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martedì 6 gennaio 2015

Il bacio di Giuda



1.L'ARRESTO DI GESU'

In quell'istante, mentre Gesù parlava ancora, arrivò Giuda, uno dei dodici, e 
insieme a lui una folla con spade e bastoni, inviata da parte dei capi dei sacerdoti, degli scribi e degli anziani. Colui che lo tradiva aveva dato loro un segnale, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; pigliatelo e portatelo via sicuramente». Appena giunse, subito si accostò a lui e disse: «Rabbì!» e lo baciò. Allora quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Ma uno di quelli che erano lì presenti, tratta la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio. Gesù, rivolto a loro, disse: «Siete usciti con spade e bastoni come per prendere un brigante. Ogni giorno ero in mezzo a voi insegnando nel tempio e voi non mi avete preso; ma questo è avvenuto affinché le Scritture fossero adempiute». Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono. Un giovane lo seguiva, coperto soltanto con un lenzuolo; e lo afferrarono; ma egli, lasciando andare il lenzuolo, se ne fuggì nudo.
Marco 14:43-52 

La maggior parte degli studiosi e dei teologi (tra cui Joachim Jeremias), riconosce in questo brano l'inizio di un testo preesistente al vangelo di Marco, un racconto breve particolarmente antico. La pericope della passione di Gesù rappresenta infatti la porzione più arcaica dei vangeli, l'elemento attraverso il quale comprendere gli stessi insegnamenti e le stesse parole del Signore, tramandate grazie ai suoi discepoli. Il brano inizia descrivendo Giuda come "uno dei dodici", specificando un dato che per ogni lettore del vangelo così come lo conosciamo è assodato fin dall'inizio. Già nel secondo capitolo infatti - che come abbiamo visto è di probabile composizione successiva - leggiamo l'elenco dei dodici apostoli con alcune specifiche particolari:

Costituì dunque i dodici, cioè: Simone, al quale mise nome Pietro; Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali pose nome Boanerges, che vuol dire figli del tuono; Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariot, quello che poi lo tradì.
Marco 3:16-19 

Giuda Iscariota viene presentato per ultimo, specificando immediatamente che proprio lui sarà il traditore del Signore. Gli altri vangeli aggiungono informazioni sul suo tradimento, riportando che Satana entrò in lui (Lc 22:3; Gv 13:27) prima della Pasqua. Tornando al brano iniziale, possiamo leggere la corretta chiave di interpretazione di questo avvenimento per bocca di Gesù: tutto questo è avvenuto affinché le Scritture fossero adempiute. L'indicazione qui è abbastanza vaga, ma nella seconda metà del presente studio si approfondiranno proprio le profezie bibliche che la Scrittura stessa identifica altrove come correlate al tradimento e all'arresto del Signore. 

Già nei vangeli comunque troviamo molti avvisi sulla morte e la risurrezione di Cristo tramite le sue stesse parole, in più di un'occasione. Le narrazioni infatti, dopo la prima metà è come se fossero scandite da questi avvisi del Signore che si avvicinano man mano all'inevitabile epilogo. La tradizione di Giovanni forse è quella che elabora maggiormente l'avviso della passione, presentando nel quarto "io sono" un avvertimento ben sistematizzato, dal valore quasi catechetico:

Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest'ordine ho ricevuto dal Padre mio».
Giovanni 10:14-18

Il sacrificio di Cristo assume in questo vangelo un valore di protezione e salvezza "pastorale" già da prima del suo racconto, specificando la natura volontaria del sacrificio. Non solo Gesù conosceva fin dall'inizio la necessità di un traditore, ma ha anche fatto in modo che esso compisse presto questa sua opera, arrivando addirittura a dirgli esplicitamente - dopo che Satana entrò in Giuda - "quel che fai, fallo presto" (Gv 13:27). La conoscenza del tradimento, non ha di certo attutito la sofferenza emotiva di Gesù, che mostra qui di desiderare che tutto il dolore potesse passare il più velocemente possibile. La volontà di Dio per Gesù, per Satana e per Giuda si sono incrociate proprio in questo momento di grande tensione e di grande importanza per il destino dell'umanità. Come abbiamo letto in Marco, tutto questo è avvenuto affinché le Scritture fossero adempiute; e, come leggiamo in questo contesto, per ordine di Dio Padre. Queste due espressioni in realtà coincidono, in quanto le profezie dell'Antico Testamento possono essere considerate proprio come espressione diretta della volontà di Dio. Tanto i canti del servo del Signore in Isaia, quanto i Salmi messianici, descrivono nell'ottica cristiana l'incarnazione, la sofferenza, la morte e la resurrezione di Cristo; proprio come volontà specifica di YHWH. Il Figlio di Dio si è incarnato con una missione, ricevuta dal Padre. A questa missione è stato ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce, ricevendo successivamente un sovrano innalzamento e un nome al di sopra di ogni altro nome (Fil 2:8,9). In questa missione ed in questa ubbidienza è l'amore del Padre. Niente è a caso, in quanto il SIGNORE ha fatto ogni cosa per uno scopo; anche l'empio, per il giorno della sventura (Prov. 16:4), e lo scopo di Giuda era esattamente quello che è andato a raggiungere.

