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mercoledì 18 marzo 2015

Che ci manca ancora?


Un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che devo fare di buono per avere la vita eterna?» Gesù gli rispose: «Perché m'interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». «Quali?» gli chiese. E Gesù rispose: «Questi: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso». E il giovane a lui: «Tutte queste cose le ho osservate; che mi manca ancora?» Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi». Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni. Matteo 19:16-22 

Questo famoso brano evangelico, ad una distratta lettura sembra suggerire a tutti i cristiani la necessità del voto di povertà, soprattutto a causa dei versetti successivi, in cui Gesù esprime l'enorme difficoltà per i ricchi di entrare nel regno di Dio (v.24). Leggendo l'intero vangelo tuttavia, possiamo comprendere meglio la predicazione di Gesù, una predicazione che non è vincolata a regole da osservare, ma piuttosto ad un ravvedimento/decisione di vita che aderisca all'appello del regno di Dio con la totalità della propria persona. Non sono i poveri ad essere beati, ma i poveri in spirito (Mt 5:1), accentuando l'importanza di una certa attitudine piuttosto che quella dell'osservanza esteriore ad un codice comportamentale. In questo, Gesù riprende le indicazioni dei profeti veterotestamentari (cfr. p.es. Is 1) evidenziando però l'urgenza escatologica di un nuovo tempo spirituale (Mt 10:7). In questa cornice, il brano del "giovane ricco" risulta particolarmente esplicativo. La narrazione si apre con "un tizio" che si avvicina a Gesù chiedendogli cosa fare per avere la vita eterna. Non si tratta di una domanda oziosa come quelle dei farisei, ma di una domanda sincera, una domanda che senza dubbio risuonava da tempo nel cuore di questa persona. La prima risposta di Cristo contempla i comandamenti, fondamento della religione ebraica e proprio per questo motivo già osservati dal giovane. Questi però non riuscivano a soddisfarlo appieno. Egli infatti non è appagato da questa risposta e replica con la frase: "che mi manca ancora?". Questo ragazzo sentiva che gli mancava qualcosa.

Ciascuno di noi, probabilmente si trova nella stessa situazione. Chi ha già incontrato il Signore Gesù ed è credente da tempo, sa che la vita eterna è un dono di Dio offerto per grazia mediante la fede (Ef 2:8). Ma oltre a questa salvezza, vi è probabilmente una santa insoddisfazione, la consapevolezza di non essere maturi. Chi invece non ha ancora vissuto l'esperienza della conversione può a maggior ragione custodire dentro di sé questa domanda, cercando Dio come a tastoni (Atti 17:27). Ebbene, questo senso di mancanza è qualcosa di incredibilmente buono. E' lo strumento che il Signore utilizza per portare la vera libertà e la crescita verso la maturità spirituale e la comunione con noi. Questa domanda del giovane, ha offerto a Gesù la possibilità di raggiungere il centro del problema, dicendo: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi». Il termine "perfetto" è reso in greco con teleios, una parola che significa anche completo, adulto, maturo. Una parola che rappresenta il nostro obiettivo, lo scopo della nostra vita. L'infanzia è un periodo di tempo fondamentale, che deve però portare al periodo successivo - quello dell'adolescenza - ed infine all'età adulta. Essere bambini per un tempo maggiore è innaturale e patologico. Tutti noi viviamo in modo naturale per raggiungere l'età adulta ed esercitare il discernimento, l'autocontrollo, la responsabilità, il contributo alla società che ci sta attorno. Di questa maturità però, fa parte anche la componente spirituale, e il nostro coinvolgimento del regno di Dio in quanto cristiani. Possiamo aderire nel nostro cuore all'appello del Signore, frequentare le celebrazioni domenicali ma sentire comunque che ci manca qualcosa. In realtà, a tutti noi manca qualcosa! Anche se siamo in una responsabilità nella chiesa locale, anche se serviamo Dio tutti i giorni molto probabilmente "sentiamo" ugualmente che ci manca qualcosa. Ma che cosa?

Per il giovane ricco era la libertà dall'amore per il proprio patrimonio economico, ma per noi può essere qualcosa di diverso. La libertà dal legame sbagliato con una persona, la libertà da un peccato in particolare.....in definitiva la totale e completa libertà di seguire e servire il Signore con la completezza della nostra vita e non solo con una percentuale. C'è qualcosa che "teniamo per noi", che non vogliamo dare a Dio? Ebbene, chiediamo al Signore la forza di donargli proprio questa cosa a cui teniamo tanto. Per quanto possiamo proteggere ciò che ci è caro infatti, ogni nostra iniziativa è soltanto un illusione di controllo: ogni cosa che abbiamo ci è stata donata dal Signore e non abbiamo alcun potere di preservarla realmente. La regola però non è neanche quella della povertà assoluta: non dobbiamo per forza vivere in miseria, non dobbiamo vivere senza affetti, non dobbiamo vivere senza desiderio di realizzazione! Quello che il Signore richiede è invece di lasciare il nostro orgoglio ed egocentrismo insieme a tutte queste altre cose ai suoi piedi, ed amarlo più di tutti questi legami (Mt 10:37, 16:24). Alcune cose sbagliate le dovremo abbandonare per poter trovare la pace e la libertà di seguire Gesù, ma altre le potremo tenere, osservandole però da una nuova prospettiva. Vivere per Cristo non significa isolarsi dal mondo, ma isolarsi dalle passioni della nostra vecchia natura (cfr. Gal 5:24, Ef 4:22, Col 3:5, 1 Pt 4:2), lasciare cadere ogni resistenza per arrendersi alla volontà di Dio. Questa arresa è la sfida più difficile per ogni cristiano, impossibile per nostra stessa natura, ma resa possibile dall'azione dello Spirito Santo. Non si tratta di una singola decisione, ma di una decisione applicata ogni giorno della nostra vita, ogni giorno con forze nuove. Solo svuotandoci di noi stessi e di tutto ciò che ci toglie lucidità potremo essere ricolmi di Spirito (Ef 5:18) e scegliere di seguire Gesù in totale libertà. Solo prendendo consapevolezza di quello che ci manca, potremo invocare il Signore per lasciargli la nostra oppressione e prendere il suo giogo leggero (Mt 11:28-30).

Il giovane ricco se ne andò rattristato, così come ciascuno di noi viene rattristato dall'idea di abbandonare quello a cui teniamo davvero. Ma il conflitto interiore della coscienza si può risolvere solo in un modo: abbandonando ogni peso. Non sappiamo come è andata a finire la storia del giovane ricco e quale decisione abbia maturato riflettendo successivamente sulle parole di Gesù. Ma quello che possiamo sapere, è come reagiremo noi a queste stesse parole. Quale decisione prenderemo per la nostra stessa vita. E, infine, quanto prontamente risponderemo all'imperativo che oggi ci rivolge il nostro Signore, una voce autoritaria ma gentile che dice: "seguimi". 

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