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lunedì 29 settembre 2014

Il regime satanico (parte I): la fondazione di Babilonia

Tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole. Dirigendosi verso l'Oriente, gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Scinear, e là si stanziarono. Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamo dei mattoni cotti con il fuoco!» Essi adoperarono mattoni anziché pietre, e bitume invece di calce. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra». Il SIGNORE discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini costruivano. Il SIGNORE disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è il principio del loro lavoro; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perché l'uno non capisca la lingua dell'altro!» Così il SIGNORE li disperse di là su tutta la faccia della terra ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babel, perché là il SIGNORE confuse la lingua di tutta la terra e di là li disperse su tutta la faccia della terra.
Genesi 11:1-9 
1.INTRODUZIONE

Dopo il diluvio universale, il libro biblico della Genesi continua la sua narrazione, presentando la discendenza dei figli di Noè, ed infine la creazione della famosa torre di Babele. Siamo nell'ultimo degli undici capitoli iniziali del libro, che descrivono quella che viene conosciuta come "preistoria biblica". 

Dal punto di vista archeologico, la torre di Babele viene associata all'Etemenanki, la principale ziqqurat della città di Babilonia. Il suo nome in sumerico significa "casa delle fondamenta del cielo e della terra" e secondo la tradizione babilonese venne costruita nel II millennio a.C. dal re Hammurabi. Più volte distrutta e ricostruita, gli ebrei poterono vederla durante la loro deportazione (597 a.C - 538 a.C.), in una forma che mostrava l'incompiutezza del restauro di quel tempo.

Secondo la tradizione ebraica invece, Nimrod fu il fondatore di Babele/Babilonia: con il suo popolo scoprì la stregoneria e desiderò costruire questa torre per assicurarsi la salvezza anche nel caso in cui Dio avesse mandato sulla terra un nuovo diluvio. I commentatori ebraici osservano che è bene per i malvagi essere divisi ed è bene per i giusti essere uniti, per questo il Signore confuse i costruttori della torre. In un periodo successivo, Hammurabi avrebbe  restaurato la torre e la città.
2.CONSIDERAZIONI SUL CONTESTO LETTERARIO

Il racconto della torre di Babele manifesta un'indipendenza letteraria che porta al pensiero di un'esistenza precedente alla redazione della Genesi. Si ritiene infatti che questa tradizione più antica sia stata incastonata nel libro biblico durante le fasi della sua redazione finale, avvenuta secondo la moderna critica biblica intorno al VI - V secolo a.C. Questa tesi è supportata da importanti indizi interni, che mostrano per esempio come questo testo interrompa il filo narrativo del libro, posizionandosi tra il riferimento ai "figli di Sem" (10:31) e al proseguimento logico di questo tema presente immediatamente dopo il racconto di Babele (11:10). Accostando questi due versetti possiamo vedere come doveva essere lo svolgimento originario:

Genesi 10:31 Questi sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie, secondo le loro lingue, nei loro paesi, secondo le loro nazioni. Questa è la discendenza di Sem. Sem, all'età di cento anni, generò Arpacsad, due anni dopo il diluvio. Genesi 11:10

Vi sono inoltre ulteriori elementi da considerare a proposito. L'esistenza di Babele infatti era già stata menzionata nel capitolo precedente:

Cus generò Nimrod, che cominciò a essere potente sulla terra. Egli fu un potente cacciatore davanti al SIGNORE; perciò si dice: «Come Nimrod, potente cacciatore davanti al SIGNORE». Il principio del suo regno fu Babel, Erec, Accad e Calne nel paese di Scinear. 
Genesi 10:8-10

Così come era appena stato presentato il motivo della dispersione dei popoli:

Genesi 10:32 Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro generazioni, nelle loro nazioni; da essi uscirono le nazioni che si sparsero sulla terra dopo il diluvio. 

Ma anche l'esistenza di differenti lingue:

Genesi 10:5 Da costoro derivarono i popoli sparsi nelle isole delle nazioni, nei loro diversi paesi, ciascuno secondo la propria lingua, secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni.

Il capitolo dieci di Genesi aveva quindi già ricordato la città di Babele, presentando la dispersione dei popoli e la differenza delle lingue come risultato di una naturale crescita del genere umano, che si era ricostituito grazie alla discendenza di Noè. I riferimenti del capitolo dieci sono intrisi di speranza, individuando un'ideale "unità nella diversità" come risoluzione del dramma appena avvenuto, e come inizio di una nuova epoca. Tutto questo però deve essere sembrato incompleto. E' vero, l'umanità era rinata ed era tornata a popolare la terra, era sorta una nuova dinastia benedetta da Dio, ma anche in questo nuovo mondo era presente la malvagità. Anche in questo nuovo mondo, dove tutti gli esseri umani erano discendenti di colui che "trovò grazia agli occhi del Signore", esistevano persone egoiste e violente, persone che sfruttavano il prossimo per il proprio vantaggio. Il disegno originale di Dio di un'unità nella diversità era stato ancora una volta corrotto, e questo avvenimento doveva essere denunciato in tutta la sua gravità. Per questo motivo da un semplice accenno a Nimrod, il cui principio del regno fu Babele, è sorta la necessità di raccontare meglio la nascita di una nuova dinastia spirituale che, per usare le parole dei libri delle Cronache, fin dall'origine fece ciò che è male agli occhi del Signore. 
3.L'ANALISI DEL BRANO

