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domenica 3 aprile 2016

La giustizia compiuta in segreto

"Ma tu desideri che la verità risieda nell'intimo:
insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore."

Salmo 51:6

 INTRODUZIONE 



Siamo realmente giunti fino a voi con il vangelo di Cristo.
2Corinzi 10:14b


Il Vangelo, ossia la buona notizia, è uno solo ed è di Cristo. Il Vangelo riguarda infatti la notizia del sacrificio del Signore Gesù per i nostri peccati, e la potenza spirituale di salvezza che ne consegue per ogni singolo credente. Nella seconda metà del primo secolo, crebbe però la necessità di mettere per iscritto i racconti dei fatti che portarono a tutto questo; di conseguenza alcuni cristiani iniziarono a ordinare i detti di Gesù, inserendoli in una narrazione. Questo processo ha portato alla redazione dei quattro documenti letterari che conosciamo con il nome di "vangeli", e che sono all'interno del canone biblico del Nuovo Testamento. Per questo motivo abbiamo dunque il vangelo secondo Matteo, il vangelo secondo Marco, il vangelo secondo Luca e il vangelo secondo Giovanni. Il Vangelo è uno solo, ma i resoconti della vita, morte e risurrezione di Cristo  sono invece quattro, con quattro prospettive lievemente differenti, a seconda dei loro autori e dei diretti lettori del caso. Ognuno dei quattro vangeli canonici infatti ha una sua identità e delle sue peculiarità personali, pur condividendo uno stesso racconto fondamentale e raccogliendo - almeno per i tre sinottici - delle fonti comuni. Per approfondire il problema sinottico, ossia il problema che riguarda la relazione letteraria esistente tra i vangeli secondo Matteo, Marco e Luca, è possibile visionare questa lezione. Il vangelo secondo Giovanni invece è il più tardo dei quattro, e indipendente rispetto a loro per quanto riguarda le fonti utilizzate. Nondimeno, anche in questo caso lo scopo è quello di portare il lettore a credere che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, affinché, credendo, possa anch'egli avere vita nel suo nome.

Da un punto di vista letterario, il vangelo secondo Matteo compirebbe una sintesi sulla base di due testi anteriori: il vangelo secondo Marco, e la fonte Q1. Marco viene utilizzato come cornice di riferimento, da cui risulta il carattere essenzialmente narrativo di Matteo nel quale, tuttavia, è integrato anche il materiale discorsivo di Q2. La redazione del vangelo secondo Matteo ebbe luogo molto probabilmente nella comunità di Antiochia3, in un periodo posteriore al 70 d.C.4, anche se non mancano studiosi che posizionano questo termine nei decenni precedenti, arrivando ad una presunta datazione circoscritta addirittura tra il 40 e il 50 d.C.5. Questo vangelo - inteso come documento letterario - rispecchia la condizione di una comunità cristiana separata recentemente dal giudaismo, che ha conservato di conseguenza una forte polemica con la sinagoga6. Per tale motivo, in modo quasi paradossale, questo è il vangelo più giudaico per i temi trattati, per la cultura di cui è impregnato, per le espressioni usate e per lo stile, e tuttavia, allo stesso tempo, quello che contiene la polemica antigiudaica più dura di tutto il Nuovo Testamento7.

Dal punto di vista dottrinale, il vangelo secondo Matteo è più schematico e conciso di quello secondo Marco, ed è sviluppato su un'ossatura costituita da cinque grandi discorsi che strutturano tutta l'opera e dimostrano la grande abilità di Matteo nel produrre sintesi combinando le proprie fonti8. Abbiamo dunque il discorso della montagna, il discorso di missione, il discorso in parabole, il discorso ecclesiale e il discorso escatologico9. Il discorso della montagna è il primo che viene presentato dal testo, ed è quello in cui Gesù inizia a proclamare il regno dei cieli e le esigenze che comporta; esso è costituito da tre parti principali: un esordio (le beatitudini del regno e la missione dei discepoli), la giustizia del regno dei cieli (composta a sua volta dal brano relativo al compimento della legge nella più perfetta giustizia di Cristo, alla giustizia compiuta in segreto e all'impegno richiesto dalla giustizia del regno), ed infine da un finale costituito dall'esortazione di mettere in pratica la parola. Il tutto viene contenuto nel testo che va da 4:23 a 7:2710. All'interno di questo primo discorso, nel suo centro, abbiamo quindi il tema della giustizia compiuta in segreto, cuore del brano dedicato alla giustizia del regno dei cieli e soggetto principale  di questo approfondimento. Il brano in questione è compreso nei primi diciotto versetti del sesto capitolo del vangelo: i diciotto versetti che stiamo per affrontare nelle prossime righe.


