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venerdì 11 dicembre 2015

Il frutto dell'apostolato (parte I): una cura paterna

Paolo, Silvano e Timoteo alla chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace.  
1Tessalonicesi 1:1

1. INTRODUZIONE

Dopo essere passati per Amfipoli e per Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c'era una sinagoga dei Giudei; e Paolo, com'era sua consuetudine, entrò da loro, e per tre sabati tenne loro ragionamenti tratti dalle Scritture, spiegando e dimostrando che il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti. «E il Cristo», egli diceva, «è quel Gesù che io vi annuncio». Alcuni di loro furono convinti, e si unirono a Paolo e Sila; e così una gran folla di Greci pii, e non poche donne delle famiglie più importanti. Ma i Giudei, mossi da invidia, presero con loro alcuni uomini malvagi tra la gente di piazza; e, raccolta quella plebaglia, misero in subbuglio la città; e, assalita la casa di Giasone, cercavano di trascinare Paolo e Sila davanti al popolo. Ma non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai magistrati della città, gridando: «Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui, e Giasone li ha ospitati; ed essi tutti agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re, Gesù». E misero in agitazione la popolazione e i magistrati della città, che udivano queste cose. Questi, dopo aver ricevuto una cauzione da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare. Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei.
Atti 17:1-10

Il secondo viaggio missionario dell'apostolo Paolo è raccontato nel libro degli Atti degli Apostoli dal c.15 v.36 fino al c.18 v.22. In seguito al Concilio di Gerusalemme, l'intenzione iniziale di Paolo era prevalentemente quella di visitare le comunità fondate nel primo viaggio, ma durante questa nuova missione egli evangelizzò anche in altre importanti città. A Listra Timoteo si unì a Paolo e Sila (Atti 16:3), attraversando insieme a loro la Frigia, predicando il vangelo in Galazia e a Filippi, arrivando successivamente a Tessalonica, come abbiamo visto nel brano iniziale.

Qui Paolo iniziò ad insegnare nella sinagoga - una sua consuetudine  -, sia a causa della priorità della salvezza per i giudei, sia a causa della necessità pratica di poter contare su elementi adulti educati fin dall'infanzia agli insegnamenti dell'Antico Testamento1. Dopo tre settimane però scelse un altro luogo di riunione: probabilmente la casa di Giasone, dove andranno a cercarlo i giudei per imprigionarlo. Verosimilmente, egli dovette fermarsi in questa città almeno per sei mesi2, lavorando per non essere di peso a nessuno e continuando contemporaneamente la sua paziente opera di evangelizzazione e discepolato. A differenza di quanto accaduto a Filippi, in questa occasione il gruppo dell'apostolo partì senza subire la prigionia, ma a causa delle rinnovate persecuzioni in questa città, Paolo inviò successivamente da Atene il suo discepolo e collaboratore Timoteo, per incoraggiare e sostenere nuovamente la chiesa. Al suo ritorno Timoteo comunicò a Paolo buone notize, ma insieme ad esse anche alcune questioni riguardanti problemi sorti nella comunità; proprio per questo motivo l'apostolo si decise a scrivere questa lettera, risalente agli anni 50-52 d.C.3.

La prima lettera ai Tessalonicesi è composta da sezioni di genere narrativo, dottrinale e parenitico, in quest'ordine preciso4. Nello specifico, è possibile riconoscere dodici sezioni, elencate nel seguente schema5:

PRIMA PARTE  - NARRATIVA
1) Indirizzo (1:1)
2) Primo esordio (1:2-10)

3) Prima narrazione (2:1-12)
4) Secondo esordio (2:13-16)
5) Seconda narrazione (2:17-3:10)
6) Prima conclusione della lettera (3:11-13)
SECONDA PARTE - ISTRUZIONE ED ESORTAZIONE
7) Prima esortazione (4:1-8)
8) Prima istruzione (4:9-12)
9) Seconda istruzione (4:13-18)
10) Terza istruzione (5:1-10)
11) Seconda esortazione (5:12-22)
12) Seconda conclusione della lettera (5:23-28)

In questo approfondimento stiamo per esaminare in modo specifico le sezioni relative al primo esordio e alla prima narrazione, per investigare e comprendere al meglio i rispettivi insegnamenti spirituali, nonchè porre le basi per i prossimi studi esegetici, che affronteranno i paragrafi immediatamente successivi.

