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martedì 24 dicembre 2013

La parabola del gran convito: un'analisi intertestuale

Uno degli invitati, udite queste cose, gli disse: «Beato chi mangerà pane nel regno di Dio!» Gesù gli disse: «Un uomo preparò una gran cena e invitò molti; e all'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: "Venite, perché tutto è già pronto". Tutti insieme cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: "Ho comprato un campo e ho necessità di andarlo a vedere; ti prego di scusarmi". Un altro disse: "Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi". Un altro disse: "Ho preso moglie, e perciò non posso venire". Il servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa si adirò e disse al suo servo: "Va' presto per le piazze e per le vie della città, e conduci qua poveri, storpi, ciechi e zoppi". Poi il servo disse: "Signore, si è fatto come hai comandato e c'è ancora posto". Il signore disse al servo: "Va' fuori per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, affinché la mia casa sia piena. Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati, assaggerà la mia cena"».
Luca 14:15-24 

Gesù ricominciò a parlare loro in parabole, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio. Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: "Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze". Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio; altri poi, presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. Allora il re si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città. Quindi disse ai suoi servi: "Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni. Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete". E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni; e la sala delle nozze fu piena di commensali. Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l'abito di nozze. E gli disse: "Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?" E costui rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: "Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti". Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti».
Matteo 22:1-14 



I Vangeli secondo Matteo e Luca, sono tradizionalmente associati ad una redazione anteriore al 70 d.C., ma la maggior parte degli studiosi moderni indicano che la loro redazione è avvenuta piuttosto in un lasso di tempo compreso tra il 70 e il 100 d.C. Entrambi i Vangeli vengono ora ritenuti come successivi al Vangelo secondo Marco, seguendo quella che in gergo tecnico viene chiamata priorità marciana. La teoria più accreditata infatti vede nel Vangelo di Marco una fonte utilizzata assieme ad altre (Q ed altre ancora) per la redazione dei nuovi due Vangeli, che avrebbero elaborato di conseguenza degli scritti preesistenti. Principalmente, esistono due grosse categorie di studio linguistico e letterario dei Vangeli: lo studio sincronico e lo studio diacronico. La prima categoria si concentra nello studio di un testo senza preoccuparsi che il testo possa essere costituito da strati più antichi ed altri più recenti. Lo studio diacronico invece, evidenzia proprio questo aspetto: ossia il modo in cui tradizioni e testi si sono sviluppati con il passare del tempo. L'intertestualità, a sua volta, indica l'interesse verso una comparazione e una relazione tra due o più testi. Oltre alla lettura ed allo studio dei Vangeli in modo verticale (ossia leggendo un singolo Vangelo dall'inizio alla fine) è possibile di conseguenza approcciarsi allo studio in modo orizzontale, comparando i brani simili od uguali proprio per studiare quello che si può evidenziare da questa correlazione, e scoprire l'evoluzione, l'influenza, la diversità insita nella redazione delle pericopi coinvolte. 

Avvicinandoci ai brani in apertura di questo articolo con la consapevolezza di quanto appena visto, è possibile fare delle semplici osservazioni dai significati tuttavia molto interessanti. Sappiamo che i Vangeli di Matteo e Luca sono stati scritti in contesti diversi e, sebbene non ci sia certezza sulla precisa data della loro scrittura, appare invece chiaro che in origine erano destinati a lettori ed ascoltatori di differente estrazione. Il Vangelo di Matteo presenta una forte familiarità con termini ed usanze giudaiche, senza dare loro nessuna particolare spiegazione. In riverenza nei confronti del nome di Dio, riporta spesso l'espressione "regno dei Cieli", secondo l'usanza rabbinica. Presenta inoltre numerosi parallelismi, espressioni tipiche della poesia ebraica. 
Il Vangelo secondo Luca invece pone particolare attenzione a presentare un racconto storico preciso ed accurato, dipingendo il cristianesimo come una nuova religione rispettabile, rispettosa delle leggi ed internazionale. E' facile comprendere come il primo possa essere stato scritto da un giudeo cristiano che si rivolgeva ad altri connazionali, mentre il secondo possa essere stato diretto ad un pubblico di gentili con differenti mentalità e concezioni. Probabilmente questa diversità rispecchia non solo una differenza geografica e culturale ma anche temporale, ma come abbiamo visto questo non è possibile dirlo con certezza. 

