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martedì 29 luglio 2014

L'incidente di Antiochia

L'apostolo Paolo scrisse la lettera ai Galati in un periodo circoscritto tra il 54 e il 57 d.C., successivo alla conferenza di Gerusalemme descritta in Atti 15 e comunemente datata al 49 d.C. In quel tempo ci si riferiva alla regione della Galazia sia per indicare la regione dell'Asia minore abitata dall'etnia dei Galati, sia l'intera provincia romana chiamata politicamente in quel modo. Il libro degli Atti non riporta alcuna attività particolare di Paolo nella regione settentrionale ma al contrario presenta la fondazione di diverse chiese nella regione più ampia che porta questo nome, durante il suo primo viaggio missionario. Leggiamo infatti le circostanze che portarono alla fondazione delle chiese di Antiochia di Pisidia (Atti 13:14-50), Iconio (13:51-14:7), Listra (14:8-19) e Derba (14:20, 21), tutte città appartenenti alla provincia romana della Galazia. 

Il contesto della redazione è da trovare durante il suo terzo viaggio missionario, probabilmente durante il soggiorno ad Efeso, in Macedonia oppure a Corinto. In quel tempo, alcuni missionari giudeo cristiani erano arrivati nella Galazia per predicare un vangelo diverso, legato all'osservanza della Legge di Mosè e della circoncisione, e le chiese iniziavano a convincersi della loro predicazione. Per questo motivo, Paolo scrive con urgenza alle comunità per riprenderle dall'errore in cui stavano cadendo. La lettera si apre con i saluti ma ben presto arriva ad avere un approccio molto diretto che porta ad un'iniziale resoconto dell'origine (e della validità) del ministero dell'apostolo, e degli eventi legati appunto al congresso di Gerusalemme (Atti 15, Galati 2:1:10). Successivamente, egli inizia a raccontare un episodio successivo, quando Pietro venne a trovarlo ad Antiochia: 

Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei?»
Galati 2:11-14 

Dopo l'accordo raggiunto a Gerusalemme, Pietro visitò la comunità di Antiochia integrandosi perfettamente nella chiesa, dove erano presenti cristiani di origine giudaica e gentile, in un contesto molto diverso da quello di Gerusalemme. Dopo un po' di tempo però, arrivarono anche delle persone da parte di Giacomo, ed iniziarono a giudaizzare con i loro comportamenti, convincendo anche l'apostolo Pietro e Barnaba stesso (primo collaboratore missionario di Paolo) a mangiare separatamente dai gentili e conferire alla Legge di Mosè un'autorità sbagliata alla luce del Vangelo di Cristo. Questo avvenimento era identico a quello che stava accadendo alle comunità della Galazia e per questo motivo Paolo racconta loro tale aneddoto. Lo stile della scrittura è graffiante e in certi punti persino sarcastico perché Paolo è profondamente turbato da quello che sta accadendo. Egli è convinto che i Galati siano stati ammaliati (in gr. baskainō), stregati, come a suo tempo avvenne tanto a Pietro quanto a Barnaba. Con il senno di poi, potremmo dire che gli avvenimenti ad Antiochia segnarono il periodo di maggiore crisi per la nascente Chiesa cristiana, crisi che non fu risolta immediatamente ma che andò avanti non solo per qualche anno (ripresentandosi nel vicino territorio della Galazia) ma addirittura per interi decenni [1]. Quarant'anni dopo infatti, il successivo vescovo di Antiochia scriverà alla comunità di Filadelfia le seguenti parole:  

Se qualcuno vi introduce al giudaismo, non ascoltatelo. E' meglio infatti udire il cristianesimo da un giudeo circonciso che il giudaismo da un incirconciso. Entrambi, comunque, se non parlano di Gesù Cristo, sono per me colonne sepolcrali e tombe di morti, sulle quali sono scritti semplicemente nomi di uomini.  
Lettera di Ignazio ai cristiani di Filadelfia, 6:1

Questo duro avvertimento evidenzia il fatto che anche all'alba del secondo secolo vi erano persone che introducevano i cristiani al giudaismo. Lo stesso errore dei compagni di Giacomo, lo stesso errore dei ministri itineranti che arrivarono nella Galazia e di tutte le piccole comunità di giudeo cristiani. 
Nel seguito della lettera ai Galati, l'apostolo Paolo spiega alle comunità i motivi dottrinali e spirituali per cui tali insegnamenti sono un errore. Il brano successivo a quello letto, sempre al secondo capitolo, è sicuramente molto conosciuto ed affermato, anche se spesso si omette il contesto in cui è inserito:

Quanto a me, per mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me. Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.
Galati 2:19-21 