 2. IMITATORI DEL SIGNORE

Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti, nominandovi nelle nostre preghiere, ricordandoci continuamente, davanti al nostro Dio e Padre, dell'opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore e della costanza della vostra speranza nel nostro Signore Gesù Cristo. Conosciamo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione. Infatti il nostro vangelo non vi è stato annunciato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena convinzione; infatti sapete come ci siamo comportati fra voi, per il vostro bene. Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo, tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia. Infatti da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell'Acaia, ma anzi la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo, di modo che non abbiamo bisogno di parlarne; perché essi stessi raccontano quale sia stata la nostra venuta fra voi, e come vi siete convertiti dagl'idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il Figlio suo che egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall'ira imminente.
1Tessalonicesi 1:2-10 

La lettera, subito dopo l'indirizzo, inizia con la gratitudine a Dio da parte di Paolo, Silvano e Timoteo per tutti i credenti della comunità di Tessalonica. Questa chiesa, che non aveva più di un anno di vita, aveva già dato prova di essere operosa nella fede e nell'amore, oltre che costante nella speranza in Cristo. Paolo provava indubbiamente una grande gioia per questo successo del vangelo, ed il suo pensiero e la sua preghiera erano quindi continuamente rivolti verso di loro. Egli ci tiene che ne siano informati, per esserne incoraggiati e rinfrancati prima di tutto. Successivamente l'apostolo testimonia di conoscere la loro elezione, che appare in quel momento chiara ed evidente. A Tessalonica infatti, essi avevano predicato il vangelo non solo a parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e piena convinzione. E il frutto di questa opera si era manifestato nelle persone che si erano convertite, sotto forma di una sana imitazione del carattere degli apostoli e del loro servizio, imitazione che in ultima analisi era del Signore stesso. Come racconta il libro degli Atti, ben presto la comunità venne perseguitata; per invidia infatti i giudei del luogo iniziarono a mettere in subbiglio la città, portando all'incarcerazione di Giasone e di altri fratelli. Ma queste sofferenze sono state affrontate dai tessalonicesi con la gioia che dà lo Spirito Santo, e questo ha potuto fare di loro un esempio per l'intera regione. Così come le cattive compagnie corrompono i buoni costumi (1 Co 15:33), al contrario le buone compagnie e le buone opere incoraggiano e promuovono la fede, mostrando al mondo e ai fratelli in Cristo la gloria di Dio dimorante nell'ubbidienza ai suoi insegnamenti. Paolo afferma che per quel motivo la fama della loro fede si era sparsa addirittura in ogni luogo. Essi si erano convertiti dagli idoli al Dio vivente e vero, con lo scopo di servirlo ed aspettare dai cieli il risorto Figlio, ossia Gesù, colui che libera ogni credente dall'ira imminente. Questa era la testimonianza che si stava diffondendo, e queste ultime parole possono riepilogare tutto il senso della vita cristiana: il ravvedimento dai propri peccati e dalla propria idolatria, l'ubbidienza e il servizio al Dio vivente e vero, e l'attesa del ritorno di Cristo con la certezza di essere salvati dall'ira di Dio grazie al suo sacrificio.

3. COME UN PADRE

Voi stessi, fratelli, sapete che la nostra venuta tra voi non è stata vana; anzi, dopo aver prima sofferto e subìto oltraggi, come sapete, a Filippi, trovammo il coraggio nel nostro Dio, per annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. Perché la nostra predicazione non proviene da finzione, né da motivi impuri, né è fatta con inganno; ma come siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità; invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini. Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non soltanto il vangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci eravate diventati cari. Perché, fratelli, voi ricordate la nostra fatica e la nostra pena; infatti è lavorando notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi, che vi abbiamo predicato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e Dio lo è pure, del modo santo, giusto e irreprensibile con cui ci siamo comportati verso di voi che credete; sapete pure che, come fa un padre con i suoi figli, abbiamo esortato, confortato e scongiurato ciascuno di voi a comportarsi in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
1Tessalonicesi 2:1-12

