Traduttore


sabato 26 settembre 2015

Panoramica storica del cristianesimo antico (I - II sec.)

Affresco ritrovato nelle Catacombe di San Callisto, Roma. Fine II secolo.












Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra.
Atti 1:8
 
1. INTRODUZIONE
 
Comunità cristiane nel I secolo. Vedi nota 1.
L'epoca apostolica per il cristianesimo è senz'altro un'età di eccezionale importanza, ricca di eventi cruciali testimoniati in buona parte dallo stesso Nuovo Testamento. La morte e resurrezione di Cristo, la discesa dello Spirito Santo a Pentecoste, la nascita della Chiesa nella realtà di Gerusalemme, i viaggi missionari di Paolo e la diffusione della fede tra i gentili... Tutto questo è descritto nei vangeli, negli Atti degli Apostoli e nelle lettere paoline, testi che sono - e sono stati - letti, studiati e meditati dai credenti di ogni epoca. Il libro degli Atti termina la sua narrazione con la prigionia romana dell'apostolo Paolo, datata intorno al 61-63 d.C.2, mentre i vangeli adattano la tradizione ricevuta dei detti di Gesù in base alle situazioni delle diverse chiese esistenti3 in un tempo di redazione stimato tra il 65 e il 90 d.C4. L'Apocalisse di Giovanni, infine, si suppone che sia stata redatta intorno al 95 d.C5. Nei decenni che intercorsero tra la nascita della Chiesa e la fine del I secolo, si sono successivamente susseguiti vari avvenimenti storici e religiosi che ne hanno condizionato lo sviluppo della liturgia, della struttura di governo e della catechesi. Tra questi è sicuramente da segnalare la distruzione di Gerusalemme perpetrata dai romani nel 70 d.C., che ha avuto come conseguenza la definitiva separazione tra i giudei e i cristiani, e l'insorgere del pensiero da parte della Chiesa di essere il Nuovo Israele scelto da Dio per sostituire l'antico, rigettato e castigato per la sua incredulità6. Mentre il tempo passava, e gradualmente si addormentavano tutti gli apostoli e i testimoni oculari degli avvenimenti evangelici, cresceva l'esigenza di strutturare meglio la Chiesa - tanto organizzativamente quanto dottrinalmente - in modo da preservare il deposito della fede che le nuove generazioni stavano ricevendo. 
 
2. LA RICERCA DELLA STABILITA' 

Presenza cristiana a confronto tra il I e II secolo. Vedi nota 7.


Sappiate questo, prima di tutto: che negli ultimi giorni verranno schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo i propri desideri peccaminosi e diranno: «Dov'è la promessa della sua venuta? Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio della creazione».
2Pietro 3:3-4 

Questo brano della seconda lettera di Pietro ben evidenzia l'importante crisi che dovettero attraversare le chiese cristiane alla fine del I secolo8. La necessità fondamentale del cristianesimo di questo tempo, infatti, era quella di conservarsi pronti per il ritorno di Cristo, ma vedendo passare alcuni decenni senza alcuna realizzazione, sorsero inevitabilmente degli "schernitori beffardi" che misero in dubbio questa Seconda Venuta. Pur restando saldi nella propria fede, i cristiani dovettero in ogni caso costruirsi un nuovo contesto, per garantirsi la sopravvivenza9. Possiamo sintetizzare le transizioni più importanti nelle comunità cristiane durante il II secolo secondo i seguenti punti:
- La trasformazione del governo delle comunità: dal collegio di vescovi-presbiteri all'affermazione del vescovo unico.
- Il declino della dimensione carismatica del culto e la regolamentazione della liturgia. 
- La definizione del rapporto tra giudei e cristiani. 
- La fissazione del canone. 
- L'emergenza di varie interpretazioni del messaggio cristiano.
- La consapevolezza dei cristiani di costituire un popolo10.
Tanto per esigenze di tipo organizzativo, quanto a causa delle controversie dottrinali, le chiese passarono da un governo interno costituito da una pluralità di anziani/vescovi ad un episcopato monarchico, in cui un singolo vescovo emergeva al di sopra degli altri11. Troviamo una prima testimonianza del consolidamento della gerarchia ecclesiastica (sebbene in una forma transitoria, in cui probabilmente vi era ancora una certa collegialità) nella lettera di Clemente di Roma ai Corinzi, scritta nel 96 d.C. con lo scopo di ammonire una fazione della comunità di Corinto che aveva allontanato i propri conduttori12. Di seguito un estratto:

I nostri apostoli conoscevano da parte del Signore Gesù Cristo che ci sarebbe stata contesa sulla carica episcopale. Per questo motivo, prevedendo esattamente l'avvenire, istituirono quelli che abbiamo detto prima e poi diedero ordine che alla loro morte succedessero nel ministero altri uomini provati. Quelli che furono stabiliti dagli Apostoli o dopo da altri illustri uomini con il consenso di tutta la Chiesa, che avevano servito rettamente il gregge di Cristo con umiltà, calma e gentilezza, e che hanno avuto testimonianza da tutti e per molto tempo, li riteniamo che non siano allontanati dal ministero.
Lettera di Clemente ai Corinzi 44:1-3