L'apostolo afferma di essere stato crocifisso con Cristo: non è più lui che vive ma Cristo che vive in lui. Questo concetto viene quasi sempre associato al percorso di santificazione, ma il contesto mostra chiaramente come sia legato invece alla grazia di Dio, che osservando la Legge ai fini della salvezza sarebbe in questo modo annullata! Se fossimo ancora soggetti alla Legge di Mosè, Cristo sarebbe morto inutilmente! Questo non era un problema marginale, ma minava il cuore stesso del cristianesimo mettendo a repentaglio la fede e la salvezza di innumerevoli credenti (giudei e gentili) in tutto il mondo. Cedere all'errore in questo momento avrebbe significato la morte della Chiesa immediatamente dopo i primi vagiti della nascita, secondo la strategia satanica mostrata tanto ai tempi di Mosè (Esodo 1:15-16) quanto in quelli della nascita di Cristo (Matteo 2:16). Ad Antiochia però Paolo prese posizione, resistendo e condannando in faccia Pietro stesso, mostrandogli l'ipocrisia nella quale era caduto. Ed esattamente nello stesso modo egli si comporta nei confronti dei Galati, mostrando dottrinalmente e spiritualmente i termini del loro errore. Non sappiamo esattamente cosa accadde dopo lo scontro con Pietro e dopo l'arrivo della lettera ai Galati, ma gli scritti del Nuovo Testamento e la storia del cristianesimo delle origini ci testimoniano del fatto che questo errore fu più volte evitato, portando a consolidare a questo riguardo la stessa tradizione ortodossa nella quale a distanza di due millenni ancora oggi il cristianesimo rimane fedele. 

Di certo il momentaneo sviamento di Pietro e Barnaba apre a qualche interrogativo su come esso sia potuto avvenire, ma dall'altra parte testimonia anche della difficoltà che la tradizione ebraica ha avuto nel prendere piena consapevolezza del significato del Nuovo Patto. Guardando a Paolo invece, alcuni possono essere imbarazzati dal suo comportamento duro e dalle sue parole taglienti. Dobbiamo ricordare però qualcosa di molto importante:

Meglio riprensione aperta,
che amore nascosto.
Chi ama ferisce, ma rimane fedele;
chi odia dà abbondanza di baci.
Proverbi 27:5-6 

L'amore cristiano può manifestarsi anche sotto forma di riprensione, per la nostra salvezza, per quello del nostro fratello o della nostra sorella. Ci sono momenti infatti in cui la massima espressione di amore da parte di Dio o da parte dei fratelli è quella della riprensione, mirata a correggere l'interessato togliendolo con forza dall'errore in cui è caduto. A chi non interessa il bene del prossimo, va benissimo dare abbondanza di baci, mostrare un finto buonismo per aspettare infine la rovina che gli altri raggiungono con le proprie mani. Paolo però non apparteneva a questa categoria di persone, e la sua resistenza in faccia si deve leggere nel contesto dell'amore viscerale che provava per il Signore, per la comunità di Antiochia ed anche per Pietro stesso. Lo stesso amore che lo ha portato ad esprimersi duramente ai Galati, per salvarli in extremis da una situazione di grave pericolo. 

Guardate con che grossi caratteri vi ho scritto di mia propria mano! Tutti coloro che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere e ciò al solo fine di non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. Poiché neppure loro, che sono circoncisi, osservano la legge; ma vogliono che siate circoncisi per potersi vantare della vostra carne. Ma quanto a me, non sia mai che io mi vanti di altro che della croce del nostro Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso e io sono stato crocifisso per il mondo. Infatti, tanto la circoncisione che l'incirconcisione non sono nulla; quello che importa è l'essere una nuova creatura. Su quanti cammineranno secondo questa regola siano pace e misericordia, e così siano sull'Israele di Dio.
Galati 6:11-16
CONSIDERAZIONI FINALI

L'episodio dell'incidente di Antiochia e le circostanze per cui è stata scritta la lettera ai Galati mostrano chiaramente l'importanza di difendere la sana dottrina. Ciclicamente vari pericoli hanno insidiato il cristianesimo dall'interno, come del resto avevano predetto gli stessi apostoli nelle lettere neotestamentarie. Il pericolo del giudeo cristianesimo, quello dello gnosticismo, dell'arianesimo, della politicizzazione, della corruzione, dell'umanesimo, del relativismo....nomi diversi per pericoli diversi che possono essere tutti raccolti dal comune denominatore che è l'apostasia, l'assopimento, la deviazione spirituale. L'insegnamento biblico noto come "dottrina della Chiesa invisibile" rivela che per sua stessa natura la Chiesa visibile conterrà sempre un certo numero di membri che vi aderiscono solo esteriormente, nascondendo internamente una dissociazione che prima o poi verrà manifestata. Il servo del Signore però deve istruire con mansuetudine gli oppositori nella speranza che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità, in modo che, rientrati in se stessi, escano dal laccio del diavolo, che li aveva presi prigionieri perché facessero la sua volontà (2 Tim 2:25,26), ma anche rinfrancare le mani cadenti e le ginocchia vacillanti; facendo sentieri diritti per i passi, affinché quel che è zoppo non esca fuori di strada, ma piuttosto guarisca (Eb 12:12,13). L'apostolo Paolo a questo riguardo è un esempio di fermezza tanto nella confutazione degli oppositori quanto nella riprensione dei fratelli nell'errore, un duplice combattimento che la Chiesa sosterrà fino al ritorno del Signore. 

