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venerdì 10 giugno 2016

Il frutto dell'apostolato (parte IV): destinati ad ottenere salvezza

Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno. 
Daniele 12:2-3

INTRODUZIONE

Questa serie di studi nominati con il titolo "il frutto dell'apostolato" sono dedicati all'esegesi della Prima Lettera di Paolo ai Tessalonicesi. Nel primo studio ho approfondito il contesto storico relativo alla fondazione di questa comunità da parte dell'apostolo Paolo - così come descritto nel libro degli Atti degli Apostoli - e analizzato la prima metà della sezione narrativa della lettera. Nel secondo studio, continuando l'analisi da dove si era interrotta, ho commentato anche la seconda parte della prima metà della missiva, raggiungendo la sua prima conclusione alla fine del terzo capitolo. Nel terzo studio mi sono addentrato nella seconda metà dell'opera, dedicata all'istruzione ed esortazione, concentrandomi sul quarto capitolo. Lo scopo di questo quarto ed ultimo studio, è invece quello di terminare l'analisi della lettera affrontando il brano rimanente, diviso a livello letterario nella terza istruzione (5:1-10), seconda esortazione (5:12-22) e seconda conclusione (5:23-28). Di seguito lo schema generale utilizzato1:

PRIMA PARTE - NARRATIVA
1) Indirizzo (1:1)
2) Primo esordio (1:2-10)
3) Prima narrazione (2:1-12)

4) Secondo esordio (2:13-16)
5) Seconda narrazione (2:17-3:10)
6) Prima conclusione della lettera (3:11-13)

SECONDA PARTE - ISTRUZIONE ED ESORTAZIONE 
7) Prima esortazione (4:1-8)
8) Prima istruzione (4:9-12)
9) Seconda istruzione (4:13-18)

10) Terza istruzione (5:1-10)
11) Seconda esortazione (5:12-22)
12) Seconda conclusione della lettera (5:23-28)


La lettera in sé ha un sentimento fortemente pastorale, essendo costituita per circa metà della sua lunghezza dal ricordo dei momenti in cui l'apostolo ha potuto curare questi credenti, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini, e dalla descrizione degli eventi che seguirono la sua partenza da Tessalonica. Nella seconda metà invece troviamo degli insegnamenti teologici e delle esortazioni che nascono però sempre da necessità molto pratiche e contingenti. Dopo l'istruzione ad essere di buona testimonianza, e quella relativa al tema della risurrezione, arriviamo dunque allo sviluppo di quest'ultimo argomento in quella che è stata identificata come la terza istruzione della lettera. 
 
1. SOBRI E SVEGLI

Quanto poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; perché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte. Quando diranno: «Pace e sicurezza», allora una rovina improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non scamperanno. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno abbia a sorprendervi come un ladro; perché voi tutti siete figli di luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri; poiché quelli che dormono, dormono di notte, e quelli che si ubriacano, lo fanno di notte. Ma noi, che siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore e preso per elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è morto per noi affinché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.
1Tessalonicesi 5:1-10