2.IL DISCORSO DI PIETRO


La tradizione di Luca ha il vantaggio di continuare a raccontare gli eventi accaduti dopo la resurrezione del Signore, e lo fa nel suo secondo libro, che tutti noi conosciamo con il nome di Atti degli Apostoli. Subito dopo l'ascensione di Gesù al cielo, i dodici dovettero affrontare la questione del vuoto lasciato da Giuda a causa del suo tradimento e della sua morte. 

In quei giorni, Pietro, alzatosi in mezzo ai fratelli (il numero delle persone riunite era di circa centoventi), disse: «Fratelli, era necessario che si adempisse la profezia della Scrittura pronunciata dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù. Perché egli era uno di noi e aveva ricevuto la sua parte di questo ministero. Egli dunque acquistò un campo con il salario della sua iniquità; poi, essendosi precipitato, gli si squarciò il ventre, e tutte le sue interiora si sparsero. Questo è divenuto così noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel campo è stato chiamato nella loro lingua "Acheldama", cioè "campo di sangue". Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
"La sua dimora diventi deserta
e più nessuno abiti in essa"; e:
"Il suo incarico lo prenda un altro".
Atti 1:15-20

Laddove nei vangeli era riportato un adempimento generico delle Scritture, qui si specificano almeno due profezie veterotestamentarie, individuate nel libro dei Salmi, in particolare nel Salmo 69 e nel Salmo 109. Questa è la prima citazione:

Riversa su di loro il tuo furore,
li raggiunga l'ardore della tua ira.
Sia desolata la loro dimora, nessuno abiti le loro tende,
poiché perseguitano colui che hai percosso,
e godono a raccontarsi i dolori di chi hai ferito.
Salmo 69:24-26

Il Salmo 69 viene attribuito al re Davide, e oltre a questi versetti, presenta altri punti di contatto con il tradimento e la sofferenza di Cristo. Leggiamo infatti al v.6 la supplica: "Non siano confusi, per causa mia, quelli che sperano in te, o Dio, SIGNORE degli eserciti!". Una richiesta e un sentimento che si inserisce proprio nel momento dell'arresto di Gesù. Un momento che i vangeli preannunciano, prevedendo che le pecore del gregge saranno disperse (Mt 26:31). Come abbiamo letto nel brano iniziale di questo studio, tutti i discepoli se ne fuggirono; le pecore si sono tutte disperse, ma la preghiera di Gesù deve essere stata proprio quella di preservarle, chiedendo al Padre di accorciare e limitare questa confusione e di togliere la vergogna di tutti coloro che Lo stavano cercando sinceramente. Il Salmo continua con sentimenti ben precisi e sovrapponibili a questa situazione, descrivendo la forza necessaria per sopportare gli insulti per l'amore di Dio, insulti ricevuti proprio a causa dello zelo per la casa di YHWH (Sal 69:9) in un versetto già identificato dal vangelo di Giovanni in 2:17. La profezia più specifica del Salmo però, è sicuramente quella del v.21 relativa al fiele e all'aceto, adempiuta sulla croce da Gesù nei racconti di Mt 27:48, Mc 15:36, Lc 23:36 e Gv 19:29. La citazione precisa del v.25 riportato negli Atti tuttavia riguarda proprio il tradimento di Giuda e la maledizione della sua casa. Sempre su quest'ultimo argomento è anche il secondo riferimento utilizzato, presente nel Salmo 109:
In cambio della mia amicizia,
mi accusano,
e io non faccio che pregare.
Essi mi hanno reso male per bene,
e odio in cambio di amore.
Suscita un empio contro di lui,
e un accusatore stia alla sua destra.
Quando sarà giudicato, esca condannato,
e la sua preghiera gli sia imputata come peccato.
Siano pochi i suoi giorni:
un altro prenda il suo posto.
Salmo 109:4-8