Note:
[1] La tradizione del giudeo cristianesimo si trascinerà in ogni caso per interi secoli, conosciuta con il nome di Ebionitismo. 

martedì 15 luglio 2014

La purificazione del Tempio: un'analisi intertestuale

Litografia che rappresenta l'episodio evangelico
La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio (= hieron) quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato». E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi consuma». I Giudei allora presero a dirgli: «Quale segno miracoloso ci mostri per fare queste cose?» Gesù rispose loro: «Distruggete questo tempio (= naos), e in tre giorni lo farò risorgere!» Allora i Giudei dissero: «Quarantasei anni è durata la costruzione di questo tempio e tu lo faresti risorgere in tre giorni?» Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e credettero alla Scrittura e alla parola che Gesù aveva detta.
Giovanni 2:13-22 

Nel vangelo secondo Giovanni, poco prima della conversazione con Nicodemo troviamo un celebre brano che racconta della purificazione del Tempio. E' una pericope che presenta dei paralleli anche nei vangeli sinottici, secondo una corrispondenza molto interessante. 
Il testo risulta essere composto da due parti (2:13-17 e 2:18-22), nelle quali si usano termini differenti per riferirsi al tempio, anche se la traduzione Nuova Riveduta livella questa differenza. Nella porzione iniziale l'autore utilizza la parola hieron per indicare il complesso edilizio totale, nella seconda parte invece troviamo l'affermazione di Gesù che però comprende il termine naos, ossia "la dimora della divinità", il "santuario". Questo vangelo posiziona l'avvenimento all'inizio dell'attività del Signore, subito dopo il miracolo di Cana, a differenza dagli altri che lo presentano solo successivamente. Conoscendo la struttura temporale del vangelo di Giovanni - costruita attorno alle principali festività ebraiche - è possibile apprezzare il fatto che la vicenda si svolge a Gerusalemme vicino alla Pasqua. Nella prima Pasqua ricorrente durante il ministero terreno di Cristo dunque abbiamo questo episodio che preannuncia la sua passione e resurrezione (in modo esplicito per il lettore, ma oscuro per i Giudei del racconto), passione e resurrezione che avverranno durante la terza ed ultima Pasqua, raccontate alla fine del vangelo. Tutti gli altri avvenimenti è come se venissero incastonati tra queste due festività. 
La seconda parte del brano invece segue uno schema molto utilizzato da Giovanni:

a) I Giudei pongono una domanda (2:18).
b) Gesù dà una risposta ambigua (2:19).
c) I suoi interlocutori non capiscono questa risposta perché la prendono alla lettera (2:20).
d) Il narratore informa i lettori sul significato esatto dell'affermazione di Gesù (2:21).1

Questo modello ricorre nel dialogo con Nicodemo che troviamo nel terzo capitolo, ma lo ritroviamo anche con la donna samaritana, Marta e Pietro. L'autore lo utilizza per sensibilizzare il lettore, insegnare a ricercare la verità spirituale più profonda rispetto alla religiosità tradizionalistica oppure all'approccio semplicistico legato ai vecchi paradigmi. Non c'è una conoscenza segreta da trovare in sé stessi come nel vangelo apocrifo di Tommaso, ma piuttosto un'insieme di testimonianze scritte affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome (Gv 20:30). Questo scopo dichiarato è presente tanto nella prosa quanto negli schemi sintattici utilizzati, che evidenziano sempre e comunque Gesù Cristo e la sua opera di salvezza per l'uomo. 

CONFRONTO CON I VANGELI SINOTTICI

Gesù entrò nel tempio, e ne scacciò tutti quelli che vendevano e compravano; rovesciò le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombi. E disse loro: «È scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera", ma voi ne fate un covo di ladri».
Matteo 21:12,13 

Vennero a Gerusalemme e Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare coloro che vendevano e compravano nel tempio; rovesciò le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi; e non permetteva a nessuno di portare oggetti attraverso il tempio. E insegnava, dicendo loro: «Non è scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti"? Ma voi ne avete fatto un covo di ladroni».
Marco 11:15-17 

Poi, entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori, dicendo loro: «Sta scritto: "La mia casa sarà una casa di preghiera", ma voi ne avete fatto un covo di ladri».
Luca 19:45,46 

