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domenica 24 gennaio 2016

La risurrezione dei morti

Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta.
Ecclesiaste 3:11
1. INTRODUZIONE
Rovine dell'antica Corinto

Nota 1
La chiesa di Corinto è stata fondata dall'apostolo Paolo durante il suo secondo viaggio missionario. Questo viaggio è raccontato nel libro degli Atti degli Apostoli a partire dal c. 15 v. 36, e segue il cosiddetto concilio di Gerusalemme. 

Paolo e Sila, partendo infatti proprio da Gerusalemme, attraversarono la Siria e la Cilicia, prendendo con sé Timoteo a Listra (Atti 16:3). Successivamente passarono per la Frigia e la Galazia, ma anziché andare in Bitinia come era previsto, furono indirizzati da Dio mediante  una visione verso la Macedonia, dove si fermarono a Filippi. Dopo aver evangelizzato in questa città ed essere riusciti a fondare una chiesa nonostante la persecuzione, continuarono il viaggio verso Tessalonica, dove si convertirono nuove persone e nacque un'altra comunità. Da Tessalonica la squadra apostolica si diresse a Berea, Atene, e, in seguito - circa nel 52 d.C. - proprio a Corinto.

Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a Corinto. [...]
Una notte il Signore disse in visione a Paolo: «Non temere, ma continua a parlare e non tacere; perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città». Ed egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando tra di loro la Parola di Dio.
Atti 18:1 e vv.9-11 

Per un anno e mezzo l'apostolo Paolo rimase a Corinto per insegnare la Parola di Dio e fortificare i fratelli. Successivamente ripartì per concludere il viaggio, e durate il successivo terzo viaggio missionario, intorno al 55 d.C., scrisse da Efeso quella che conosciamo come Prima lettera ai Corinzi

Rimarrò a Efeso fino alla Pentecoste, perché qui una larga porta mi si è aperta a un lavoro efficace, e vi sono molti avversari.
1Corinzi 16:8-9  
 
Da un punto di vista tematico, questa lettera tratta diversi argomenti. I corinzi scrivevano probabilmente a Paolo dei vari problemi sorti nelle comunità, e sicuramente vi era una certa comunicazione attraverso fratelli che dovevano viaggiare per lavoro e che avevano quindi la possibilità di incontrare l'apostolo (1:11). Ogni tanto, magari una volta alla settimana, Paolo si metteva a rispondere  a tali questioni, riflettendo su di esse e giungendo a comporre questa lettera di lunghezza considerevole, che infine inviò loro2. Tra i temi specifici che incontriamo nella lettera c'è il problema dei gruppi e delle divisioni (capp. 1-4), il problema del caso di incesto (cap. 5), i processi civili (cap. 6), il matrimonio e la verginità (cap. 7), la carne sacrificata agli idoli (capp. 8-10), diverse questioni a riguardo delle assemblee (capp. 11-14) e la resurrezione (cap. 15). Tutte queste risposte mostrano in modo implicito quali dovessero essere le loro domande e i loro problemi specifici. 

In questo studio ci soffermeremo in particolare sul quindicesimo capitolo della lettera, e sul tema della risurrezione dei morti. Al tempo dell'apostolo Paolo la quasi totalità dei libri neotestamentari non era ancora stata redatta, e il termine "Scritture" identificava solamente l'insieme di libri dell'Antico Testamento. Nel Tanakh (l'intero A.T.) il concetto di resurrezione è abbastanza vago ma comunque presente, al contrario della Torah (Penteteuco) nella quale è completamente assente. All'interno del giudaismo di questa epoca erano presenti di conseguenza due differenti correnti teologiche: i sacerdoti aristocratici sadducei che - basandosi solo sulla Torah - non credevano nella risurrezione (Mt 22:34), e  il gruppo religioso dei farisei che invece - considerando tutto il Tanakh - credevano fermamente nella risurrezione (Atti 23:8). Quando Paolo verrà successivamente arrestato nel Tempio di Gerusalemme, di fronte al Sinedrio chiamerà in causa proprio questa questione per evitare il peggio:

Or Paolo, sapendo che una parte dell'assemblea era composta di sadducei e l'altra di farisei, esclamò nel Sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; ed è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti, che sono chiamato in giudizio». Appena ebbe detto questo, nacque contesa tra i farisei e i sadducei, e l'assemblea si trovò divisa. Perché i sadducei dicono che non vi è risurrezione, né angelo, né spirito; mentre i farisei affermano l'una e l'altra cosa. Ne nacque un grande clamore; e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi, protestarono, dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest'uomo; e se gli avesse parlato uno spirito o un angelo?»
Atti 23:6-9


Di fatto, l'Antico Testamento presenta circa sette riferimenti o allusioni possibili alla resurrezione, ma solo i seguenti tre brani sono particolarmente espliciti e meglio definiti:

Ma io so che il mio Redentore vive
e che alla fine si alzerà sulla polvere.
E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò a me favorevole;
lo contempleranno i miei occhi,
non quelli d'un altro;
il cuore, dal desiderio, mi si consuma!
Giobbe 19:25-27 

Rivivano i tuoi morti!
Risorgano i miei cadaveri!
Svegliatevi ed esultate, o voi che abitate nella polvere!
Poiché la tua rugiada è rugiada di luce e la terra ridarà alla vita le ombre.