Pochi anni più tardi, avrebbe scritto delle importanti lettere Ignazio, vescovo di Antiochia di Siria dal 70 d.C. fino al suo martirio avvenuto nel 107 d.C13. Egli venne catturato durante il regno dell'imperatore Traiano, e condotto a Roma per essere dato in pasto alle belve; durante il viaggio dalla Siria alla capitale dell'impero, scrisse sette epistole: da Smirne alle chiese di Efeso, Magnesia, Tralli, Roma, e da Troade alle chiese di Filadelfia, Smirne e al vescovo Policarpo14. Le sue parole sono ancora più risolute di quelle di Clemente, infatti a riguardo del vescovo di Efeso, scrisse:

Se io, in poco tempo, ho raggiunto una così grande familiarità con il vostro vescovo, familiarità non umana ma spirituale, quanto più devo stimare fortunati voi che vi trovate uniti a lui, come la Chiesa è unita a Gesù Cristo e come Gesù Cristo è unito al Padre! Affinché ogni cosa sia concorde nell'unità.
[...]
Quanto più uno vede che il vescovo tace, tanto più lo rispetti. In ogni caso, occorre che noi accettiamo colui che il padrone di casa manda ad amministrare la casa, come colui stesso che l'ha mandato. E' evidente, perciò, che bisogna considerare il vescovo come il Signore stesso.
Lettera di Ignazio agli Efesini 5:1/6:1

La presenza di un unico vescovo per ogni comunità, permetteva il consolidamento di una successione episcopale che tentava di collegare le principali chiese cristiane con la loro origine legata alla predicazione di un preciso apostolo, garantendo in questo modo la conservazione della corretta dottrina15.
La testimonianza di Ignazio, tuttavia, è preziosa anche per molti altri motivi, tra i quali il riscontro sulla dottrina cristologica primitiva: egli infatti esprime chiaramente la concezione della divinità ed umanità di Cristo, sostenendo la realtà dell'incarnazione e della passione, morte e resurrezione di Gesù16. Considerando le dottrine docetiche che da lì a poco si sarebbero diffuse, questo dato riveste senz'altro una grande importanza. Per quanto riguarda la vita liturgica invece, essa si stava modellando in modo sempre più codificato, pur restando ancora molto semplice nella sua essenzialità17. Per farci un'idea, possiamo leggere la breve testimonianza di Giustino:

"Nel giorno chiamato del Sole si fa l'adunanza di tutti nello stesso luogo, dimorino in città o in campagna, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti, sin che il tempo lo permette. Quando il tempo è terminato, il preposto con un sermone ammonisce ed esorta all'imitazione di quei bei tempi. Poi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere18."

I riti fondamentali erano il battesimo e la Santa Cena, il primo riguardava chi aveva iniziato a credere, ed avveniva per immersione, mentre il secondo era riservato solo ai battezzati ed era preceduto dal digiuno19.

Nel frattempo, l'esigenza di poter disporre di una regola di fede stabile ed autorevole, promosse il processo che stava portando alla formazione del canone del Nuovo Testamento, trovando sollecitazione inoltre anche dal diffondersi del marcionismo20 e dello gnosticismo21 (ma anche dal montanismo, a causa dell'imbarazzo provato dalla Chiesa a causa delle profezie degli esponenti Montano, Massimilla e Priscilla). A metà del secondo secolo, infatti, si assistette ad una reale presa di posizione delle comunità cristiane in riferimento agli insegnamenti gnostici sorti nei decenni precedenti, un opposizione volta a preservare il cristianesimo da una distruzione che stava prendendo piede al suo stesso interno22. Fino a metà del XX secolo tutto quello che si conosceva sullo gnosticismo derivava dai libri confutatori dei padri della Chiesa ma, sorprendentemente, nel 1945 alcuni contadini scoprirono a Nag Hammadi quella che risultò essere un'intera collezione di testi gnostici, portando alla luce preziosi codici che poterono integrare le informazioni già diffuse dagli scritti patristici, permettendo di tracciare un profilo più preciso di queste correnti teologiche23. I sistemi gnostici erano molto vari tra di loro, ma possiamo identificare alcune caratteristiche comuni: un dualismo filosofico che vede un mondo visibile estraneo al Dio supremo, la fede in una divinità subordinata (il demiurgo) responsabile della creazione del mondo, e una radicale distinzione tra l'uomo Gesù e il divino Cristo24. Per contrastare questi pensieri differenti dalla dottrina apostolica, la Chiesa dovette sviluppare il suo stesso credo in un sistema chiaro, perché la falsa gnosi doveva essere contrastata dalla più precisa definizione della verità; dovette inoltre determinare quali scritti considerava autoritativi e perseguire un'equa visione del rapporto del giudaismo con il cristianesimo, confermando l'autorità dell'Antico Testamento, che gli gnostici rifiutavano25. I principali esponenti dello gnosticismo cristiano del secondo secolo furono Basilide, Carpocrate e Valentino, con i rispettivi seguaci26

Marcione, invece, fu un ricco armatore cristiano che arrivò a Roma nel 144 d.C. per esporre ai presbiteri cristiani le sue dottrine, che però vennero rigettate vigorosamente, conducendolo alla scomunica e al suo allontanamento27. I punti principali dell'insegnamento di Marcione erano il rifiuto dell'Antico Testamento e la distinzione tra un Dio di suprema bontà e un Dio inferiore di estrema giustizia, che era il creatore e il Dio dei giudei; queste separazioni lo avevano portato a considerare le dieci lettere dell'apostolo Paolo come unica fonte, garanzia e regola della sana dottrina28. Secondo i padri della Chiesa, Marcione per il suo canone rifiutò certi libri per sceglierne solo alcuni da un canone della Chiesa di più ampia estensione, ma alcuni studiosi moderni (in particolare Adolf von Harnack) hanno proposto la tesi che Marcione fosse stato il primo a proporre un canone formale di Scrittura cristiana, e che la Chiesa avesse seguito il suo esempio, adottando alla fine quattro vangeli e tredici lettere di Paolo, in aggiunta ad altri libri29

