, e alimentarla condividendola sia nei vari contesti quotidiani sia vivendo la realtà di una chiesa locale. Qui infatti ci può essere quella sinergia che il Signore desidera per la sua chiesa, il servizio reciproco che rafforza la fede di ciascuno. Sicuramente poi, ogni cristiano ha una chiamata specifica con doni e eventualmente ministeri che consentono l’offerta di un contributo che resta personale e unico nel suo genere. Ma l’impegno personale, proprio come quello di Nehemia deve essere quello della costanza e della fedeltà alla visione che Dio ha donato. Un secondo aspetto conseguente a questo riguarda quindi proprio l’impegno continuativo nel tempo per poter vedere realizzata l’opera di Dio e il sacrificio necessario a veder plasmato il proprio carattere secondo il carattere del Signore Gesù. Questo processo a volte può essere doloroso, ma è per il nostro bene, e ne vale sempre la pena. Infine, come ultimo punto, vivere questa realtà porta automaticamente a essere degli esempi e ispirare le persone che ci circondano nel seguire le nostre orme, sempre per il bene comune. Sempre per a ricostruzione delle mura di Gerusalemme: la città della presenza di Dio. 

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