Isaia 26:19 

«In quel tempo sorgerà Michele, il grande capo, il difensore dei figli del tuo popolo; vi sarà un tempo di angoscia, come non ce ne fu mai da quando sorsero le nazioni fino a quel tempo; e in quel tempo, il tuo popolo sarà salvato; cioè, tutti quelli che saranno trovati iscritti nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno.
Daniele 12:1-3

Ad Efeso, intorno al 55 d.C., Paolo senz'altro ha considerato questi testi prima di iniziare la sua riflessione sul tema, ampliando l'orizzonte e definendo meglio l'insegnamento a proposito: una più profonda rivelazione per un più perfetto Nuovo Patto. 

2. LA RISURREZIONE DI CRISTO

Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato, che voi avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l'ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano. Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l'ho ricevuto anch'io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all'aborto; perché io sono il minimo degli apostoli, e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 
1Corinzi 15:1-10

Tutto l'argomento della risurrezione dei morti nella prospettiva neotestamentaria parte esclusivamente da un'unica e fondamentale premessa: la risurrezione di Cristo. Gli accenni veterotestamentari vengono infatti interpretati a partire da questo avvenimento, centrale per la predicazione cristiana. Ecco quindi che Paolo per prima cosa propone una citazione letterale del primitivo annuncio evangelico, un annuncio che così come è stato ricevuto dall'apostolo, allo stesso modo è stato trasmesso ai credenti di Corinto. Il nucleo di questo annuncio è: 
Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; fu seppellito; è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; apparve a Cefa3.
In modo complementare, Paolo aggiunge poi il fatto che Cristo apparve anche ai dodici, a cinquecento fratelli, a Giacomo, e a tutti gli apostoli4. Questa è probabilmente la più antica espressione del messaggio evangelico nel Nuovo Testamento, e , di conseguenza, una tra le più significative. E' quindi molto rilevante il fatto che - in questo passo -  l'apostolo identifichi ben cinquecento testimoni oculari di Gesù Cristo risorto, di cui la maggior parte era ancora in vita a metà del primo secolo. I corinzi, come chiunque altro a quel tempo, potevano verificare una notizia di tal genere, cercando un riscontro sulle informazioni ricevute da Paolo. Informazioni che, anche volendo, non potevano essere manipolate o inventate con un così gran numero di testimoni in circolazione, a soli vent'anni da quello che viene presentato come un avvenimento storico. Il pastore Timothy Keller commenta in questo modo il testo:
"La lettera di Paolo era indirizzata a una chiesa, dunque era un documento pubblico, scritto per essere letto ad alta voce davanti ad un'assemblea. Paolo invitava pertanto chiunque dubitasse dell'apparizione di Cristo risorto ad andare a parlare con i testimoni oculari. Una sfida coraggiosa e altresì facile da raccogliere, giacché ai tempi della pax romana spostarsi lungo il Mediterraneo era un'impresa sicura e realizzabile senza difficoltà. Paolo non avrebbe potuto lanciare tale sfida se non ci fossero stati dei testimoni oculari a corroborare le sue parole."5
La risurrezione di Cristo è in questo tempo il nuovo imprescindibile paradigma della risurrezione di tutti gli uomini, il segno ultimo e definitivo della sua attività escatologica anticipata. Già nel tempo precedente infatti, i miracoli compiuti dal Signore manifestavano un significato diverso rispetto ai miracoli conosciuti nella storia di Israele, e questo lo possiamo comprendere, per esempio, nel seguente brano:

Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?» Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!»
Matteo 11:2-6

Questa risposta di Gesù a Giovanni Battista è formulata in un linguaggio che, a quel tempo, esprimeva quanto sarebbe avvenuto nel futuro regno di Dio: in questo regno i morti sarebbero risorti e, nella loro vita di risurrezione, sarebbero stati guariti e liberati da tutte le limitazioni fisiche. La risposta di Gesù quindi presuppone il fatto che le proprie opere miracolose non fossero collegate soltanto con l'età presente, ma anche con quella futura, con l'irrompere del regno di Dio nel mondo6. I miracoli compiuti dal Signore durante il suo ministero terreno erano quindi degli squarci luminosi che rimandavano alla libertà e alla vita del mondo futuro, ed è proprio su questo piano che la sua risurrezione deve essere considerata non solo come una semplice risurrezione, ma come l'anticipazione escatologica della risurrezione di tutti gli uomini. Nel testo successivo della lettera, l'apostolo infatti mostrerà la risurrezione di Gesù Cristo come primizia della vivificazione di tutti coloro che sono morti. Gesù è stato risuscitato, e questa risurrezione diviene ora il precedente per la risurrezione finale. 