Paolo continua il suo discorso sul giorno del Signore per scrupolo personale, esplicitando che non ce ne sarebbe neanche il bisogno. Probabilmente questi credenti erano già al corrente delle parole di Cristo tramandate dagli apostoli: le stesse parole che sarebbero state successivamente inserite nel Vangelo secondo Marco (13:32) e secondo Matteo (24:32)2. Ma per rinforzare la consolazione che sarebbe derivata dalla precedente istruzione, egli continua a parlare di questo argomento, riprendendo queste indicazioni così importanti per la fede di ogni credente. Il giorno del Signore, è un giorno conosciuto solo dal Padre. Rappresenta il giorno nel quale, improvvisamente, il Figlio tornerà nella gloria per mettere fine all'età presente. Tutto avverrà in modo improvviso, repentino, come l'arrivo furtivo di un ladro nella notte, o come l'arrivo del diluvio ai tempi di Noè.  A quel tempo gli uomini vivevano tranquillamente come al solito: mangiavano, bevevano, si sposavano e si divertivano. E, d'un tratto, inaspettatamente è arrivato il diluvio. Inaspettatamente per tutti, ma non per N, che ubbidendo alla voce di Dio nel frattempo aveva costruito l'arca per mettersi al riparo assieme alla sua famiglia, e alle coppie animali. Ecco, proprio come Noè, anche i tessalonicesi, e più in generale i credenti di ogni tempo e luogo, non vivono in tenebre tali da ignorare quello che sta succedendo. Essi non possono e non devono dormire, ma devono restare sobri e svegli secondo la libertà e la vita ricevuta da Cristo Gesù. Sebbene infatti il giorno e l'ora siano sconosciuti, coloro che sono figli di Dio sanno che questi sono gli ultimi tempi, e che il giorno del Signore non è in ritardo: egli infatti semplicemente sta attendendo che tutti gli eletti arrivino al ravvedimento e alla salvezza (2 Pt. 3:9). Il compito dei cristiani dunque, consapevoli di quanto sia avanzata la notte e di quanto sia vicino il giorno, è quello di vegliare, gettare via le opere delle tenebre e indossare le armi della luce (Rom. 13:12). Ciò che Paolo chiama armi della luce nella Lettera ai Romani e armatura di Dio nella Lettera agli Efesini, rappresenta un'insieme di realtà spirituali proprie del Signore che il credente deve vivere per poter essere saldo contro le insidie del diavolo, resistere nel giorno malvagio e riuscire a restare in piedi dopo aver compiuto tutto il proprio dovere (Ef. 6:11,13). Verità, giustizia, zelo, fede, salvezza e Spirito Santo sono infatti aspetti spirituali che i cristiani conoscono in seguito alla loro nuova nascita (Gv. 3:3). Almeno due di questi però sono associati all'immagine di una armatura già nel Libro del profeta Isaia, nell'Antico Testamento:    

Il SIGNORE ha visto, e gli è dispiaciuto
che non vi sia più rettitudine;
ha visto che non c'era più un uomo
e si è stupito che nessuno intervenisse;
allora il suo braccio gli è venuto in aiuto,
la sua giustizia lo ha sorretto;
egli si è rivestito di giustizia come di una corazza,
si è messo in capo l'elmo della salvezza
,
ha indossato gli abiti della vendetta,
si è avvolto di gelosia come in un mantello.
Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere;
il furore ai suoi avversari,
il contraccambio ai suoi nemici;
alle isole darà la loro retribuzione.
Isaia 59:15b-18

Il Signore viene qui descritto come un condottiero stufo della più completa mancanza di giustizia nell'umanità. La corazza della giustizia e l'elmo della salvezza sono suoi indumenti, scelti accuratamente per essere indossati nel giorno del giudizio. Ma questa non è l'unica sua scelta. L'intero Nuovo Testamento infatti testimonia dell'ulteriore scelta di offrire un'eterna salvezza prima del giudizio, e questo attraverso il sacrificio sostitutivo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. E tutti coloro che hanno accolto il Signore con questo dono, hanno di conseguenza ricevuto anche il diritto di diventare loro stessi figli di Dio (Gv. 1:12). E insieme al diritto di diventare  figli, hanno ricevuto il diritto di indossare la corazza della giustizia e l'elmo della salvezza. O, come presentato in questa lettera, la corazza della fede e dell'amore e l'elmo della speranza della salvezza. Dio infatti ha destinato ogni sincero credente ad ottenere salvezza per mezzo del Signore Gesù Cristo, affinché sia nella morte che nella vita possano vivere insieme a lui.