1. L'ELEMOSINA

Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l'elemosina, non far sonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere onorati dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma quando tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra quel che fa la destra, affinché la tua elemosina sia fatta in segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Matteo 6:1-4

L'elemosina, la preghiera e il digiuno sono le tre pratiche obbligatorie di devozione personale della migliore tradizione ebraica11. Non è quindi un caso che Gesù prenda proprio questi tre esempi per parlare della giustizia compiuta in segreto, contrapponendola alla giustizia religiosa che i farisei ostentavano davanti alla società. Già sette secoli prima, il profeta Isaia aveva scritto:

Smettete di portare offerte inutili;
l'incenso io lo detesto;
e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni,
io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne.
[...]
Lavatevi, purificatevi,
togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni;
smettete di fare il male;
imparate a fare il bene; cercate la giustizia,
rialzate l'oppresso,
fate giustizia all'orfano,
difendete la causa della vedova
Isaia 1:13, 16, 17

Le offerte fatte per essere osservati e onorati dagli uomini sono inutili, le solenni assemblee promosse nell'iniquità sono insopportabili per Dio. Tutti gli elementi del culto ebraico elencati in questo primo capitolo del profeta Isaia sono descritti come odiosi agli occhi di Dio, a causa dell'iniquità del popolo di Israele. Ed ecco che Gesù si inserisce proprio in questa prospettiva, iniziando a parlare di come praticare la propria giustizia (intesa come pietà religiosa) nel regno dei cieli. La devozione personale infatti può essere compiuta con due attitudini diverse e ricevere di conseguenza risposte differenti. Può essere svolta con lo scopo di essere osservati e onorati dagli uomini, e ricevere in questo il proprio premio; oppure può essere vissuta in segreto per onorare Dio e non noi stessi, ricevendo la ricompensa direttamente dal Padre che è nei cieli. Nel primo caso vi è un'attitudine ipocrita, nel secondo caso sincera. Nel primo caso si riceve un premio - letteralmente "paga"12 -, mentre nel secondo una ricompensa, ossia non un guadagno remunerativo proporzionato, ma il contraccambio sovrabbondante della grazia di Dio13.

La parola "ipocrita", che troviamo in questo brano, traduce il termine originale hupokrités, che identifica qualcuno che si comporta in modo diverso da quello che professa, tanto che era utilizzata in merito agli attori che recitavano con una maschera. Offrire l'elemosina in modo appariscente per essere onorati dagli uomini, dunque, equivale a recitare una parte: far finta di essere devoti a Dio, mentre quello che interessa è unicamente essere amati e rispettati dagli uomini.

Ma da dove deriva la pratica dell'elemosina? Qual era il suo scopo originario? L'
Halakhah - ossia il cammino - dell'elemosina, affonda le sue radici direttamente nella Torah, in particolare nel libro del Deuteronomio: 
 
Se ci sarà in mezzo a voi in una delle città del paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà, un fratello bisognoso, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso; anzi gli aprirai largamente la mano e gli presterai tutto ciò che gli serve per la necessità in cui si trova. Guàrdati dall'accogliere nel tuo cuore un cattivo pensiero che ti faccia dire: «Il settimo anno, l'anno di remissione, è vicino!», e ti spinga ad essere spietato verso il tuo fratello bisognoso, così che non gli darai nulla; poiché egli griderebbe al SIGNORE contro di te, e un peccato sarebbe su di te. Dagli generosamente; e quando gli darai, non te ne dolga il cuore; perché, a motivo di questo, il SIGNORE, il tuo Dio, ti benedirà in ogni opera tua e in ogni cosa a cui porrai mano. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comandamento e ti dico: apri generosamente la tua mano al fratello povero e bisognoso che è nel tuo paese.
Deuteronomio 15:7-11