3. LA FEDE NELLA RISURREZIONE DEI MORTI

a) Questioni riguardanti la risurrezione

Ora se si predica che Cristo è stato risuscitato dai morti, come mai alcuni tra voi dicono che non c'è risurrezione dei morti? Ma se non vi è risurrezione dei morti, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede. Noi siamo anche trovati falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato di Dio, che egli ha risuscitato il Cristo; il quale egli non ha risuscitato, se è vero che i morti non risuscitano. Difatti, se i morti non risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che sono morti in Cristo sono dunque periti. Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini. 
1Corinzi 15:12-19  

A Corinto c'erano delle persone che avevano iniziato a predicare che non vi fosse alcuna risurrezione dei morti. Questa predicazione per l'apostolo è completamente falsa, illogica e insensata. Infatti se non vi è risurrezione, neanche Cristo è stato risuscitato. E se Cristo non è stato risuscitato perde completamente di ogni significato la fede cristiana. Paolo arriva addirittura a dire che se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini. La vita cristiana è senz'altro una vita attenta al servizio e all'aiuto del prossimo, ma il suo senso ultimo non si ferma qui, avanza oltre la morte per raggiungere il momento della risurrezione! Probabilmente per molti una vita di servizio e altruismo sarebbe già sufficiente per reputarsi degna di essere vissuta, ma Paolo mostra una prospettiva completamente diversa, dicendo che in realtà sarebbe la più misera, senza la piena realizzazione del proposito di Dio. Nella propria morte, Gesù ha battezzato tutti i credenti (Rom 6:3) e nella propria risurrezione egli ha anticipato similmente la risurrezione di tutti i cristiani (Rom 6:5). Per un credente, mancando la fede nella propria futura risurrezione viene a mancare la fede nella risurrezione del Signore (ovvero dell'origine della propria risurrezione), perdendo di conseguenza il senso della propria stessa cristianità. Cristo infatti non è solo un esempio di condotta, ma è la sorgente stessa della Vita! Senza l'esperienza e la conoscenza personale di Cristo come Vita, resta solo la miseria della morte, rimane solo la stessa vanità che tormentava l'Ecclesiaste: un pugno di sabbia destinata ad essere dispersa dal vento per tornare da dove è venuta. E poi nulla più. No, non può esistere un cristiano che non crede nella risurrezione dei morti. Un cristiano di questo tipo non sarebbe discepolo di Cristo, una predicazione di questo tipo sarebbe vana come il correre dietro al vento.

b) Proclamazione cristologica 

Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico che sarà distrutto sarà la morte. Difatti, Dio ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi; ma quando dice che ogni cosa gli è sottoposta, è chiaro che colui che gli ha sottoposto ogni cosa, ne è eccettuato. Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti. 
1Corinzi 15:20-28

Se senza risurrezione nulla può avere senso, tutto trova invece il suo senso ancora una volta in Cristo, e nella sua risurrezione dai morti. Come anticipato prima infatti, egli rappresenta la primizia di quelli che sono morti tanto in senso cronologico quanto in senso qualitativo. Ogni persona che è risorta dai morti, tanto in passato quanto ai giorni d'oggi, può rivivere per un certo tempo ma poi deve tornare senz'altro alla morte, destinazione comune a tutti gli uomini a causa della disubbidienza di Adamo. Scrivendo pochi anni dopo alla comunità di Roma, l'apostolo Paolo riassumerà questo concetto con le seguenti parole: "come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato..." La morte è conseguenza del peccato, e tanto questa quanto il peccato sono entrati nel mondo e sono passati su tutti gli uomini per mezzo di un sol uomo. Tutti noi pecchiamo in Adamo, e tutti noi moriamo in Adamo. Ma Cristo, morto pur senza aver commesso alcun peccato, è risorto per sempre, è risorto senza dover più morire. E' risorto con il tipo di risurrezione riservata alla fine dei tempi, anticipando la vita futura fino a portarla nel momento presente. Questo è il pieno miracolo! Questa è la piena volontà di Dio! Il popolo ebraico - o una parte di esso - aspettava ed aspetta il tempo della risurrezione ignorando però che essa non potrebbe mai avvenire senza la realizzazione di questo avvenimento precedente: l'anticipazione di Gesù Cristo, premessa e presupposto di fondamento. Questo è il mistero che è stato nascosto per tutti i secoli e per tutte le generazioni, e che solo ora è stato manifestato ai suoi santi (Col 1:26). La risurrezione di vita può avvenire solo per la vita di Cristo, non c'è alcun'altra possibilità. Sappiamo però che ci sarà anche un altro tipo di risurrezione: la risurrezione per la morte, profetizzata da Daniele (12:2) e da Giovanni nella sua Apocalisse (20:11-15): questa sarà la piena, definitiva ed eterna conseguenza della trasgressione adamitica (Gen 3:1-6) per tutti coloro che restano in Adamo al posto di entrare nella vita di Cristo. 

