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sabato 11 gennaio 2014

Le radici della fede cristiana


Il termine "dottrina" deriva dalla parola latina docere, che significa "insegnare". Nell'ambito cristiano identifica quindi l'intero insegnamento del cristianesimo, oppure l'insegnamento che riguarda uno o più argomenti in particolare. Il libro degli Atti degli Apostoli testimonia che la Chiesa fin dalla sua nascita osservava per l'appunto proprio "l'insegnamento degli apostoli" (At 2:42), così come era stato trasmesso direttamente da Cristo. Anche in epoca patristica, il centro del cristianesimo verteva ancora una volta su questo stesso insegnamento, cristallizzato nel Nuovo Testamento e riflettuto dai primi teologi che, a partire da Ireneo di Lione, provvidero a segnare la linea che avrebbe diviso l'ortodossia dall'eterodossia, l'insegnamento corretto da quello eretico. 

La teologia sistematica (detta anche dogmatica) si occupa a
questo riguardo di organizzare in modo ordinato l'insegnamento delle Sacre Scritture, in modo da presentare ed interpretare tutti i brani biblici che parlano di un determinato argomento per giungere ad una conclusione che faccia luce su una determinata posizione, chiarendo degli aspetti che altrimenti resterebbero oscuri. Troviamo quindi la dottrina su Dio, su Gesù Cristo, sullo Spirito Santo e la Trinità, sulla Chiesa, su Israele, sulla salvezza, sulla fine del mondo e molti altri argomenti che possano ordinare i concetti e gli insegnamenti dei testi biblici. Alcune di queste dottrine possono essere considerate fondamentali, in quanto condivise da tutte le denominazioni cristiane, mentre altre presentano differenze più o meno marcate a seconda della tradizione interpretativa della rispettiva denominazione. Ogni dottrina però affonda le proprie radici proprio dalle Scritture nella sua interezza, andando ad interrogare l'intero escursus biblico. Esistono certi brani però, che presentano in poche righe dei cenni a tutti gli aspetti dottrinali di fondamento, volendo trasmettere in breve i concetti principali della fede cristiana. Uno di questi brani, a mio avviso è quello di apertura alla Lettera dell'Apostolo Paolo ai Romani.

Paolo, servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo, messo a parte per il vangelo di Dio, che egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, dichiarato Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità mediante la risurrezione dai morti; cioè Gesù Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale abbiamo ricevuto grazia e apostolato perché si ottenga l'ubbidienza della fede fra tutti gli stranieri, per il suo nome - fra i quali siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo - a quanti sono in Roma, amati da Dio, chiamati santi, grazia a voi e pace da Dio nostro Padre, e dal Signore Gesù Cristo.Romani 1:1-7 

Paolo, presentandosi come mittente della lettera, usa subito un termine scandaloso: doulosparola greca che identifica gli schiavi dell'Impero romano, privi di ogni diritto e considerati quasi come animali. Paolo però usa questo termine dandogli un significato differente, un significato ebraico.

Ma se lo schiavo fa questa dichiarazione: "Io amo il mio padrone, mia moglie e i miei figli; io non voglio andarmene libero"; allora il suo padrone lo farà comparire davanti a Dio, lo farà accostare alla porta o allo stipite; poi il suo padrone gli forerà l'orecchio con una lesina ed egli lo servirà per sempre.
Esodo 21:5,6 

Ecco quindi che l'Apostolo si presenta sì come uno schiavo, ma come uno schiavo che volontariamente si sottomette al suo padrone. L'esperienza dell'incontro con Cristo (Atti 9), aveva palesato davanti ai suoi occhi il fatto di aver vissuto tutta la vita come un servo di Satana e la sua conversione aveva un significato bene chiaro per lui: essere stato liberato dal regno delle tenebre e trasportato nel regno del Figlio (Col 1:13). Ora era diventato un servo di Cristo Gesù. La parola doulos infatti sembra quasi avere lo scopo di introdurre il vero centro della vita, della teologia e del ministero di Paolo: la persona di Iēsous, il Christos. Rapportato a Lui, Paolo è uno schiavo, il cui unico scopo è proprio quello di indicare il Signore a tutte le genti. Lo stile di scrittura dell'Apostolo è spesso poco lineare proprio per questa tensione presente in lui, e sempre diretta verso il nome di Gesù Cristo. Ogni suo ragionamento, ogni sua tesi, ogni sua lezione o riprensione viene più volte inframezzata dal nome di Cristo, centro di tutta l'esistenza e dello scopo della sua vita. Seguendo la Lettera ai Romani, arriviamo quindi in questo modo immediatamente all'interno del cuore della teologia cristiana e della sua dottrina. 



