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martedì 15 luglio 2014

La purificazione del Tempio: un'analisi intertestuale

Litografia che rappresenta l'episodio evangelico
La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio (= hieron) quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato». E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi consuma». I Giudei allora presero a dirgli: «Quale segno miracoloso ci mostri per fare queste cose?» Gesù rispose loro: «Distruggete questo tempio (= naos), e in tre giorni lo farò risorgere!» Allora i Giudei dissero: «Quarantasei anni è durata la costruzione di questo tempio e tu lo faresti risorgere in tre giorni?» Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e credettero alla Scrittura e alla parola che Gesù aveva detta.
Giovanni 2:13-22 

Nel vangelo secondo Giovanni, poco prima della conversazione con Nicodemo troviamo un celebre brano che racconta della purificazione del Tempio. E' una pericope che presenta dei paralleli anche nei vangeli sinottici, secondo una corrispondenza molto interessante. 
Il testo risulta essere composto da due parti (2:13-17 e 2:18-22), nelle quali si usano termini differenti per riferirsi al tempio, anche se la traduzione Nuova Riveduta livella questa differenza. Nella porzione iniziale l'autore utilizza la parola hieron per indicare il complesso edilizio totale, nella seconda parte invece troviamo l'affermazione di Gesù che però comprende il termine naos, ossia "la dimora della divinità", il "santuario". Questo vangelo posiziona l'avvenimento all'inizio dell'attività del Signore, subito dopo il miracolo di Cana, a differenza dagli altri che lo presentano solo successivamente. Conoscendo la struttura temporale del vangelo di Giovanni - costruita attorno alle principali festività ebraiche - è possibile apprezzare il fatto che la vicenda si svolge a Gerusalemme vicino alla Pasqua. Nella prima Pasqua ricorrente durante il ministero terreno di Cristo dunque abbiamo questo episodio che preannuncia la sua passione e resurrezione (in modo esplicito per il lettore, ma oscuro per i Giudei del racconto), passione e resurrezione che avverranno durante la terza ed ultima Pasqua, raccontate alla fine del vangelo. Tutti gli altri avvenimenti è come se venissero incastonati tra queste due festività. 
La seconda parte del brano invece segue uno schema molto utilizzato da Giovanni:

a) I Giudei pongono una domanda (2:18).
b) Gesù dà una risposta ambigua (2:19).
c) I suoi interlocutori non capiscono questa risposta perché la prendono alla lettera (2:20).
d) Il narratore informa i lettori sul significato esatto dell'affermazione di Gesù (2:21).1

Questo modello ricorre nel dialogo con Nicodemo che troviamo nel terzo capitolo, ma lo ritroviamo anche con la donna samaritana, Marta e Pietro. L'autore lo utilizza per sensibilizzare il lettore, insegnare a ricercare la verità spirituale più profonda rispetto alla religiosità tradizionalistica oppure all'approccio semplicistico legato ai vecchi paradigmi. Non c'è una conoscenza segreta da trovare in sé stessi come nel vangelo apocrifo di Tommaso, ma piuttosto un'insieme di testimonianze scritte affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome (Gv 20:30). Questo scopo dichiarato è presente tanto nella prosa quanto negli schemi sintattici utilizzati, che evidenziano sempre e comunque Gesù Cristo e la sua opera di salvezza per l'uomo. 

CONFRONTO CON I VANGELI SINOTTICI

Gesù entrò nel tempio, e ne scacciò tutti quelli che vendevano e compravano; rovesciò le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombi. E disse loro: «È scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera", ma voi ne fate un covo di ladri».
Matteo 21:12,13 

Vennero a Gerusalemme e Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare coloro che vendevano e compravano nel tempio; rovesciò le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi; e non permetteva a nessuno di portare oggetti attraverso il tempio. E insegnava, dicendo loro: «Non è scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti"? Ma voi ne avete fatto un covo di ladroni».
Marco 11:15-17 

Poi, entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori, dicendo loro: «Sta scritto: "La mia casa sarà una casa di preghiera", ma voi ne avete fatto un covo di ladri».
Luca 19:45,46 