Al ritorno del Signore, tutti coloro che sono suoi risusciteranno per la vita, Cristo stesso consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre dopo aver sconfitto tutti i nemici, e Dio potrà essere finalmente tutto in tutti. Ogni mistero sarà finalmente pienamente manifesto.

c) Posizioni illogiche

Altrimenti, che faranno quelli che sono battezzati per i morti? Se i morti non risuscitano affatto, perché dunque sono battezzati per loro? E perché anche noi siamo ogni momento in pericolo? Ogni giorno sono esposto alla morte; sì, fratelli, com'è vero che siete il mio vanto, in Cristo Gesù, nostro Signore. Se soltanto per fini umani ho lottato con le belve a Efeso, che utile ne ho? Se i morti non risuscitano, «mangiamo e beviamo, perché domani morremo». Non v'ingannate: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». Ridiventate sobri per davvero e non peccate; perché alcuni non hanno conoscenza di Dio; lo dico a vostra vergogna. 
1Corinzi 15:29-34  

Se così non fosse...che faranno quelli che sono battezzati per i morti? A che scopo Paolo e i suoi collaboratori vissero costantemente esposti al pericolo e alla morte? Se così non fosse, resterebbe solo da godere di questa vita, in attesa della sua fine. Ma questo è un inganno, un inganno teso da persone che vanno evitate. Un inganno in cui, tutto sommato, può cadere solo colui che non ha conoscenza di Dio. 

Il primo riferimento di questo brano, quello del battesimo per i morti, rappresenta uno dei passi più oscuri di tutto il Nuovo Testamento in quanto non si capisce a cosa l'apostolo stia alludendo di preciso. Vorrei sottolineare tuttavia il fatto che il suo significato nel relativo contesto è solamente quello di comprovare la realtà della risurrezione dai morti. Paolo non approva né disapprova questa pratica, ma la cita per far comprendere l'illogicità di chi nega la risurrezione. Questo è il significato del brano, questo è il senso dell'argomentazione. Tenendo questo punto bene in considerazione, ritengo sia comunque lecito poter fare delle ipotesi a proposito, ipotesi che rimangono in ogni caso secondarie rispetto alla tesi principale. Nella storia della ricerca esegetica infatti sono state date numerose interpretazioni di questa frase. Una prima possibilità è quella di considerare il battesimo per i morti un rito cristiano primitivo, che prevedeva appunto il battesimo da parte di un credente per conto di qualche altra persona ormai defunta. Di fatto non abbiamo alcuna testimonianza sull'esistenza di questo rito nella chiesa in età apostolica, ma soltanto parecchi secoli dopo, quando evidentemente alcune comunità avevano interpretato a loro modo questo stesso passo, giungendo a tale conclusione7. Questa interpretazione non dà ragione dell'espressione "che faranno", un tempo futuro al posto del più naturale presente. Una seconda possibilità sostenuta perlopiù dai commentatori greci, considera che l'espressione "per i morti" fosse un ellissi da completare con "per la risurrezione dei morti", in quanto il battesimo viene compiuto con la fede e speranza di vivere appunto la risurrezione in seguito alla propria morte8. In realtà la struttura della frase rende altamente imporobabile un significato di questo tipo9. Una terza possibilità considera il brano un'allusione al martirio, una quarta possibilità vede nel brano un errore di punteggiatura e la necessità di aggiungere punti di domanda per rendere: "che otterranno coloro che sono battezzati? Per i morti?". Questa considerazione cambierebbe il senso della frase in: "se i morti non risuscitano, perché farsi battezzare? Per loro?"10. Una quinta possibilità invece conferisce al testo il suo senso più probabile: "infatti, cosa otterranno a favore dei morti coloro che si fanno battezzare? Se i morti non risorgono, perché allora si fanno battezzare? Perché anche noi corriamo pericolo per loro ogni ora?”, ossia, se la risurrezione non avviene è inutile che i corinzi si battezzino ed è inutile che Paolo metta a rischio la sua vita per loro11. Questo in ogni caso è il senso generale del testo, come abbiamo visto all'inizio di questa analisi, e tutto sommato l'insegnamento da trarre in proposito. 

4. COME RISUSCITANO I  MORTI?

Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? E con quale corpo ritornano?» Insensato, quello che tu semini non è vivificato, se prima non muore; e quanto a ciò che tu semini, non semini il corpo che deve nascere, ma un granello nudo, di frumento per esempio, o di qualche altro seme; e Dio gli dà un corpo come lo ha stabilito; a ogni seme, il proprio corpo. Non ogni carne è uguale; ma altra è la carne degli uomini, altra la carne delle bestie, altra quella degli uccelli, altra quella dei pesci. Ci sono anche dei corpi celesti e dei corpi terrestri; ma altro è lo splendore dei celesti, e altro quello dei terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna, e altro lo splendore delle stelle; perché un astro è differente dall'altro in splendore. Così è pure della risurrezione dei morti. Il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale. Se c'è un corpo naturale, c'è anche un corpo spirituale. Così anche sta scritto: «Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente»; l'ultimo Adamo è spirito vivificante. Però, ciò che è spirituale non viene prima; ma prima, ciò che è naturale, poi viene ciò che è spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è terrestre; il secondo uomo è dal cielo. Qual è il terrestre, tali sono anche i terrestri; e quale è il celeste, tali saranno anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine del terrestre, così porteremo anche l'immagine del celeste. Ora io dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né i corpi che si decompongono possono ereditare l'incorruttibilità. 
1Corinzi 15:35-50

