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lunedì 30 marzo 2015

Il regime satanico (parte V): nascita e distruzione dell'ultimo impero

ATTENZIONE: Questa è l'ultima parte di uno studio strutturato in cinque capitoli. Pur essendo presente un riepilogo per essere fruibile anche singolarmente, per non perdere la panoramica generale e la progressione degli argomenti all'interno della Scrittura, consiglio a chi si fosse appena approcciato di leggere con calma i precedenti capitoli prima di proseguire con la lettura.

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Nel presente articolo si adotterà l'interpretazione dell'Apocalisse di Giovanni che segue l'approccio futurista, pur tenendo conto di tutti i dati storici. Per un'introduzione all'Apocalisse e ai diversi approcci interpretativi, consiglio la lettura di questo studio
"Naturalmente non è possibile circoscrivere gli smisurati squarci profetici dischiusi dall'apocalisse giovannea nei ristretti limiti dello scorcio dell'età flavia, così come questa fu duramente vissuta dai cristiani dell'Asia proconsolare." 
Rinaldi G., Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, p.315.
1.I PIEDI DELLA STATUA
Mentre guardavi, una pietra si staccò, ma non spinta da una mano, e colpì i piedi di ferro e d'argilla della statua e li frantumò. Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate. Il vento li portò via e non se ne trovò più traccia; ma la pietra che aveva colpito la statua diventò un gran monte che riempì tutta la terra.
[...]
Come le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte d'argilla, così quel regno sarà in parte forte e in parte fragile. Hai visto il ferro mescolato con la molle argilla, perché quelli si mescoleranno mediante matrimonio, ma non si uniranno l'uno all'altro, così come il ferro non si amalgama con l'argilla. Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto e che non cadrà sotto il dominio d'un altro popolo. Spezzerà e annienterà tutti quei regni, ma esso durerà per sempre, proprio come la pietra che hai visto staccarsi dal monte, senza intervento umano, e spezzare il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il gran Dio ha fatto conoscere al re quello che deve avvenire d'ora in poi. Il sogno è vero e sicura è la sua interpretazione».
Daniele 2:34,35;42-45

Come abbiamo visto negli studi precedenti, questo sogno del sovrano Nabucodonosor rappresenta una mappa storico-profetica della successione degli imperi mondiali di ispirazione satanica. Quello che accomuna l'impero babilonese, medo-persiano, macedone e romano, infatti, è identificabile nella volontà di sottomettere tutti i popoli ad un unico governo centrale, di livellare le differenze culturali, di perseguire un dominio eterno che ignori completamente l'autorità di YHWH. Un sogno profetico ricevuto nel V secolo a.C. quindi, riesce a proiettarsi avanti per secoli e millenni interi, disegnando i maggiori eventi politici della storia dell'umanità, fino al tempo della definitiva distruzione di tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio. Nel terzo capitolo dello studio abbiamo visto la realizzazione del piano di salvezza del Signore con l'incarnazione di Cristo, e nel quarto abbiamo considerato l'espansione del regno di Dio ad opera della Chiesa: una società rigenerata dallo Spirito Santo che riscatti l'originale volontà del Creatore. In queste analisi però, rimangono ancora estranee le dita dei piedi della statua, costituite simbolicamente da ferro ed argilla. Questo regno segue quello romano ed è il più importante di tutti, in quanto sarà l'impero che vedrà una distruzione definitiva ad opera della pietra non spinta da mano d'uomo. Gesù Cristo è la pietra angolare del regno di Dio e la pietra di inciampo per gli increduli (1 Pt 2:6-8), ma storicamente egli non ha ancora distrutto gli imperi mondiali e annullato le seduzioni sataniche. Durante il suo ultimo ingresso a Gerusalemme, la folla dei discepoli gridava «benedetto il Re che viene nel nome del Signore; pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi!», ma questo avvenimento ha rappresentato solo un'anticipazione profetica del suo vero ritorno in qualità di Re. In questa occasione infatti egli non ha distrutto l'impero romano, e non ha instaurato definitivamente il regno di Dio; e tutto questo per un motivo ben preciso. Senza la sua morte e resurrezione, infatti, l'umanità non avrebbe mai potuto riconciliarsi con il Padre, e nel piano del Signore era necessario che ci fosse un ampio lasso di tempo tra il suo sacrificio sostitutivo e il suo ritorno in veste di Giudice, in modo da salvare la totalità degli stranieri (non giudei) eletti (Rm 11:25). Questo lasso di tempo corrisponde alla pausa tra la sessantanovesima e la settantesima settimana di anni profetizzata da Daniele: una "bolla temporale" non contata profeticamente, nella quale il Signore può dedicarsi al suo proponimento specifico di salvezza per i popoli di origine non ebraica. 

Dopo le sessantadue settimane (più sette) un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui. 
Daniele 9:26a 

Questa profezia riguarda la morte di Gesù Cristo1, il servo sofferente dei canti del libro di Isaia. Da questo momento, inizia il periodo di pausa appena descritto, il periodo nel quale stiamo vivendo anche adesso e che si posiziona tra la sessantanovesima e la settantesima settimana di anni2. Questo è il tempo della chiesa approfondito nello scorso capitolo di questo studio. Un tempo che come ogni altro arriverà prima o poi al termine, ripristinando il conto alla rovescia profetico per entrare di fatto negli ultimi sette anni della profezia:

Il popolo d'un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà come un'inondazione ed è decretato che vi saranno devastazioni sino alla fine della guerra. Egli stabilirà un patto con molti, per una settimana; in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta; sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commetterà le cose più abominevoli, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore"».
Daniele 9:26b, 27

In un tempo futuro (ma che non possiamo sapere se imminente o remoto), sorgerà un capo che distruggerà Gerusalemme e il santuario, in una guerra che provocherà grandi devastazioni per questi ultimi sette anni. Farà un accordo politico e militare con molti, violando le regole religiose ebraiche e aggravando le violenze dopo i primi tre anni e mezzo. Questo tempo sarà tiranneggiato dall'impero simboleggiato dalle dita dei piedi della statua sognata da Nabucodonosor: l'ultimo regime satanico che durerà fino al ritorno di Cristo (la pietra non spinta da mano d'uomo) e alla successiva completa instaurazione del regno di Dio. Leggiamo infatti che:

Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all'altro dei cieli.
Matteo 24:29-31 

Il popolo di un capo che verrà, dunque, sarà l'ultimo popolo nella storia dell'umanità a volersi acquisire un nome e un potere eterno, schiavizzando e uniformando gli altri uomini per potersi ergere al di sopra di tutto e tutti, chiudendo così la tragica successione di regimi di ispirazione satanica iniziata con l'edificazione della torre di Babele. Un popolo rappresentato da dieci dita, quindi probabilmente diviso in dieci nazioni o elementi, costituito in parte da ferro e in parte da argilla; con una forza complessiva minata dalla debolezza di una disunione interna. Questo è l'ultimo regime satanico, il regime degli Stati Confederati d'Europa3.   


