Nota: questi sono gli appunti di un sermone predicato nella Missione Oikos di Como il 25 giugno 2017.
I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento.
Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».
Matteo 22:34-40
Matteo 22:34-40
Settimana scorsa abbiamo visto leggendo questo brano che ai comandamenti di amare Dio e il prossimo sono "appesi" tutta la legge e i profeti, ossia
è “appesa” tutta la Bibbia. Se non amiamo Dio e/o se non amiamo
il prossimo, tutta la Bibbia cade, perché non applicata. Per questo
motivo dobbiamo essere sempre vigili e attenti a vivere personalmente
entrambe queste realtà.
Se però settimana scorsa ci siamo
concentrati sul comandamento di amare Dio, quest'oggi ci
concentreremo invece sul secondo comandamento, che è appunto "Ama
il tuo prossimo come te stesso".
La prima domanda che ci possiamo fare è: chi è il nostro prossimo?
Il
nostro prossimo è chi ci è più vicino.
Dio non ci comanda di amare genericamente tutta l'umanità, ma di
amare chi ci è più vicino allo stesso modo di come amiamo noi
stessi. Quindi i nostri genitori, i nostri fidanzati, le nostre
fidanzate, mariti, mogli in primo luogo. Fratelli e sorelle della
chiesa, amici, colleghi di lavoro in secondo luogo. E poi, tutte le
altre persone che il Signore mette quotidianamente sulla nostra
strada. Ognuna di queste persone infatti deve essere oggetto del
nostro amore. Sulla base di questo comandamento cristiano, è possibile partire per
innumerevoli riflessioni diverse. In questa occasione però vorrei vedere le
implicazioni di questo insegnamento nel contesto della comunità cristiana, in modo biblico e
pratico.
Sappiamo
che l'apostolo Paolo ha scritto ai corinzi: Se
avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la
scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non
avessi amore, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per
nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi
amore, non mi gioverebbe a niente
(1 Cor. 13:2-3). Fermiamoci a riflettere: tutto questo non può che stupire!
Paolo sta dicendo che se io avessi il dono
profetico più alto del mondo ma non avessi amore (interesse, sensibilità) per chi mi è
vicino, non
sarei nulla.
Se avessi fede tale da spostare i monti ma non avessi amore (cura, premura), non
sarei nulla.
Se vendessi tutti i miei beni e andassi per le vie della mia città ad aiutare i senzatetto ma dimenticando di essere presente e di aiuto per chi mi è più vicino....non
sarei nulla.
Questa considerazione è tremenda. E' la peggiore notizia che
potessimo ricevere. Perché non c'è scampo: ogni aspetto della
nostra vita personale agli occhi di Dio è promossa o bocciata non
tanto per l'esercizio dei nostri talenti/doni personali o della nostra condotta pubblica, ma per
un unico fattore: l'amore per chi ci è vicino. Al contrario, paradossalmente
possiamo non avere un riconosciuto ministero ecclesiastico, possiamo non avere doni dello Spirito ma
amando il nostro vicino possiamo essere approvati da Dio anche se siamo sconosciuti nella società. Dato questo fatto, diviene imperativo
comprendere come possiamo identificare questo amore. Questa parola
copre un'infinità di significati come sappiamo, ma oggi vorrei
concentrarmi su poche chiare e pratiche linee guida che possono
aiutarci a vivere nel migliore dei modi la nostra realtà di chiesa locale.
1)
Dobbiamo prendere coscienza del fatto che siamo diversi. Abbiamo
caratteri, lavori, formazioni scolastiche, hobby, gusti alimentari,
età completamente diverse gli uni per gli altri. In ogni chiesa i membri sono eterogenei, e questo è normale. Se non avessimo lo
stesso amore per Dio (primo requisito) forse non ci saremmo mai
neanche incontrati, figuriamoci aver stretto amicizie! Pensiamoci bene: è
così. Quello che abbiamo in comune non sono gusti, ma è la stessa
fede e lo stesso vibrante amore per Dio. Quando siamo focalizzati su
di lui, soprattutto in preghiera, ogni cosa si dissolve e pur essendo molti in realtà siamo UNO. Quando però consideriamo le scelte personali
degli altri, i comportamenti degli altri, le idee degli altri....non
solo torniamo ad essere numerosi ma facciamo anche scintille ad ogni
dialogo! E anche questo è normale:
Il ferro forbisce il ferro;
così un uomo ne forbisce un altro.
così un uomo ne forbisce un altro.
Proverbi
27:17
Le
asperità dei caratteri si smussano vicendevolmente. Ma
dobbiamo imparare a sottomettere i nostri caratteri al carattere di
Cristo che è già in noi, e che con fatica sta cercando di venire
fuori. Se tutti ci impegniamo in questo, litigheremo e discuteremo,
ma ci chiariremo sempre, e ci sosterremo realmente come fratelli e
come sorelle, come una famiglia.