Nessuno di noi infatti vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso; perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore.
Romani 14:7-8
2. CERCANDO IL BENE RECIPROCO

Fratelli, vi preghiamo di aver riguardo per coloro che faticano in mezzo a voi, che vi sono preposti nel Signore e vi istruiscono, e di tenerli in grande stima e di amarli a motivo della loro opera. Vivete in pace tra di voi. Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti. Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male; anzi cercate sempre il bene gli uni degli altri e quello di tutti. Siate sempre gioiosi; non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie; ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene; astenetevi da ogni specie di male.
1Tessalonicesi 5:12-22

Con questo testo, raggiungiamo l'ultima esortazione della lettera. Conclusa l'istruzione sul giorno del Signore, ora Paolo affronta con uno sguardo d'insieme le varie situazioni della chiesa. Per prima cosa chiede alla comunità di avere riguardo e stima per coloro sono incaricati di badare alla loro salute spirituale. Pur avendo dovuto lasciare in fretta Tessalonica, Paolo aveva dunque già designato le persone adatte a svolgere questo ministero. Il verbo  italiano "faticare" traduce l'originale greco kopiaō, usato da Paolo molto frequentemente per descrivere il lavoro nel ministero cristiano. Troviamo di seguito alcune ricorrenze di esempio:

Romani 16:6 Salutate Maria, che si è molto affaticata per voi.
 
Ora, fratelli, voi conoscete la famiglia di Stefana, sapete che è la primizia dell'Acaia, e che si è dedicata al servizio dei fratelli; vi esorto a sottomettervi anche voi a tali persone, e a chiunque lavora e fatica nell'opera comune.
1Corinzi 16:15-16 
 
Galati 4:11 Io temo di essermi affaticato invano per voi.

Il servizio per i fratelli, inteso come ministero cristiano svolto nelle comunità, sia nell'apostolato che nell'anzianato e nel diaconato, è un servizio di grande fatica, e tutti coloro che ne hanno preso parte sanno per esperienza quanto possa essere effettivamente così. C'è fatica nell'istruire, nel consolare, nell'edificare, nell'incoraggiare con costanza, nel riprendere, nell'organizzare e coordinare, nel sopportare. C'è una grande fatica nello svolgimento di tutte queste attività, proprie di chi è stato incaricato di curare una comunità e dei suoi collaboratori. E' una fatica che a volte, come è successo a Paolo con i credenti della Galazia, può sembrare vana, e che richiede una grande fede, pazienza e comunione con lo Spirito Santo per poter superare tutte le crisi con il miglior beneficio per la chiesa. Per questo motivo l'apostolo esorta i credenti ad avere un riguardo e una stima particolare nei confronti dei ministri di Dio. E' buona cosa infatti davanti al Signore che questa fatica venga compresa e alleviata dagli altri credenti, poiché insieme l'assemblea è il corpo di Cristo, collegato in ogni sua parte e non slegato gli uni dagli altri. Anche per questo motivo, Paolo esorta tutti a questo punto a vivere in pace, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti. Ad una veloce considerazione sembrerebbe che queste attenzioni siano proprie solo di un ministero pastorale, ma vengono invece richieste a tutti per un motivo specifico: l'unità della chiesa. Nonostante vi fossero fin da subito delle persone con responsabilità pastorali nelle comunità, infatti, le chiese del periodo apostolico non erano passive nella loro fede. Tutti i credenti erano consapevoli del proprio ruolo sacerdotale in questo Nuovo Patto e della propria responsabilità di vivere conformemente al Vangelo, amando il Signore ed il proprio prossimo.  Nella misura in cui ogni singolo membro contribuisce pienamente con tutto il proprio vigore, il corpo viene edificato nell'amore con successo ed in modo sano (Ef. 4:16). Edificare la chiesa infatti non può essere il lavoro di singoli ministri, ma della chiesa stessa nella sua interezza. 

