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lunedì 20 giugno 2016

L'ultimo viaggio a Gerusalemme

Badate a voi stessi! Vi consegneranno ai tribunali, sarete battuti nelle sinagoghe, sarete fatti comparire davanti a governatori e re, per causa mia, affinché ciò serva loro di testimonianza. E prima bisogna che il vangelo sia predicato fra tutte le genti.
Marco 13:9,10 

INTRODUZIONE

Il Vangelo secondo Luca e il libro degli Atti degli Apostoli sono considerati dalla maggior parte degli esegeti come opere che formano una vera e propria unità1. Entrambi i testi hanno un carattere narrativo, presentando l'azione di Gesù e di alcune comunità della prima generazione cristiana come capitoli di un'unica storia, per cui la seconda parte inizia col riassumere quanto detto nella prima come base per la continuazione del racconto2. ll Vangelo inizia a descrivere l'annuncio della nascita di Gesù in Galilea, continua nella sua narrazione in Giudea per arrivare al fulcro del racconto della passione di Cristo avvenuta a Gerusalemme. Il libro degli Atti prosegue invertendo la direzione: i discepoli si riuniscono per Pentecoste a Gerusalemme, iniziano qui la testimonianza ma presto raggiungono il resto della Giudea, i popoli limitrofi ed infine "l'estremità della terra", rappresentata da Roma. Il cuore di entrambi risiede nella morte e risurrezione di Gesù Cristo a Gerusalemme: tutto il Vangelo conduce a questo momento e l'intero libro degli Atti racconta gli avvenimenti che hanno avuto luogo grazie a questo evento

La struttura fondamentale degli Atti degli Apostoli è delineata in due blocchi principali: il primo costituito dai capp. 1-12, nei quali troviamo la formazione ed il consolidamento della chiesa di Gerusalemme sotto la guida di Pietro, Giovanni e Giacomo, ed il secondo blocco delimitato dai capitoli 13-28, dove viene raccontata l'attività di Paolo3. Questa seconda parte è, a sua volta, suddivisa a livello letterario in tre sezioni: 

- la prima con il primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba (13:1-15:35),
- la seconda con la grande missione di Paolo in tutto l'Oriente, culminante ad Efeso (15:36-19:22),
- la terza (19:23-28:31) con Paolo incatenato prima "in Spirito" nel viaggio da Efeso fino a Gerusalemme, e poi materialmente nel viaggio verso Roma4.   

Il secondo ed il terzo viaggio missionario, quindi, sono descritti senza soluzione di continuità. All'inizio del secondo viaggio troviamo il desiderio di Paolo di andare ad Efeso, un desiderio impedito momentaneamente da parte dello Spirito Santo (16:6). Per questo motivo l'apostolo diresse altrove i suoi passi in ubbidienza a Dio, continuando a svolgere il suo ministero fondando le chiese di Filippi, Tessalonica e Corinto. Solo dopo questi successi egli potè raggiungere finalmente la capitale della provincia romana d'Asia, portando anche qui la testimonianza del Vangelo ed istruendo meglio i discepoli già presenti. Successivamente il testo esplicita il desiderio di Paolo di andare a Gerusalemme, passando per la Macedonia e per l'Acaia. «Dopo essere stato là», diceva, «bisogna che io veda anche Roma». Durante questo ultimo viaggio verso Gerusalemme, l'apostolo tornò a confortare i fratelli in Grecia e in Macedonia. Tuttavia, è proprio qui che possiamo intravedere i primi segni di preoccupazione, che da lì a poco sarebbero stati descritti come la consapevolezza che stavano per attenderlo catene e tribolazioni. Dalla Macedonia giunse in Grecia, e dalla Grecia giunse a Troas.

Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte. Nella sala di sopra, dov'eravamo riuniti, c'erano molte lampade; un giovane di nome Eutico, che stava seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo, poiché Paolo tirava in lungo il suo dire; egli, sopraffatto dal sonno, precipitò giù dal terzo piano, e venne raccolto morto. Ma Paolo scese, si gettò su di lui e, abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché la sua anima è in lui». Poi risalì, spezzò il pane e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all'alba, partì. Il giovane fu ricondotto vivo, ed essi ne furono oltremodo consolati. 
Atti 20:7-12 

Dal testo capiamo che questa lunghezza di esposizione non era la normalità, e che l'apostolo si era prolungato più del solito. Interpretando questo dato alla luce del contesto precedente e successivo, non possiamo evitare di comprenderlo come un'urgente necessità di istruire questi discepoli nel modo più completo possibile, intuendo che probabilmente non avrebbe più avuto alcuna altra occasione per farlo. Persino la morte del giovane Eutico perde la sua drammaticità a causa della risurrezione avvenuta in modo miracoloso per mezzo di Paolo, in modo simile a quanto accaduto grazie al profeta Eliseo nell'Antico Testamento (2 Re 4:34). Dopo quest'opera potente, Paolo rimase con questi fratelli, ragionando lungamente sino all'alba. Non conosciamo l'argomento di questi ragionamenti, ma possiamo immaginarlo sulla base di un "ultimo discorso" che l'apostolo avrebbe fatto da lì a breve. All'alba, infatti, Paolo si diresse ad Asso, poi a Mitilene, a Samo e a Mileto. Per non perdere tempo ed arrivare in fretta a Gerusalemme, egli mandò a chiamare gli anziani della chiesa di Efeso (20:17), che arrivarono proprio a Mileto per ascoltare l'ultimo discorso dell'apostolo. Un discorso di congedo dai responsabili della chiesa di Efeso, che prende però il sapore di un congedo molto più generale, un ultimo discorso esteso a tutte le comunità che aveva portato alla luce in questi anni così intensi. 