Prima di arrivare a Tessalonica, Paolo e Sila furono imprigionati e torturati nella città di Filippi: qui infatti dovettero subire molte vergate. La potenza di Dio scardinò le porte e ruppe le catene, permettendo la conversione del carceriere e di tutta la sua famiglia, ma gli apostoli soffrirono comunque parecchio. In questi versetti leggiamo alcune tracce di questa sofferenza, raccontata direttamente da Paolo: egli infatti dice che dovettero trovare il coraggio in Dio per tornare ad annunciare il vangelo a Tessalonica. Leggendo velocemente i resoconti biblici, spesso viene difficile immaginare tutte le emozioni e i retroscena dei protagonisti; ma quello che per noi è scontato, conoscendo le storie dall'inizio alla fine, non lo era sicuramente per loro, poiché nonostante la fede nel Signore erano comunque esposti ad ogni tipo di pericoli, giorno e notte. La predicazione di Paolo e dei suoi collabori non procedeva mai dalla finzione - come accadeva per altri predicatori - ma dall'approvazione di Dio, e proprio da questa approvazione essi trovavano nuove forze per superare ogni difficoltà. Una predicazione priva di interessi personali e persuasioni umane, priva di convincimenti psicologici e vuote frasi motivazionali. Queste attività possono portare gli ascoltatori ad una persuasione mentale, ma di certo non possono portare a vivere una reale e genuina esperienza spirituale. Quello che fa la differenza infatti non è un mero convincimento, ma - come abbiamo visto in 1:5 - l'azione dello Spirito Santo, e - come vediamo in questo brano - una mansuetudine che non si vuole elevare al di sopra delle persone ma invece le vuole servire teneramente, come una nutrice che cura i suoi bambini. L'attività di Paolo non era un'attività ad ora, su appuntamento, ma era una presenza fissa e continuativa, il dono della propria vita per i credenti di questa nuova comunità, con il fine della loro salute e crescita spirituale. Paolo non si comportava come un nobile o un sacerdote, non si comportava come un moderno manager, ma come un padre che si prende cura dei propri figli. Un padre che lavora duramente di giorno, e che torna a casa alla sera non per alienarsi dalla famiglia ma per spendere ulteriormente le sue energie per l'educazione dei bambini. Una missione pura, non corrotta da orgoglio, denaro, o qualasiasi altro tipo di vantaggio personale, ma motivata dall'amore di Dio e dall'affetto personale. Paolo in questa lettera ringrazia tutti i tessalonicesi, ricordando come pochi mesi prima aveva esortato, confortato e scongiurato ciascuno di loro. La relazione che aveva instaurato con questi credenti non era di tipo scolastico, ma personale. L'assistenza, la formazione, e la condivisione che aveva offerto non erano limitate a coloro che pensava di nominare come anziani nella comunità, né erano state standardizzate per diverse classi attraverso strategie moltiplicative. Al contrario, il servizio dell'apostolo dei gentili era quello di un discepolato personale, con tutti. Un discepolato che valorizzava la dignità delle persone senza imporsi dall'alto ma esortando, confortando e scongiurando con mansuetudine ciascuno. Nessuno era troppo piccolo per essere ascoltato dagli apostoli, nessuno era di scarso valore ai loro occhi. Questo comportamento e servizio ha permesso ai tessalonicesi di crescere nella propria fede fino a diventare un esempio in tutta la Macedonia e l'Acaia. Perché quando si vive permeati dall'amore, si diventa forti, capaci di affrontare ogni sofferenza e disagio, determinati a dare agli altri tutto l'amore che si è ricevuto. La paura, l'insicurezza e il rigetto portano le persone a crescere nella remissività o al contrario nell'aggressività; ma l'amore di Dio porta le persone a vivere nella libertà e nella vera forza. Una forza che sopporta ogni cosa, una forza che solo chi è figlio conosce.

E voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!» Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio. Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui. 
Romani 8:15-17  
 4. CONCLUSIONE












La prima Lettera ai Tessalonicesi è probabilmente il più antico scritto del Nuovo Testamento, un documento che testimonia in modo importante l'operato dell'apostolo Paolo (e dei suoi collaboratori) nel mezzo del suo secondo viaggio  missionario. L'inizio dell'epistola mostra da subito con quale cura e dedizione Paolo si sia dedicato a questa comunità, dal momento della sua prima predicazione a  Tessalonica, fino al momento in cui è stata scritta la lettera stessa. L'attività apostolica è stata di paziente edificazione e formazione, paragonabile a quella di una nutrice con i bambini che le sono stati affidati oppure a quella di un padre con ciascuno dei propri figli. Questo amore ha contribito ad una sana crescita spirituale dei credenti tessalonicesi, tanto da renderli sufficientemente forti da affrontare molte sofferenze e persecuzioni in nome di Cristo. La loro fama quindi si è potuta diffondere in tutta la regione, incoraggiando i fratelli di molte altre comunità locali. 

Volendo apprendere quindi quali siano i sani frutti di un'attività di apostolato,  possiamo concludere questo primo approfondimento proprio con l'identificazione della forza spirituale dei credenti che sono stati seguiti nella loro crescita, una forza che deriva dall'essere stati esortati, confortati e scongiurati con la sincerità  che deriva dall'approvazione di Dio, senza alcun tornaconto personale. Un apostolo che non cerca la gloria degli uomini, che agisce con lo Spirito Santo e che servendo nel ministero offre non solo il vangelo ma anche la sua propria vita, produrrà senza dubbio un frutto abbondante e duraturo: il raggiungimento dello scopo della propria chiamata (Gv 15:16).


Note:

[1] Bosh Jordi Sanchez, Scritti paolini, Ed Paideia, cit. p. 94.
[2] Id. Ibid., cit. p. 95.
[3] Id. Ibid., cit. p. 98.
[4] Id. Ibid., cit. p. 100.
[5] Id. Ibid.

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