Di fatto, in ogni caso, la più antica lista di libri del Nuovo Testamento in nostro possesso è costituita dal cosiddetto Canone Muratoriano, datato solamente a fine II secolo (sicuramente non dopo il 200)30. Il suo contenuto costituisce una sorta di introduzione al Nuovo Testamento contenente i quattro vangeli, il libro degli Atti degli Apostoli, tredici lettere di Paolo, la lettera di Giuda, due lettere di Giovanni, la Sapienza di Salomone e le Apocalissi di Giovanni e Pietro ("benché alcuni di noi non siano d'accordo che la seconda debba essere letta in chiesa" cit.)31. A questo riguardo, possiamo ora chiederci quali criteri sono stati considerati dalla Chiesa primitiva come determinanti per stabilire la canonicità dei testi sacri. Sicuramente i fattori sono molteplici, ma i più importanti possono essere individuati nella conformità a quella che era chiamata la "regola della fede", ossia la concordanza di un dato documento alla tradizione cristiana fondamentale riconosciuta come normativa dalla Chiesa32. Nell'apostolicità, ossia la paternità reale o presunta del testo ad un apostolo specifico33. E, in terzo luogo, nell'accettazione e nell'impiego ininterrotti nella Chiesa in generale: i libri che per lungo tempo avevano goduto dell'accettazione da parte di molte chiese si trovavano quindi in una posizione più salda rispetto ad altri libri accettati solo da poche chiese e di recente34

Nonostante la presenza del Canone Muratoriano in questo periodo storico, la chiusura del canone neotestamentario avrebbe richiesto ancora un paio di secoli, vedendo il raggiungimento di una certa stabilità e uniformità solo alla fine del IV secolo, tanto in Oriente35 quanto in Occidente36. Ma per raggiungere la definizione del canone  così come lo conosciamo, gli avvenimenti del II secolo sono stati di certo fondamentali. Lo gnosticismo e il marcionismo dunque, due delle più grandi sfide per il cristianesimo primitivo, sono stati anche i fattori catalizzanti di un percorso volto alla ricerca di una sempre maggiore stabilità di fede, e della definizione di quella che in seguito diverrà, anche grazie ai quattro concili ecumenici dell'antichità, l'ufficiale ortodossia cristiana.

3. LE SFIDE DELL'APOLOGETICA











Il cristianesimo dei II secolo però non dovette superare soltanto delle sfide al suo interno, per preservare integralmente la fede ricevuta dai padri apostolici e dagli apostoli stessi, ma anche all'esterno, da parte del popolo e della relativa opinione pubblica (pagana) che nel frattempo si era formata a riguardo. Trovo che sia molto interessante a questo riguardo il documento conosciuto come "A Diogneto", scritto molto probabilmente ad Alessandria d'Egitto nella seconda metà di questo stesso secolo37. Possiamo leggere di seguito l'inizio di questo importante scritto:

"I:I Ti vedo, eccellente Diogneto, animato da una viva sollecitudine d'istruirti circa la religione dei cristiani, e intento ad informarti a loro riguardo con domande assai lucide e accurate. Ti chiedi in quale Dio confidino e quale culto gli rendano, per portarli tutti indistintamente a disdegnare il mondo, a disprezzare la morte e a non far conto, da una parte, degli dèi riconosciuti dai greci, né dall'altra, osservare la superstizione dei giudei. Ancora, ti chiedi di qual genere sia l'amore che hanno gli uni per gli altri, e perché mai questa nuova stirpe o pratica di vita abbia preso a esistere ora e non prima. 
I:II Approvo questo tuo zelo, e supplico Dio, che ci dona sia il parlare sia l'udire, di concedere a me di esprimermi nella maniera più adatta perché chi ascolta diventi migliore e a te di ascoltare in maniera tale che chi ha parlato non debba rattristarsi.
II:I Su dunque, purificati da tutti i pregiudizi che t'imprigionano lo spirito, spogliati dell'abitudine acquisita che trae in inganno, diventa un uomo nuovo, quasi appena nato, così come nuovo (tu stesso l'hai riconosciuto) è il linguaggio che ti appresti ad ascoltare, e osserva - non solo con gli occhi ma anche con l'intelligenza - quale sia la sostanza o quale la forma di quelli che continuate a chiamare e ritenere déi38."