Appare evidente il fatto che questo contesto originario leghi strettamente la componente spirituale dell'elemosina con la sua componente sociale, l'amore per Dio con l'amore per il prossimo. La giustizia (devozione religiosa) dell'elemosina non consiste quindi nell'offrire qualcosa di superfluo, ma nel riparare ad un'ingiustizia con un'azione di giustizia. I bisognosi non mancheranno mai nel paese, perché l'umanità e l'intera creazione sono sottoposte alla vanità del peccato, ma i credenti (nel contesto deuteronomistico, gli israeliti) sono chiamati a vivere secondo le regole del regno dei cieli; essi sono chiamati a crescere in somiglianza a Dio, come figli di Dio, e di conseguenza a riparare, nel piccolo della propria vita quotidiana, un po' della devastazione che il peccato ha causato nel mondo. Questa non è una giustizia salvifica, come quella che Dio accorda per grazia mediante la fede (Ef. 2:8), ma è una strada, un percorso pedagogico e di santificazione che concettualmente ha dei punti di contatto con la moderna giustizia riparativa. Quest'ultima infatti viene descritta nei seguenti termini:

"La Restorative Justice (o giustizia riparativa o giustizia rigenerativa) è un approccio a considerare il reato principalmente in termini di danno alle persone. Da ciò ne consegue l'obbligo, in capo all'autore di porre rimedio alle conseguenze lesive della sua condotta. A tal fine, si prospetta un coinvolgimento attivo di vittima, dell'agente e della stessa comunità civile nella ricerca di soluzioni atte a far fronte all'insieme di bisogni scaturiti a seguito del reato14."


Naturalmente l'esempio non è perfetto, e dobbiamo apportare le giuste modifiche e regolare la giusta proporzione, ma il concetto di fondo resta molto simile. Offrire l'elemosina ad un bisognoso potrebbe dunque equivalere alla comprensione in empatia della sua sofferenza, ed alla riparazione dell'ingiustizia perpetrata in questo caso da altre persone (o situazioni più generiche derivate comunque dalla condizione di peccato del mondo) che hanno portato quel fratello nella condizione di bisogno. L'elemosina dunque, in quanto atto di amore (hesed), coprirebbe una gran quantità di peccati, proprio come affermato nella prima lettera di Pietro (4:8). Ribadisco ancora una volta che questa giustizia di misericordia non concerne la salvezza, né l'accumulo di meriti o l'osservanza di meri obblighi, ma piuttosto una crescita nel carattere di giustizia del Signore, riguarda una educazione alla giustizia (2 Tim. 3:16). La giustizia personale infatti è una caratteristica importante dei servitori di Dio (1 Tess. 2:10, Tito 1:8), ed è immagine dell'attributo comunicabile della giustizia di Dio, ossia della giustizia propria di Dio, che può però trovare anche una somiglianza nell'uomo15.  

come sta scritto:
«Egli ha profuso, egli ha dato ai poveri,
la sua giustizia dura in eterno».
 
2Corinzi 9:9
 

Rimettendo i debiti ai nostri debitori, impariamo a crescere secondo il carattere di Dio, nostro Padre, potendo ricevere a nostra volta da lui la remissione dei nostri debiti personali (Mt. 6:14). Offrendo l'elemosina ai bisognosi nel segreto, continuiamo a crescere con un carattere simile a quello del Padre, ricevendo come contraccambio una sovrabbondante ricompensa. La salvezza è per grazia, mediante la fede, ma la santificazione cresce con la maturità, resa possibile dall'azione dello Spirito Santo. Camminando secondo lo Spirito, possiamo crescere secondo l'immagine di Dio. Camminando secondo lo Spirito, possiamo crescere secondo la sua giustizia e misericordia
 
2. LA PREGHIERA 

Immagine tratta dal film "War Room"
Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa. Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così:
"Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno."
Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
Matteo 6:5-15

Dopo l'esempio dell'elemosina, Gesù continua il suo discorso prendendo ora quello della preghiera. Ancora una volta troviamo una contrapposizione tra gli ipocriti, che pregano per essere visti dagli uomini, e i discepoli di Cristo, che sono invece chiamati a pregare nel segreto. E, ancora una volta, la devozione nel segreto è quella che viene premiata dal Padre celeste. La giustizia del regno dei cieli dunque è chiaramente caratterizzata dall'essere compiuta nel segreto davanti al Padre, sicuramente non per il dovere di nascondersi, ma piuttosto per essere sicuri di compierla per amore di Dio Padre e non per amore di stessi. Anche la preghiera nel segreto, infatti, riceve una ricompensa direttamente da Dio per il fatto di essere compiuta in modo sincero e non condizionato dalla visibilità. Dopo aver condannato l'ipocrisia ebraica del tempo, Gesù però mette in guardia anche dalle usanze religiose pagane, che promuovevano lunghe preghiere nella speranza di essere ascoltati dalle divinità. Infatti, il Padre, l'unico e vero Dio, conosce le cose di cui abbiamo bisogno prima che le chiediamo. Il re Davide, circa mille anni prima aveva scritto: 

