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giovedì 30 luglio 2015

"Pasci le mie pecore"

Quand'ebbero fatto colazione, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami più di questi?» Egli rispose: «Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami?» Egli rispose: «Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pastura le mie pecore». Gli disse la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?» Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: «Mi vuoi bene?» E gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti». Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse: «Seguimi».
Giovanni 21:15-19 

Questo brano
del vangelo secondo Giovanni riveste sicuramente una grande importanza. Essendo posizionato al termine dell'opera, contribuisce a portare a compimento il messaggio principale dell'autore, con una ricchezza teologica di grande rilievo. Nonostante le molte considerazioni esegetiche che si potrebbero fare, in questa occasione vorrei soffermarmi principalmente su tre aspetti che penso siano particolarmente utili ai fini di una più profonda comprensione.

Possiamo considerare questi aspetti come concentrici, in quanto partono da una visione di insieme per procedere sempre più vicino al cuore del testo stesso. Come per ogni altro brano biblico, lo studio del contesto è essenziale, ed è proprio da questo cerchio più esterno che stiamo per iniziare il nostro percorso.
 
1. CONSIDERAZIONI SUI QUATTRO VANGELI

Sappiamo che i tre vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca), presentano forti somiglianze nella narrazione e nelle espressioni utilizzate. Tra di loro, il testo lucano ha la particolarietà di avere un seguito nel libro degli Atti degli Apostoli, dove l'autore può raccontare la nascita della Chiesa e delle prime missioni cristiane. Matteo e Marco invece, terminano le rispettive opere con il brano della missione che Gesù affida ai discepoli dopo la sua resurrezione, alludendo in questo modo ai futuri tempi missionari. Il vangelo di Giovanni rispetto ai sinottici presenta una narrazione propria e utilizza delle fonti indipendenti rispetto agli altri vangeli. In comune con Matteo e Marco non possiede un seguito, ma si distingue anche in questo caso terminando in modo completamente diverso. Se in Mt e Mc infatti, come appena detto, la conclusione è data dal comando di andare per il mondo e predicare il vangelo/fare discepoli, qui la conclusione è invece costituita principalmente dal brano in questione (21:15-19). L'intimo dialogo finale tra Gesù e Pietro prende quindi il posto del comando della missione. 

Questa osservazione è utile, in quanto consente di valutare l'importanza di questo testo specifico secondo una corretta prospettiva d'insieme. Per Giovanni, la presente conversazione è di primo piano almeno quanto il racconto del comando di predicare il vangelo fino all'estremità del mondo. Come l'ultima cena (c. 13) viene qui incentrata sul lavaggio dei piedi (nel quale ancora una volta emerge un dialogo con Pietro) al posto che sulla dichiarazione sul corpo e sangue di Cristo, allo stesso modo l'ultima occasione di incontro tra Gesù e i discepoli viene descritta attraverso il comando dato a Pietro di "pascere gli agnelli e pasturare le pecore", piuttosto che attraverso il comando di andare, predicare e battezzare. Una differenza di messaggio che stiamo per approfondire ancora più da vicino.

2. LA RELAZIONE TRA GESU' E PIETRO

Conosciamo tutti il carattere dell'apostolo Pietro: impetuoso e impulsivo da un lato, fragile e dubitante dall'altro. Per comprendere il senso della triplice domanda finale di Gesù, è necessario individuare altri due precedenti punti fondamentali della relazione tra Gesù e Pietro nel vangelo di Giovanni. Il primo punto riguarda una audace dichiarazione dell'apostolo, alla quale il Signore risponde profeticamente:

Pietro gli disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!» Gesù gli rispose: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico che il gallo non canterà che già tu non mi abbia rinnegato tre volte.
Giovanni 13:37,38 

Il secondo punto, riguarda invece l'adempimento di questa parola profetica:

Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi, e gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?» Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: «Non ti ho forse visto nel giardino con lui?» E Pietro da capo lo negò, e subito il gallo cantò.
Giovanni 18:25-27 e vv. precedenti

Impulsivamente, l'apostolo era pronto a dare la sua vita per Gesù, tanto da sguainare la spada per difendere il suo Maestro dalle guardie arrivate per arrestarlo (18:10). Ma non era questa la volontà del Signore. Impulsivamente, l'apostolo Pietro era stato inorridito dal fatto che Gesù volesse lavargli i piedi (13:8), ma ancora una volta dovette prendere atto della ferma volontà di Cristo di andare fino in fondo. Queste azioni di Gesù evidenziano dei precisi insegnamenti promossi con le sue azioni piuttosto che con le sue parole. Le ultime e più importanti indicazioni che Cristo ha lasciato ai discepoli nel vangelo di Giovanni, sono state date con l'esempio prima ancora che con la predicazione. 