Nella statua descritta al secondo capitolo del libro di Daniele, troviamo delle gambe di ferro, che rappresentano l'Impero romano diviso in due nell'Impero romano d'Occidente e quello d'Oriente. Questa divisione è avvenuta storicamente nel 395 d.C., parecchi secoli dopo la scrittura del libro di Daniele. L'Impero romano d'Occidente capitolò velocemente, nel 476, mentre la controparte orientale ebbe maggiore fortuna, cadendo definitivamente soltanto nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi ottomani. Ci furono vari tentativi di ristabilire la parte occidentale dell'impero, confluite nella costituzione dell'Impero carolingio nell' 800, e successivamente nel Sacro Romano Impero nel 962. Nessuno di questi imperi però si avvicinò all'estensione e alla potenza di quello originale, limitandosi a ricoprire i territori delle attuali nazioni di Francia, Italia e Germania. Le dita dei piedi della statua tuttavia, rappresentando l'unione di dieci popoli diversi che raccolgono come eredità la forza dell'Impero romano (il ferro) senza però condividere un'unica identità, non sono riconoscibili in nessuno di questi regni. Successivamente sono sorte le differenti identità nazionali europee, che si sono accordate per formare la Comunità europea nel 1957 e l'Unione europea nel 1992. Lo scopo dichiarato di questa unione è quella di "esercitare parte della sovranità nazionale degli stati membri in numerosi campi". Un alleanza nata nell'economia che si è potuta evolvere coinvolgendo la politica, e che inizia ora a manifestare il desiderio di formare anche un esercito europeo. Ad oggi, nel 2015, l'Unione europea comprende 28 paesi che mantengono la loro indipendenza stringendosi però con legami economici e politici sempre più stretti. La profezia di Daniele parlava di dieci componenti, ma non sappiamo quel che può succedere nel tempo che ci separa dall'inizio della settantesima settimana e dei sette anni della tribolazione. Possiamo però confrontare i territori geografici ricoperti da entrambe le realtà:


3.LA BESTIA CHE SALE DAL MARE: L'ULTIMO IMPERO SATANICO


Poi vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e sulle teste nomi blasfemi. La bestia che io vidi era simile a un leopardo, i suoi piedi erano come quelli dell'orso e la bocca come quella del leone. Il dragone le diede la sua potenza, il suo trono e una grande autorità. E vidi una delle sue teste come ferita a morte; ma la sua piaga mortale fu guarita; e tutta la terra, meravigliata, andò dietro alla bestia; e adorarono il dragone perché aveva dato il potere alla bestia; e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia? e chi può combattere contro di lei?» E le fu data una bocca che proferiva parole arroganti e bestemmie. E le fu dato potere di agire per quarantadue mesi. Essa aprì la bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome, il suo tabernacolo e quelli che abitano nel cielo. Le fu pure dato di far guerra ai santi e di vincerli, di avere autorità sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione. L'adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla creazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello che è stato immolato.
Apocalisse 13:1-8 

Nell'Apocalisse di Giovanni dopo le sette lettere alle chiese, due serie di giudizi (sigilli, trombe) e gli avvenimenti legati ai due testimoni, incontriamo il dragone (simbolo che rappresenta Satana) e successivamente la bestia che sale dal mare. Il mare è un simbolo della moltitudine dei popoli (cfr. Ap 17:15), e proprio dai popoli arriverà questa bestia che riassume in sé le caratteristiche dei quattro animali visti in visione sempre dal profeta Daniele (al capitolo 7), simboli dei regni già profetizzati dalla statua sognata da Nabucodonosor. Possiamo vedere una rappresentazione grafica degli animali visti da Daniele in questa immagine.
La bestia dell'Apocalisse ha sette teste come simbolo della totalità dei governi ribelli a Dio e dieci corna come l'Impero romano e la sua futura ricostituzione4; è simile a un leopardo (veloce nella conquista militare?), con i piedi dell'orso (con la perseveranza dell'Impero medo-persiano?) e la bocca del leone (la voracità dell'Impero babilonese?). Rappresenta la fusione dei quattro animali descritti al settimo capitolo del libro di Daniele, e quindi la somma delle caratteristiche di tutti questi regni: un impero nuovo ma definitivo nella sua ispirazione satanica. La lunga storia della volontà umana di sottomettere gli altri uomini al proprio potere e conquistare il mondo per raggiungere una fama immortale, troverà in questo regno la sua massima espressione. Questo sarà l'ultimo impero, simboleggiato da dieci corna (dieci potenze) nella bestia che sale dal mare, oppure da dieci dita dei piedi nella statua sognata da Nabucodonosor5. Esso riceverà autorità da Satana, affascinerà il mondo intero con il suo potere, bestemmierà contro Dio e perseguiterà i cristiani in un modo mai visto prima. Se l'Impero romano ha perseguitato i credenti perlopiù in modo temporaneo e locale (con l'eccezione dell'ultima persecuzione di Diocleziano), questo regno porterà la persecuzione ad un livello mondiale, mai visto prima. Se questo periodo non fosse abbreviato dal Signore non riuscirebbe a sopravvivere nessuno (Mt 24:22), ma proprio a motivo degli eletti, questo tempo sarà circoscritto a soli quarantadue mesi (cfr. Ap 11:3, 12:6,14). La maggior parte dei manoscritti dell'Apocalisse riportano un pronome maschile, dicendo "lo adoreranno"6, testimoniando che la potenza della bestia (e quindi di questo impero futuro) sarà concentrata in una sola persona: l'Anticristo. Egli infatti è il piccolo corno dagli occhi umani che pronuncerà parole arroganti (Da 7:8), il capo del popolo che verrà (Da 9:26), l'empio, l'uomo del peccato, il figlio della perdizione, colui che s'innalzerà sopra tutto ciò che è chiamato Dio fino al punto di porsi a sedere nel tempio di Dio proclamandosi Dio (2 Ts 2:3,4). Egli sarà adorato da tutti i popoli e da tutti coloro che non saranno nati di nuovo, credendo nel Signore Gesù.

4.LA BESTIA CHE SALE DALLA TERRA: IL FALSO PROFETA
Poi vidi un'altra bestia, che saliva dalla terra, e aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone. Essa esercitava tutto il potere della prima bestia in sua presenza, e faceva sì che tutti gli abitanti della terra adorassero la prima bestia la cui piaga mortale era stata guarita. E operava grandi prodigi sino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini. E seduceva gli abitanti della terra con i prodigi che le fu concesso di fare in presenza della bestia, dicendo agli abitanti della terra di erigere un'immagine della bestia che aveva ricevuto la ferita della spada ed era tornata in vita. Le fu concesso di dare uno spirito all'immagine della bestia affinché l'immagine potesse parlare e far uccidere tutti quelli che non adorassero l'immagine della bestia. Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei.
Apocalisse 13:11-18 