Poiché la parola non è ancora sulla mia lingua,
che tu, SIGNORE, già la conosci appieno.
Salmi 139:4

Il Signore conosce ogni cosa, e non è sicuramente per la nostra alta voce o per la lunghezza delle nostre preghiere che egli riesce a sentirci. Dopo questo ammonimento però, Gesù invita i suoi discepoli a pregare in questo modo, pronunciando la preghiera che tutto il mondo cristiano conosce come "Padre nostro". Questa preghiera ricorre in forma abbreviata anche in Luca 11:2-4, ma si ritiene generalmente che la formula riportata dal vangelo secondo Matteo sia più antica, e per l'appunto più completa16. Anche i contesti in questi due vangeli sono diversi, poiché in Luca la preghiera è data in risposta ai discepoli di Gesù che gli chiedono come pregare. Non è tuttavia improbabile che Gesù possa aver insegnato la preghiera sotto forme diverse in occasioni separate17. Questa preghiera è insegnata ai discepoli del Signore, ossia a coloro che possono chiamare Dio loro Padre, ed è per loro nella consapevolezza di essere un gruppo e di poter pregare il loro Dio, il nostro Padre, in una dimensione contemporaneamente personale e comunitaria

Entriamo quindi ora nel dettaglio di questa famosa preghiera. Tutta l'attenzione è inizialmente concentrata al di fuori di noi stessi, verso il Padre nostro, che è nei cieli. C'è una certa tensione fra la trascendenza di Dio ed il suo essere nostro Padre, una condizione paradossale ma reale. Egli è nei cieli, è invisibile e intangibile, ma è per noi Creatore e Padre, e come tale desidera avere in Spirito una comunione intima e quotidiana con tutti i suoi figli. Questa concezione che guarda immediatamente "in alto", fuori dall'uomo, può essere descritta anche con la stessa etimologia della parola "esistere". Quest'ultimo termine infatti deriva dal latino, essendo composto da "ex" (= da) e "sistere" (= stare saldamente), e significa letteralmente "stare fuori"18. Potremmo dire, in accordo con queste parole iniziali della preghiera, che la piena esistenza umana non è dunque appagata dall'avvolgersi su sé stessa, ma piuttosto dal guardare e dal protrarsi al di fuori di sé stessa, verso l'alto, verso il cielo dove risiede Dio. La dottrina gnostica-cristiana del II secolo insegnava a ricercare la scintilla del divino dentro di sé, ma l'insegnamento di Gesù è fin da subito chiaro nel cercare e invocare Dio al di fuori di sé, con piena fiducia. Il nome di Dio, deve essere poi santificato: deve essere trattato con santità e riverenza oggi dai suoi figli, nell'attesa che quando il regno di Dio sarà pienamente manifestato possa essere compreso e trattato in tal modo da ogni persona. 

...infatti sta scritto:
«Come è vero che vivo», dice il Signore,
«ogni ginocchio si piegherà davanti a me,
e ogni lingua darà gloria a Dio».
 
Romani 14:11
 
A questo punto la preghiera di Gesù si sviluppa con un'invocazione al regno del Padre, al compimento della sua volontà sulla terra, così come è fatta in cielo. Questa è la proposizione più escatologica della preghiera, ma non perde tuttavia anche una certa importanza attuale, concretizzata nell'ubbidienza dei credenti alla volontà di Dio nel giorno di oggi19. Il regno del Padre infatti sarà pienamente manifestato alla fine dei tempi, ma è iniziato proprio grazie a Cristo (Mt. 4:17, 12:28), e da allora continua a crescere (Mt. 13:31,32). Non può esserci nulla di più perfetto della volontà di Dio compiuta in terra come in cielo, e di per sé questa invocazione racchiude tutto quel che di desiderabile può esserci nella vita. La volontà di Dio è perfetta, immutabile ed eterna, giusta, santa, buona. Ma la preghiera continua, venendo incontro alle esigenze specifiche della vita quotidiana, che è possibile rivolgere a Dio proprio perché, come visto prima, egli non è solo nei cieli ma è anche nostro Padre. Le tre affermazioni per la gloria di Dio (sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno e sia fatta la tua volontà), vengono quindi bilanciate da altre tre richieste riguardanti le necessità dei discepoli (dacci il pane, rimetti i debiti, non indurci in tentazione). Da qui la richiesta a donarci oggi il nostro pane quotidiano, che sembrerebbe richiamare alla mente la manna nel deserto (Es. 16:21), ma anche un proverbio di Agur (Pr. 30:8). C'è tuttavia la possibilità di tradurre la parola epiousios (utilizzata solo in questo contesto) anche con "per il giorno di domani": in questo caso la richiesta sarebbe quindi quella di provvedere al "cibo per il Giorno a venire", ossia di poter partecipare all'atteso banchetto escatologico (Mt. 8:11)20. Alla richiesta del pane, segue quella della remissione dei nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Debiti è il termine aramaico per peccato, che letteralmente si riferisce ad un debito in denaro, ma è qui indicato per indicare genericamente le colpe e trasgressioni21. I figli di Dio sono chiamati a crescere sempre di più nel carattere del Padre e a perdonare gli altri proprio come sono essi stessi perdonati dal Signore. E' una crescita, un'educazione alla giustizia che si manifesta con la propria attitudine nei riguardi di molti aspetti della vita quotidiana. L'elemosina, la preghiera e il digiuno sono solo tre esempi, ma ogni aspetto della nostra vita viene in realtà coinvolto nella crescita verso la perfetta statura di Cristo, la statura del perfetto Figlio. L'apostolo Paolo scriveva infatti a riguardo:

E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione del Signore, che è lo Spirito.  
2Corinzi 3:18

Contemplando la gloria del Signore, comprendendo il profondo significato della sua grazia e del suo perdono, siamo trasformati nella sua stessa immagine, e manifestiamo una grazia sempre più simile alla sua, e un perdono sempre maggiore verso le persone che ci stanno attorno. Quel che fa la differenza non è una regola, ma una genuina crescita nella comprensione di Dio, contrapposta ad una simulazione religiosa di questa crescita, che potrà essere accettata dagli uomini ma che non è in nessun caso accettata invece dal Padre. La terza ed ultima richiesta, riguarda infine la protezione dai peccati futuri. Peirasmos (tentazione) è meglio reso con "prova", e sottolinea proprio la debolezza dei discepoli e la conseguente necessità di essere liberati dal maligno, con una possibile prospettiva finale sulla minaccia del conflitto escatologico22. Un buon numero di manoscritti e versioni del vangelo secondo Matteo presentano a questo punto la seguente formula liturgica di lode, a conclusione della preghiera: "...perché tuo è il regno e la potenza e la gloria in eterno. Amen". La sua assenza da altre importanti ed antiche testimonianze, hanno convinto però la maggioranza degli studiosi che essa non fosse presente nel testo originale (per quanto la si usasse anticamente con grande diffusione)23. La sua formulazione, comunque, sembra ricalcare un'importante preghiera del re Davide, attestata in Cronache:

A te, SIGNORE, la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore, la maestà, poiché tutto quello che sta in cielo e sulla terra è tuo! A te, SIGNORE, il regno; a te, che t'innalzi come sovrano al di sopra di tutte le cose! Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu signoreggi su tutto; in tua mano sono la forza e la potenza, e sta in tuo potere il far grande e il rendere forte ogni cosa. 
1Cronache 29:11,12 

Dopo questa conclusione, rimane soltanto un'ulteriore ultima raccomandazione di Gesù volta al perdono del prossimo per essere perdonati dal Padre, rafforzando in questo modo la seconda richiesta della preghiera stessa. 

Al termine di questa analisi, possiamo riflettere in modo più profondo sulla perfezione teologica e strutturale di questa preghiera, composta in modo mirabile da sette componenti. Abbiamo infatti il destinatario (il Padre nei cieli), abbiamo una prima parte in tre componenti per la gloria di Dio (sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno e sia fatta la tua volontà), e una seconda parte con tre richieste pratiche per il superamento delle proprie necessità e limitatezze (dacci il pane, rimetti i debiti, non indurci in tentazione), il tutto mantenuto in un perfetto equilibrio. La devozione personale nel regno dei cieli è quindi una devozione sincera, fatta nel segreto, una devozione che manifesta il proprio amore per Dio Padre e la propria fiducia in lui, paragonabile a quella di qualsiasi piccolo bimbo nei confronti dei propri genitori.

