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domenica 15 febbraio 2015

Le sette lettere dell'Apocalisse (parte VII): la chiesa di Laodicea

«All'angelo della chiesa di Laodicea scrivi:
Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio:"Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca. Tu dici: 'Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!' Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo. Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti. Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese"».

Apocalisse 3:14-22 

Dopo le lettere destinate agli angeli delle chiese di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatiri, Sardi e Filadelfia, troviamo un'ultima lettera, indirizzata all'angelo della chiesa di Laodicea. Questa lettera chiude i destinatari del libro annunciati fin dall'inizio dello scritto (1:11), ma termina anche la prima sezione del libro stesso: tutto ciò che verrà dopo infatti, sarà vissuto da Giovanni soltanto dopo essere entrato "per una porta aperta nel cielo". Laodicea rappresenta la destinazione finale di questo ipotetico percorso che, partendo dall'isola di Patmos - dove Giovanni riceve la visione - , attraversa di fatto tutta l'Asia Minore. 

La città di Laodicea sorgeva a meno di venti chilometri da quella di Colossi. La sua economia era prosperosa grazie alle attività bancarie e alla rinomata scuola di medicina, ma il terremoto del 60/61 d.C. distrusse gran parte delle strutture, impegnando tutta la popolazione ad una alacre ricostruzione. La chiesa di Laodicea molto probabilmente era stata fondata - al pari di quella di Colossi - da Epafra, e le poche informazioni neotestamentarie che abbiamo a riguardo si trovano proprio nella lettera di Paolo ai Colossesi. Questa lettera viene nominata dalla tradizione cristiana come una delle "lettere della prigionia", in quanto scritta dall'apostolo durante la sua prigionia a Roma, intorno al 62 d.C. In questa occasione dunque, Paolo scrisse ai colossesi:

Noi ringraziamo Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, pregando sempre per voi, perché abbiamo sentito parlare della vostra fede in Cristo Gesù e dell'amore che avete per tutti i santi, a causa della speranza che vi è riservata nei cieli, della quale avete già sentito parlare mediante la predicazione della verità del vangelo. Esso è in mezzo a voi, e nel mondo intero porta frutto e cresce, come avviene anche tra di voi dal giorno che ascoltaste e conosceste la grazia di Dio in verità, secondo quello che avete imparato da Epafra, il nostro caro compagno di servizio, che è fedele ministro di Cristo per voi.
Colossesi 1:3 

Epafra, che è dei vostri ed è servo di Cristo Gesù, vi saluta. Egli lotta sempre per voi nelle sue preghiere perché stiate saldi, come uomini compiuti, completamente disposti a fare la volontà di Dio. Infatti gli rendo testimonianza che si dà molta pena per voi, per quelli di Laodicea e per quelli di Ierapoli. Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema. Salutate i fratelli che sono a Laodicea, Ninfa e la chiesa che è in casa sua. Quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che sia letta anche nella chiesa dei Laodicesi, e leggete anche voi quella che vi sarà mandata da Laodicea.
Colossesi 4:12-16

Il compagno di ministero dell'apostolo Paolo, ossia Epafra, predicò la grazia di Dio in verità a Colossi, lottando sempre nelle preghiere e dandosi molta pena anche per quelli di Laodicea e di Ierapoli. Anche quest'ultima città risiedeva molto vicina a Laodicea, costituendo quindi assieme ad essa e a Colossi, una regione geografica evangelizzata e organizzata a livello ecclesiastico proprio da Epafra. Colossi, Laodicea e Ierapoli dunque, erano città che avevano conosciuto il vangelo grazie al ministero di questo servo di Cristo Gesù. Fra le tre chiese però, soltanto Laodicea riceve una lettera dal Signore, al termine del I secolo. Non sappiamo molto altro su questa comunità, e ancor meno conosciamo quello che poteva essere successo negli anni successivi alla missiva di Paolo, fino al tempo in cui Giovanni ricevette la visione, scrivendo sotto dettatura questa lettera. I versetti conclusivi di questo terzo capitolo dell'Apocalisse di Giovanni, restano dunque gli unici elementi per comprendere lo stato di questa chiesa, e il relativo avvertimento per tutti noi, a beneficio per l'intera Chiesa di Cristo. 

Come descritto negli studi precedenti, le sette lettere presentano tutte un medesimo schema: la presentazione di Cristo con un titolo speciale, la constatazione degli aspetti positivi della chiesa, la denuncia di quelli negativi, l'esortazione finale e la promessa specifica per i perseveranti. La formula "Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese", chiude tutte le lettere. Questo testo particolare però presenta un'eccezione facilmente riscontrabile, condivisa con la lettera alla chiesa di Sardi. Per entrambe le comunità infatti, non vi è alcun apprezzamento ma soltanto l'esortazione al ravvedimento. 