In seguito all'affermazione della realtà della risurrezione dei morti, l'apostolo Paolo ora considera un'ipotetica domanda che i corinzi potevano porgli: come risuscitano i morti? E con che corpo? I farisei del tempo pensavano che i morti sarebbero risuscitati nella condizione in cui erano al momento della morte, e che successivamente Dio li avrebbe trasformati risanando le loro infermità12. Paolo invece risponde a queste domande portando due analogie naturali: come Dio dà a ogni seme il corpo che gli spetta e come nella stessa natura esistono classi diverse di corpi, così sarà della risurrezione13. Una trasformazione che assommerà le tre qualità che a quel tempo venivano attribuite ai corpi celesti (immortalità/incorruttibilità, gloria, potenza), più una quarta completamente nuova, il corpo spirituale14. La gloriosità in particolare, è usata spesso nelle Scritture in relazione alla radiosità della presenza di Dio, e suggerisce che ci sarà anche un tipo di luminosità per tutti i corpi di risurrezione15. Al già citato Daniele 12:3 (I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno), si aggiunge anche la testimonianza del Vangelo secondo Matteo:

Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi oda.
Matteo 13:43


Infine, la dimostrazione dell'esistenza della successione del corpo naturale a corpo spirituale deriva direttamente da Adamo, e dal suo diventare un'"anima vivente", precedente di Cristo che diventò invece uno spirito datore di vita. Così come tutti gli uomini vivono nella natura di Adamo, allo stesso modo i credenti vivranno nella nuova natura di Cristo. Il regno di Dio è immortale e incorruttibile, e si può vivere solamente con un corpo immortale e incorruttibile. Un corpo nuovo e differente, adatto ad una nuova e differente creazione.

5. QUANDO RISUSCITERANNO I MORTI?

Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. Infatti bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità. Quando poi questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta:
«La morte è stata sommersa nella vittoria».

 «O morte, dov'è la tua vittoria?
O morte, dov'è il tuo dardo?»

Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge; ma ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo. Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
1Corinzi 15:51-58  

La risurrezione dunque porterà ad una trasformazione: come quella di un seme che, morendo, porta alla nascita una pianta completa. Ma quando tutto questo avverrà? Al ritorno di Cristo, ma questo ritorno sarà preannunciato dal suono dell'ultima tromba. Nell'Apocalisse di Giovanni troviamo una progressione di sette trombe suonate dagli angeli, ed una descrizione del momento in cui verrà suonata l'ultima tromba:

Poi il settimo angelo sonò la tromba e nel cielo si alzarono voci potenti, che dicevano: «Il regno del mondo è passato al nostro Signore e al suo Cristo ed egli regnerà nei secoli dei secoli». E i ventiquattro anziani che siedono sui loro troni davanti a Dio, si gettarono con la faccia a terra e adorarono Dio, dicendo: «Ti ringraziamo, Signore, Dio onnipotente, che sei e che eri, perché hai preso in mano il tuo grande potere, e hai stabilito il tuo regno. Le nazioni si erano adirate, ma la tua ira è giunta, ed è arrivato il momento di giudicare i morti, di dare il loro premio ai tuoi servi, ai profeti, ai santi, a quelli che temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di distruggere quelli che distruggono la terra». Allora si aprì il tempio di Dio che è in cielo e apparve nel tempio l'arca dell'alleanza. Vi furono lampi e voci e tuoni e un terremoto e una forte grandinata. 
Apocalisse 11:15-19 

Questa tromba racchiude gli eventi dell'Apocalisse legati alle sette coppe, al giudizio finale del sedicesimo capitolo e al ritorno di Gesù Cristo come Re, raccontato al diciannovesimo capitolo. Quello che l'apostolo Paolo accenna solamente, viene ulteriormente approfondito e dettagliato in questo ultimo e importantissimo libro del canone biblico.

Tornando però adesso alla conclusione del quindicesimo capitolo della Prima Lettera ai Corinzi, dopo aver parlato del suono dell'ultima tromba, l'apostolo termina con una doppia citazione di Isaia 25:8 e Osea 13:4. Rispetto alla dottrina farisaica, per Paolo i gentili non sono più il vero nemico, ed il peccato e la morte stessi prendono il loro posto di avversari che Dio distruggerà nell'ultimo grande atto di questo dramma16. La vittoria è assicurata per mezzo di Cristo Gesù, grazie al quale ogni credente può abbondare nel suo servizio, sapendo con la certezza della fede che tale fatica non sarà affatto vana. La morte, sconfitta da Cristo, al ritorno del Signore verrà sommersa nella sua vittoria in modo definitivo e assoluto, scaraventata nello stagno di fuoco dove resterà per l'eternità. 