Nell'impero dell'Anticristo, egli non sarà l'unico protagonista. Oltre a lui e a Satana infatti, ci sarà un ulteriore personaggio simboleggiato da questa seconda bestia: il falso profeta. Se l'Anticristo sarà soprattutto un leader politico e militare (al pari dei condottieri dei passati imperi), il falso profeta sarà invece un leader religioso7. Apparirà con la docilità di Cristo (il vero agnello, cfr. Ap 5:6) ma parlerà come Satana (il vero dragone, cfr. Ap 12 e 13:2). Eserciterà lo stesso potere dell'Anticristo e del suo impero, portando il mondo ad adorarlo, inizialmente a causa di un miracolo di guarigione. Avrà infatti potere di compiere opere soprannaturali e in tutto il nuovo impero mondiale le sue parole saranno percepite come verità assoluta. Egli lavorerà per promuovere la religione dell'Anticristo. Come Nabucodonosor faceva adorare la propria statua al pari di una divinità (cfr. Da 3), e come - per l'influenza ellenistica - , nell'Impero romano il culto imperiale faceva adorare l'imperatore come un dio8, allo stesso modo in questo futuro impero satanico l'Anticristo sarà adorato come tale. Coloro che non vorranno adorarlo saranno messi a morte, e poiché egli avrà il potere di far guerra ai santi e di vincerli, molti saranno coloro che moriranno in questo modo. La stessa Apocalisse infatti testimonia che i martiri del tempo della tribolazione saranno una folla immensa (Ap 7:14). La politica, le forze armate, la religione e l'economia saranno unificate nell'impero. Nessuno potrà comprare o vendere senza aver aderito alla religione dell'Anticristo, portando sulla mano destra o sulla fronte il marchio corrispondente al suo nome e al suo numero: 666. A questo riguardo, nella storia della teologia sono stati usati fiumi di inchiostro per sostenere le idee più disparate. Praticamente tutti gli esegeti tuttavia sono concordi nel ritenere come significato generale di questo numero l'antagonismo con il numero 777, ossia la perfezione (che nella Bibbia è indicata dal numero 7) riportata per tre volte (secondo le persone della Trinità, ossia il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo). Il 6 nella Bibbia rappresenta l'imperfetta natura umana, la tensione frustrata verso il raggiungimento dello stato di divinità. Ecco quindi che il 666 simboleggerebbe quindi prima di tutto la totale imperfezione della triade diabolica (Satana, l'Anticristo e il falso profeta), il loro desiderio di essere dio destinato ad essere eternamente disatteso, per quanto nel tempo della tribolazione essi saranno adorati come tali dalla popolazione mondiale non cristiana. Come ulteriore e più specifico significato, vorrei riportare anche quello legato alla persona di Nerone, riconosciuto grazie alla gematria: il sistema ebraico di numerologia che studia il valore numerico delle parole. Traducendo il nome latino NERO CAESAR in ebraico infatti abbiamo l'equivalente delle consonanti NRWN QSR. E poiché tutte le consonanti ebraiche hanno anche un valore numerico, la loro somma risulta essere proprio 6669.
Il numero 666, indicato come numero d'uomo, sarebbe quindi il numero rappresentante l'imperatore Nerone. Egli infatti è stato così feroce nella sua persecuzione dei cristiani a Roma, da fomentare dopo la sua morte il terrore di un ritorno come Nero redivivus, che alcuni credevano avvenuto nella persona dell'imperatore Domiziano, a causa della sua opprimente autocrazia10. Poiché l'Apocalisse è stata scritta durante il governo di quest'ultimo imperatore, è molto probabile che l'autore abbia associato il numero del futuro Anticristo a quello di Nerone e al terrore dilagante nel tempo di Domiziano, proprio come le profezie di Daniele da un punto di vista storico-critico vennero riferite ad Antioco VI Epìfane solo a titolo esemplificativo11, proiettando comunque lo sguardo verso l'Anticristo definitivo. 

5.LA CADUTA DI ROMA E DEL SUO FUTURO IMPERO
Poi uno dei sette angeli che avevano le sette coppe venne a dirmi: «Vieni, ti farò vedere il giudizio che spetta alla grande prostituta che siede su molte acque. I re della terra hanno fornicato con lei e gli abitanti della terra si sono ubriacati con il vino della sua prostituzione». Egli mi trasportò in spirito nel deserto; e vidi una donna seduta sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia, e che aveva sette teste e dieci corna. La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle. In mano aveva un calice d'oro pieno di abominazioni e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome, un mistero: BABILONIA LA GRANDE, LA MADRE DELLE PROSTITUTE E DELLE ABOMINAZIONI DELLA TERRA. E vidi che quella donna era ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Quando la vidi, mi meravigliai di grande meraviglia. L'angelo mi disse: «Perché ti meravigli? Io ti dirò il mistero della donna e della bestia con le sette teste e le dieci corna che la porta. La bestia che hai vista era, e non è; essa deve salire dall'abisso e andare in perdizione. Gli abitanti della terra, i cui nomi non sono stati scritti nel libro della vita fin dalla creazione del mondo, si meraviglieranno vedendo la bestia perché era, e non è, e verrà di nuovo. Qui occorre una mente che abbia intelligenza. Le sette teste sono sette monti sui quali la donna siede. Sono anche sette re: cinque sono caduti, uno è, l'altro non è ancora venuto; e quando sarà venuto, dovrà durare poco. E la bestia che era, e non è, è anch'essa un ottavo re, viene dai sette, e se ne va in perdizione. Le dieci corna che hai viste sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno; ma riceveranno potere regale, per un'ora, insieme alla bestia. Essi hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia. Combatteranno contro l'Agnello e l'Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli». Poi mi disse: «Le acque che hai viste e sulle quali siede la prostituta, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue. Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la consumeranno con il fuoco. Infatti Dio ha messo nei loro cuori di eseguire il suo disegno che è di dare, di comune accordo, il loro regno alla bestia fino a che le parole di Dio siano adempiute. La donna che hai vista è la grande città che domina sui re della terra».
Apocalisse c.17

Nel diciassettesimo capitolo dell'Apocalisse, incontriamo due ulteriori figure: la grande prostituta e la bestia su cui è seduta. Questa donna ha scritto sulla fronte un nome, ossia Babilonia la grande, tuttavia è detto che questo nome rappresenta un mistero, perciò non è da intendere letteralmente. Alla fine del I secolo d.C. la città di Babilonia aveva ben poca importanza, essa però viene utilizzata come simbolo a causa del suo ruolo di città empia manifestato soprattutto con la deportazione del Regno del Sud nel VI secolo a.C. Babilonia dunque diventa immagine della capitale dell'impero satanico per definizione, andando in questo caso a sovrapporsi alla città di Roma, esattamente come riportato anche nella prima epistola di Pietro (c.5, v.13). L'impero di Roma siede su molte acque, ossia signoreggia su popoli e re esattamente come anticipato dall'immagine della bestia che sale dal mare. La bestia su cui siede la prostituta invece, personifica la pretesa dell'imperatore di ricevere il culto riservato a Dio: i "nomi di bestemmia" sono infatti da intendersi alla luce della titolatura imperiale diffusa in età domizianea12. Le sette teste della bestia sono i sette monti su cui Roma siede (Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale, Viminale), ma anche sette re: cinque caduti (Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone), uno che è (Vespasiano) e il settimo che durerà poco (Tito); l'ottavo invece è Domiziano, che viene dai sette in quanto incarna il terrore di un ritorno della furia di Nerone, come abbiamo visto in relazione al numero dell'Anticristo13. Riepilogando, la bestia rappresenta l'impero di Roma che signoreggia su popoli e re, e le sue sette teste rappresentano i monti su cui siede Roma, oltre agli imperatori del I secolo.  Le dieci corna invece sono i dieci re futuri (simboleggiati nella Scrittura anche dalle dieci dita della statua di Nabucodonosor e dalle dieci corna della bestia che sale dal mare). Questi futuri re arriveranno ad un certo punto ad odiare la prostituta, ossia l'autorità dell'impero di cui faranno parte, e lo cannibalizzeranno distruggendolo dall'interno, per donare tutti i poteri politici, economici, militari e religiosi unicamente all'Anticristo (secondo il disegno di Dio stesso). A questo punto però, nel culmine della furia satanica, finalmente "inizierà a staccarsi una pietra non spinta da mano":

