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martedì 12 gennaio 2016

Il frutto dell'apostolato (parte II): una comunione fraterna

ATTENZIONE: Questo è il secondo articolo di uno studio in quattro parti dedicato alla Prima lettera dell'apostolo Paolo ai Tessalonicesi. Se vuoi leggere la prima parte dello studio - dedicata al contesto storico/biblico della lettera e all'approfondimento del testo iniziale che va da 1:1 a 2:12 - puoi seguire questo link.
In questo secondo articolo invece sarà trattato il testo della lettera che va da c.2v.13 a c.3v.13: ossia il secondo esordio, la seconda narrazione e la prima conclusione della lettera.
1. SIMILI NELLE SOFFERENZE
Rovine romane a Tessalonica
Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l'accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete. Infatti, fratelli, voi siete diventati imitatori delle chiese di Dio che sono in Cristo Gesù nella Giudea; poiché anche voi avete sofferto da parte dei vostri connazionali le stesse tribolazioni che quelle chiese hanno sofferto da parte dei Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, e hanno cacciato noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendoci di parlare agli stranieri perché siano salvati. Colmano così senza posa la misura dei loro peccati; ma ormai li ha raggiunti l'ira finale.
1Tessalonicesi 2:13-16  

Nello schema della Prima lettera dell'apostolo Paolo ai Tessalonicesi, questo brano rappresenta un secondo esordio, in quanto riprende tanto il tema iniziale della preghiera di ringraziamento (1:2) quanto quello della potenza di parola nell'evangelizzazione (1:5). Dopo queste ripetizioni però, Paolo esordisce con un'inedita similitudine tra le sofferenze che le comunità giudeocristiane stavano soffrendo da parte dei loro connazionali ebrei e le sofferenze che i tessalonicesi stavano subendo in modo simile dai loro concittadini. Essendo Cristo crocifisso scandalo per i giudei e pazzia per tutti gli altri popoli (1 Cor 1:23), tanto i giudei che i gentili non convertiti restavano turbati dall'esistenza stessa dei cristiani, rispondendo in modo violento e persecutorio.  Scrivendo alle chiese della Galazia, l'apostolo spiegherà il significato teologico di questo tipo di persecuzione mostrando che anche al tempo dei patriarchi biblici i figli della carne perseguitavano i figli dello Spirito.  Ricordiamo inoltre gli eventi raccontati dagli Atti degli apostoli in merito alla fondazione di questa chiesa, nel tempo precedente alla partenza di Paolo da Tessalonica:

Ma i Giudei, mossi da invidia, presero con loro alcuni uomini malvagi tra la gente di piazza; e, raccolta quella plebaglia, misero in subbuglio la città; e, assalita la casa di Giasone, cercavano di trascinare Paolo e Sila davanti al popolo. Ma non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai magistrati della città, gridando: «Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui, e Giasone li ha ospitati; ed essi tutti agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re, Gesù». E misero in agitazione la popolazione e i magistrati della città, che udivano queste cose. Questi, dopo aver ricevuto una cauzione da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare.
Atti 17:5-9

Se per i giudei lo scandalo rappresentato dalla fede cristiana era prettamente religioso, nel mondo greco-romano veniva invece percepito come religioso-politico, in quanto minante il culto imperiale (elemento di unione per tutto l'Impero1), e apparentemente persino la sottomissione all'imperatore e all'Impero romano. L'accusa riportata dai giudei per farsi ascoltare dai magistrati infatti è stata quella di affermare che ci fosse "un altro re", nonostante il messaggio cristiano in realtà dia alla regalità di Cristo un significato differente da quello immediatamente politico, e quindi conciliabile con i governi imperiali e nazionali, quando questi non prevedono l'adorazione obbligatoria di altri dèi. Gli apologeti del secolo seguente avrebbero raccolto proprio questa sfida, scrivendo trattati nei quali presentare gli elementi del messaggio cristiano ed evidenziare il fatto che il cristiano non costituisce un pericolo per la società, anzi è un cittadino leale, attento a raccomandare al suo Dio con frequenti preghiere la salute dell'imperatore - in quanto autorità voluta da Dio - e la prosperità dell'Impero2. Ma nel contesto di questa epistola siamo a metà del I secolo, in piena età apostolica, e le incomprensioni a riguardo di questa nuova "setta ebraica" erano sicuramente molto numerose. Incomprensioni, persecuzioni, discriminazioni.....La comunità di Tessalonica dovette subire tutto questo, ma tutto questo potè essere convertito da Dio in bene: in testimonianza, esempio ed incoraggiamento per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia (1:7), ma anche oltre. Una comunione nelle sofferenze dei vari credenti, per una comunione nella fedeltà di servizio per l'unico e vero Dio.