Poi la morte e l'Ades furono gettati nello stagno di fuoco.
Apocalisse 20:14a


6. CONSIDERAZIONI FINALI






Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.
1Tessalonicesi 4:13-18

Nel corso del secondo viaggio missionario, proprio mentre Paolo era a Corinto per fortificare questa comunità appena nata (quindi intorno a tre anni prima della redazione di 1 Corinzi), l'apostolo scrisse queste parole nella sua prima lettera indirizzata alla giovane chiesa di Tessalonica, non molto distante da lì. In questo breve brano del quarto capitolo ritroviamo di fatto tutti gli elementi essenziali del tema della risurrezione dei morti, elementi che come abbiamo visto saranno approfonditi maggiormente nell'epistola indirizzata ai corinzi, e in particolare nel testo che abbiamo appena finito di esaminare. I credenti non devono essere tristi come gli altri che non hanno speranza, poiché i credenti hanno una gloriosa speranza! La speranza della risurrezione, garantita dalla risurrezione stessa del Signore Gesù. Come egli risuscitò, infatti, ogni figlio di Dio risusciterà allo squillo dell'ultima tromba. Come un seme muore e sboccia in forma diversa, così i credenti dopo la morte risorgeranno con un corpo incorruttibile, glorioso, potente e spirituale. E quando la corruttibilità sarà rivestita di incorruttibilità, allora la morte sarà definitivamente sconfitta dal Signore, gettata una volta e per tutte nello stagno di fuoco. All'apparizione di Cristo, risusciteranno tutti i credenti morti, e tutti i credenti viventi saranno rapiti con loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell'aria. E così, saremo sempre con il Signore. 

Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate».
Apocalisse 21:3-4


Note:

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Viaggi_paolini#/media/File:Paolo_2_viaggio.svg
[2] Bosh Jordi Sanchez, Scritti Paolini, Ed. Paideia, cit. p. 162.
[3] Id. Ibid., cit. p. 176.
[4] Id. Ibid.
[5] Keller Timothy, Ragioni per Dio, Ed. La Casa della Bibbia, cit. p. 231.
[6] Marxsen Willi - con introduzione di Corsani Bruno, Il terzo giorno risuscitò..., Ed. Claudiana, cit. p. 44.
[7] http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=3535
[8] Id. Ibid.
[9] Id. Ibid.
[10] Id. Ibid.
[11] Id. Ibid.
[12] https://it.wikipedia.org/wiki/Risurrezione#Giudaismo
[13] B. J. Sanchez, Scritti Paolini, Ed. Paideia, cit. p. 177.
[14] Id. Ibid. 

[15] Grudem Wayne, Teologia sistematica, Ed. GBU, cit. p. 1112.
[16] Wright Tom, Che cosa ha veramente detto Paolo, Ed. Claudiana, cit. p. 166.

martedì 12 gennaio 2016

Il frutto dell'apostolato (parte II): una comunione fraterna

ATTENZIONE: Questo è il secondo articolo di uno studio in quattro parti dedicato alla Prima lettera dell'apostolo Paolo ai Tessalonicesi. Se vuoi leggere la prima parte dello studio - dedicata al contesto storico/biblico della lettera e all'approfondimento del testo iniziale che va da 1:1 a 2:12 - puoi seguire questo link.
In questo secondo articolo invece sarà trattato il testo della lettera che va da c.2v.13 a c.3v.13: ossia il secondo esordio, la seconda narrazione e la prima conclusione della lettera.
1. SIMILI NELLE SOFFERENZE
Rovine romane a Tessalonica
Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l'accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete. Infatti, fratelli, voi siete diventati imitatori delle chiese di Dio che sono in Cristo Gesù nella Giudea; poiché anche voi avete sofferto da parte dei vostri connazionali le stesse tribolazioni che quelle chiese hanno sofferto da parte dei Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, e hanno cacciato noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendoci di parlare agli stranieri perché siano salvati. Colmano così senza posa la misura dei loro peccati; ma ormai li ha raggiunti l'ira finale.
1Tessalonicesi 2:13-16  

Nello schema della Prima lettera dell'apostolo Paolo ai Tessalonicesi, questo brano rappresenta un secondo esordio, in quanto riprende tanto il tema iniziale della preghiera di ringraziamento (1:2) quanto quello della potenza di parola nell'evangelizzazione (1:5). Dopo queste ripetizioni però, Paolo esordisce con un'inedita similitudine tra le sofferenze che le comunità giudeocristiane stavano soffrendo da parte dei loro connazionali ebrei e le sofferenze che i tessalonicesi stavano subendo in modo simile dai loro concittadini. Essendo Cristo crocifisso scandalo per i giudei e pazzia per tutti gli altri popoli (1 Cor 1:23), tanto i giudei che i gentili non convertiti restavano turbati dall'esistenza stessa dei cristiani, rispondendo in modo violento e persecutorio.  Scrivendo alle chiese della Galazia, l'apostolo spiegherà il significato teologico di questo tipo di persecuzione mostrando che anche al tempo dei patriarchi biblici i figli della carne perseguitavano i figli dello Spirito.  Ricordiamo inoltre gli eventi raccontati dagli Atti degli apostoli in merito alla fondazione di questa chiesa, nel tempo precedente alla partenza di Paolo da Tessalonica:

Ma i Giudei, mossi da invidia, presero con loro alcuni uomini malvagi tra la gente di piazza; e, raccolta quella plebaglia, misero in subbuglio la città; e, assalita la casa di Giasone, cercavano di trascinare Paolo e Sila davanti al popolo. Ma non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai magistrati della città, gridando: «Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui, e Giasone li ha ospitati; ed essi tutti agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re, Gesù». E misero in agitazione la popolazione e i magistrati della città, che udivano queste cose. Questi, dopo aver ricevuto una cauzione da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare.
Atti 17:5-9

Se per i giudei lo scandalo rappresentato dalla fede cristiana era prettamente religioso, nel mondo greco-romano veniva invece percepito come religioso-politico, in quanto minante il culto imperiale (elemento di unione per tutto l'Impero1), e apparentemente persino la sottomissione all'imperatore e all'Impero romano. L'accusa riportata dai giudei per farsi ascoltare dai magistrati infatti è stata quella di affermare che ci fosse "un altro re", nonostante il messaggio cristiano in realtà dia alla regalità di Cristo un significato differente da quello immediatamente politico, e quindi conciliabile con i governi imperiali e nazionali, quando questi non prevedono l'adorazione obbligatoria di altri dèi. Gli apologeti del secolo seguente avrebbero raccolto proprio questa sfida, scrivendo trattati nei quali presentare gli elementi del messaggio cristiano ed evidenziare il fatto che il cristiano non costituisce un pericolo per la società, anzi è un cittadino leale, attento a raccomandare al suo Dio con frequenti preghiere la salute dell'imperatore - in quanto autorità voluta da Dio - e la prosperità dell'Impero2. Ma nel contesto di questa epistola siamo a metà del I secolo, in piena età apostolica, e le incomprensioni a riguardo di questa nuova "setta ebraica" erano sicuramente molto numerose. Incomprensioni, persecuzioni, discriminazioni.....La comunità di Tessalonica dovette subire tutto questo, ma tutto questo potè essere convertito da Dio in bene: in testimonianza, esempio ed incoraggiamento per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia (1:7), ma anche oltre. Una comunione nelle sofferenze dei vari credenti, per una comunione nella fedeltà di servizio per l'unico e vero Dio.

2. LA COMUNITA': VANTO E GIOIA

Quanto a noi, fratelli, privati di voi per breve tempo, di persona ma non di cuore, abbiamo tanto più cercato, con grande desiderio, di vedere il vostro volto. Perciò più volte abbiamo voluto, almeno io, Paolo, venire da voi; ma Satana ce lo ha impedito. Qual è infatti la nostra speranza, o la nostra gioia, o la corona di cui siamo fieri? Non siete forse voi, davanti al nostro Signore Gesù quand'egli verrà? Sì, certo, voi siete il nostro vanto e la nostra gioia. Perciò, non potendo più resistere, preferimmo restar soli ad Atene; e mandammo Timoteo, nostro fratello e servitore di Dio nella predicazione del vangelo di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella vostra fede, affinché nessuno fosse scosso in mezzo a queste tribolazioni; infatti voi stessi sapete che a questo siamo destinati. Perché anche quando eravamo tra di voi, vi preannunciavamo che avremmo dovuto soffrire, come poi è avvenuto, e voi lo sapete. Perciò anch'io, non potendo più resistere, mandai a informarmi della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse tentati, e la nostra fatica fosse risultata vana. Ma ora Timoteo è ritornato e ci ha recato buone notizie della vostra fede e del vostro amore, e ci ha detto che conservate sempre un buon ricordo di noi e desiderate vederci, come anche noi desideriamo vedere voi. Per questa ragione, fratelli, siamo stati consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede, pur fra tutte le nostre angustie e afflizioni; perché ora, se state saldi nel Signore, ci sentiamo rivivere. Come potremmo, infatti, esprimere a Dio la nostra gratitudine a vostro riguardo, per la gioia che ci date davanti al nostro Dio, mentre notte e giorno preghiamo intensamente di poter vedere il vostro volto e di colmare le lacune della vostra fede? 
1Tessalonicesi 2:17-20, 3:1-10
 