A loro, Gesù Cristo si presenta con tre titoli diversi: l'Amen, ossia il realizzatore di tutte le promesse divine, il testimone fedele e veritiero del Padre (cfr. Gv 12:50) e il principio della creazione di Dio (cfr. Col 1:15). Cristo è l'immagine
del Dio invisibile e con questa autorità si rivolge alla chiesa di Laodicea. Le parole successive, come anticipato, non riguardano alcun apprezzamento ma piuttosto una grave condizione spirituale: i laodicesi infatti sono trovati dal Signore tiepidi, né freddi né ferventi. Come l'acqua è utile sia fresca (in quanto dissetante) sia bollente (per alcuni tipi di bevande, oppure per cucinare) ma tiepida è capace solo di nauseare, allo stesso modo questi credenti non erano né zelanti per il bene, né completamente persi: erano autocompiaciuti e passivi nella propria fede. E' senz'altro da notare la presenza dei ghiacciai del monte Cadmus (conosciuto oggi come Topçambaba Dağı) vicino a Colossi, e delle terme a Ierapoli: una fonte di acqua fredda ed una di acqua calda nel cui mezzo sta proprio la "tiepidezza" dei credenti di Laodicea. Per questo il Signore dichiara di sputarli come si sputa l'acqua tiepida, se nel frattempo non si ravvedono. La lettera riporta anche delle frasi pronunciate o pensate da loro: 'Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!'. Possiamo ipotizzare quindi che questa chiesa possa aver raggiunto una buona autosufficienza economica, una chiesa che in qualche modo è riuscita a raggiungere uno standard di tranquillità, magari già con un suo locale di culto e una routine liturgica avviata. Dietro a questa prosperità però si celava una pericolosissima tiepidezza spirituale. Quante chiese al giorno d'oggi si riuniscono in un locale accogliente, celebrano i loro culti settimana dopo settimana ritrovandosi però nella stessa situazione della chiesa di Laodicea? Il numero, lo sa solo il Signore, ma questa lettera è di ammonizione prima di tutto proprio per loro. Chi rientra in questa descrizione infatti, agli occhi del Signore è infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo. Una condizione di indigenza peggiore di quella del noto Bartimeo (Mc. 10:46-52): egli infatti gridò «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!», esasperato dalla sua condizione. E proprio questo è il motivo della malattia spirituale che affliggeva la comunità: al contrario, costoro erano soddisfatti della loro condizione! Il momento in cui iniziamo ad essere pienamente appagati dalle funzioni ecclesiastiche, dai nostri contributi e dalla nostra ricchezza, ebbene questo momento rappresenta il tempo in cui il nostro spirito si assopisce delegando ad altri la veglia. L'inizio dei problemi. Quel che viene consigliato ai laodicesi, è di comprare dal Signore la controparte spirituale degli elementi che abitualmente usavano: l'oro delle opere della fede al posto del metallo, le vesti di santità al posto del loro famoso tessuto nero, il collirio della vista spirituale al posto della loro pomata oftalmica. Ciò che per noi può essere oggetto di vanto molto spesso non ha alcun valore spirituale ed eterno, per questo ogni cristiano è responsabile dell'utilizzo del proprio discernimento su come costruisce la propria devozione personale e comunitaria (cfr. 1 Cor 3:9-15). La riprensione risulta essere un'espressione dell'amore di Dio, perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli (Eb 12:8). 

"Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me." L'ammonizione della lettera è accompagnata dalla vicinanza di Cristo che sta fuori alla porta della chiesa, bussando. Qualcuno riuscirà ad ascoltare e riconoscere la sua voce? Non abbiamo delle testimonianze antiche che possano raccontarci come ha reagito questa comunità alla lettera e all'intero libro dell'Apocalisse, ma questa immagine a mio avviso è probabilmente la più terribile dell'opera. Dalla grande tribolazione possiamo aspettarci terribili persecuzioni, ma mai ci aspetteremmo di trovare il Signore fuori da una chiesa che reca il suo nome sulla porta di entrata e su tutti gli innari. Cosa può esserci di più tremendo di una comunità che è così soddisfatta di sé stessa da lasciare fuori Cristo, dimenticandosi del suono della sua voce? Esiste forse una forma peggiore di idolatria, dell'adorazione della chiesa in quanto chiesa, separata dal suo naturale capo? Proprio il fatto che non ci possa essere nulla di peggio, deve essere stato uno degli indizi che hanno persuaso alcuni a vedere in questa lettera la condizione della Chiesa universale durante i tempi della fine, in cui neanche il Signore stesso sa se troverà la fede sulla terra (Lc 18:8). Tuttavia, a coloro che sono disposti ad aprire la porta (dell'assemblea) sarà concesso di cenare con Gesù, immagine di comunione ricorrente in tutta la Scrittura: la realizzazione di ciò che il sacramento della "cena del Signore" annuncia sin dalla fondazione della Chiesa. 

Il premio per questi credenti così soddisfatti di sé stessi, è di sedersi con Cristo sul suo trono, dopo essere stati svuotati proprio di sé stessi, come a suo tempo fece Gesù (Filippesi 2:7). L'umiltà, il ravvedimento e il servizio rappresentano la condizione nella quale ogni cristiano deve vivere se vuole piacere a colui che lo ha chiamato; la condizione che permette, dopo essersi umiliati sotto la potente mano di Dio, di essere sovranamente innalzati fino al suo trono. 

CONSIDERAZIONI FINALI

Questa ultima lettera raggiunge il numero sette, simbolo di completezza che in questo caso è riferito proprio alla Chiesa nella sua totalità. Come visto negli studi precedenti, le lettere dell'Apocalisse sono state interpretate in modo differente: come lettere valide solo per le relative chiese del I secolo, come lettere svincolate da qualsiasi contesto e valide per tutti, oppure come lettere descriventi in realtà le condizioni della Chiesa di Cristo nelle varie fasi della storia. Come per le altre lettere neotestamentarie, ritengo che sia corretto considerarle come Parola di Dio diretta in primo luogo alle comunità di quel tempo, e in secondo luogo indirizzata ai cristiani di ogni tempo, in quanto all'interno del canone biblico. La piaga della tiepidezza senza dubbio non ha afflitto solo i laodicesi ma è un serio pericolo per ogni comunità, quando non si impegna a vivere in continua comunione con lo Spirito Santo. 

Bibliografia:

- Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Grande commentario biblico, ed. Queriniana.

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