In questi primi paragrafi possiamo renderci conto facilmente dell'esistenza in questo contesto storico di pregiudizi sulle comunità cristiane, pregiudizi che riguardavano il disprezzo del mondo, della morte e degli dèi più conosciuti. Ma anche, d'altra parte, del genere di amore che i credenti dimostravano e professavano gli uni con gli altri. In effetti, queste erano solo alcune delle accuse che il popolo di allora muoveva contro i cristiani, promuovendo in alcuni casi fenomeni di vera e propria persecuzione. Approfondendo meglio queste dicerie attraverso le varie fonti disponibili, possiamo sistematizzarle nel seguente modo:
a. Cannibalismo. Un accusa derivante probabilmente da notizie mal filtrate sulla Cena del Signore.
b. Incesto. Una maldicenza originata dalla consuetudine dei credenti di chiamarsi "fratelli", e di salutarsi con un bacio.
c. Odio verso il genere umano. Pensiero sorto a causa dello scoraggiamento cristiano promosso verso i matrimoni con non credenti e dall'astensione dalla partecipazione alle occasioni mondane (teatri, circhi, palestre, terme..)
d. Costituire una novità. Per gli antichi, in materia di religione, tutto ciò che era antico era di fatto vero, e tutto ciò che appariva recente era da condannare. Il cristianesimo fu accusato di costituire una novità fin quasi al VI secolo.
e. Adorazione di un dio dalla testa asinina. Questa accusa deriva dal repertorio antigiudaico.
f. Appartenere a una religione di servi e ignoranti. Probabilmente il carattere letterialmente poco elegante del Nuovo Testamento ha contribuito alla formulazione di questa accusa, cresciuta a causa dell'ampia diffusione che il cristianesimo ebbe nelle classi più umili.
g. Ateismo. L'ateismo dei cristiani è da riferirsi al loro rifiuto di ogni forma di culto verso gli dèi tradizionali, protettori tanto del focolare domestico quanto dell'intero impero.
h. Essere causa di calamità e sciagure. Un'accusa facilmente rivolta a una minoranza avvertita come un corpo estraneo alla società.
i. Praticare la magia. Il cristianesimo dei primi secoli si diffuse specialmente negli strati più bassi della società in virtù di guarigioni, esorcismi e prodigi. Da qui l'accusa di magia, grave tanto per il popolo timoroso quanto per la legislazione romana39
A causa di questa negativa opinione pubblica, il II secolo vide la nascita di numerose apologie del cristianesimo, scritte con lo scopo di difendere la fede cristiana dimostrando la falsità delle credenze del politeismo pagano, e formulando un'elaborazione sistematica delle dottrine bibliche per venire incontro alle esigenze del lettore pagano di cultura media40. Gli apologeti dovettero affrontare due problemi fondamentali: il rapporto con lo Stato, e il giudizio sulla civiltà classica41. Per quanto riguarda il primo problema, possiamo riscontrare un atteggiamento unanime nell'assicurazione che il cristiano non costituisce un pericolo per la società, anzi è un cittadino leale, attento a raccomandare al suo Dio con frequanti preghiere la salute dell'imperatore - in quanto autorità voluta da Dio - e la prosperità dell'impero42. A riguardo del giudizio sull'antichità classica, invece, troviamo una differenziazione di argomentazioni: da una parte c'era chi, come Taziano, condannava in blocco la civiltà classica, e dall'altra chi, come Giustino, asseriva che Mosè e i profeti giudei avevano preceduto i più illustri filosofi greci, e che la parte "buona" dell'umanità fosse stata a suo tempo illuminata da un Logos, una ragione che è promanazione di Dio e che l'apologeta, da buon cristiano, riteneva poi incarnata nella persona di Gesù di Nazareth43. Il pagano Celso, rispecchiando il punto di vista dell'impero e della società dei pagani, mise in chiara luce gli aspetti contraddittori di queste proposte cristiane che cercavano di accettare gli aspetti politici, rifiutare quelli religiosi (politeisti) e selezionare quelli culturali: queste sfere erano infatti per il mondo romano un'unità inscindibile, la cui separazione avrebbe significato la disgregazione della società44. In ogni caso, sino alle persecuzioni generalizzate del III secolo, le autorità romane non vollero calcare troppo la mano contro i cristiani, lasciando loro una certa libertà di culto e una discreta pace interrotta di tanto in tanto da sporadiche e locali rappresaglie, perlopiù popolari45.

4. I PADRI DELLA CHIESA IN ORIENTE (II sec.)

Policarpo di Smirne



















Dopo aver affrontato una panoramica storica del II secolo, ed aver compreso le sfide dell'apologetica, possiamo ora avvicinarci ad alcuni dei principali protagonisti cristiani di questo secolo. Qualcuno lo abbiamo già incontrato nei capitoli precedenti, altri invece no. Tra di loro, troviamo i padri apostolici, ma anche gli apologeti, che come abbiamo visto difesero la fede con i loro scritti. Altri ancora, infine, pur non rientrando in nessuna di queste due categorie, si distinsero per la loro vita al servizio del Signore, lasciando un segno nella storia della Chiesa.

Policarpo di Smirne nacque intorno al 69 d.C. da genitori cristiani. Secondo una tradizione della chiesa di Smirne, egli fu ordinato come vescovo direttamente dall'apostolo Giovanni intorno all'anno 10046. Nel 107 ricevette una lettera da Ignazio, vescovo di Antiochia, mentre quest'ultimo andava verso il martirio. Ebbe come discepolo Ireneo (successivamente vescovo di Lione), che a suo proposito scrisse:

Egli non solo fu discepolo degli Apostoli e amico intimo di molti che avevano visto il Signore, ma fu dagli Apostoli stesso costituito come vescovo della chiesa di Smirne in Asia. Io lo potei conoscere nella mia fanciullezza poiché ebbe una vita longeva ed era assai vecchio quando morì con glorioso ed illustre martirio. Ora egli insegnò sempre ciò che aveva appreso dagli Apostoli e questa è ancora la dottrina trasmessa dalla Chiesa, ed è l'unica vera47


Policarpo scrisse una Lettera ai Filippesi, che conosciamo integralmente48. Verso la fine del 154 si recò a Roma per discutere con il vescovo Aniceto della data in cui celebrare la Pasqua, difendendo la tradizione della cristianità asiatica. Morì come martire nel 155-156, e la storia del suo martirio49 fu raccolta in uno dei più antichi testi della letteratura martiriologica50.