Dopo la raccomandazione a stimare gli anziani e a curarsi vicendevolmente, Paolo continua ad esortare i credenti. Esorta a cercare il bene comune, ad essere gioiosi, a pregare continuamente, a ringraziare il Signore, a mantenere acceso lo Spirito, a non disprezzare la profezie e ad astenersi da ogni tipo di male. Queste indicazioni sono preziosissime per ogni cristiano, in quanto rappresentano dei chiari segnali indicanti i pericoli che insidiano la salute spirituale dei credenti di ogni tempo.  La natura carnale degli uomini tende in continuazione a rispondere alle proprie esigenze, ma l'uomo interiore deve fortificarsi camminando secondo lo Spirito Santo, in comunione con il Signore. Per questo motivo è necessaria una fervente vita di preghiera. Per questo motivo è di fondamentale importanza mantenere "acceso" lo Spirito in noi, e non disprezzare alcuna profezia. La pigrizia, la paura del mondo spirituale, l'abitudine può portare il credente a sedersi sulla sua religiosità conformando a poche regole la propria devozione personale. Ma non deve essere così. La vita spirituale è per sua definizione vitale, esuberante, in costante crescita, espressa con una pluralità di modi e forme. Ogni cosa è da esaminare, ma nessuna profezia è da disprezzare a priori. Esaminando ogni cosa, ci sarà sicuramente qualcosa da scartare e qualcosa da ritenere, ma la benedizione derivante da ciò che si può ritenere sarà sempre un motivo sufficiente per lo sforzo applicato nell'uscire dai propri schemi mentali mettendosi in discussione. 

Isaia 55:9 Come i cieli sono alti al di sopra della terra,
così sono le mie vie più alte delle vostre vie,
e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri.

3. CONSERVANDOSI IRREPRENSIBILI


Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Fedele è colui che vi chiama, ed egli farà anche questo. Fratelli, pregate per noi. Salutate tutti i fratelli con un santo bacio. Io vi scongiuro per il Signore che si legga questa lettera a tutti i fratelli. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.
1Tessalonicesi 5:23-28

Infine, troviamo la definitiva conclusione della lettera. Dopo aver ricordato il periodo passato insieme, dopo aver gioito della fede dei tessalonicesi riportata da Timoteo, dopo aver istruito ed esortato questi credenti, Paolo ora può concludere la sua lettera. Ma la sua conclusione prosegue con i sentimenti e lo stile manifestati fino ad ora: fuori dalla formalità infatti egli scrive una preghiera, una promessa divina e tre richieste personali. L'apostolo prega il Dio della pace che santifichi completamente questi fratelli nella fede, e che l'intero essere loro, lo spirito l'anima e il corpo, possa essere conservato irreprensibile per il ritorno del Signore. L'accento di questa preghiera così particolare è sulla salute dei credenti nella loro totalità. Ogni essere umano è composto da uno spirito, un'anima e un corpo, fusi in modo inscindibile, ed ognuno di questi componenti deve essere conservato irreprensibile al pari degli altri. Lo spirito umano deve dimorare permanentemente nello Spirito Santo, fortificandosi in modo da poter guidare l'anima e  il corpo ad ubbidire alla voce dello Spirito del Signore (Atti 20:22). L'anima, intesa come sede dell'intelletto, delle emozioni e della volontà, deve essere rinnovata attraverso la preghiera, la meditazione e la lettura della Parola di Dio e di tutte le cose onorevoli (Fili. 4:8, Rom. 12:2), ed il corpo deve essere sottomesso, in modo che le sue priorità non portino a disonorare Dio (1 Cor. 9:27, Rom. 8:13). La preghiera è che il Dio della pace, intesa in modo ebraico come completezza, santifichi in prima persona i credenti. D'altra parte però, essi sono chiamati ad operarsi attivamente affinché l'intero il loro intero essere sia conservato irreprensibile. Questa attività è di per sé impossibile, sovrannaturale, ma la grazia di Dio la rende possibile attraverso l'opera dello Spirito Santo.  Il motivo di questa crescita nella completezza, nella completa maturità, sta nell'attesa del ritorno di Cristo, affinché, quand'egli apparirà, possiamo aver fiducia e alla sua venuta non siamo costretti a ritirarci da lui, coperti di vergogna (1 Gv. 2:28). Il Signore tuttavia è fedele. E tanto quanto è stato fedele nella sua chiamata dei tessalonicesi, e di ogni credente, lo sarà altrettanto nella santificazione promossa direttamente da lui, affinché sia completato il processo di salvezza nella vita dei suoi figli (Rom. 8:30). 