Dopo queste cose vidi scendere dal cielo un altro angelo che aveva una grande autorità, e la terra fu illuminata dal suo splendore. Egli gridò con voce potente: «È caduta, è caduta Babilonia la grande! È diventata ricettacolo di demòni, covo di ogni spirito immondo, rifugio di ogni uccello impuro e abominevole. Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua prostituzione furente, e i re della terra hanno fornicato con lei, e i mercanti della terra si sono arricchiti con gli eccessi del suo lusso». Poi udii un'altra voce dal cielo che diceva: «Uscite da essa, o popolo mio, affinché non siate complici dei suoi peccati e non siate coinvolti nei suoi castighi; perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità. Usatele il trattamento che lei usava, datele doppia retribuzione per le sue opere; nel calice in cui ha versato ad altri, versatele il doppio. Datele tormento e afflizione nella stessa misura in cui ha glorificato se stessa e vissuto nel lusso. Poiché dice in cuor suo: "Io sono regina, non sono vedova e. Perciò in uno stesso giorno verranno i suoi flagelli: morte, lutto e fame, e sarà consumata dal fuoco; poiché potente è Dio, il Signore che l'ha giudicata. I re della terra, che fornicavano e vivevano in lascivie con lei, quando vedranno il fumo del suo incendio piangeranno e faranno cordoglio per lei. Spaventati dai suoi tormenti se ne staranno lontani e diranno: "Ahi! ahi! Babilonia, la gran città, la potente città! Il tuo giudizio è venuto in un momento!". I mercanti della terra piangeranno e faranno cordoglio per lei, perché nessuno compra più le loro merci: oro, argento, pietre preziose, perle, lino pregiato, porpora, seta, scarlatto, ogni varietà di legno odoroso, ogni varietà di oggetti d'avorio e di legno preziosissimo, bronzo, ferro, marmo, cannella, spezie, profumi, unguenti, incenso, vino, olio, fior di farina, grano, buoi, pecore, cavalli, carri e persino i corpi e le anime di uomini. I frutti che l'anima tua desiderava sono andati lontani da te; tutte le cose delicate e sontuose sono perdute per te e non si troveranno mai più. I mercanti di queste cose che sono stati arricchiti da lei se ne staranno lontani per timore del suo tormento, piangeranno e faranno cordoglio dicendo: "Ahi! ahi! La gran città ch'era vestita di lino fino, di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle! In un attimo una ricchezza così grande è stata distrutta". Tutti i piloti, tutti i naviganti, i marinai e quanti trafficano sul mare se ne staranno lontano e vedendo il fumo del suo incendio esclameranno: "Quale città fu mai simile a questa grande città?" E si getteranno della polvere sul capo e grideranno, piangeranno e faranno cordoglio dicendo: "Ahi! ahi! La gran città nella quale tutti quelli che avevano navi in mare si erano arricchiti con la sua opulenza! In un attimo è stata ridotta a un deserto". Rallègrati, o cielo, per la sua rovina! E voi, santi, apostoli e profeti, rallegratevi perché Dio, giudicandola, vi ha reso giustizia». Poi un potente angelo sollevò una pietra grossa come una grande macina, e la gettò nel mare dicendo: «Così, con violenza, sarà precipitata Babilonia, la gran città, e non sarà più trovata. In te non si udranno più le armonie degli arpisti, né dei musicisti, né dei flautisti, né dei sonatori di tromba; né sarà più trovato in te artefice di qualunque arte, e non si udrà più in te rumore di macina. In te non brillerà più luce di lampada, e non si udrà più in te voce di sposo e di sposa; perché i tuoi mercanti erano i prìncipi della terra e perché tutte le nazioni sono state sedotte dalle tue magie. In lei è stato trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati uccisi sulla terra».
Apocalisse c.18 

6.L'INSTAURAZIONE DEL REGNO DI DIO 



Poi vidi il cielo aperto, ed ecco apparire un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava si chiama Fedele e Veritiero; perché giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi erano una fiamma di fuoco, sul suo capo vi erano molti diademi e portava scritto un nome che nessuno conosce fuorché lui. Era vestito di una veste tinta di sangue e il suo nome è la Parola di Dio.
[...]
E vidi la bestia e i re della terra e i loro eserciti radunati per far guerra a colui che era sul cavallo e al suo esercito. Ma la bestia fu presa, e con lei fu preso il falso profeta che aveva fatto prodigi davanti a lei, con i quali aveva sedotto quelli che avevano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Tutti e due furono gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo.
Apocalisse 19:11-13; 19, 20

Al termine dei tre anni della tribolazione, il Signore Gesù ritornerà assieme agli eserciti del cielo e getterà nello stagno di fuoco e zolfo l'Anticristo e il falso profeta, dove staranno per l'eternità. Satana sarà legato per mille anni (c.20 v.2), durante il regno messianico, dopodiché
anch'egli sarà gettato nello stagno di fuoco assieme al falso profeta e alla bestia. I morti saranno giudicati secondo le loro opere (20:12) e tutti coloro che non saranno trovati nel celeste libro della vita, saranno gettati anch'essi nello stagno di fuoco (20:15). A questo punto, verranno all'esistenza un nuovo cielo e una nuova terra: il regno eterno di Dio. Questo regno non avrà mai fine, e sarà "il tabernacolo di Dio con gli uomini", ossia un luogo dove la piena presenza di Dio potrà essere in eterna comunione con gli eletti di tutti i tempi. Non ci sarà più morte, né cordoglio, né grido, né dolore, sarà una condizione completamente nuova. Satana sarà definitivamente allontanato e non potrà più sedurre alcun essere vivente. I suoi regimi saranno solo un vago ricordo, della stessa consistenza di una nuvola di vapore. Nessun uomo vorrà più "farsi un nome" o sottomettere altri uomini, nessuno vorrà e potrà fare danno in questo monte santo, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque coprono il fondo del mare (Is 11:9). Il peso della gloria di Dio riempirà questa creazione oltre il tempo e lo spazio, e i redenti potranno finalmente vivere nella condizione desiderata per tutta la loro vita mortale. Questa è la nuova creazione, questo è il regno di Dio.

Note:

[1] Pawson David, Le chiavi della Bibbia, EUN, p. 439.
[2] Id, Ibid. 
[3] Ryrie Charles C., Basi di teologia, La casa della Bibbia, p. 439.
[4] Walwoord John F., Zuck Roy B., Investigare le Scritture - Nuovo Testamento, Casa della Bibbia, p. 1019. 
[5] Fra gli esegeti moderni è in voga l'interpretazione preterista, che vede nella bestia che sale dal mare il simbolo del solo Impero romano storico. Seguendo questo link è possibile approfondire il tema e leggere le motivazioni - da me condivise - che mettono in discussione questa interpretazione a fronte del riconoscimento in questa bestia di un nuovo impero futuro con le caratteristiche di tutti i precedenti, in linea con l'interpretazione futurista.
[6] http://www.laparola.net/testo.php?versioni%5B%5D=Commentario&riferimento=Apocalisse13
[7] La Sacra Bibbia commentata da John McArthur, Società Biblica di Ginevra, p. 2021.
[8] http://www.treccani.it/enciclopedia/culto-imperiale_%28Dizionario_di_Storia%29/
[9] Rinaldi Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Edizioni GBU, p. 316.
[10]  Id. Ibid., p. 312.
[11] Id. Ibid., p. 313.
[12] Id. Ibid.
[13] Id. Ibid., p. 314.

mercoledì 18 marzo 2015

Che ci manca ancora?