Papia di Gerapoli nacque in Asia Minore intorno al 70 d.C. Secondo la tradizione cristiana fu discepolo di Giovanni e amico di Policarpo. Nei suoi scritti affermava di aver tratto le sue conoscenze da una frequentazione ricorrente e diretta di coloro che erano stati a contatto personale con gli apostoli di Gesù e di preferire questo canale di conoscenza immediato a quello della lettura di opere scritte51. Fu vescovo di Gerapoli e autore di cinque libri intitolati Spiegazione dei detti del Signore52. Morì intorno al 130 d.C.53

Taziano nacque tra il 120 e il 130. A Roma divenne discepolo di Giustino Martire. Nel 172 fondò una scuola ed esercitò la sua attività di insegnante in Antiochia di Siria, Cilicia e Pisidia, prendendo una svolta gnostica valentiniana54. Scrisse il Discorso ai Greci ed il Diatessaron, un'armonia dei quattro vangeli55. Il suo pensiero era caratterizzato dalla necessità per il cristianesimo di una rottura totale con la cultura e filosofia greca56.

Dionigi di Corinto fu vescovo di questa città fino al 170 circa57. Ai suoi tempi era tenuto in grande considerazione a causa delle sue lettere pastorali indirizzate a comunità disseminate su un vasto territorio che comprendeva Atene, Nicomedia, Roma, Lacedemone, Gortina di Creta ed altre ancora58. Eusebio citerà un brano della sua lettera ai Romani, in cui si comprende che a sessant'anni dalla morte di Clemente di Roma, la comunità continuava a leggerla durante il servizio divino59.

Clemente di Alessandria (Tito Flavio Clemente) nacque intorno alla metà del II secolo e morì in Asia Minore intorno al 21660. Fu allievo di Panteno, il primo rappresentante del cristianesimo ortodosso in Egitto di cui siamo a conoscenza oggi61. In questa regione, il cristianesimo ortodosso scelse di evitare ogni confronto diretto con gli esponenti gnostici, Panteno e Clemente furono quindi i primi a cercare di presentare un'ortodossia intellettualmente sostenibile62. Egli vedeva nella filosofia greca una preparazione alla conoscenza di Gesù Cristo63

L'ideale successore di Clemente ad Alessandria fu l'illustre Origene, nato intorno al 185 proprio in questa città. Tuttavia, la sua attività si svolse principalmente nel III secolo, generando un'importante eco nei secoli successivi, in un modo sicuramente da approfondire. Volendo limitare questo scritto soprattutto al II secolo ho voluto, di conseguenza, omettere la descrizione e l'esposizione delle principali opere di questo importante teologo con l'intenzione di approfondirlo con l'attenzione dovuta in un futuro lavoro dedicato per l'appunto ai secoli seguenti.
5. I PADRI DELLA CHIESA IN OCCIDENTE (II sec.)

Ireneo di Lione

















Giustino Martire nacque da genitori greci in Palestina, all'inizio del II secolo64.Si interessò inizialmente ai filosofi pagani stoici, pitagorici e platonici, ma nessuno di essi riuscì a soddisfarlo pienamente65. Un giorno, passeggiando in riva al mare, incontrò un vecchio che lo indirizzò verso le Scritture del Nuovo Testamento e verso Cristo66. Giustino allora diventò cristiano, vedendo che "soltanto questa filosofia è sicura e valida"67. Egli non era semplicemente un cristiano che cercava di trovare il collegamento fra il cristianesimo e la filosofia greca, era piuttosto un greco che era riuscito a vedere il cristianesimo come l'adempimento di tutto ciò che era il meglio nella filosofia, specialmente nel platonismo68. Delle sue opere, soltanto tre sono arrivate ai giorni nostri: Il Dialogo con Trifone, La 1a Apologia, La 2a Apologia69. Giustino ha una particolare importanza nell'elaborare una nuova concezione di Gesù quale logos: se il giudeo Filone concepiva ancora il logos nei termini abbastanza astratti di mediatore tra Dio e il mondo, infatti, Giustino sottolinea invece che Gesù va al di là di questo, in quanto essere umano tra gli esseri umani70. Possiamo leggere di seguito le sue stesse parole:

"Presso Dio, veneriamo e amiamo il logos che proviene dal Dio non generato e ineffabile, perché si è fatto uomo per il nostro bene e, prendendo parte alle nostre sofferenze, ci può portare alla guarigione"71.

Giustino trascorse i suoi ultimi anni a Roma, dove insegnava. Tra il 160 e il 170 fu arrestato insieme ad altri e processato per il fatto di essere cristiano. Rifiutò di abiurare la sua fede offrendo sacrifici agli dèi e andò incontro alla morte fiducioso della sua salvezza in Cristo72.  