Se il paragrafo precedente si presentava come secondo esordio, questo invece si mostra come una seconda narrazione all'interno della lettera, che segue la prima narrazione delimitata in 2:1-12. Nello scorso testo narrativo Paolo ricordava gli avvenimenti legati alla sua permanenza a Tessalonica e alla sua attività evangelizzatrice, ora invece egli prosegue il racconto con gli eventi successivi alla sua partenza ma precedenti la scrittura di questa lettera. Dopo essere partiti di notte e di nascosto per non essere catturati (Atti 17:10), Paolo, Sila e Timoteo arrivarono a Berea e successivamente ad Atene. Ma da Atene l'apostolo desiderava ardentemente tornare a visitare i tessalonicesi per rafforzare la loro fede. Essendone impedito da qualche evento collegato all'attività satanica, Paolo alla fine decise di inviare Timoteo, affinché nessuno di loro rimanesse scosso in mezzo a queste tribolazioni. In effetti essi fondarono la comunità in poco tempo (circa sei mesi) e dovettero partire a causa delle persecuzioni che sicuramente turbarono l'intera chiesa; questo giustificava ampiamente l'apprensione che Paolo aveva per loro e il suo timore che il tentatore li avesse tentati e che per tornare a vivere una vita tranquilla essi avessero rinnegato la fede in Cristo. Nella parabola di Gesù sul seminatore, leggiamo:

E così quelli che ricevono il seme in luoghi rocciosi sono coloro che, quando odono la parola, la ricevono subito con gioia; ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; poi, quando vengono tribolazione e persecuzione a causa della parola, sono subito sviati.
Marco 4:16-17

In seguito alle evangelizzazioni apostoliche, senz'altro non mancavano persone che ricevevano con gioia l'annuncio del Vangelo ma che alla prima tribolazione o persecuzione rinnegavano la propria fede e tornavano alla vita di prima. Grazie al Signore però, questo non era il caso dei tessalonicesi. Timoteo arrivò da loro e tornando successivamente da Paolo (che nel frattempo si era spostato a Corinto) portò questa buona notizia, facendolo gioire assieme a Sila così tanto da arrivare a dire di sentirsi rivivere. Senz'altro c'era un grande amore per questi preziosi fratelli, un amore che traspare chiaramente da questi primi paragrafi della lettera che riepilogano il trascorso comune e gli eventi avvenuti prima di poterli raggiungere attraverso Timoteo. Un amore disinteressato, una sincera e profonda comunione fraterna resa possibile unicamente dalla volontà di Dio, dall'opera di Cristo e dall'azione dello Spirito Santo.

3. UNA CRESCITA IRREPRENSIBILE NELLA SANTITA'

Ora Dio stesso, nostro Padre, e il nostro Signore Gesù ci appianino la via per venire da voi; e quanto a voi, il Signore vi faccia crescere e abbondare in amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso di voi, per rendere i vostri cuori saldi, irreprensibili in santità davanti a Dio nostro Padre, quando il nostro Signore Gesù verrà con tutti i suoi santi.
1Tessalonicesi 3:11-13 

Proprio questo amore e questa comunione fraterna erano i motivi che portavano Paolo ad avere un desiderio così intenso di rivederli dopo essere stato obbligato a lasciarli anzitempo, desideroso di colmare ogni lacuna nella loro fede e fornirli di tutti gli elementi e di tutta la formazione necessaria a combattere il buon combattimento della fede. In un tempo privo degli altri testi che avrebbero formato il Nuovo Testamento, e parlando a numerose persone che non conoscevano neanche l'Antico Testamento ebraico, era sicuramente fondamentale che l'apostolo continuasse la sua opera tra questi credenti promuovendo la loro crescita spirituale attraverso le difficoltà. Una crescita irreprensibile nella santità, per poter essere pronti per il momento del ritorno di Cristo e della piena manifestazione del Regno di Dio.  Paolo prega il Signore per una crescita abbondante nell'amore e per cuori saldi e santi, una preghiera che possiamo fare nostra e che possiamo pronunciare e vivere nella nostra vita così come la vissero i credenti di Tessalonica, nell'attesa del ritorno dello stesso Signore con lo stesso sentimento.  

4. CONCLUSIONE 














Con quest'ultimo brano termina la parte narrativa della lettera che lascia il posto a quella di istruzione ed esortazione, trattata a partire dal prossimo articolo. Le informazioni storiche sull'attività di Paolo a Tessalonica e quelle relative al tempo immediatamente successivo risultano fondamentali per comprendere al meglio i sentimenti, gli intenti e i motivi che portarono l'apostolo a scrivere questa prima lettera. Ecco quindi che le parole cristallizzate nel testo riescono a riprendere profondità, per continuare la loro opera di esortazione, edificazione e consolazione attraverso l'azione dello Spirito Santo. Degli eventi lontani nel tempo e nello spazio riescono ad avere influenza diretta sui credenti di ogni luogo e tempo, ispirando lo stesso tipo di amore, di comunione fraterna, di perseveranza e santità che animarono questa chiesa grazie al servizio dell'apostolo Paolo.



Note:

[1] http://www.treccani.it/enciclopedia/culto-imperiale_%28Dizionario-di-Storia%29/
[2] Rinaldi Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 437.
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