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domenica 4 febbraio 2018

Amare il prossimo: il secondo comandamento

Nota: questi sono gli appunti di un sermone predicato nella Missione Oikos di Como il 25 giugno 2017.

I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento. 
Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».
Matteo 22:34-40


Settimana scorsa abbiamo visto leggendo questo brano che ai comandamenti di amare Dio e il prossimo sono "appesi" tutta la legge e i profeti, ossia è “appesa” tutta la Bibbia. Se non amiamo Dio e/o se non amiamo il prossimo, tutta la Bibbia cade, perché non applicata. Per questo motivo dobbiamo essere sempre vigili e attenti a vivere personalmente entrambe queste realtà. 

Se però settimana scorsa ci siamo concentrati sul comandamento di amare Dio, quest'oggi ci concentreremo invece sul secondo comandamento, che è appunto "Ama il tuo prossimo come te stesso". La prima domanda che ci possiamo fare è: chi è il nostro prossimo? Il nostro prossimo è chi ci è più vicino. Dio non ci comanda di amare genericamente tutta l'umanità, ma di amare chi ci è più vicino allo stesso modo di come amiamo noi stessi. Quindi i nostri genitori, i nostri fidanzati, le nostre fidanzate, mariti, mogli in primo luogo. Fratelli e sorelle della chiesa, amici, colleghi di lavoro in secondo luogo. E poi, tutte le altre persone che il Signore mette quotidianamente sulla nostra strada. Ognuna di queste persone infatti deve essere oggetto del nostro amore. Sulla base di questo comandamento cristiano, è possibile partire per innumerevoli riflessioni diverse. In questa occasione però vorrei vedere le implicazioni di questo insegnamento nel contesto della comunità cristiana, in modo biblico e pratico.

Sappiamo che l'apostolo Paolo ha scritto ai corinzi: Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente (1 Cor. 13:2-3). Fermiamoci a riflettere: tutto questo non può che stupire! Paolo sta dicendo che se io avessi il dono profetico più alto del mondo ma non avessi amore (interesse, sensibilità) per chi mi è vicino, non sarei nulla. Se avessi fede tale da spostare i monti ma non avessi amore (cura, premura), non sarei nulla. Se vendessi tutti i miei beni e andassi per le vie della mia città ad aiutare i senzatetto ma dimenticando di essere presente e di aiuto per chi mi è più vicino....non sarei nulla. Questa considerazione è tremenda. E' la peggiore notizia che potessimo ricevere. Perché non c'è scampo: ogni aspetto della nostra vita personale agli occhi di Dio è promossa o bocciata non tanto per l'esercizio dei nostri talenti/doni personali o della nostra condotta pubblica, ma per un unico fattore: l'amore per chi ci è vicino. Al contrario, paradossalmente possiamo non avere un riconosciuto ministero ecclesiastico, possiamo non avere doni dello Spirito ma amando il nostro vicino possiamo essere approvati da Dio anche se siamo sconosciuti nella società. Dato questo fatto, diviene imperativo comprendere come possiamo identificare questo amore. Questa parola copre un'infinità di significati come sappiamo, ma oggi vorrei concentrarmi su poche chiare e pratiche linee guida che possono aiutarci a vivere nel migliore dei modi la nostra realtà di chiesa locale.

1) Dobbiamo prendere coscienza del fatto che siamo diversi. Abbiamo caratteri, lavori, formazioni scolastiche, hobby, gusti alimentari, età completamente diverse gli uni per gli altri. In ogni chiesa i membri sono eterogenei, e questo è normale. Se non avessimo lo stesso amore per Dio (primo requisito) forse non ci saremmo mai neanche incontrati, figuriamoci aver stretto amicizie! Pensiamoci bene: è così. Quello che abbiamo in comune non sono gusti, ma è la stessa fede e lo stesso vibrante amore per Dio. Quando siamo focalizzati su di lui, soprattutto in preghiera, ogni cosa si dissolve e pur essendo molti in realtà siamo UNO. Quando però consideriamo le scelte personali degli altri, i comportamenti degli altri, le idee degli altri....non solo torniamo ad essere numerosi ma facciamo anche scintille ad ogni dialogo! E anche questo è normale:  
 
Il ferro forbisce il ferro; 
così un uomo ne forbisce un altro. 
Proverbi 27:17  

Le asperità dei caratteri si smussano vicendevolmente. Ma dobbiamo imparare a sottomettere i nostri caratteri al carattere di Cristo che è già in noi, e che con fatica sta cercando di venire fuori. Se tutti ci impegniamo in questo, litigheremo e discuteremo, ma ci chiariremo sempre, e ci sosterremo realmente come fratelli e come sorelle, come una famiglia. 