Ireneo di Lione, come abbiamo già visto a riguardo di Policarpo, fu discepolo di quest'ultimo. Nacque a Smirne in una famiglia cristiana, ma si trasferì in gioventù a Lione, in Gallia, dove divenne presbitero73. Successivamente, trascorse qualche tempo a Roma, dove probabilmente incontrò Valentino (maestro gnostico). Mentre si trovava ancora nella capitale, a Lione scoppiarono dei tumulti che portarono al martirio una quarantina di cristiani, tra cui il vescovo Potino74. Ireneo fu chiamato ad essere il nuovo vescovo di questa scossa comunità75. Rientrato a Lione, egli constatò tristemente la presenza di scuole gnostiche nella sua congregazione, guidate probabilmente da Marco il Mago, un seguace di Valentino76. In risposta a questa situazione, scrisse la sua opera più conosciuta, Contro le eresie:

"I - Alcuni, rigettando la verità, presentano discorsi bugiardi e genealogie interminabili che - come dice l'Apostolo (1 Tim 1:4) - portano piuttosto dispute che edificazione in Dio, la quale si trova nella fede, e mediante una fallace parvenza colpiscono la mente degli inesperti e li accalappiano; pervertono la parola del Signore con una errata interpretazione di quelle ammirabili espressioni e col pretesto di gnosi molti allontanano da Colui che fece e ordinò questo universo, come avessero da indicare qualcosa di più alto e di più grande di Dio, che fece il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi. Con arte e con parole persuasive inducono la gente semplice a cercare (gnostici sono quelli che sono alla ricerca di Dio, come si vedrà), ma poi li portano alla rovina rendendoli empi e blasfemi contro il loro Creatore, poiché non sanno distinguere il falso dal vero. 

II - L'errore non si svela da sé perché scoprendosi non risulti evidente, ma ornato di fallace veste, agli inesperti appare più vero della stessa verità in grazia della forma esterna. A questo proposito uno più saggio di noi osservò che un'artistica falsificazione in vetro inganna facendola preferire al prezioso smeraldo, finché uno non lo provi e trovi l'artificioso inganno. Chi potrà riconoscere il rame misto all'argento se non è esperto? Ora, bisogna fare di tutto per non essere responsabili del fatto che alcuni vengano rapiti come agnelli da lupi vestiti da pecore. Infatti, gli eretici parlano come noi, ma pensano diversamente77."       

Ireneo descrisse una Chiesa inserita in una salda tradizione di fede molto ben definita e sufficientemente stabile da resistere a chi l'attaccava dall'interno, in particolare gli eretici gnostici78. Egli morì all'inizio del III secolo, lasciando provvidenzialmente come eredità teologica un patrimonio che in mano ai suoi successori garantì al cristianesimo ortodosso il trionfo sullo gnosticismo79

Tertulliano (Quinto Settimio Florenzio Tertulliano) nacque a Cartagine (l'odierna Tunisi) intorno al 160 da una famiglia romana pagana; qui ricevette un'educazione letteraria e giuridica che lo portò successivamente ad esercitare la professione forense a Roma80. In un momento imprecisato della sua vita si convertì al cristianesimo, e nel periodo che va dal 197 al 220 compose numerose opere di intento apologetico, polemico, dottrinale e disciplinare81. Egli fu il primo cristiano di un certo rilievo a scrivere in latino, secondo uno stile sempre volto alla difesa della propria posizione, e all'attacco di tutti i rivali82. Scrisse contro Marcione, criticò aspramente la filosofia greca, riprese i monarchianisti e coniò per primo il termine "Trinità"83. Aderì attorno al 213 al movimento montanista, divenendo sempre più critico verso le realtà che mal vedevano questa corrente84. Ad oggi non si conosce la data ed il luogo della sua morte85.

6. LE ORIGINI DELL'ICONOGRAFIA CRISTIANA

Foto delle catacombe di San Callisto, a Roma.














L'analisi delle prime tracce dell'iconografia cristiana porta indubbiamente a comprendere meglio il contesto storico e religioso di queste comunità. Per questo motivo ho scelto di includere nel presente scritto anche alcuni cenni su questo argomento, al fine di presentare una panoramica che consenta di spaziare al meglio lo sguardo, beneficiando di una realistica visione d'insieme.

Le prime figure assegnabili con certezza al cristianesimo sono descritte nel famoso decalogo redatto intorno al 190 d.C. da Clemente di Alessandria nel suo Pedagogo: "Quanto alle figure sul nostro sigillo, siano una colomba o un pesce o una nave spinta dal vento o una lira musicale, come quella che aveva Policrate, oppure un'ancora di nave come portava incisa Seleuco, o infine, se un pescatore, si ricorderà dell'apostolo e dei fanciulli salvati dalle acque"86. Questo passo è particolarmente significativo: nell'elenco delle "figure sul nostro sigillo" infatti, troviamo soltanto simboli che godevano di ampio corso anche presso la società non cristiana87. Almeno agli inizi, dunque, i cristiani non idearono immagini proprie, ma raccolsero alcuni simboli per caricarli di nuovi significati grazie ai quali poterli utilizzare senza ambiguità88

Lo studio degli esordi dell'iconografia cristiana è caratterizzato dall'acceso dibattito sulla legittimità di questa abitudine delle Chiese antiche, teorizzando una sorta di conflitto tra le gerarchie ecclesiastiche, ostili all'introduzione delle immagini, e il "popolo", meno rigoroso nella propria disciplina religiosa, che si lasciò andare moltiplicando le immagini di culto e non89. In ogni caso, sia che questo conflitto possa essere realmente avvenuto o meno, la chiave di lettura ottimale con cui avvicinarsi all'argomento, resta quella del nesso tra Parola e immagine, mantenendo il culto cristiano antico come contesto entro cui questo legame fu generato e si espresse: infatti è dentro il meccanismo di questa correlazione che l'iconografia cristiana poté venire alla luce90