Addentriamoci ora finalmente nel cuore dei brani biblici in questione, che ci proponiamo di analizzare in base alle nostre capacità ed ai nostri mezzi. Leggiamo quella che viene comunemente identificata come la parabola del gran convito, oppure parabola delle nozze. Alcuni ritengono che siano due racconti simili ma a sé stanti; studiando i brani in modo diacronico tuttavia risulta evidente che stiamo parlando di due pericopi che risalgono con molta probabilità ad una fonte comune (Q per esempio?) ma che hanno subìto una evoluzione redazionale differente a causa appunto del tempo e dei destinatari a cui erano rivolti, con la possibilità che un autore fosse a conoscenza dell'altro scritto. Ho evidenziato con colori differenti le espressioni tipiche dell'una e dell'altra versione, proprio per facilitare l'identificazione delle peculiarità di ciascun elemento. La prima considerazione che si può fare, riguarda la modalità in cui le pericopi vengono intessute nei Vangeli. Luca infatti pone la parabola in mezzo ad una discussione ad ampio respiro tra Gesù ed i farisei, presentandola come risposta alla provocazione di uno di quest'ultimi. Matteo invece decide di posizionarla in una accesa discussione tra Gesù e i capi del popolo ebraico, poco prima della passione di Cristo. Se la prima contrapposizione tra due dottrine era mostrata con una certa completezza, la versione di Matteo sembra invece unirsi all'insieme di insegnamenti del Signore che conducono al contrasto della sua sofferenza e della sua morte, trovando infine un nuovo significato nella sua resurrezione. Perché queste differenze? Luca afferma esplicitamente di aver compiuto degli studi in modo da ordinare i fatti per poterli presentare con ordine e completezza in modo da confermare la loro validità (Lc. 1), il suo scopo quindi era principalmente questo. Matteo invece vive probabilmente in una comunità post pasquale che ancora risente della memoria del gruppo pre pasquale, che mettendo l'accento sull'evento trasformante della resurrezione, vuole comunicare in esso più che mai il senso della fede cristiana e della salvezza offerta ai gentili. Il significato della parabola infatti può essere affiancato al seguente messaggio che l'Apostolo Paolo scrisse alla comunità di Roma:

Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò "mio popolo" quello che non era mio popolo e "amata" quella che non era amata»; e «Avverrà che nel luogo dov'era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli del Dio vivente"». 
Romani 9:25-26 

Una possibile interpretazione infatti vede il banchetto che prima si pensava fosse offerto soltanto ai giudei, ora aperto a tutti i popoli (anche ai gentili), disponibile anche a tutti coloro che venivano considerati impuri dagli ebrei. Quello che non era il popolo di Dio (le popolazioni di origine non ebraica), ora può venire chiamato popolo di Dio (la Chiesa gentile). Una differente interpretazione invece vede una prima chiamata a Israele associata alla Legge seguita da una seconda chiamata associata alla salvezza. Tornando al testo, e continuando nella nostra analisi, è possibile notare il fatto che Luca precisa le scuse accampate dagli invitati originali, scuse che non sono minimamente sostenibili. Nessuno infatti comprava un campo senza prima vederlo, comprava dei buoi senza provarli, oppure poteva rifiutare un simile invito perché appena sposato. Matteo invece riassume brevemente il tipo di scuse senza entrare nei dettagli. La fine dei servitori mostra poi un'altra differenza. I servitori descritti da Luca tornano sobriamente dal loro padrone per informarlo dei rifiuti, i servitori descritti da Matteo invece vengono maltrattati ed uccisi. La prospettiva giudaica quindi evidenzia ancora una volta la colpa del popolo ebraico sopra il non ascolto e l'uccisione dei profeti del passato, sostenuta anche dal personaggio autorevole della parabola: un re. Quello che Luca presenta come "un uomo", in Matteo infatti è "un re", riproponendo l'immagine di YHWH come ultima autorità sopra Israele. Quello che in Luca è una semplice cena, in Matteo è un banchetto nuziale per il figlio del re. Il banchetto del matrimonio tra il Signore e il suo popolo, possibilmente tra il Signore ed il suo nuovo popolo, formato tanto dai giudei quanto dai gentili. 
Luca a questo punto termina il racconto con una frase lapidaria, che chiude le porte a coloro che erano stati invitati originariamente per aprirle verso il futuro che ora appartiene ai nuovi invitati. Proprio qui, al termine della parabola riportata da Matteo, troviamo - ancora una volta - una versione differente e peculiare, non priva di significato. Il racconto di Matteo infatti finisce con un episodio a tratti inquietante, che conserva la tensione palpabile presente nel cuore del racconto. Mi riferisco all'abito di nozze. Questo elemento, completamente assente nella versione di Luca, deve essere ben ragionato per trovare una sua ragione di essere. Il racconto coinvolge persone radunate "nei crocicchi delle strade", prese quasi a caso per strada e sicuramente impossibilitati a raggiungere il banchetto con abiti adatti. Chi aveva dato dunque a questi nuovi invitati le vesti per il banchetto nuziale? Non poteva essere altra persona che il re, direttamente lui. L'individuo senza veste non dev'essere passato quindi dal re, entrando al banchetto senza essere stato chiamato dai servitori oppure rifiutando direttamente la veste. La veste della giustificazione di Dio, unica strada per vivere nella sua salvezza, non può essere rifiutata senza pagare conseguenze eterne. Anche se i gentili sono chiamati ora ad essere commensali di questo banchetto escatologico infatti, non sono esenti dal passare attraverso il sacrificio di Cristo, unica Via che porta al Padre e al futuro di comunione con lui. Non c'è altro fondamento, non c'è altro Vangelo, non c'è altra salvezza al di fuori del Signore Gesù. Questo era il messaggio che Matteo voleva inculcare ai suoi lettori ebrei che probabilmente ancora non vedevano di buon occhio i credenti gentili, e questo è lo stesso messaggio su cui noi - credenti gentili del XXI secolo - dobbiamo meditare e riflettere. La salvezza del Signore è qualcosa di tanto meraviglioso quanto può esserlo un banchetto nuziale offerto gratuitamente a chi sta morendo di fame e di freddo per strada. Questo è il messaggio comune dei due brani, il cuore teologico di un messaggio così meraviglioso, qualcosa da vivere e condividere ogni giorno della nostra vita.

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