2) Si, ma oltre che andare in preghiera davanti al Signore nei momenti di conflitti, cosa possiamo fare di pratico per venirci incontro? Tre cose: dialogare, ascoltare attivamente, comprendere l'altro.

A) Il dialogo. Sapete, il dialogo è l'arte più difficile di questo mondo. Noi siamo abituati a parlare tanto senza dire niente. Ci sentiamo a disagio ad esprimere quali sono i nostri reali punti deboli o le nostre battaglie personali, perché dicendole a qualcuno ci rendiamo vulnerabili. Non è possibile di punto in bianco confidare tutti i segreti del nostro cuore a chi è seduto al nostro fianco, ma possiamo senza dubbio impegnarci a conquistare la confidenza dell'altro con la nostra fedeltà, e a esporci, per permettere agli altri di capire la nostra situazione (Salmo 15:2, dire la verità all'altro, come la si ha nel cuore).

B) L'ascolto attivo.  Vi è mai successo di parlare con qualcuno che palesemente aspetta solo che voi finiate per iniziare a dire lui quello che ha in mente? E' spiacevole. Ma a livelli diversi è un'attitudine dentro ciascuno di noi, perché ciascuno di noi vuole essere protagonista. Hanno costruito  Internet 2.0 proprio su questo concetto! Tutti vogliono esprimere il proprio pensiero, anche sopra quello degli altri. Ma Dio ci chiama a dare agli altri attenzione. Ad ascoltare attivamente quello che il prossimo ci sta dicendo, rinunciando a parlare con chi ci è più gradito in quel momento, rinunciando al cellulare, rinunciando ad andare a casa subito dopo la celebrazione domenicale. E' un sacrificio. Ma essere sacrifici viventi, santi e graditi a Dio significa anche questo. Ascoltiamo con interesse e scopriremo i tesori nei cuori dell'altro (Giacomo 1:19 lenti a parlare, lenti all'ira ma sempre pronti all'ascolto).

C) La comprensione. Se impariamo a dialogare e ad ascoltare meglio, impareremo anche a comprendere meglio l'altro. Comprenderlo non vuol dire giustificare i suoi errori o peccati, ma capire le sue difficoltà e spesso anche le circostanze che hanno portato a determinati errori o offese. Imparare a metterci “nei panni degli altri” è una risorsa utile e preziosa per ogni cristiano, perché riduce il giudizio, i sentimenti di superiorità e promuove invece la solidarietà di Cristo. Dopo aver compreso l'altro si può aiutarlo. Anche solo ad esprimere la nostra vicinanza a parole, o con piccoli gesti. E questo fa la differenza.
 
3) Avere aspettative sobrie sulle altre persone. Spesso abbiamo determinate aspettative sulle altre persone senza neanche informarle dei nostri pensieri e senza capire il loro punto di vista. E quando queste vengono disattese, ne siamo frustrati. Ebbene, non possiamo demandare tutto al fatto che l'altra persona “ci deve arrivare da sola”, perché sulla base di questo motto sono finite le migliori relazioni. 
 
La speranza insoddisfatta fa languire il cuore,
ma il desiderio realizzato è un albero di vita.
Proverbi 13:12  
 
E' necessario esporci, condividere cosa ci aspettiamo dagli altri in modo che lo sappiano, e capire qual è la situazione dell'altra persona e se può o meno realizzare la nostra aspettativa. Ci accorgeremo che non è sempre così, e in questo caso non dobbiamo cadere nel tranello dell'accusa. Se l'altra persona non può darci quello che ci aspettiamo, prendiamone atto senza recriminare. E' così e basta, senza cattiveria. Non possiamo mettere in croce l'altro per lacune e mancanze, per un semplice fatto: Cristo è già stato messo in croce proprio per quelle lacune e mancanze. Così come per le mie. Quindi prendiamone atto, senza giudicare o accusare: siamo tutti “work in progress” per il Signore.

4) Perdoniamoci a vicenda, perché questo è l'unico modo in cui poter vivere in famiglia. E ogni chiesa locale è una famiglia.

Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi.
Colossesi 3:13 

Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato.
Luca 6:37 

Ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
Matteo 6:15 

Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate; affinché il Padre vostro, che è nei cieli, vi perdoni le vostre colpe.
Marco 11:25  

Queste condizioni sono il nostro essere chiesa. Non possiamo partire che da qui, e non possiamo tornare che qui. La famiglia spirituale nella quale siamo è la casa del Signore e noi dobbiamo preservarla al meglio delle nostra possibilità. Essa è la famiglia che il Signore onora con la sua presenza, è la casa nella quale voglio e vogliamo abitare.
 
E se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE».
Giosuè 24:15  
 

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