Nonostante il riconoscimento generale dell'inizio dell'iconografia cristiana propriamente detta soltanto nel III secolo, come abbiamo visto nella citazione di Clemente, già nel secolo precedente (il II°) i cristiani avevano di fatto iniziato a dare precisi significati ad alcuni simboli, e, da diverso tempo, produrre anche alcuni oggetti iconici, secondo quanto afferma Tertulliano (La pudicizia 7,1) parlando di "pitture sui vostri calici"91

Un'ulteriore importante testimonianza a questo riguardo possiamo trovarla nel Discorso vero di Celso, in cui l'autore descrive una serie di personaggi per lui preferibili a Gesù, tra cui alcuni campioni della cultura pagana, ma anche due personaggi biblici: "Quanto più adeguato [...] per voi sarebbe stato Giona sotto la zucca o Daniele che è fuggito dalle belve [...] o altri ancora più meravigliosi di questi (Discorso vero 7,53)92. Lo scopo di Celso, non era quello di diffamare o squalificare i cristiani, ma piuttosto di convincerli dell'insipienza della loro fede, e per questo egli attacca il cuore stesso del cristianesimo, ossia il significato della morte di Cristo, sottolineando la miseria della morte per crocifissione; è in questo contesto che troviamo le due allusioni a Giona e a Daniele93. Sebbene istintivamente si possa supporre che Celso conoscesse semplicemente i rispettivi libri biblici di questi due profeti, non si spiega il contesto in cui egli li cita e la correlazione con la teoria di decessi e sofferenze eroiche da lui menzionate; per questo motivo lo studioso Gary T. Burke ha teorizzato una più completa soluzione: "Varie spiegazioni sono state proposte per indicare da dove Celso apprese di questi due personaggi - Giona e Daniele -, partendo dai rispettivi libri dell'Antico Testamento sino a Giustino e all'arte Cristiana. L'ultima tra queste è probabilmente l'ipotesi più efficace, dal momento che queste scene erano due tra circa una dozzina abitualmente dipinte presso le tombe paleocristiane"94. Celso in effetti può essere venuto a conoscenza di queste immagini e, senza capire il meccanismo ermeneutico che organizza questi abbinamenti, averne colto viceversa un significato mitico prontamente contrapposto alla miserevole passione della croce95

Accettando la datazione di questo scritto, quindi, e le precedenti testimonianze, si dovrà concludere che i cristiani ricorrevano ad un linguaggio figurato già nell'ultimo quarto del II secolo, con immagini che sono state ripetute varie volte in documenti iconografici più tardivi, realizzati dal III secolo in poi, e in alcuni casi pervenuti sino ai giorni nostri96. In questo caso specifico, alcune "tombe a mensa" (chiamate così a causa dell'eucarestia che si celebrava sui loro coperchi) erano decorate nella volta di sottarco e nella lunetta con tre figure rappresentanti il Buon Pastore, Daniele nella fossa dei leoni (simboleggiante la passione di Cristo), e il riposo di Giona (simboleggiante la glorificazione); volendo prefigurare così il martirio e la coeredità della comunità ecclesiale97. Una simbologia di difficile comprensione per Celso, e una prova dell'antichità artistica cristiana e della ricchezza della sua sfaccettata tradizione religiosa.

7. CONCLUSIONI

Questa panoramica storica relativa al cristianesimo del secondo secolo ha potuto individuare le principali tensioni che la Chiesa ha vissuto in questo periodo storico, sia all'interno che all'esterno di essa. Il montanismo, lo gnosticismo e il marcionismo da una parte, e l'avversione dell'opinione pubblica pagana dall'altra, hanno portato ad un irrigidimento nelle gerarchie ecclesiastiche, promuovendo inoltre l'accelerazione della definizione del canone neotestamentario (stabilizzato nel IV secolo ma iniziato a raccogliere proprio in questo tempo). Il cristianesimo carismatico del I secolo ha dovuto lasciare il posto ad un cristianesimo più ragionato, che dovette dare motivo della propria fede ad una società dalle antiche e onorate radici. Probabilmente l'opera di Ireneo "Contro le eresie" ben rappresenta la necessità della ricerca di un'ortodossia universalmente riconosciuta, con sufficiente autorità per contrastare ogni deviazione dottrinale e diffidenza sociale. Se nel I secolo l'aspettativa dell'imminente ritorno di Cristo muoveva con grande energia i missionari e le comunità cristiane sparse nell'impero romano, la constatazione di un "ritardo nella sua venuta" ha comportato un adattamento alle situazioni contingenti, e una indispensabile codifica della liturgia e del "deposito della fede" trasmesso ai santi una volta e per sempre.