Schema che mostra la relazione tra i vangeli sinottici
Risulta molto utile a questo punto confrontare il brano di Giovanni con i rispettivi testi dei tre vangeli sinottici al fine di evidenziare le somiglianze e le differenze. Se nel vangelo di Giovanni il brano nella purificazione del Tempio è inserito all'inizio come introduzione, nei vangeli sinottici lo troviamo invece verso la fine della vita di Gesù ed è causa diretta dell'arresto.2 Nel vangelo di Marco, Gesù dopo il suo arrivo a Gerusalemme visita il Tempio, ma vista la tarda ora ci torna soltanto il giorno successivo per purificarlo. Nei vangeli di Matteo e Luca invece l'evento avviene immediatamente dopo essere entrato a Gerusalemme. Confrontando le singole parole utilizzate in queste versioni, troviamo che sette parole sono in comune a tutti e quattro i vangeli, tre si aggiungono solo per vangeli di Giovanni, Matteo e Marco, e altre tre (per un totale di tredici in comune) sono condivise da Giovanni e Matteo.3
Riflettendo sulla redazione del brano di Giovanni, partendo da questa analisi possiamo trovare due possibilità: nella prima Giovanni ha utilizzato il vangelo di Matteo come fonte per la redazione del brano, e nella seconda possibilità Giovanni ha utilizzato la stessa fonte orale utilizzata dagli stessi vangeli sinottici.4 Quest'ultima teoria sembrerebbe più valida, e porterebbe a pensare che Giovanni abbia preservato la tradizione in una forma più pura di quella dei Sinottici, i quali si concentrano maggiormente su alcune linee principali. 

Il redattore di questo vangelo però oltre ad attingere ad una fonte orale preesistente ha sicuramente anche lasciato la propria impronta sui dati da lui elaborati, e questo è visibile anche nelle citazioni utilizzate.I vangeli sinottici includono nel testo due citazioni profetiche:

Isaia 56:7 io li condurrò sul mio monte santo
e li rallegrerò nella mia casa di preghiera

Geremia 7:11 È forse, agli occhi vostri, una spelonca di ladri
questa casa sulla quale è invocato il mio nome?

Il loro intento quindi è quello di supportare la necessità di una purificazione del Tempio, senza annunciare la fine dei sacrifici. In Giovanni invece troviamo una citazione completamente differente:

Salmo 69:9 Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti oltraggia sono caduti su di me.

L'autore esplicita che soltanto dopo che Cristo fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo, mostrando quindi una maggiore riflessione da parte loro, un significato più profondo di quello mostrato negli altri vangeli. Giovanni non è interessato alla funzione escatologica del Tempio (come evidenziano le citazioni sinottiche), ma si lascia guidare da un'interesse cristologico, facendo capire che il suo vangelo deve essere letto totalmente alla luce della fede pasquale.6 La persona di Gesù sta in primo piano: egli è il vero Tempio, la dimora di Dio in terra.7

 CONSIDERAZIONI FINALI

Con queste riflessioni è possibile ipotizzare quali siano state le dinamiche che portarono alle redazioni evangeliche che abbiamo letto. Probabilmente in età apostolica era presente il loghion di Gesù «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» utilizzato da tutti gli autori dei vangeli canonici anche se in contesti diversi e con piccole ma significative differenze (cfr. Gv 2:19, Mc 14:58, Mt 26:61, Mc 15:29, Mt 27:40, Atti 6:14), Giovanni lo deve aver mantenuto meglio nella sua collocazione originale arricchendolo grazie alla relazione con la morte e la risurrezione di Gesù che deve essere stata elaborata in un secondo momento dalle comunità cristiane, arrivando a redarre il testo così come lo conosciamo oggi. Questo esempio mostra chiaramente l'attualizzazione e l'adattamento che i detti di Gesù hanno passato nel corso del I secolo, allontanandosi dalle metodologie del tradizionalismo ebraico per attraversare invece l'evento trasformante della resurrezione del Signore e la dinamicità dell'ispirazione dello Spirito Santo (Gv 16:13). Tutto questo fino alla composizione degli scritti del Nuovo Testamento, affidando ad ogni generazione di credenti una fede che affonda le sue radici tanto nella storia di Gesù di Nazareth quanto nella realtà spirituale della sua resurrezione. Questa eredità è anche quella che noi, cristiani del XXI secolo, siamo chiamati a ricevere, proteggere e divulgare, fino al ritorno del Signore.

Note:

[1] Weren Wim, Finestre su Gesù, Ed. Claudiana, cit. p. 164.

[2] Id., Ibid., p. 165.
[3] Id., Ibid., p. 166.
[4] Id., Ibid., p. 167.
[5] Id., Ibid., p. 169.
[6] Id., Ibid., p. 170.
[7] Id., Ibid.
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