La vita, l'identità e il ministero di Gesù di Nazareth (la sua incarnazione, morte e resurrezione) sono profetizzati nell'Antico Testamento, raccontati dai Vangeli e interpretati dal resto del Nuovo Testamento. La testimonianza della sua esistenza è confermata anche da fonti extra bibliche e le conseguenze della sua morte e resurrezione sono ben visibili ed evidenti anche oggi. La Chiesa cristiana, con tutte le sue denominazioni, è la prova più evidente della Sua esistenza. I riti e sacramenti cristiani sono basati sui suoi insegnamenti e sulla missione che ha affidato ai discepoli. Fin dal primo secolo, l'interpretazione della sua identità e divinità è stata oggetto di confusione, riflessione e confronto all'interno della cristianità. Da subito sono sorte comunità giudeo cristiane che negavano la sua divinità in accordo con il rigido monoteismo giudaico, altre che vedevano in lui un eone secondo una concezione gnostica, ed altri ancora che pensavano fosse una divinità inferiore rispetto al Dio dell'Antico Testamento. Nel 325 d.C. tuttavia, il Concilio di Nicea prese una posizione definitiva confermando l'insegnamento biblico della piena divinità di Cristo in accordo con le scritture:

Perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità 
Colossesi 2:9 

Da allora l'ortodossia cristiana vede in Cristo l'unico e vero Dio, nella persona del Figlio. 

Continuando la lettura dell'Epistola ai Romani, incontriamo ora il termine "apostolo", che designa in modo preciso l'incarico di missionario che Paolo ricopriva. Letteralmente questo termine significa "inviato", richiamando ancora una volta il pensiero a Colui che lo aveva mandato. Successivamente troviamo il motivo per cui Paolo era stato messo da parte: a causa cioè del Vangelo di Dio. La parola "vangelo" significa "buona notizia" e designa la notizia che gli emissari dei regni dell'epoca portavano nella capitale per informare della vittoria del sovrano in una determinata battaglia o guerra. Con la resurrezione di Cristo tutto si è compiuto (Gv 19:30), il Signore ha trionfato portando la salvezza non solo ai Giudei ma anche a tutte le famiglie della terra (Galati 3:8). Poco più in là nello stesso capito potremo leggere:

Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza (= dunamis) di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: «Il giusto per fede vivrà». 
Romani 1:16-17 

Il Vangelo è la 
dunamis di Dio, per la salvezza di chiunque crede. Questa parola designa una forza, una potenza miracolosa. Essa è la radice etimologica che ha portato alla formazione nella lingua italiana del termine "dinamite". Il vangelo è potenza di Dio, una potenza incontenibile e smisurata, che si manifesta pienamente nella salvezza di chiunque crede. L'esperienza che dà accesso a questa salvezza, è chiamata dall'Apostolo Giovanni "nuova nascita", un evento che accomuna tutti i figli di Dio. 

Gesù gli rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». Nicodemo gli disse: «Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?» Gesù rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito. 
Giovanni 3:3-6  

Lo Spirito Santo, Dio stesso, provvede a convincere di peccato (Gv 16:8) il cuore delle persone portando alla luce un'esperienza completamente sovrannaturale: una nuova nascita spirituale. Così come ogni essere umano nasce grazie alla propria madre, allo stesso modo i figli di Dio nascono da Lui in un determinato momento della loro vita, ricevendo in quello stesso istante il sigillo dello Spirito Santo (Ef. 1:13). Un sigillo ufficiale, che lega i cristiani direttamente a Dio attraverso un fidanzamento (2 Cor 11:2) che sarà portato a compimento in un tempo escatologico, quando la Chiesa universale sarà presentata a Cristo come moglie (Ap 21:9) santa ed irreprensibile (Ef. 5:27). 

Paolo presenta il Vangelo, potenza di Dio manifesta nella nuova nascita, come promesso nel passato attraverso i profeti nelle sante Scritture, ponendo in questo modo un'altra pietra di fondamento, un'altra possente radice, nell'insegnamento cristiano. In età apostolica, il termine "Scritture" identificava quello che conosciamo come Antico Testamento, che veniva largamente utilizzato proprio per spiegare ed interpretare i fatti della morte e resurrezione di Cristo ad ebrei e gentili contemporanei. Ricordiamo il sermone di Pietro a Pentecoste, composto per più di metà da citazioni veterotestamentarie, ma anche la stessa Lettera ai Romani, la Lettera agli Ebrei solo per fare alcuni esempi. Nel corso del I secolo queste interpretazioni apostoliche sono state consolidate nel Nuovo Testamento che vie via veniva riconosciuto di pari autorità dell'Antico. La prima testimonianza scritta che abbiamo a questo riguardo coinvolge il canone muratoriano, probabilmente la lista più antica di libri neotestamentari, il cui documento originale è datato al 170 d.C. Già dal II secolo dunque le Sacre Scritture cristiane sono aumentate, andando ad includere appunto il Nuovo Testamento. Il concetto di fondo per la formazione del canone biblico non era tanto la scelta dei libri secondo la volontà dei padri della Chiesa, ma piuttosto il riconoscimento dell'autorità intrinseca che i libri avevano in sé. Ogni cristiano nato di nuovo quindi può riconoscere la differenza tra l'autorità spirituale di un libro biblico e quella minore (o assente) di un libro apocrifo, tanto oggi quanto nel II secolo. Ritengo che a questo riguardo siano molto importanti in particolare due versetti, che testimoniano direttamente dell'infallibilità delle Scritture:


Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo.
2 Pietro 1:20, 21 

Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
2 Timoteo 3:16,17 

Ogni Scrittura dunque è ispirata da Dio, scritta da uomini che sono stati sospinti dallo Spirito Santo. Per questo motivo viene ritenuta direttamente come Parola di Dio. La Bibbia tuttavia anche se contiene delle rivelazioni non è un libro rivelato (nel senso di dettato da Dio) ma piuttosto un libro ispirato da Dio. Questa significativa differenza consente al testo sacro di abbracciare le emozioni, i sentimenti, i ricordi, le capacità linguistiche, la cultura e le idee dei rispettivi autori umani, preservati da ogni errore direttamente dallo Spirito Santo. Lo Spirito Santo, come terza Persona della Trinità, ha portato al concepimento e all'incarnazione di Cristo, alla sua resurrezione, alla formazione della Chiesa e a quella delle Scritture, permette la nuova nascita e il cammino cristiano. Provvede doni spirituali e battezza nella potenza di Dio. Lo Spirito Santo è la Persona di Dio che è attualmente presente nel mondo, essendo Cristo alla destra nel Padre nei luoghi celesti. 

Tornando al brano di apertura della Lettera ai Romani, leggiamo ancora una volta le parole dell'Apostolo Paolo che diceva di aver ottenuto grazia ed apostolato mediante Cristo, per ottenere l'ubbidienza della fede fra gli stranieri. La grazia di Dio è all'origine del piano di salvezza dell'uomo, salvezza che travalica i confini etnici ebraici per abbracciare veramente individui di ogni "popolo, tribù e nazione" (Ap 5:9). Questa può sembrare un'ovvietà per i credenti del XXI secolo, ma in epoca apostolica era invece una scandalosa novità. Basta leggere gli Atti degli Apostoli per capire la grande tensione che hanno avuto gli Apostoli per riconoscere che questa salvezza avrebbe abbracciato tutti i popoli. Leggiamo lo scetticismo di coloro che ascoltarono il racconto di Pietro sulla conversione di Cornelio, ma anche le problematiche del Concilio di Gerusalemme e le stesse parole di Paolo nelle sue Lettere. 

Per questo motivo io, Paolo, il prigioniero di Cristo Gesù per voi stranieri...Senza dubbio avete udito parlare della dispensazione della grazia di Dio affidatami per voi; come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui più sopra vi ho scritto in poche parole; leggendole, potrete capire la conoscenza che io ho del mistero di Cristo. Nelle altre epoche non fu concesso ai figli degli uomini di conoscere questo mistero, così come ora, per mezzo dello Spirito, è stato rivelato ai santi apostoli e profeti di lui; vale a dire che gli stranieri sono eredi con noi, membra con noi di un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante il vangelo.
Efesini 3:1-6 

Il fatto che i gentili fossero partecipi della salvezza di Dio era nell'antichità un mistero accennato in modo criptico dai profeti veterotestamentari. Nessuno poteva non solo saperlo ma neanche immaginarlo! Pensiamo quindi allo scandalo che questa novità portò all'interno della Chiesa di Gerusalemme. Paolo tuttavia, testimonia di aver ricevuto grazia ed apostolato proprio per questa missione, che ha portato il Vangelo fino all'estremità della terra.

La stessa introduzione della Lettera ai Romani accenna a molto di più, coinvolgendo la dottrina dell'incarnazione di Cristo, della dinastia davidica, della resurrezione e dell'amore di Dio; mostrando in poche parole la ricchezza e la sovrabbondanza dell'insegnamento cristiano. Ritengo tuttavia che le riflessioni viste assieme possano riassumere le radici fondamentali della fede cristiana importanti tanto per chi si è appena avvicinato alla fede quanto per chi sta percorrendo questo percorso da diverso tempo. L'unico modo per progredire nella maturità cristiana infatti è quello consigliato dall'Apostolo Pietro. Leggiamo insieme queste parole e facciamole nostre. Solo così avanzeremo veramente nel nostro cammino, avvicinandoci al creatore e compitore della nostra comune fede:

Voi dunque, carissimi, sapendo già queste cose, state in guardia per non essere trascinati dall'errore degli scellerati e scadere così dalla vostra fermezza; ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. A lui sia la gloria, ora e in eterno. Amen.

2 Pietro 3:17,18 

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