Il triplice rinnegamento di Pietro nel momento di maggiore sconforto, viene quindi ripreso specularmente con una triplice domanda di Gesù, un momento cruciale nel quale l'apostolo può soltanto lasciare cadere definitivamente il suo modo di fare le cose e prendere con sé e per sé il modo di fare le cose del suo Signore. In questi contesti vediamo una preminenza di Pietro rispetto agli altri discepoli, ma il messaggio comune non è quello di indicarlo come sostituto di Cristo nella guida della Chiesa nascente, quanto piuttosto quello di sottolineare un passaggio fondamentale nella crescita cristiana: il passaggio dal fare le cose per Dio con le nostre forze e preferenze, all'ubbidire a Dio secondo i suoi tempi e i suoi modi. Un passaggio che ogni credente deve scoprire e attraversare, evidenziato nel percorcorso di Pietro in modo chiaro e specifico.

3. LA MATURITA' CRISTIANA NELLA FEDELTA' FINO ALLA MORTE

Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e disperde), perché è mercenario e non si cura delle pecore.
Giovanni 10:11-13
 
In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti». Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse: «Seguimi».
Giovanni 21:18,19

Per l'essere umano, l'idea di responsabilità, autorità e conduzione è legata al pensiero di dominio, sottomissione e signoraggio. Fin da subito, tuttavia, Gesù è stato chiaro nel ribaltare questo sistema di pensiero, esplicitando che chiunque avrebbe voluto essere grande tra i suoi discepoli, sarebbe stato servitore degli altri (Mc 10:42, Mt 20:25, Lc 22:25). Questo nuovo paradigma è stato promosso con il suo insegnamento, con i suoi esempi e con il suo sacrificio. Il Signore ha dichiarato di essere il buon pastore, e di avere lo scopo di raggiungere prima di tutto le pecore perdute della casa d'Israele (Mt 15:24) e successivamente le "altre pecore" (Gv 10:16) di origine non ebraica. Un pastore buono, senza interessi economici e con il desiderio di proteggere le sue pecore fino alla morte. Nessuno può prendere il suo posto, il posto del buon pastore. Tuttavia, alla fine del vangelo di Giovanni egli comanda a Pietro di pascere le sue pecore. Questo passaggio è molto delicato, con un significato che non va inteso in termini carnali ma con "l'alfabeto di Cristo". Il peso di questo incarico infatti, non è quello di una corona tempestata di diamanti da porre sul capo, ma piuttosto è quello di una vita spesa al servizio degli altri, fino al costo del martirio. A mio avviso questo è il cuore del brano, il messaggio più interno custodito da questo epilogo evangelico. E' vero, negli altri vangeli Gesù comanda di predicare il vangelo e fare discepoli fino all'estremità della terra, ma nel vangelo di Giovanni troviamo lo spirito con cui farlo. Il Signore ha scelto e chiamato i suoi discepoli all'inizio del vangelo con la parola "seguimi", iniziando il loro percorso di crescita e formazione; adesso però egli ripete nuovamente questo comando a Pietro, in un'occasione apparentemente simile, ma in realtà completamente diversa. Se lo scopo della vita cristiana è di diventare simili a Cristo, questo momento rappresenta l'istante della definitiva rottura del proprio orgoglio, una tappa dolorosa ma necessaria per poter abbracciare la propria croce e seguire fino in fondo il Signore. Non so quanti anziani/vescovi siano stati storicamente ordinati al ministero con questo sentimento, ma questo è il sentimento che ogni vescovo dovrebbe avere per svolgere adeguatamente il proprio servizio. Chiunque altro, è semplicemente un mercenario.

Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita.
Apocalisse 2:10  

Fedeltà fino alla morte, con la promessa di ricevere la corona della vita. Fedeltà fino alla morte, come termine ultimo per la maturità cristiana. Fedeltà fino alla morte, per essere simili in ogni cosa al proprio Signore. 

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