2. LA COMUNITA': VANTO E GIOIA

Quanto a noi, fratelli, privati di voi per breve tempo, di persona ma non di cuore, abbiamo tanto più cercato, con grande desiderio, di vedere il vostro volto. Perciò più volte abbiamo voluto, almeno io, Paolo, venire da voi; ma Satana ce lo ha impedito. Qual è infatti la nostra speranza, o la nostra gioia, o la corona di cui siamo fieri? Non siete forse voi, davanti al nostro Signore Gesù quand'egli verrà? Sì, certo, voi siete il nostro vanto e la nostra gioia. Perciò, non potendo più resistere, preferimmo restar soli ad Atene; e mandammo Timoteo, nostro fratello e servitore di Dio nella predicazione del vangelo di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella vostra fede, affinché nessuno fosse scosso in mezzo a queste tribolazioni; infatti voi stessi sapete che a questo siamo destinati. Perché anche quando eravamo tra di voi, vi preannunciavamo che avremmo dovuto soffrire, come poi è avvenuto, e voi lo sapete. Perciò anch'io, non potendo più resistere, mandai a informarmi della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse tentati, e la nostra fatica fosse risultata vana. Ma ora Timoteo è ritornato e ci ha recato buone notizie della vostra fede e del vostro amore, e ci ha detto che conservate sempre un buon ricordo di noi e desiderate vederci, come anche noi desideriamo vedere voi. Per questa ragione, fratelli, siamo stati consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede, pur fra tutte le nostre angustie e afflizioni; perché ora, se state saldi nel Signore, ci sentiamo rivivere. Come potremmo, infatti, esprimere a Dio la nostra gratitudine a vostro riguardo, per la gioia che ci date davanti al nostro Dio, mentre notte e giorno preghiamo intensamente di poter vedere il vostro volto e di colmare le lacune della vostra fede? 
1Tessalonicesi 2:17-20, 3:1-10
 
Se il paragrafo precedente si presentava come secondo esordio, questo invece si mostra come una seconda narrazione all'interno della lettera, che segue la prima narrazione delimitata in 2:1-12. Nello scorso testo narrativo Paolo ricordava gli avvenimenti legati alla sua permanenza a Tessalonica e alla sua attività evangelizzatrice, ora invece egli prosegue il racconto con gli eventi successivi alla sua partenza ma precedenti la scrittura di questa lettera. Dopo essere partiti di notte e di nascosto per non essere catturati (Atti 17:10), Paolo, Sila e Timoteo arrivarono a Berea e successivamente ad Atene. Ma da Atene l'apostolo desiderava ardentemente tornare a visitare i tessalonicesi per rafforzare la loro fede. Essendone impedito da qualche evento collegato all'attività satanica, Paolo alla fine decise di inviare Timoteo, affinché nessuno di loro rimanesse scosso in mezzo a queste tribolazioni. In effetti essi fondarono la comunità in poco tempo (circa sei mesi) e dovettero partire a causa delle persecuzioni che sicuramente turbarono l'intera chiesa; questo giustificava ampiamente l'apprensione che Paolo aveva per loro e il suo timore che il tentatore li avesse tentati e che per tornare a vivere una vita tranquilla essi avessero rinnegato la fede in Cristo. Nella parabola di Gesù sul seminatore, leggiamo:

E così quelli che ricevono il seme in luoghi rocciosi sono coloro che, quando odono la parola, la ricevono subito con gioia; ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; poi, quando vengono tribolazione e persecuzione a causa della parola, sono subito sviati.
Marco 4:16-17

In seguito alle evangelizzazioni apostoliche, senz'altro non mancavano persone che ricevevano con gioia l'annuncio del Vangelo ma che alla prima tribolazione o persecuzione rinnegavano la propria fede e tornavano alla vita di prima. Grazie al Signore però, questo non era il caso dei tessalonicesi. Timoteo arrivò da loro e tornando successivamente da Paolo (che nel frattempo si era spostato a Corinto) portò questa buona notizia, facendolo gioire assieme a Sila così tanto da arrivare a dire di sentirsi rivivere. Senz'altro c'era un grande amore per questi preziosi fratelli, un amore che traspare chiaramente da questi primi paragrafi della lettera che riepilogano il trascorso comune e gli eventi avvenuti prima di poterli raggiungere attraverso Timoteo. Un amore disinteressato, una sincera e profonda comunione fraterna resa possibile unicamente dalla volontà di Dio, dall'opera di Cristo e dall'azione dello Spirito Santo.

3. UNA CRESCITA IRREPRENSIBILE NELLA SANTITA'

Ora Dio stesso, nostro Padre, e il nostro Signore Gesù ci appianino la via per venire da voi; e quanto a voi, il Signore vi faccia crescere e abbondare in amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso di voi, per rendere i vostri cuori saldi, irreprensibili in santità davanti a Dio nostro Padre, quando il nostro Signore Gesù verrà con tutti i suoi santi.
1Tessalonicesi 3:11-13 

Proprio questo amore e questa comunione fraterna erano i motivi che portavano Paolo ad avere un desiderio così intenso di rivederli dopo essere stato obbligato a lasciarli anzitempo, desideroso di colmare ogni lacuna nella loro fede e fornirli di tutti gli elementi e di tutta la formazione necessaria a combattere il buon combattimento della fede. In un tempo privo degli altri testi che avrebbero formato il Nuovo Testamento, e parlando a numerose persone che non conoscevano neanche l'Antico Testamento ebraico, era sicuramente fondamentale che l'apostolo continuasse la sua opera tra questi credenti promuovendo la loro crescita spirituale attraverso le difficoltà. Una crescita irreprensibile nella santità, per poter essere pronti per il momento del ritorno di Cristo e della piena manifestazione del Regno di Dio.  Paolo prega il Signore per una crescita abbondante nell'amore e per cuori saldi e santi, una preghiera che possiamo fare nostra e che possiamo pronunciare e vivere nella nostra vita così come la vissero i credenti di Tessalonica, nell'attesa del ritorno dello stesso Signore con lo stesso sentimento.  

4. CONCLUSIONE 














Con quest'ultimo brano termina la parte narrativa della lettera che lascia il posto a quella di istruzione ed esortazione, trattata a partire dal prossimo articolo. Le informazioni storiche sull'attività di Paolo a Tessalonica e quelle relative al tempo immediatamente successivo risultano fondamentali per comprendere al meglio i sentimenti, gli intenti e i motivi che portarono l'apostolo a scrivere questa prima lettera. Ecco quindi che le parole cristallizzate nel testo riescono a riprendere profondità, per continuare la loro opera di esortazione, edificazione e consolazione attraverso l'azione dello Spirito Santo. Degli eventi lontani nel tempo e nello spazio riescono ad avere influenza diretta sui credenti di ogni luogo e tempo, ispirando lo stesso tipo di amore, di comunione fraterna, di perseveranza e santità che animarono questa chiesa grazie al servizio dell'apostolo Paolo.



Note:

[1] http://www.treccani.it/enciclopedia/culto-imperiale_%28Dizionario-di-Storia%29/
[2] Rinaldi Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 437.

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