L'ULTIMO DISCORSO


















Quando giunsero da lui, disse loro:
«Voi sapete in quale maniera, dal primo giorno che giunsi in Asia, mi sono sempre comportato con voi, servendo il Signore con ogni umiltà, e con lacrime, tra le prove venutemi dalle insidie dei Giudei; e come non vi ho nascosto nessuna delle cose che vi erano utili, e ve le ho annunciate e insegnate in pubblico e nelle vostre case, e ho avvertito solennemente Giudei e Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù Cristo.

Ed ecco che ora, legato dallo Spirito, vado a Gerusalemme, senza sapere le cose che là mi accadranno. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Ma non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che voi tutti fra i quali sono passato predicando il regno, non vedrete più la mia faccia. Perciò io dichiaro quest'oggi di essere puro del sangue di tutti; perché non mi sono tirato indietro dall'annunciarvi tutto il consiglio di Dio. Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue. Io so che dopo la mia partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli. Perciò vegliate, ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di ammonire ciascuno con lacrime. E ora, vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi l'eredità di tutti i santificati. Non ho desiderato né l'argento, né l'oro, né i vestiti di nessuno. Voi stessi sapete che queste mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con me. In ogni cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli lavorando così, e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli stesso: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere"».
Atti 20:18-35

Come abbiamo visto precedentemente, il desiderio dell'apostolo Paolo è stato sin dall'inizio della sua missione quello di arrivare in Asia. Dopo lunghi viaggi e qualche impedimento, egli ha potuto finalmente raggiungere questa regione, continuando il proprio ministero esattamente come aveva fatto negli altri luoghi raggiunti in precedenza. Paolo ha potuto servire il Signore in Asia con umiltà e con lacrime, in mezzo a problemi giunti tanto da parte dei Giudei quanto da parte dei Greci. Ma proprio in queste difficoltà, nel mezzo delle "spine", il seme della parola di Dio ha potuto crescere nel cuore di numerosi discepoli, arrivando a portare molto frutto (Mt. 13:23). Velocemente però, è sopraggiunto un tempo nuovo: il tempo di una nuova sfida. Egli sapeva di dover raggiungere Gerusalemme, e sapeva che il Signore lo voleva portare fino a Roma per rendere la sua testimonianza nel cuore dell'Impero romano, la città che poteva garantire il più forte eco del mondo intero. Per questo motivo quindi, nel mezzo di un veloce rientro verso il luogo da cui tutto era iniziato, egli ha dovuto salutare un ultima volta molte persone care al suo cuore. Molti discepoli di Gesù che aveva contribuito a evangelizzare, ad istruire, a curare teneramente e a sostenere in quello che era diventato il loro ministero. Questo discorso non è freddo e nozionistico: è un vero e proprio discorso pastorale. C'è un forte coinvolgimento emotivo, un forte sentimento di protezione, di amore paterno. Paolo aveva annunciato ed insegnato in pubblico e in privato, in tempo e fuori di tempo, probabilmente già con la consapevolezza che ogni giorno era prezioso in quanto presto sarebbe dovuto andare via. Ed il giorno dell'addio definitivo, era infine arrivato. Il fulcro di tutto il discorso, l'argomentazione che viene più volte ripetuta anche se con parole diverse, è proprio quella di aver istruito questi fratelli in modo completo. Paolo non si era risparmiato nel suo lavoro, e non aveva neanche tenuto per sé degli insegnamenti segreti, come sarebbe arrivato a dire il secolo successivo il maestro gnostico Valentino. No, Paolo sapeva che la responsabilità affidatagli da Dio era proprio quella di istruire in modo perfetto gli altri discepoli, in modo che potessero continuare a garantire che la chiesa rimanesse colonna e il sostegno della verità (1 Tim. 3:15). Tutta la concentrazione dell'apostolo era volta ad un unico scopo: condurre a termine la sua corsa e il servizio affidatogli dal Signore Gesù. E in questo servizio, reso con eccellenza, egli ha potuto ribadire il fatto di aver annunciato tutto il consiglio di Dio, non solo una parte, e di essere per questo motivo puro del sangue di tutti. Questo è un importante insegnamento per ogni cristiano, un'importante esortazione alla perseveranza nel proprio servizio senza risparmiarsi, ma al contrario donandosi completamente per il prossimo. Ci possono essere molti momenti difficili nei quali può serpenteggiare nelle nostre menti il pensiero di tirarci indietro. Ma lo Spirito di Dio in noi è uno Spirito di forza, amore e autocontrollo (2 Tim. 1:7), e viene in soccorso alla nostra debolezza rafforzando la nostra mano sull'aratro (Lc. 9:62). Paolo esorta gli anziani a badare a