Successivamente, Paolo richiede preghiera, in modo implicito per poter continuare il suo ministero apostolico senza impedimento. Chiede di salutare tutti i fratelli con un santo bacio e scongiura che la lettera sia letta a tutti i fratelli. Come durante la sua prima visita l'apostolo ha esortato, confortato e scongiurato ciascuno di loro in modo personale a comportarsi in modo degno di Dio (2:12), allo stesso modo ora egli insiste che queste sue istruzioni ed esortazioni raggiungano tutti i credenti, e non solo alcuni. Il saluto finale, proprio di Paolo, costituisce una variante del saluto ebraico comprendente la pace. Egli infatti in questa sua prima lettera saluta definitivamente questi suoi figli spirituali con la grazia del Signore Gesù Cristo.  La stessa grazia che ha operato efficacemente in loro, salvandoli da questo mondo di tenebre. La stessa grazia che  ha preservato la loro fede attraverso la persecuzione (Atti 17:6). La grazia che avrebbe permesso la loro piena santificazione e la loro glorificazione nel mondo a venire.

 CONCLUSIONE






















La Prima lettera ai Tessalonicesi riveste un'importanza speciale nel canone neotestamentario per più di un motivo. In primo luogo, è probabilmente il più antico testo cristiano pervenutoci3, e in quanto tale è anche il più antico testimone della teologia e dell'insegnamento cristiano del periodo apostolico, sicuramente per quanto riguarda il ministero dell'apostolo Paolo. Nel suo contenuto, la lettera riepiloga molti avvenimenti legati alla fondazione della chiesa e al rapporto esistente tra Paolo e questi credenti mostrando con chiarezza le modalità di operato dell'apostolo, il tipo di risposta ottenuto dai tessalonicesi, le criticità nella loro vita di fede e il modo in cui le hanno superate. Tutte informazioni "di prima mano" che definiscono senza intermediari questa antichissima opera missionaria. Oltre a questo, troviamo anche il più antico insegnamento sulla dottrina del ritorno del Signore, con la più antica citazione di un detto di Gesù (4:15 e ss.). In secondo luogo, ogni credente leggendo questa lettera può crescere non solo grazie agli insegnamenti presenti ma anche attraverso i sentimenti che traspaiono tra le sue righe. L'ecclesiologia per esempio, prima di essere un'insieme di nozioni neotestamentarie riguardanti la Chiesa e il suo governo, dovrebbe essere un'attività di paziente ascolto dei testi biblici per cogliere non solo la struttura ma anche e soprattutto le sfumature, le motivazioni, le modalità in cui vivere l'essere comunità. L'amore deve essere il collante di ogni aspetto della vita cristiana (1 Cor. 13), ma deve coinvolgere non soltanto una comprensione intellettuale quanto piuttosto anche l'urgenza e il desiderio avvertiti dallo Spirito Santo, l'emozione che possiamo provare nel vedere la sofferenza e il bisogno del nostro prossimo ed infine l'azione che possiamo promuovere attraverso il nostro corpo. Tutto il nostro essere deve essere conservato irreprensibile. Tutto il nostro essere deve essere unito nella pace di Dio. Solo in questo modo c'è una reale crescita, senza compromessi, e una reale comprensione della grazia di Dio per noi.


Note:

[1] Bosh Jordi Sanchez, Scritti paolini, Ed Paideia, cit. p. 100.
[2] Id. Ibid. cit. p. 103 
[3] Rinaldi Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 255.

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