Note:

[1] Marìa Laboa Juan, Atlante dei concili e dei sinodi nella storia della chiesa, Ed. Città nuova - Jaca Book, p. 17.
[2] http://www.bibbiaedu.it/introduzione/v3_s2ew_consultazione.mostra_paginat?id_pagina=22343&target=0
[3] Monasterio Rafael Aguirre, Carmona Antonio Rodriguez, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Ed. Paideia, cit. p. 40. 
[4] Id. Ibid., cit. p. 19.
[5] Tuni Josep-Oriol, Alegre Xani, Scritti giovannei e lettere cattoliche, Ed. Paideia, cit. p. 223.  
[6] Rinaldi Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 307. 
[7] M. L. Juan, Atlante dei concili e dei sinodi nella storia della chiesa, Ed. Città nuova - Jaca Book, p. 17.
[8] Tuni J-O., Alegre X., Scritti giovannei e lettere cattoliche, Ed. Paideia, cit. p. 294.  
[9] Freeman Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. p.148.
[10] R. Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 340.
[11] Id. Ibid. cit. p. 341. 
[12] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. p.149.
[13] http://it.cathopedia.org/wiki/Sant'Ignazio_di_Antiochia 
[14] Didaché, Lettere di Ignazio di Antiochia, A Diogneto, (7a edizione, 2013) Ed. Paoline, cit. p. 33.
[15] R. Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 341.
[16] Didaché, Lettere di Ignazio di Antiochia, A Diogneto, (7a edizione, 2013) Ed. Paoline, cit. p. 35.  
[17] R. Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 342. 
[18] Id. Ibid.  
[19] Id. Ibid
[20] Id. Ibid., cit. p. 350. 
[21] Metzger Bruce M., Il canone del Nuovo Testamento, Ed. Paideia, p. 74. 
[22] Id. Ibid
[23] Id. Ibid.
[24] Id. Ibid. cit. p. 75
[25] Id. Ibid. cit. p. 76.
[26] Id. Ibid. cfr. pp. 77-81.
[27] Id. Ibid. cit. p. 87.
[28] Id. Ibid. cit. p. 93.
[29] Id. Ibid 
[30] Id. Ibid. cit. p. 169.
[31] Id. Ibid. cit. pp. 169-175.
[32] Id. Ibid. cit. p. 219.
[33] Id. Ibid. cit. p. 220.
[34] Id. Ibid. cit. p. 221.
[35] Id. Ibid. cfr. p. 186.
[36] Id. Ibid. cfr. p. 207.
[37] Didaché, Lettere di Ignazio di Antiochia, A Diogneto, (7a edizione, 2013) Ed. Paoline, cit. pp. 109-110.  
[38] Id. Ibid., cit. pp. 113-115. 
[39] R. Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. pp. 429, 430.
[40] Id. Ibid., cit. p. 436.
[41] Id. Ibid., cit. p. 437.
[42] Id. Ibid.
[43] Id. Ibid., cit. p. 438.
[44] Id. Ibid.
[45] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. p.162. 
[46] http://oodegr.co/italiano/tradizione_index/vitesanti/spolicarposmirne.htm 
[47] Contro le eresie III 3,4
[48] http://www.monasterovirtuale.it/la-patristica/s.-policarpo-lettera-ai-filippesi.html

[49] http://oodegr.co/italiano/tradizione_index/vitesanti/spolicarposmirne.htm 
[50] R. Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 450.  
[51] Id., Ibid, cit. p. 449. 
[52] Id. Ibid.  
[53] http://it.cathopedia.org/wiki/San_Papia_di_Gerapoli 
[54] http://www.treccani.it/enciclopedia/taziano_%28Enciclopedia-Italiana%29/
[55] Id., Ibid
[56] Id., Ibid
[57] Metzger Bruce M., Il canone del Nuovo Testamento, Ed. Paideia, p. 114.
[58] Id., Ibid.
[59] Id., Ibid  
[60] L. Tony, Compendio del pensiero cristiano nei secoli, Ed. Voce della Bibbia, cit. pp.30-32.
[61] Id., Ibid.
[62] Id., Ibid.
[63] Id., Ibid
[64] Id., Ibid., cit. p. 21.
[65] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. p.175.
[66] L. Tony, Compendio del pensiero cristiano nei secoli, Ed. Voce della Bibbia, cit. p. 21.
[67] Id. Ibid
[68] Id. Ibid
[69] Id. Ibid., cit. p. 22. 
[70] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. p.176.
[71] Id. Ibid. 
[72] L. Tony, Compendio del pensiero cristiano nei secoli, Ed. Voce della Bibbia, cit. p. 22. 
[73] Id. Ibid., cit. p. 23.  
[74] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. pp. 200-201.
[75] Id. Ibid.
[76] Id. Ibid.
[77] Ireneo di Lione, Contro le eresie, vol. I,  Terza edizione, Traduzione di P. Vittorino Dellagiacoma, Ed. Cantagalli, cit. pp. 23-24.
[78] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. p. 201. 
[79] L. Tony, Compendio del pensiero cristiano nei secoli, Ed. Voce della Bibbia, cit. p. 26.  
[80] Id. Ibid., cit. p. 26
[81] R. Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 533. 
[82] L. Tony, Compendio del pensiero cristiano nei secoli, Ed. Voce della Bibbia, cit. p. 26.  
[83] Id. Ibid.
[84] R. Giancarlo, Cristianesimi nell'antichità, Ed. GBU, cit. p. 533. 
[85] http://www.treccani.it/enciclopedia/quinto-settimio-florente-tertulliano/ 
[86] Pelizzari Gabriele, Vedere la parola celebrare l'attesa (2013), Ed. San Paolo, cit. p. 21.
[87] Id. Ibid.
[88] Id. Ibid.
[89] Id. Ibid. cit. p. 22. 
[90] Id. Ibid. cit. p. 25.
[91] Id. Ibid. cit. p. 34.  
[92] Id. Ibid. 
[93] Id. Ibid. cit. p. 36.   
[94] Id. Ibid. cit. p. 37.    
[95] Id. Ibid. 
[96] Id. Ibid. cit. p. 38.
[97] Id. Ibid. cit. p. 39.

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...