Dopo queste considerazioni, arriviamo ora al testo che vuole essere vero e proprio protagonista di questo studio. Esso appare facilmente suddivisibile  - secondo il parallelismo antitetico  - in quattro sequenze narrative. All'inizio abbiamo un movimento centripeto che raccoglie tutti gli uomini in un solo luogo, una pianura nel paese di Scinear. Successivamente troviamo la contrapposizione dei due progetti che rappresentano il cuore della narrazione: il progetto degli uomini che con la costruzione desiderano "acquisire fama" e "non essere dispersi sulla faccia della terra", e il progetto di Dio che invece li vuole proprio dispersi su tutta la faccia della terra. La conclusione, in antitesi alla parte iniziale, presenta un movimento centrifugo, in dispersione dalla città di Babele verso tutta la terra.

L'espressione iniziale "parlava la stessa lingua e usava le stesse parole", è resa in senso letterale con "aveva un solo labbro/bocca, e le stesse imprese". "Avere un solo labbro", nei testi mesopotamici antichi significa "pensarla tutti allo stesso modo, avere un unico grande progetto politico in accordo con il potere centrale rappresentato dal re". Mentre invece l'accenno alle "stesse imprese" riconduce ad un'unica opera culturale programmata dal re e dalla sua corte. Fin dall'inizio del testo quindi appare chiaro quale sia l'elemento drammatico che scatenerà gli eventi che seguiranno: la vera disgrazia dell'umanità è infatti l'imposizione da parte di un governo centrale di un unico modo di pensare, di lavorare, di credere; un imperialismo politico, economico, religioso e culturale. 

Questo stato sociale promosso dagli uomini del racconto, causa una veloce progressione della scienza e della tecnica (mattoni cotti al posto di pietre) che consente loro di iniziare a mettere in pratica il progetto che avevano nel cuore, ossia costruire una città con al centro una torre altissima per crearsi una fama che duri per sempre e che in questo modo gli assicuri l'immortalità. Laddove il Signore vuole un'unità nella diversità dei popoli, delle lingue, etnie e tribù; questi uomini si adoperano per una società centralizzata, forte e duratura, che non avesse alcun bisogno di Dio né alcun timore di Lui. 

Il Signore a questo punto decide di "scendere" non tanto per punire, quanto invece per ristabilire il suo disegno originario. Un disegno che attraverso la diversità vuole portare fecondità nell'umanità, valore e dignità ad ogni popolo, e ad ogni singolo essere umano. 

4.CONCLUSIONE

La corretta comprensione del racconto della torre di Babele è fondamentale per poter cogliere il comune denominatore di tutte le azioni e gli imperi che nel panorama biblico sono stati chiaramente individuati come agenti satanici. Da questo punto, infatti, parte un lungo filo rosso che passa per la deportazione babilonese, le profezie di Daniele, l'oppressione ellenica, quella romana, per finire con la Babilonia dell'Apocalisse (cap. 18), nella quale sono stati trovati il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati uccisi sulla terra.

D'altronde, sempre dalla Genesi parte anche un altro filo che passa per la dispersione dei popoli indotta da Dio e la chiamata di Abramo, che porterà alla benedizione tutte le famiglie della terra. La nascita del popolo di Israele: un'unica nazione composta da dodici tribù differenti. Lo stesso filo collegherà anche il ministero di Cristo attraverso la chiamata dei dodici discepoli, il riscatto delle lingue a Pentecoste e la nascita della Chiesa: un unico popolo formato da gente di ogni lingua, nazione e tribù. L'unità nella diversità verrà sempre preservata e promossa da Dio, finché non diverrà una realtà eterna nei nuovi cieli e nella nuova terra. 

Il racconto della torre di Babele presenta in nuce gli elementi che porteranno ai momenti di maggior tensione nella storia biblica e alla maggiore sofferenza al popolo di Israele e alla Chiesa. Ma anche alla più grande manifestazione della gloria di Dio e ai più importanti traguardi raggiunti all'interno dei suoi piani. Tutto parte da qui, e tutto questo sarà approfondito volta per volta nei prossimi studi, con lo scopo di evidenziare al meglio questi due "fili" nascosti in tutti i libri delle Sacre Scritture.

Bibliografia:

- Cappelletto Gianni, Genesi (capitoli 1-11), Edizioni Messaggero Padova.
- Marchadour Alain, Genesi - commento teologico/pastorale, Ed. San Paolo.

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