Un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che devo fare di buono per avere la vita eterna?» Gesù gli rispose: «Perché m'interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». «Quali?» gli chiese. E Gesù rispose: «Questi: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso». E il giovane a lui: «Tutte queste cose le ho osservate; che mi manca ancora?» Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi». Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni. Matteo 19:16-22 

Questo famoso brano evangelico, ad una distratta lettura sembra suggerire a tutti i cristiani la necessità del voto di povertà, soprattutto a causa dei versetti successivi, in cui Gesù esprime l'enorme difficoltà per i ricchi di entrare nel regno di Dio (v.24). Leggendo l'intero vangelo tuttavia, possiamo comprendere meglio la predicazione di Gesù, una predicazione che non è vincolata a regole da osservare, ma piuttosto ad un ravvedimento/decisione di vita che aderisca all'appello del regno di Dio con la totalità della propria persona. Non sono i poveri ad essere beati, ma i poveri in spirito (Mt 5:1), accentuando l'importanza di una certa attitudine piuttosto che quella dell'osservanza esteriore ad un codice comportamentale. In questo, Gesù riprende le indicazioni dei profeti veterotestamentari (cfr. p.es. Is 1) evidenziando però l'urgenza escatologica di un nuovo tempo spirituale (Mt 10:7). In questa cornice, il brano del "giovane ricco" risulta particolarmente esplicativo. La narrazione si apre con "un tizio" che si avvicina a Gesù chiedendogli cosa fare per avere la vita eterna. Non si tratta di una domanda oziosa come quelle dei farisei, ma di una domanda sincera, una domanda che senza dubbio risuonava da tempo nel cuore di questa persona. La prima risposta di Cristo contempla i comandamenti, fondamento della religione ebraica e proprio per questo motivo già osservati dal giovane. Questi però non riuscivano a soddisfarlo appieno. Egli infatti non è appagato da questa risposta e replica con la frase: "che mi manca ancora?". Questo ragazzo sentiva che gli mancava qualcosa.

Ciascuno di noi, probabilmente si trova nella stessa situazione. Chi ha già incontrato il Signore Gesù ed è credente da tempo, sa che la vita eterna è un dono di Dio offerto per grazia mediante la fede (Ef 2:8). Ma oltre a questa salvezza, vi è probabilmente una santa insoddisfazione, la consapevolezza di non essere maturi. Chi invece non ha ancora vissuto l'esperienza della conversione può a maggior ragione custodire dentro di sé questa domanda, cercando Dio come a tastoni (Atti 17:27). Ebbene, questo senso di mancanza è qualcosa di incredibilmente buono. E' lo strumento che il Signore utilizza per portare la vera libertà e la crescita verso la maturità spirituale e la comunione con noi. Questa domanda del giovane, ha offerto a Gesù la possibilità di raggiungere il centro del problema, dicendo: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi». Il termine "perfetto" è reso in greco con teleios, una parola che significa anche completo, adulto, maturo. Una parola che rappresenta il nostro obiettivo, lo scopo della nostra vita. L'infanzia è un periodo di tempo fondamentale, che deve però portare al periodo successivo - quello dell'adolescenza - ed infine all'età adulta. Essere bambini per un tempo maggiore è innaturale e patologico. Tutti noi viviamo in modo naturale per raggiungere l'età adulta ed esercitare il discernimento, l'autocontrollo, la responsabilità, il contributo alla società che ci sta attorno. Di questa maturità però, fa parte anche la componente spirituale, e il nostro coinvolgimento del regno di Dio in quanto cristiani. Possiamo aderire nel nostro cuore all'appello del Signore, frequentare le celebrazioni domenicali ma sentire comunque che ci manca qualcosa. In realtà, a tutti noi manca qualcosa! Anche se siamo in una responsabilità nella chiesa locale, anche se serviamo Dio tutti i giorni molto probabilmente "sentiamo" ugualmente che ci manca qualcosa. Ma che cosa?

Per il giovane ricco era la libertà dall'amore per il proprio patrimonio economico, ma per noi può essere qualcosa di diverso. La libertà dal legame sbagliato con una persona, la libertà da un peccato in particolare.....in definitiva la totale e completa libertà di seguire e servire il Signore con la completezza della nostra vita e non solo con una percentuale. C'è qualcosa che "teniamo per noi", che non vogliamo dare a Dio? Ebbene, chiediamo al Signore la forza di donargli proprio questa cosa a cui teniamo tanto. Per quanto possiamo proteggere ciò che ci è caro infatti, ogni nostra iniziativa è soltanto un illusione di controllo: ogni cosa che abbiamo ci è stata donata dal Signore e non abbiamo alcun potere di preservarla realmente. La regola però non è neanche quella della povertà assoluta: non dobbiamo per forza vivere in miseria, non dobbiamo vivere senza affetti, non dobbiamo vivere senza desiderio di realizzazione! Quello che il Signore richiede è invece di lasciare il nostro orgoglio ed egocentrismo insieme a tutte queste altre cose ai suoi piedi, ed amarlo più di tutti questi legami (Mt 10:37, 16:24). Alcune cose sbagliate le dovremo abbandonare per poter trovare la pace e la libertà di seguire Gesù, ma altre le potremo tenere, osservandole però da una nuova prospettiva. Vivere per Cristo non significa isolarsi dal mondo, ma isolarsi dalle passioni della nostra vecchia natura (cfr. Gal 5:24, Ef 4:22, Col 3:5, 1 Pt 4:2), lasciare cadere ogni resistenza per arrendersi alla volontà di Dio. Questa arresa è la sfida più difficile per ogni cristiano, impossibile per nostra stessa natura, ma resa possibile dall'azione dello Spirito Santo. Non si tratta di una singola decisione, ma di una decisione applicata ogni giorno della nostra vita, ogni giorno con forze nuove. Solo svuotandoci di noi stessi e di tutto ciò che ci toglie lucidità potremo essere ricolmi di Spirito (Ef 5:18) e scegliere di seguire Gesù in totale libertà. Solo prendendo consapevolezza di quello che ci manca, potremo invocare il Signore per lasciargli la nostra oppressione e prendere il suo giogo leggero (Mt 11:28-30).