Il Salmo procede successivamente con la descrizione della maledizione di questo nemico, e della sua famiglia: una discendenza distrutta, che nella seconda generazione vede svanire il proprio nome. Per questo empio - Giuda Iscariota - viene invocato un accusatore alla sua destra; che nella versione originale ebraica è riportato come il śâṭân. Nel prologo del libro di Giobbe, il Satana (l'accusatore) chiede udienza a Dio suggerendo di mettere alla prova il giusto Giobbe; in questo Salmo invece accade il contrario: è l'uomo giusto che chiede a Dio di suscitare il Satana contro il suo oppositore. Addirittura la stessa preghiera di questo avversario gli deve essere imputata non come virtù ma come peccato, escludendo ogni possibilità di ravvedimento. E questo è esattamente quello che è accaduto a Giuda Iscariota. Un altro doveva prendere il suo posto, e proprio questo oracolo è stato riconosciuto da Pietro negli Atti per promuovere la scelta di un altro discepolo da accogliere come dodicesimo apostolo in sua sostituzione. Due brevi frasi sono state citate da Pietro, ma i relativi Salmi nella loro interezza mostrano con ancor maggior completezza i sentimenti, le preghiere, e il contesto che secoli dopo andrà a delinearsi in questa travagliata pagina della vita terrena del nostro Signore.

3.CONCLUSIONE

Il tradimento di Giuda è diventato così famoso da essere ormai un'espressione iconica anche al di fuori dai contesti cristiani. Il suo bacio in particolare, usato per identificare Gesù nel buio, ha rappresentato da sempre l'elemento più tragico, la manifestazione più eclatante della viltà del dodicesimo apostolo. E' impossibile per chiunque legga anche solo per la prima volta uno dei vangeli, evitare di chiedersi come Gesù lo abbia potuto includere tra i suoi discepoli più intimi sapendo quello che avrebbe fatto, sempre che davvero lo avesse saputo. Ebbene, tutti gli elementi sono concordi nel mostrare non solo la consapevolezza di Gesù, ma anche la sua sottomissione ed ubbidienza al disegno del Padre, il cui piano concepito da tempo è sempre stato fedele e stabile fino alla realizzazione di ogni sua minima parte. I Salmi 69 e 109 mostrano l'angoscia e il dolore emotivo e fisico che deve aver provato Gesù come uomo subendo questo tradimento, ma la grandezza di Dio sta nell'aver trasformato tutto questo in un peso eterno di gloria tanto per il Padre, quanto per il Figlio e per lo Spirito Santo. La fede di ogni cristiano non può che identificarsi nella fede che Gesù Cristo ha avuto nei momento più difficili della sua vita terrena, nei momenti in cui ha dovuto imparare l'ubbidienza dalla sofferenza peggiore che può esistere: il tradimento a morte da parte di un proprio caro amico. Tanto Satana quanto Giuda sono stati strumenti di Dio nella realizzazione del piano di salvezza per l'umanità, esattamente come il faraone lo è stato per la salvezza di Israele e la sua costituzione come nazione. Certo, riflettere sulla sovranità di Dio può suscitare parecchi interrogativi e perplessità: se Giuda è stato destinato al tradimento e alla morte, in che misura ha potuto godere del libero arbitrio? In che misura le sue azioni possono essere imputate a lui? Sono domande difficili, che ogni persona deve affrontare per poter crescere nella fede in modo saldo e non in modo superficiale. Le risposte della Scrittura in questo caso possono non piacere, ma restano comunque le parole più autorevoli che potremo mai leggere e ascoltare su questo tema:

Che c'è da contestare se Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza dei vasi d'ira preparati per la perdizione, e ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?
Romani 9:22-24

Questa domanda retorica dell'apostolo Paolo può avere solo una risposta: niente. Non c'è niente da contestare nell'operato di Dio, anche quando non lo comprendiamo. La certezza su cui possiamo riposare però, è che tutte le cose cooperano al bene di coloro che amano Dio e che sono chiamati secondo il suo disegno (Ro 8:28). Tanto le gioie e i successi, quanto i dolori e le sconfitte cooperano al bene dei credenti, in un modo a noi sconosciuto ma altrettanto sicuro quanto sono stabili le fondamenta della terra.  

Bibliografia:

Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Grande commentario biblico, ed. Queriniana. 
- Monasterio Rafael Aguirre, Carmona Antonio Rodriguez, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, ed. Paideia. 

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