loro stessi. Questa infatti è la prima responsabilità di ogni cristiano. Prima di badare alla propria comunità, prima di badare alla propria famiglia, c'è la responsabilità di badare a sé stessi. Senza una disciplina nella propria vita di fede, nel proprio studio, nella propria devozione personale, sopraggiunge infatti una debolezza che non permette di essere d'aiuto per nessuno. No, il primo impegno, è senza dubbio quello di badare a noi stessi. Nessun uomo può essere più grande del tempo che spende in preghiera, né può avere più autorità di quella ricevuta nel tempo passato in comunione con il Signore. Solo quando la voce del Signore è chiara in noi, più forte della nostra stessa voce, possiamo infatti servire al meglio la nostra famiglia e la nostra chiesa. Dopo aver badato a sé stessi infatti, Paolo esorta questi anziani a badare al gregge che gli è stato affidato dallo Spirito Santo. Egli non afferma di averlo affidato loro in prima persona, ma che lo Spirito Santo lo aveva fatto. Nella chiesa ci deve essere un ordine costituito da Dio, ci sono persone alle quali viene affidata la conduzione di una comunità, ma più importante di ogni cerimonia, resta la volontà e la chiamata dello Spirito Santo. Forse se ci fosse più ascolto della voce del Signore si potrebbero risparmiare molte sofferenze alle chiese nel mondo. La responsabilità degli anziani è quella di pascere il gregge, ossia di prendersi cura dei credenti con la predicazione della parola di Dio, con la cura pastorale e il discepolato. Ma una delle loro responsabilità è anche quella di preservare i fratelli dalle false dottrine. Paolo sapeva che sarebbero arrivati falsi maestri che avrebbero fatto di tutto pur di prendere per sé dei discepoli nella chiesa. Ed è per questo che esorta ad una speciale vigilanza. Una vigilanza che tuttavia deve essere sempre garantita dai responsabili delle comunità, perchè purtroppo problemi di questo tipo non sono mai venuti a mancare dall'età apostolica in poi. Ogni ministro di Dio deve rendere conto di tutta la formazione che ha ricevuto per rendere onore al Signore con il proprio servizio. Per tre anni Paolo aveva ammonito gli efesini con lacrime, giorno e notte, ed è questo lavoro sofferente che gli anziani dovevano a questo punto onorare con una condotta irreprensibile. Alla fine del discorso, l'apostolo affida questi ministri alla grazia di Dio e alla sua Parola, sicuramente confidando nel fatto che colui che aveva iniziato un'opera buona in loro la avrebbe anche portata a compimento (Fil. 1:6). I sacrifici di Paolo, che non aveva neanche chiesto alcun sostegno economico per non essere di impedimento al Vangelo, da questo momento sarebbero stati rilasciati nelle vite di queste persone, moltiplicandosi attraverso i loro ministeri, secondo il proposito di Dio. Una nuova generazione di cristiani stava per iniziare a correre la propria corsa, combattere con impegno il proprio combattimento, con lo scopo di raggiungere alla fine il traguardo prefissato, conservando con gioia la propria fede.

CONSIDERAZIONI FINALI

La notte seguente, il Signore si presentò a Paolo e gli disse: «Fatti coraggio; perché come hai reso testimonianza di me a Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma».
Atti 23:11 
Dopo questo discorso, Paolo arriverà a Gerusalemme. Sarà catturato nel Tempio, con l'accusa di avervi introdotto un Greco (Atti 21:28).  Appellandosi a Cesare egli sarà condotto in catene a Roma, dove continuerà a proclamare il regno di Dio e insegnare le cose relative al Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento, anche se agli arresti domiciliari. Il suo discorso agli anziani di Efeso però, raccolto dall'autore degli Atti, entrerà in questo libro biblico, raggiungendo in tal modo tutti i cristiani delle generazioni successive. L'ultimo viaggio a Gerusalemme è stato senza dubbio un viaggio sofferto per Paolo, accompagnato dalla consapevolezza di una prigionia imminente ma senza alcuna certezza precisa a riguardo. Questa situazione può essere comune anche a tanti di noi, in momenti della vita che sembrano prigionieri nell'occhio di un ciclone, alla vigilia di una imminente prova o difficoltà. La condotta di Paolo però rimane di incoraggiamento anche in questa situazione. La cosa più importante è servire il Signore al meglio della nostra possibilità, senza risparmiarci. Conservandoci "puri dal sangue di ogni persona" per aver esposto con amore e completezza tutto il consiglio di Dio. E la grazia del Signore non potrà fare altro che sopraggiungere per la gloria del Signore e la nostra crescita: per la continua edificazione della sua Chiesa.


Note:

[1] Carmona Antonio Rodriguez, Monasterio Rafael Aguirre, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Ed. Paideia, cit. p. 239.
[2] Id. Ibid. cit. p. 244. 
[3] Id. Ibid. cit. p. 254
[4] Id. Ibid. cit. p. 255 

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