Il giovane ricco se ne andò rattristato, così come ciascuno di noi viene rattristato dall'idea di abbandonare quello a cui teniamo davvero. Ma il conflitto interiore della coscienza si può risolvere solo in un modo: abbandonando ogni peso. Non sappiamo come è andata a finire la storia del giovane ricco e quale decisione abbia maturato riflettendo successivamente sulle parole di Gesù. Ma quello che possiamo sapere, è come reagiremo noi a queste stesse parole. Quale decisione prenderemo per la nostra stessa vita. E, infine, quanto prontamente risponderemo all'imperativo che oggi ci rivolge il nostro Signore, una voce autoritaria ma gentile che dice: "seguimi". 

domenica 8 marzo 2015

Il fondamento della Chiesa

Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?» Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?» Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo.
Matteo 16:13-20
1. ARRIVANDO A CESAREA DI FILIPPO

Questo avvenimento evangelico si colloca geograficamente a ridosso della frontiera settentrionale della terra promessa. A nord della Galilea e alla stessa altezza di Tiro ma nell'entroterra, vi era infatti la città di Cesarea di Filippo. Cesarea sorgeva alle pendici del monte Hermon, il monte dove secondo alcuni studiosi è avvenuta la trasfigurazione di Cristo descritta nel successivo capitolo del vangelo secondo Matteo1. La narrazione si apre proprio nei dintorni di questo luogo, entrando nel vivo con un importante dialogo tra Gesù e i suoi discepoli. Fin dall'inizio del suo ministero terreno, egli è stato riconosciuto come taumaturgo e profeta; vista la sua affinità ministeriale a Giovanni Battista (che molti ritenevano il nuovo Elia) è probabile che in parecchi lo vedessero come il nuovo Eliseo. Ad un tratto però, il Signore pensa che sia giunto il momento di riflettere con i suoi discepoli circa le dicerie del popolo sul suo conto, per poterli condurre verso una nuova rivelazione ed una nuova esperienza spirituale. Per farlo, definendosi figlio dell'uomo chiede loro chi dice la gente che egli sia. Le risposte sono Giovanni, Elia o Geremia: uno dei profeti del passato tornato alla vita. A questo punto però, Gesù incalza arditamente, mettendo senza dubbio in difficoltà i suoi discepoli. "E voi, chi dite che io sia?". I discepoli avevano conosciuto Cristo come predicatore. In modo simile a Giovanni Battista infatti, egli a Capernaum aveva esortato al ravvedimento, a motivo del regno dei cieli (Mt. 4:17). Essi lo avevano seguito nei suoi insegnamenti nelle sinagoghe e avevano assistito ai miracoli di guarigione (Mt. 4:23). Erano testimoni della crescita della sua popolarità, da personaggio all'ombra di Giovanni a punto di riferimento per folle sempre più numerose in Galilea, Decapoli, a Gerusalemme, in Giudea e da oltre il Giordano (Mt. 4:25). Avevano ascoltato con attenzione le perfezioni morali del sermone sul monte, gli insegnamenti sull'amore simili a quelli del rabbino Hillel; vivendo la tensione di un nuovo tempo spirituale alle porte. Essi stessi avevano ricevuto potere di scacciare gli spiriti immondi ed erano stati protagonisti di questa autorità conferita anche a loro (Mt. 10). Sicuramente si facevano delle domande, così come se le faceva lo stesso Giovanni Battista. Quando Giovanni dalla prigionia mandò i suoi discepoli a chiedere al Signore se fosse "colui che doveva venire", i dodici ascoltarono la sua risposta: "i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri" (Mt. 11). Nessun titolo e nessuna definizione: soltanto la testimonianza oculare della potenza di Dio. Avvenimenti straordinari, che prospettavano l'arrivo degli ultimi tempi e la fine di ogni cosa. Un oracolo profetico, quattro secoli prima aveva proclamato:

Malachia 4:5 Ecco, io vi mando il profeta Elia,
prima che venga il giorno del SIGNORE,
giorno grande e terribile.


Il profeta Elia era giunto - sia che fosse Giovanni, sia che fosse Gesù - e mancava ora soltanto l'arrivo del giorno del Signore, grande e terribile. I dodici discepoli respiravano sicuramente un clima di santità e autorità, ma forse anche con qualche velata preoccupazione e perplessità. Chi era davvero Gesù, colui davanti al quale ogni legge naturale si piegava umiliandosi? Chi era davvero Gesù, vista la sua reticenza a definire una volta per tutte la sua vera identità? Penso che i discepoli in questa occasione non avessero le idee molto più chiare della "gente" a cui Gesù si stava riferendo con la precedente domanda. Ma nel groviglio di questi pensieri, il racconto presenta un raggio di luce che con maestosità irrompe sulla scena, cambiandola per sempre. 

2.1 IL FONDAMENTO DELLA CHIESA

Il monte Hermon
Simon Pietro infatti risponde in modo sorprendente, riconoscendo in Gesù l'Unto di Dio, il Figlio di Dio. Nell'Antico Testamento solo pochi personaggi si sono potuti fregiare del titolo di "Unto del Signore", tra i quali Saul (1Sam 24:7), Davide (2Sam 23:1), Ciro II di Persia (Is 45:1), e un misterioso individuo protagonista dei canti del "servo del Signore" presenti nel libro del profeta Isaia. Di per sé quindi questo è un titolo regale e molto speciale, che identifica una persona investita di particolare autorità e con una speciale missione da parte del Signore. Pietro però non arriva a questo titolo ragionando sulle Scritture ebraiche, e questo lo capiamo direttamente dal testo. Gesù infatti lo dichiara beato proprio perché questa sua affermazione non è derivata da carne e sangue ma da una rivelazione del Padre. Nelle narrazioni precedenti erano avvenuti parecchi miracoli, ma solo in questo momento preciso il Padre ha voluto rivelare a Pietro, e successivamente ai dodici, l'identità del Figlio. Solo dopo la resurrezione, la Chiesa ha potuto riflettere sui brani veterotestamentari e comprendere che certe profezie erano legate in realtà proprio a Gesù: il Salmo 2 e 110, Isaia 49, 53 e 61, per esempio. Questa rivelazione però non è fine a sé stessa, ma arriva a ricoprire un ruolo unico, un ruolo di fondamento. Dopo aver ricevuto il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire qualunque malattia e qualunque infermità (c.10)infatti, adesso Pietro e i discepoli vengono coinvolti in qualcosa di ancora più importante, qualcosa che possiamo comprendere nelle parole del Messia secondo queste tre affermazioni:

A - Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. 
B Le porte dell'Ades non la potranno vincere. 
C Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli.


A L'interpretazione cattolica romana ha formulato in virtù di questa affermazione la dottrina del primato petrino e del primato papale; ossia l'insegnamento che Pietro avesse il primato su tutta la Chiesa e che l'avesse trasmesso al successivo vescovo di Roma, e così via fino al presente. Questo pensiero teologico è sorto nel V secolo e si è cementato nei tempi successivi. Lo studio del vangelo di Matteo però, evidenzia un focus ecclesiologico e la peculiarità di proiettare sui dodici discepoli e su Pietro in particolar modo le caratteristiche di tutti i cristiani2
Consiglio a questo riguardo di approfondire le prospettive letterarie, teologiche e storico-sociali del vangelo in questione, seguendo queste lezioni.
Avvicinandoci alla frase mettendo da parte questo paradigma, troviamo Gesù che dice letteralmente: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa [...]. Gesù sta parlando a Pietro della rivelazione della propria identità. A causa di questa rivelazione (dunque una conoscenza sovrannaturale ricevuta immeritatamente), Pietro è beato. E' beato perché in questo momento si è tolto il velo dai suoi occhi e può riconoscere Gesù come il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Una specie di anticipazione della trasfigurazione. Ma c'è di più! Proprio su questa pietra infatti (ossia la rivelazione di Gesù come Cristo) Gesù stesso edificherà la sua chiesa! Dicendo questo, il Signore formula un gioco di parole tra la traduzione greca del soprannome aramaico di Simone (Petros) e la parola pietra (petra). La Chiesa dunque verrà fondata dal Signore sulla rivelazione della propria identità (su sé stesso) e non su Pietro. Questo pensiero del resto è convalidato da numerosi altri passi neotestamentari, tra cui la prima lettera di Pietro attribuita dalla tradizione cristiana proprio a questo apostolo: 

Atti 4:11 Egli [Cristo] è "la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata,
ed è divenuta la pietra angolare"
.