3. IL DIGIUNO

Quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità: questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non appaia agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Matteo 6:16-18

L'elemosina e la preghiera vengono ora completati da un terzo esempio dedicato al digiuno. Il digiuno era un elemento importante della vita religiosa ebraica, sia in tempi stabiliti che, occasionalmente, in seguito a decisioni prese sia corporativamente che individualmente24. I farisei probabilmente digiunavano due volte a settimana (Lc. 18:12), e facevano in modo che i loro digiuni fossero conosciuti dalla società, per acquisire agli occhi delle persone una particolare importanza e autorità spirituale. Ma la vera autorità spirituale è un'altra cosa. La vera autorità spirituale infatti non viene conferita dagli uomini ma da Dio stesso. E il Signore non ha bisogno di annunci, perché egli vede ogni cosa, egli infatti è colui che scruta le reni e i cuori. La struttura e le parole di questo brano sono le stesse di quello sull'elemosina, e, di fatto, il messaggio di fondo è lo stesso. Il Padre ricompensa coloro che agiscono in modo genuino nella loro fede personale, coloro che non vivono la religione come un'occasione di successo sociale ma come una costante fondamentale della loro vita in cui manifestare il proprio amore per Dio e, di conseguenza, per il prossimo. 

 CONCLUSIONE




















L'insegnamento di Gesù sulla giustizia compiuta in segreto è sicuramente molto vicino a quello della parabola del fariseo e del pubblicano (Lc. 18:9-14). Quando la giustizia personale è reputata giustificazione e superiorità per meriti, essa porta alla disapprovazione di Dio. Quando invece è vissuta come risposta d'amore all'amore che abbiamo ricevuto dal Padre, si dimostra sana ed è accolta con favore dal nostro Padre celeste. La giustificazione è solo e soltanto per grazia (di Dio) mediante la fede, in quanto nessun nostro atto potrà mai "acquistarla". E la risposta a questa grazia deve manifestarsi con misericordia, non con orgoglio e vanto umano
 
All'epoca in cui Gesù ha svolto il suo ministero terreno, nell'ambito del giudaismo vi erano in particolare i farisei che volevano imporsi come élite spirituale, desiderando però più il potere religioso che l'essere realmente luce per le persone che erano nelle tenebre. La vera luce è stata portata invece proprio da Cristo, che dirigendosi verso chi era più nel bisogno ha evangelizzato i poveri, liberato i prigionieri, sollevato gli oppressi, guarito i malati e proclamato l'anno accettevole del Signore. 
 
L'elemosina, la preghiera e il digiuno (come esempi di devozione personale) vengono presentati dunque da Gesù come adatti solo se vissuti per amore, e non per orgoglio, arrivismo o gratificazione personale. Solo in questo caso il Padre concede una ricompensa, solo in questo caso la religione può considerarsi come pura e senza macchia (Giac. 1:27). La giustizia del regno dei cieli infatti è sostanza più che forma, azione più che ostentazione, realtà più che astrazione. La giustizia del regno è efficace proprio per il suo santo proposito. Una giustizia compiuta in segreto, per una comunione intima e personale con il Padre nostro, che è nei cieli


Note: 

[1] Carmona Rodriguez Antonio, Monasterio Rafael Aguirre, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Ed. Paideia, cit. p. 167.
[2] Id. Ibid.
[3] Id. Ibid. cit. p. 225.
[4]
Id. Ibid. cit. p. 229.
[5]
J.B. Orchard, 'Thessalonians and the Synoptic Gospels', Bib 19 1938.
[6] C. R. Antonio, M. R. Aguirre, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Ed. Paideia, cit. p. 235.
[7] Id. Ibid. cit. p. 199.
[8]
Id. Ibid. cit. p. 171.
[9]
Id. Ibid. cit. pp. 172-174.
[10]
Id. Ibid.
[11] France R. T., Il vangelo secondo Matteo, Ed. GBU, cit. p. 169.
[12]
Id. Ibid. cit. p. 171.
[13] Id. Ibid
[14] Giustizia Dialogica. Luci e ombre della Restorative Justice, Milano, FrancoAngeli 2010, p. 2. 
[15] http://www.iglesiareformada.com/Berkhof_Sommario_attributi_Dio.html 
[16] France R. T., Il vangelo secondo Matteo, Ed. GBU, cit. p. 173.
[17] Id. Ibid
[18] http://www.etimo.it/?term=esistere&find=Cerca 
[19] France R. T., Il vangelo secondo Matteo, Ed. GBU, cit. p. 175.
[20] France R. T., Il vangelo secondo Matteo, Ed. GBU, cit. pp. 176,177. 
[21] Id. Ibid
[22] Id. Ibid. cit. p. 178. 
[23] Id. Ibid
[24] Id. Ibid. cit. pp. 179,180. 

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