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domenica 14 settembre 2014

"Fate miei discepoli tutti i popoli"

Quanto agli undici discepoli, essi andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato. E, vedutolo, l'adorarono; alcuni però dubitarono. E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente».
Matteo 28:16-20 

L'importanza di questo brano è decisamente straordinaria per più di un motivo. Tanto dal punto di vista letterario quanto da quello teologico, esso rappresenta il compimento di tutto il vangelo di Matteo: il punto in cui convergono tutti gli intrecci dell'opera. Le implicazioni pratiche poi sono ancora maggiori, trovando in questa sede il principio ultimo della vita cristiana ed il vero significato della stessa. L'obiettivo di fare tra i popoli dei nuovi discepoli di Cristo, insegnando ad osservare tutte le cose che egli ha comandato, racchiude infatti l'intera missione della Chiesa universale di ogni secolo. 

Il desiderio di questo studio è quello di avvicinarsi al cuore spirituale di questo testo, passando prima da quello letterario, per cogliere gran parte della sua ricchezza dopo aver affrontato alcuni brani neotestamentari, necessari per acquisire una consapevolezza più profonda su questo tema di fondamento. 

Il primo passo è quindi quello di approcciarsi alla natura letteraria di Mt 28:16-20. Il suo genere è di difficile individuazione a causa del profondo intervento redazionale dell'autore. Nel panorama biblico tuttavia, il genere letterario più simile è quello della vocazione e della chiamata alla missione, presente in molti testi profetici dell'Antico Testamento. La scena si apre con una cornice narrativa (vv.16-18a) e continua con il messaggio vero e proprio del Signore risorto. Quest'ultimo appare suddiviso in tre ulteriori elementi:

1. Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra.
Formulato all'indicativo, rappresenta il fondamento della missione.

2. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate.
Formulato all'imperativo, rappresenta il comando della missione.  

3. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente.
Formulato all'indicativo, rappresenta la garanzia della missione. 

La cornice narrativa ha luogo in Galilea, dove il Signore aveva chiamato i discepoli (26:32, 28:7 e 10). Qui era iniziato il ministero di Gesù (4:12), e sempre in questo luogo ora essi dovranno riprendere la missione. Questa missione è espressa con un verbo principale all'imperativo (ammaestrate/matheteusate) e due partecipi (battezzando e insegnando). La missione dunque è quella di ammaestrare tutti i popoli attraverso il battesimo e l'insegnamento di tutto quello che Gesù ha a sua volta comandato. Rispetto alla missione del capitolo 10, ora finalmente i discepoli possono dedicarsi anche all'insegnamento/didaskein che non è stato delegato fino a questo momento. Il loro atteggiamento tuttavia risulta ambiguo, comprendendo tanto l'adorazione quanto il dubbio, rappresentando al meglio l'atteggiamento contraddittorio che contraddistingue i discepoli nel vangelo di Matteo e probabilmente i credenti della stessa comunità di origine dell'autore.

La chiesa cristiana del primo secolo iniziò ad evangelizzare e fondare diverse comunità in modo concorde a questo comandamento. Gli Atti degli Apostoli testimoniano tale impegno, presentando l'apostolo Pietro e Giovanni a Gerusalemme e successivamente alla sua conversione, l'apostolo Paolo nei suoi viaggi missionari nell'attuale Turchia e Grecia, giungendo infine, in catene, a Roma. L'insieme delle tredici lettere paoline (secondo la tradizione cristiana) del Nuovo Testamento e del libro degli Atti, rappresenta la voce più autorevole e dettagliata sulla vita della chiesa primitiva e sulle implicazioni pratiche derivate proprio da questa vita di missione. Ovviamente, con uno scopo così ambizioso non sono mancate le difficoltà e i conflitti, tanto sul fronte esterno quanto su quello interno alle prime comunità. Ecco quindi che il candore del comandamento di Gesù "fate miei discepoli" si è potuto calare in tanti contesti diversi, nei quali è stato necessario convincere, rimproverare, esortare con ogni tipo di insegnamento e pazienza (2Tim 4:2). Troviamo un esempio di questo combattimento della fede nella seconda lettera di Paolo ai Corinzi. 

Dopo aver fondato la comunità di Corinto durante il suo secondo viaggio missionario (Atti 18) intorno al 51 d.C., l'apostolo Paolo si imbarcò per la Siria terminando il suddetto viaggio. Successivamente però ne intraprese un terzo, e a Efeso scrisse la sua prima lettera a questa chiesa locale, probabilmente nel 55 d.C., per calmare i dissidi interni ed istruirli a proposito di diverse questioni. Assieme alla lettera inviò il suo collaboratore Timoteo (1 Cor 4:17). Successivamente però, egli ricevette delle inquietanti notizie sulla comunità, riguardanti l'arrivo di falsi apostoli (2 Cor 11:13) che iniziarono a diffamarlo e ad insegnare un vangelo diverso da quello che avevano ricevuto (2 Cor 11:4). Per questo motivo Paolo si diresse da loro una seconda volta (2:1), entrando in conflitto con alcuni di questi esponenti (7:12) senza però riuscire a risolvere la questione. Egli allora tornò a Efeso dove scrisse una nuova lettera affidata a Tito (7:5-16), lettera che riuscì nel suo intento di suscitare una tristezza che potesse portarli al ravvedimento (7:5-16). In questo contesto, probabilmente a Filippi, Paolo scrisse la lettera conosciuta come "Seconda ai Corinzi" per esprimere gioia per il loro pentimento e difesa per il suo apostolato. Queste le sue parole:

Noi non diamo nessun motivo di scandalo affinché il nostro servizio non sia biasimato; ma in ogni cosa raccomandiamo noi stessi come servitori di Dio, con grande costanza nelle afflizioni, nelle necessità, nelle angustie, nelle percosse, nelle prigionie, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con conoscenza, con pazienza, con bontà, con lo Spirito Santo, con amore sincero; con un parlare veritiero, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nell'umiliazione, nella buona e nella cattiva fama; considerati come impostori, eppure veritieri; come sconosciuti, eppure ben conosciuti; come moribondi, eppure eccoci viventi; come puniti, eppure non messi a morte; come afflitti, eppure sempre allegri; come poveri, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa! La nostra bocca vi ha parlato apertamente, Corinzi; il nostro cuore si è allargato. Voi non siete allo stretto in noi, ma è il vostro cuore che si è ristretto. Ora, per renderci il contraccambio (parlo come a figli), allargate il cuore anche voi!
2 Corinzi 6:3-13 

Il ministero dell'apostolo era contraddistinto dal grande rigore, dalla costanza nel suo lavoro in ogni condizione e difficoltà. Da questo brano possiamo capire cosa possa significare fare discepoli del Signore. Significa raccomandare sé stessi come servitori di Dio in ogni afflizione e angustia, sacrificare la propria vita a favore del prossimo, amare incondizionatamente nonostante le persone manifestino facili incomprensioni, evidenti immaturità, mancanza di discernimento. Un vero ministro di Dio infatti è chiamato a servire tanto nella gloria, quanto nell'umiliazione; tanto nella buona, quanto nella cattiva fama. Spesso le persone cambiano idea velocemente, prima osannano e poi screditano, con una velocità disarmante. 
Nel vangelo di Matteo è evidente il fatto che le opere di Gesù sono continuate dai suoi discepoli. Entrambi predicano lo stesso messaggio, lavorano ad una missione itinerante, si separano da quanti respingono il messaggio; entrambe le opere sono state associate alla potenza dei demoni, tanto Gesù quanto i discepoli saranno consegnati ai tribunali, alla morte, alla tortura. Per riassumere con un solo versetto:

Matteo 10:25a Basti al discepolo essere come il suo maestro e al servo essere come il suo signore. 

L'insegnamento del vangelo è che in tutto questo non vi è nulla di anomalo: ogni discepolo di Cristo è chiamato a seguire le sue orme. 

A pensarci bene, nel concetto di "fare discepoli" si cela l'interezza delle attività cristiane. L'evangelizzazione, la fondazione di nuove comunità, la scuola biblica, il discepolato con manuali, il discepolato relazionale, le riunioni giovanili, i sermoni, la formazione alla lode e adorazione..ognuna di queste attività può essere considerata un modo per formare nuovi discepoli, ed ognuna di queste attività non è scevra di problemi di ogni genere. Quanti ministri possono aver sospirato all'esortazione apostolica: "ora, per renderci il contraccambio, allargate il cuore anche voi!"? Sicuramente innumerevoli. 

Ma, grazie a Dio, il servizio cristiano non è solo sofferenza e incomprensione. Sempre nella seconda lettera ai Corinzi leggiamo:

Ma Dio, che consola gli afflitti, ci consolò con l'arrivo di Tito; e non soltanto con il suo arrivo, ma anche con la consolazione da lui ricevuta in mezzo a voi. Egli ci ha raccontato il vostro vivo desiderio di vedermi, il vostro pianto, la vostra premura per me; così mi sono più che mai rallegrato.
2 Corinzi 7:6,7 

Il Signore non manca di sovvenire in aiuto a coloro che ubbidiscono alla sua voce, toccando i cuori e portando al ravvedimento. La vicenda dei Corinzi ne è un chiaro esempio: vediamo infatti alla fine come questa comunità è giunta al ravvedimento, pentendosi di come aveva trattato il proprio apostolo fondatore. Questo pentimento ha più che mai rallegrato il cuore di Paolo, che ora poteva continuare a svolgere la sua opera extra ecclesiale in tutta serenità. 