1 Corinzi 3:11 poiché nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù.

Accostandovi a lui [Gesù Cristo], pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Infatti si legge nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chiunque crede in essa non resterà confuso».
1 Pietro 2:4-6


Il fondamento della Chiesa dunque non è Pietro/Petros ma la pietra/petra rappresentata dalla rivelazione di Cristo. E' proprio su Gesù Cristo, infatti, che è edificata la sua Chiesa.

2.2 LA VITTORIA DELLA CHIESA

B - Annunciando l'edificazione di questa Chiesa, il Signore afferma immediatamente una sua caratteristica molto importante: l'eternità. Le porte del soggiorno dei morti e della morte stessa infatti, resi con il termine greco hadēs, non la potranno vincere. La morte, ultimo e definitivo nemico di ogni essere vivente, non può sopraffare la Chiesa di Cristo, e questo non per le virtù dei suoi componenti, ma a causa del suo fondamento e capo eterno: per l'appunto Gesù Cristo, Dio Figlio. I cristiani sono il tempio dello Spirito Santo (1Cor 3:16) e la stessa presenza di Dio risulta in comunione tanto con la Chiesa trionfante, quanto con la Chiesa militante. Nel 1566 il pastore riformato Heinrich Bullinger (successore di Zwingli a capo della chiesa di Zurigo), pubblicò la confessione di fede elvetica posteriore, nella quale tra le altre cose leggiamo:

Vero è che dalla Chiesa, come da una sorgente, sgorgano come diversi ruscelli e condutture, diverse parti o specie, non che essa sia spartita o divisa in sé stessa, ma piuttosto perché essa è differente a causa della diversità dei membri che si trovano in essa. Vi è infatti una Chiesa, detta militante ed un’altra trionfante. La prima lotta ancora sulla terra e combatte contro la carne, il mondo ed il principe di questo mondo, cioè il diavolo, con il peccato e con la morte, mentre la seconda, avendo riportato vittoria sui suoi nemici ed essendo quindi esente da ogni forma di lotta, trionfa in cielo e gioisce davanti al Signore. Ciononostante, queste due chiese non cessano di essere in comunione ed in congiunzione [connessione] fra di loro.

La Chiesa vivente nella presente generazione è in lotta contro la carne, il mondo, il diavolo, il peccato e la morte, ma la vittoria non dipende dalla sua forza! La vittoria dipende piuttosto da questo decreto di Dio: le porte dell'Ades non la potranno vincere. Così come la vera Chiesa invisibile delle generazioni passate ha potuto vincere in virtù di questo decreto, allo stesso modo anche la Chiesa di questa generazione vincerà la propria lotta. Per questo motivo, dopo il lungo elenco dei credenti delle epoche passate, l'autore della lettera agli Ebrei esorta:

Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta.

Ebrei 12:1-2a 

La rivelazione di Gesù come Messia e Figlio di Dio rappresenta la pietra di fondamento della Chiesa. Gesù Cristo è colui che ha creato la fede di ogni singolo credente, portandola a compimento alla fine di ogni singola vita terrena. Per questo motivo, circondati da così tanti testimoni della fedeltà di Dio ai suoi decreti, possiamo deporre ogni peso e correre, lavorare, faticare, lottare per realizzare le opere che il Signore ha precedentemente preparato per ciascuno di noi (Ef 2:10). Possiamo correre sapendo già della nostra vittoria! Una vittoria che, ripeto, non dipende dalla nostra performance ma dalla promessa di Dio espressa in questa particolare occasione. Così come il Grande Mandato si appoggia sul fondamento del potere di Cristo e sulla garanzia della sua perenne presenza, similmente l'esistenza e la vittoria della Chiesa si appoggia sulla volontà di Dio di renderla eterna e invincibile. Nessuna sofferenza, nessuna difficoltà, nessuna delusione, nessun peccato, nessuna fragilità umana potrà mai separare la Chiesa dalla sua vittoria in Cristo. Le porte dell'Ades, infatti, non la potranno mai vincere. 
2.3 IL POTERE DELLA CHIESA

C - Le ultime parole di Gesù riguardano le chiavi del regno dei cieli e la possibilità di legare e slegare in terra avendo una risposta direttamente nei cieli. Possiamo comprendere meglio queste espressioni confrontandole con altri due preziosi brani della Scrittura. In relazione al primo aspetto infatti leggiamo:

Isaia 22:22 Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide;
egli aprirà, e nessuno chiuderà;
egli chiuderà, e nessuno aprirà.


Durante il regno del re Ezechia (715 a.C. - 687 a.C.), il profeta Isaia rivolse quest'oracolo contro il ministro reale Sebna, a favore di Eliachim, figlio di Chilchia. Ad Eliachim dunque il Signore stesso accordava il potere di condurre o meno le persone alla presenza del re Ezechia, ricoprendo in questo modo un delicatissimo incarico. Questa stessa espressione (la chiave della casa di Davide), ricorre anche nella presentazione di Cristo alla chiesa di Filadelfia, nell'Apocalisse di Giovanni, dove appunto il Signore Gesù si presenta come colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre. Il potere delegato a Eliachim è quindi un'ombra del vero potere che il Signore possiede, il potere di ammettere o meno le persone alla presenza sua e del Padre. Ebbene, proprio questo potere viene trasmesso qui all'apostolo Pietro. Molti vedono in queste parole il presupposto per la conversione delle tremila persone riportate dagli Atti a Pentecoste in seguito alla predicazione di Pietro, ed è probabilmente così. Ma questo potere non si limita a tale episodio, né alla sola persona di Pietro. Egli in particolare infatti, nel vangelo di Matteo rappresenta il prototipo del discepolo, mostrando frequentemente caratteristiche comuni a tutti i discepoli3. Soprattutto però, l'apostolo Paolo scriverà ai Corinzi a riguardo di un ministero particolare, condiviso con tutti i cristiani: il ministero della riconciliazione. 


Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. 
2 Corinzi 5:17-20 

Dio ha affidato ai credenti il ministero della riconciliazione: ossia l'autorità delegata necessaria a fare da ambasciatori per Cristo, ad esortare in rappresentanza di Dio, invitando ad essere riconciliati con lui. Il soggetto sottinteso "noi" non può essere riferito solo a Paolo e ai suoi collaboratori in quanto non erano di certo gli unici ad essere stati riconciliati con Dio per mezzo di Cristo e, di conseguenza, a ricevere questo ministero. Questa è la chiave della casa di Davide, la possibilità attraverso Cristo di andare alla presenza di Dio e condurre anche altre persone, esortandole come per la stessa voce del Signore. Questo è il potere che ha ricevuto Pietro, ma che - come leggiamo negli Atti degli Apostoli - è stato esercitato anche da moltissimi altri credenti. Questo, è lo stesso potere che esercitano i cristiani dei nostri tempi, tanto nelle missioni quanto nelle chiese locali, nei posti di lavoro, nella società e in tutti i paesi fino all'estremità della terra. Ogni credente, in Cristo, è una nuova creatura. Ogni credente, in Cristo, è riconciliato con il Padre. Ogni credente, in Cristo, è un suo ambasciatore, con il mandato e l'autorità di esortare e condurre altre persone alla presenza di Dio. Sulla rivelazione dell'identità di Cristo la Chiesa ottiene il suo sostegno, e la certezza di vincere, e di entrare nell'eternità. Ma, oltre a tutto questo, ottiene anche il potere di rappresentare il proprio Signore per accrescere ed edificare sé stessa nell'amore. 