Schema che mostra la relazione tra i vangeli sinottici
Risulta molto utile a questo punto confrontare il brano di Giovanni con i rispettivi testi dei tre vangeli sinottici al fine di evidenziare le somiglianze e le differenze. Se nel vangelo di Giovanni il brano nella purificazione del Tempio è inserito all'inizio come introduzione, nei vangeli sinottici lo troviamo invece verso la fine della vita di Gesù ed è causa diretta dell'arresto.2 Nel vangelo di Marco, Gesù dopo il suo arrivo a Gerusalemme visita il Tempio, ma vista la tarda ora ci torna soltanto il giorno successivo per purificarlo. Nei vangeli di Matteo e Luca invece l'evento avviene immediatamente dopo essere entrato a Gerusalemme. Confrontando le singole parole utilizzate in queste versioni, troviamo che sette parole sono in comune a tutti e quattro i vangeli, tre si aggiungono solo per vangeli di Giovanni, Matteo e Marco, e altre tre (per un totale di tredici in comune) sono condivise da Giovanni e Matteo.3
Riflettendo sulla redazione del brano di Giovanni, partendo da questa analisi possiamo trovare due possibilità: nella prima Giovanni ha utilizzato il vangelo di Matteo come fonte per la redazione del brano, e nella seconda possibilità Giovanni ha utilizzato la stessa fonte orale utilizzata dagli stessi vangeli sinottici.4 Quest'ultima teoria sembrerebbe più valida, e porterebbe a pensare che Giovanni abbia preservato la tradizione in una forma più pura di quella dei Sinottici, i quali si concentrano maggiormente su alcune linee principali. 

Il redattore di questo vangelo però oltre ad attingere ad una fonte orale preesistente ha sicuramente anche lasciato la propria impronta sui dati da lui elaborati, e questo è visibile anche nelle citazioni utilizzate.I vangeli sinottici includono nel testo due citazioni profetiche:

Isaia 56:7 io li condurrò sul mio monte santo
e li rallegrerò nella mia casa di preghiera

Geremia 7:11 È forse, agli occhi vostri, una spelonca di ladri
questa casa sulla quale è invocato il mio nome?

Il loro intento quindi è quello di supportare la necessità di una purificazione del Tempio, senza annunciare la fine dei sacrifici. In Giovanni invece troviamo una citazione completamente differente:

Salmo 69:9 Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti oltraggia sono caduti su di me.

L'autore esplicita che soltanto dopo che Cristo fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo, mostrando quindi una maggiore riflessione da parte loro, un significato più profondo di quello mostrato negli altri vangeli. Giovanni non è interessato alla funzione escatologica del Tempio (come evidenziano le citazioni sinottiche), ma si lascia guidare da un'interesse cristologico, facendo capire che il suo vangelo deve essere letto totalmente alla luce della fede pasquale.6 La persona di Gesù sta in primo piano: egli è il vero Tempio, la dimora di Dio in terra.7

 CONSIDERAZIONI FINALI

Con queste riflessioni è possibile ipotizzare quali siano state le dinamiche che portarono alle redazioni evangeliche che abbiamo letto. Probabilmente in età apostolica era presente il loghion di Gesù «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» utilizzato da tutti gli autori dei vangeli canonici anche se in contesti diversi e con piccole ma significative differenze (cfr. Gv 2:19, Mc 14:58, Mt 26:61, Mc 15:29, Mt 27:40, Atti 6:14), Giovanni lo deve aver mantenuto meglio nella sua collocazione originale arricchendolo grazie alla relazione con la morte e la risurrezione di Gesù che deve essere stata elaborata in un secondo momento dalle comunità cristiane, arrivando a redarre il testo così come lo conosciamo oggi. Questo esempio mostra chiaramente l'attualizzazione e l'adattamento che i detti di Gesù hanno passato nel corso del I secolo, allontanandosi dalle metodologie del tradizionalismo ebraico per attraversare invece l'evento trasformante della resurrezione del Signore e la dinamicità dell'ispirazione dello Spirito Santo (Gv 16:13). Tutto questo fino alla composizione degli scritti del Nuovo Testamento, affidando ad ogni generazione di credenti una fede che affonda le sue radici tanto nella storia di Gesù di Nazareth quanto nella realtà spirituale della sua resurrezione. Questa eredità è anche quella che noi, cristiani del XXI secolo, siamo chiamati a ricevere, proteggere e divulgare, fino al ritorno del Signore.

Note:

[1] Weren Wim, Finestre su Gesù, Ed. Claudiana, cit. p. 164.

[2] Id., Ibid., p. 165.
[3] Id., Ibid., p. 166.
[4] Id., Ibid., p. 167.
[5] Id., Ibid., p. 169.
[6] Id., Ibid., p. 170.
[7] Id., Ibid.

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