Come è possibile tuttavia essere come il proprio Signore? Superare ogni difficoltà restando fedele ed irreprensibile? Ci sono due eccezionali elementi a cui è stato accennato in precedenza ma che meritano ora una riflessione ulteriore. 

a. Il fondamento 

La missione cristiana non si basa su una semplice superiorità morale, né sul comandamento di un semplice uomo. La missione cristiana si basa unicamente sul potere di Cristo. Ogni potere gli è stato dato in cielo e sulla terra, e proprio da questo potere si attinge la forza sovrannaturale per adempiere all'opera da realizzare. Il termine tradotto con "potere" rende il sostantivo greco exousia che risponde ad una serie di significati usati nel Nuovo Testamento, tra cui: autorità regale, l'autorità del marito sulla moglie, il potere di governo, la giurisdizione, il potere delle decisioni giudiziarie e quello di gestire gli affari interni. Come disse l'apostolo Paolo agli Ateniesi:

Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo; e non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa. Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione.
Atti 17:24-26 

Che piaccia o meno, è stato il Signore a trarre da un uomo solo tutte le nazioni, determinando le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione. Nell'Antico Testamento, i testi profetici sono espliciti nel riconoscere a Dio l'autorità di suscitare o annientare interi imperi, popoli e nazioni. Emblematico a questo riguardo è il brano del sogno di Nabucodonosor e dell'interpretazione del profeta Daniele, nel secondo capitolo del suo libro. 

Le possibilità storiche, sociali e linguistiche della diffusione del vangelo nel primo secolo e nei secoli seguenti furono un'opera sovrana di Dio, espressione dei pieni poteri di governo del Signore Gesù. Poteri che sono in atto anche al momento presente e che continuano a costituire il fondamento di ogni attività cristiana. Questo non costituisce una facilità di adempimento, ma la sicurezza di un sostegno sovrannaturale. Nulla è lasciato al caso, nulla è al di fuori della giurisdizione di Cristo. Ogni credente può cadere in nuove afflizioni, necessità, angustie, percosse, prigionie, tumulti e fatiche, può essere da alcuni considerato come impostore, eppure tuttavia essere veritiero; come sconosciuto, eppure ben conosciuto; come moribondo, eppure vivente; come punito, eppure non messo a morte; come afflitto, eppure sempre allegro; come povero, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa! Questo è sicuramente un mistero, ma un mistero su cui possiamo fare affidamento. Il teologo Giovanni Calvino riflettendo su questo tema scrisse: 

"In quale condizione saremmo se Satana fosse libero di agire contro di noi?
Se Dio non mantenesse sempre il controllo e desse le briglie a Satana, tutto crollerebbe in totale confusione e noi dovremmo sopportare molto di più di quanto Giobbe ha dovuto sopportare
.” 


Grazie siano rese a Dio nostro Padre per mezzo del figlio suo Cristo Gesù, che possiede ogni potere, in terra come in cielo, e che lo esprime continuamente nel governo di ogni aspetto del creato. 
b. La garanzia

Se ancora per assurdo non bastasse l'autorità ed il potere del fondamento della missione cristiana, essa sarebbe comunque assicurata dalla sua garanzia. Infatti, l'arduo compito che spetta alla Chiesa non è solo sostenuto dal potere di Cristo, ma è anche accompagnato dalla continua presenza del Signore. Egli è presente tutti i giorni, fino alla fine dell'età presente. In ogni tipo di difficoltà, Gesù è presente. In ogni gioia, Gesù è presente. Il terrore comune ad ogni essere umano - quello della solitudine - viene quindi annullato dalla promessa della presenza del Signore tra i suoi. Niente e nessuno può separare dall'amore di Cristo, niente e nessuno può separare dalla sua presenza! Ecco quindi come il comando della missione non si possa in alcun modo ritenere freddo e distaccato, ma piuttosto si debba ritenere come un'obiettivo riscaldato dalla stessa presenza di Gesù Cristo, disposto ad alleggerire il carico passo dopo passo, affiancandosi ad ogni singolo credente.

CONCLUSIONE

Solo questi contributi sovrannaturali avrebbero potuto portare al successo l'opera iniziata dagli apostoli del Nuovo Testamento, arrivando ad oltre due millenni di distanza con un terzo della popolazione mondiale di professione cristiana. Intere generazioni si cristiani si sono succedute scambiandosi "il testimone", portando avanti la missione che Cristo ha dato alla Chiesa in ogni epoca e luogo del globo. In quest'ottica possiamo ora declinare le parole di Gesù anche nella nostra vita. Sappiamo che ogni potere gli è stato dato, sappiamo che è con noi fino alla fine dell'età presente; e su questo fondamento, con questa garanzia, nella presente generazione anche noi possiamo raccogliere il comando per contribuire con la nostra vita a fare suoi discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che Egli ci ha comandato. Forse non esiste attività più difficile, piena di incomprensioni, crisi e delusioni. Ma sopra ogni cosa vi è il governo del Signore, la sua stessa presenza, ed il nostro bruciante desiderio di arrivare alla fine della nostra vita e poter sentirsi dire "Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". 

Bibliografia:

MacArthur John (2006), Prima edizione Italiana, La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur, Società biblica di Ginevra.

Monasterio Rafael Aguirre, Carmona Antonio Rodrìguez (1995), Prima edizione Italiana, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Edizione Paideia.

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