Come stiamo vedendo, questo testo del sedicesimo capitolo del vangelo di Matteo è ricco di insegnamenti. Non semplici informazioni, ma piuttosto un vero e proprio percorso volto alla scoperta del senso e della missione di essere cristiani e di essere Chiesa. Qualcosa di enorme e universale, ma anche di quotidiano e personale. E proprio seguendo questo percorso, arriviamo ora all'ultima e importantissima tappa.

La seconda parte della terza affermazione di Cristo infatti, si riferisce al cosiddetto "ministero del legare e sciogliere", che secondo gli studiosi del vangelo di Matteo, dovette essere presente all'interno della comunità in cui è stato redatto questo stesso vangelo4. Gesù dice a Pietro: "tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli". Questa autorità è sia dottrinale che disciplinare, e riappare nel diciottesimo capitolo del vangelo di Matteo, questa volta riferito all'intera Chiesa.  

«Se tuo fratello ha peccato contro di te, va' e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; ma, se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. Se rifiuta d'ascoltarli, dillo alla chiesa; e, se rifiuta d'ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano. Io vi dico in verità che tutte le cose che legherete sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che scioglierete sulla terra, saranno sciolte nel cielo. E in verità vi dico anche: se due di voi sulla terra si accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Matteo 18:15-20 

In questo brano viene espanso il concetto che precedentemente era riferito unicamente a Pietro, allargandolo con nuovi aspetti. Le parole di Gesù iniziano prima di tutto a delineare una regola ecclesiastica ben precisa. La critica testuale esclude le parole "contro di te", parole presenti in molti manoscritti ma che non sembrano essere presenti nelle versioni più antiche5. Il dovere della correzione pertanto non sarebbe limitato alle offese di carattere personale, restando in vigore al contrario per qualsiasi tipo di peccato. Così come nell'antico Israele un solo testimone non era sufficiente a condannare un uomo (Dt 19:15), allo stesso modo nella chiesa locale sono necessari due o tre testimoni e tre diversi passaggi prima di escludere una persona dalla partecipazione all'assemblea. E, seguendo questo argomento, Gesù a questo punto annuncia ai discepoli che tutte le cose che legheranno sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che scioglieranno sulla terra, saranno sciolte nel cielo. La stessa autorità conferita a Pietro, viene conferita anche agli altri discepoli, rappresentanti dell'intera Chiesa. La regola disciplinare quindi viene associata al potere della Chiesa di influenzare il mondo spirituale con le proprie decisioni. Accordarsi in questo contesto significa esercitare la propria testimonianza, il proprio discernimento e il proprio giudizio. E le conseguenze di queste azioni hanno ripercussioni non solo sulla terra, ma anche in cielo! Questa regola non deve essere vista in contrasto con il comandamento di non giudicare (Mt 7), in quanto esso mette in guardia dal comportamento ipocrita, ricordando la responsabilità insita nei propri giudizi. La chiesa locale però è chiamata a giudicare sé stessa nell'amore, con lo scopo di sorreggere le persone deboli e rialzare quelle cadute (Gal 6:1), ma anche di togliere il malvagio dal proprio mezzo (1Cor 5:13) esercitando appunto questa indicazione di Gesù. La garanzia di questa autorità, proprio come per il Grande Mandato, è la presenza del Signore in ogni assemblea, formata al minimo da due persone. Se nell'antichità erano necessari dodici capi famiglia ebrei per fondare una nuova sinagoga6, fin da allora restano invece necessarie solamente due persone per creare spiritualmente una chiesa: un accordo e un incontro comunitario benedetto da Cristo con la sua presenza. La stessa etimologia di queste due parole chiarisce la grande differenza esistente fra queste due realtà: "sinagoga" infatti deriva da syn (insieme) e àgein (condurre), mentre "chiesa" deriva dalle particelle ek (da) e kaeo (chiamare). La sinagoga è un luogo dove si è condotti insieme e ci si può riunire con uno stesso scopo. La chiesa invece è un luogo dove vi sono persone "chiamate (fuori) dal mondo": persone che sono state singolarmente chiamate da Dio per essere appartate insieme per formare un popolo. La chiesa non risponde ad un'unica etnia, un unico sesso, un'unica condizione sociale, un'unica lingua (Ap 7:9; Gal 3:28); ma al contrario è una realtà trasversale che comprende persone molto differenti tra di loro, unite però dalla stessa chiamata. Dove ci sono due "chiamati", lì il Signore promette di essere presente, per garantire un effetto spirituale al loro accordo e una risposta alla loro preghiera. 

3.CONCLUSIONI

La rivelazione di Pietro - propria di tutti i cristiani - e le successive parole di Gesù in questo contesto, definiscono e chiariscono il fondamento, la vittoria ed il potere appartenente alla Chiesa. Ogni chiesa locale, in qualsiasi Paese e in qualsiasi tempo, risponde inderogabilmente a questa realtà spirituale, affrontando le proprie sfide e le proprie lotte fino al momento in cui deve lasciare il posto alla successiva generazione, raggiungendo progressivamente il suo Signore nelle fila della Chiesa trionfante. Sebbene ci siano istituzioni, denominazioni, e assemblee locali cristiane che pensano (implicitamente o esplicitamente) di essere fondate sull'autorità di singoli uomini, in realtà la loro sussistenza dipende unicamente dalla conversione a Cristo dei rispettivi membri e dal loro ascolto e dall'ubbidienza dimostrata nei confronti di Dio. La mancata consapevolezza del fondamento tuttavia, risulta essere un serio problema, rischiando di generare una perversione del cristianesimo, la cristallizzazione di una struttura sociale ecclesiastica ben lontana dal Signore e dalla sua vera e genuina Chiesa. 

La Chiesa di Cristo rappresenta il suo corpo (1 Cor 12:27) sulla terra, avendo l'autorità di esserne ambasciatrice in ogni suo componente, con lo scopo di fare discepoli di Cristo tra tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando a tutti come osservare tutte quante le cose che sono state dal Signore (capo della Chiesa) comandate. In altre parole, essa ha l'incarico di esercitare il ministero della riconciliazione, e condurre a Dio persone di ogni popolo e nazione, grazie al sacrificio sostitutivo di Gesù Cristo, possessore della chiave di Davide. La Chiesa è vincitrice sulla morte ed esisterà sempre, fino alla distruzione dei cieli e della terra ed alla creazione di nuovi cieli e di una nuova terra, quando, finalmente completa, potrà godere dell'eterna presenza del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. 


Note: 

[1] https://books.google.it/books?id=UjdyAgAAQBAJ&lpg=PA43&ots=i12s6PuUcw&dq=monte%20della%20trasfigurazione%20hermon&hl=it&pg=PA43#v=onepage&q=monte%20della%20trasfigurazione%20hermon&f=false

[2] Monasterio Rafael Aguirre, Carmona Antonio Rodriguez, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Ed. Paideaia, pp. 208-210. 
[3] Id. Ibid., p. 212.
[4] Id. Ibid., p. 213. 
[5] Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Grande commentario biblico, ed. Queriniana, p. 943.
[6] La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur, ed. Società Biblica di Ginevra, p. 1814. 
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