2)
Si, ma oltre che andare in preghiera davanti al Signore nei momenti
di conflitti, cosa possiamo fare di pratico per venirci incontro?
Tre cose: dialogare,
ascoltare attivamente, comprendere l'altro.
A) Il dialogo. Sapete, il dialogo è l'arte più difficile di questo mondo. Noi siamo abituati a parlare tanto senza dire niente. Ci sentiamo a disagio ad esprimere quali sono i nostri reali punti deboli o le nostre battaglie personali, perché dicendole a qualcuno ci rendiamo vulnerabili. Non è possibile di punto in bianco confidare tutti i segreti del nostro cuore a chi è seduto al nostro fianco, ma possiamo senza dubbio impegnarci a conquistare la confidenza dell'altro con la nostra fedeltà, e a esporci, per permettere agli altri di capire la nostra situazione (Salmo 15:2, dire la verità all'altro, come la si ha nel cuore).
B) L'ascolto attivo. Vi è mai successo di parlare con qualcuno che palesemente aspetta solo che voi finiate per iniziare a dire lui quello che ha in mente? E' spiacevole. Ma a livelli diversi è un'attitudine dentro ciascuno di noi, perché ciascuno di noi vuole essere protagonista. Hanno costruito Internet 2.0 proprio su questo concetto! Tutti vogliono esprimere il proprio pensiero, anche sopra quello degli altri. Ma Dio ci chiama a dare agli altri attenzione. Ad ascoltare attivamente quello che il prossimo ci sta dicendo, rinunciando a parlare con chi ci è più gradito in quel momento, rinunciando al cellulare, rinunciando ad andare a casa subito dopo la celebrazione domenicale. E' un sacrificio. Ma essere sacrifici viventi, santi e graditi a Dio significa anche questo. Ascoltiamo con interesse e scopriremo i tesori nei cuori dell'altro (Giacomo 1:19 lenti a parlare, lenti all'ira ma sempre pronti all'ascolto).
C) La comprensione. Se impariamo a dialogare e ad ascoltare meglio, impareremo anche a comprendere meglio l'altro. Comprenderlo non vuol dire giustificare i suoi errori o peccati, ma capire le sue difficoltà e spesso anche le circostanze che hanno portato a determinati errori o offese. Imparare a metterci “nei panni degli altri” è una risorsa utile e preziosa per ogni cristiano, perché riduce il giudizio, i sentimenti di superiorità e promuove invece la solidarietà di Cristo. Dopo aver compreso l'altro si può aiutarlo. Anche solo ad esprimere la nostra vicinanza a parole, o con piccoli gesti. E questo fa la differenza.
3)
Avere aspettative sobrie sulle altre persone. Spesso abbiamo
determinate aspettative sulle altre persone senza neanche informarle
dei nostri pensieri e senza capire il loro punto di vista. E quando
queste vengono disattese, ne siamo frustrati. Ebbene, non possiamo
demandare tutto al fatto che l'altra persona “ci deve arrivare da
sola”, perché sulla base di questo motto sono finite le migliori
relazioni.
La
speranza insoddisfatta fa languire il cuore,
ma
il desiderio realizzato è un albero di vita.
Proverbi
13:12
E'
necessario esporci, condividere cosa ci aspettiamo dagli altri in
modo che lo sappiano, e capire qual è la situazione dell'altra
persona e se può o meno realizzare la nostra aspettativa. Ci
accorgeremo che non è sempre così, e in questo caso non dobbiamo
cadere nel tranello dell'accusa. Se l'altra persona non può darci
quello che ci aspettiamo, prendiamone atto senza recriminare. E'
così e basta, senza cattiveria. Non possiamo mettere in croce
l'altro per lacune e mancanze, per un semplice fatto: Cristo è già stato messo in croce
proprio per quelle lacune e mancanze. Così come per le mie. Quindi
prendiamone atto, senza giudicare o accusare: siamo tutti “work in
progress” per il Signore.
4)
Perdoniamoci a vicenda, perché questo è l'unico modo in cui poter
vivere in famiglia. E ogni chiesa locale è una famiglia.
Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno
ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così
fate anche voi.
Colossesi
3:13
Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete
condannati; perdonate, e vi sarà perdonato.
Luca
6:37
Ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro
perdonerà le vostre colpe.
Matteo
6:15
Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno,
perdonate; affinché il Padre vostro, che è nei cieli, vi perdoni le
vostre colpe.
Marco
11:25
Queste
condizioni sono il nostro essere chiesa. Non possiamo partire che da
qui, e non possiamo tornare che qui. La famiglia spirituale nella quale siamo è la
casa del Signore e noi dobbiamo preservarla al meglio delle nostra
possibilità. Essa è la famiglia che il Signore onora con la sua
presenza, è la casa nella quale voglio e vogliamo abitare.
E
se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete
servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o
gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e
alla casa mia, serviremo il SIGNORE».
Giosuè
24:15
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