Io
voglio cantare per il mio amico il cantico del mio amico per la sua
vigna.
Il
mio amico aveva una vigna
sopra
una fertile collina.
La
dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti scelte,
vi
costruì in mezzo una torre,
e
vi scavò uno strettoio per pigiare l'uva.
Egli
si aspettava
(1) che facesse uva,
invece
fece uva selvatica.
Ora,
abitanti di Gerusalemme e voi, uomini di Giuda,
giudicate
fra me e la mia vigna!
Che
cosa si sarebbe potuto fare alla mia vigna
più
di quanto ho fatto per essa?
Perché,
mentre mi aspettavo
(2) che facesse uva,
ha
fatto uva selvatica?
Ebbene,
ora vi farò conoscere
ciò
che sto per fare alla mia vigna:
le
toglierò la siepe e vi pascoleranno le bestie;
abbatterò
il suo muro di cinta e sarà calpestata.
Ne
farò un deserto; non sarà più né potata né zappata,
vi
cresceranno i rovi e le spine;
darò
ordine alle nuvole
che
non vi lascino cadere pioggia.
Infatti
la vigna del SIGNORE degli eserciti è la casa d'Israele,
e
gli uomini di Giuda sono la sua piantagione prediletta;
egli
si aspettava
(3)
rettitudine
(mishpat),
ed ecco spargimento di sangue
(mispach);
giustizia
(sedaqah),
ed
ecco grida d'angoscia
(se’aqah)!
Isaia
5:1-7
Il profeta Isaia
nacque probabilmente a Gerusalemme, nel regno di Giuda ormai diviso
dalle tribù del Nord, intorno al 760 a.C.
Era un sacerdote e,
vista la sua vicinanza con il re, molto probabilmente apparteneva
all'aristocrazia Gerosolomitana. Mentre stava ufficiando un culto
nel tempio del Signore, ricevette una visione della gloria del
Signore, descritta al capitolo sei del suo libro. Questa occasione
sancì l'inizio del suo ministero profetico “nell'anno in cui morì
il re [di Giuda] Uzzia”, ossia nel 740-739 a.C.
Ministero che portò
avanti per almeno quarant'anni, attraversando la fine del regno di
Uzzia, passando per quelli di Iotam (740-736), Acaz (736-716) ed
Ezechia (716-687), mentre le superpotenze dell'Egitto e dell'Assiria
si contendevano l'influenza sui due regni della Palestina.
Dopo aver
profetizzato su Giuda e Gerusalemme, rivolgendosi ai principi del
popolo, il profeta ispirato divinamente inizia a cantare questo
cantico imitando i canti che i vignaioli cantavano nei campi mentre
lavoravano nei vari terreni del paese.
Il canto inizia in
modo molto dolce, illustrando un paesaggio comune nella nazione di
Giuda. La coltivazione della vite era molto importante nel Paese non
solo a livello economico ma anche sociale e sanitario. In questo
contesto l'acqua infatti non era abbondante e quella che c'era aveva
modo di contaminarsi facilmente. Per questo motivo il vino era la
bevanda più diffusa tra il popolo, che poteva dissetarsi senza avere
timore delle malattie.
Man mano che le
strofe avanzano, diventa sempre più pressante il verbo “attendere”,
che ripetuto per ben tre volte scandisce un aumento di tensione che
esplode nell'inatteso finale.
“La vigna del
Signore è la casa d'Israele”, questa frase avrà sicuramente
shockato tutti i presenti, che se prima approvavano le azioni del
vignaiolo, ora si trovano sotto il loro stesso giudizio.
Questo tipo di
narrazione era comune tra i profeti, ed è riscontrabile nella
Scrittura anche nella parola profetica che Natan diete a Davide dopo
il suo adulterio ed omicidio (2 Samuele 12).
E' rilevante oltre a
questo il gioco di parole presente nell'ultima strofa, che non viene
reso affatto dalla traduzione in Italiano. Il biblista Gianfranco
Ravasi ha provato a riprodurre il tipo di assonanza presente nelle
parole ebraiche, arrivando a questo risultato:
"Aspettava
la giustizia ed ecco la nequizia."
Una somiglianza
volta ad enfatizzare ancora di più il desiderio disatteso del
Signore.
Tornando a
riflettere sul canto nel suo insieme, appare evidente che il suo
significato riguardi appunto la casa di Israele, così come è
evidenziato nel brano biblico, ma si possono osservare ben tre
significati diversi di questo canto. Il primo significato
è letterale. La storia è quella dell'amore di un agricoltore per la
sua vigna, e di un ideale matrimonio tra i due. In questo rapporto il
profeta svolge il ruolo dell'“amico dello sposo”, che nella
cultura ebraica aveva il compito di preparare il contratto di
fidanzamento che precedeva di un anno il matrimonio vero a proprio.
Per quanto possa sembrare ridicolo, solo un agricoltore può sapere
la passione che egli mette nel suo lavoro e la soddisfazione che
matura nella lavorazione del suo terreno.
Passare tutta la sua vita a
coltivare la terra e a vivere dei suoi frutti crea un legame molto
forte che tocca realmente i confini dell'amore. Questo è il
significato iniziale del canto, quello che gli ascoltatori di Isaia
hanno inteso per tutta la sua durata, prima della rivelazione finale.
A questo significato
letterale però, se ne aggiunge un secondo sottinteso. Sebbene alla
parola “vigna” tutti pensino immediatamente alla pianta reale, la
Bibbia usa questo termine anche in modo allegorico.
Salomone
aveva una vigna a Baal-Amon;
egli
affidò la vigna a dei guardiani,
ognuno
dei quali portava, come frutto, mille sicli d'argento.
La
mia vigna, che è mia, la guardo da me;
tu,
Salomone, tieni per te i tuoi mille sicli,
e
ne abbiano duecento quelli che guardano il frutto della tua!
Cantico
8:11-12
Salomone aveva una
vera vigna che affidò a dei guardiani per farla fruttare. Questi
versetti del Cantico dei cantici però continuano seguendo le parole
della sua amata, che serba la vigna del suo amore per Salomone, senza
darla a nessun altro. La seconda volta, il termine vigna non si
riferisce alla pianta ma piuttosto la ragazza che era innamorata del
re e all'amore nei suoi riguardi.
Ecco quindi che in
modo velato, la vigna rappresenta anche una figura femminile, per la
quale acquista maggiore senso il ruolo del profeta come “amico
dello sposo”, nell'attesa di queste nozze. Sicuramente questo
significato sottinteso riguarda sempre il rapporto tra Israele e il
Signore, così come raccontato dal profeta Ezechiele:
Quanto
alla tua nascita, il giorno che nascesti l'ombelico non ti fu
tagliato, non fosti lavata con acqua per pulirti, non fosti sfregata
con sale, né fosti fasciata. Nessuno ebbe sguardi di pietà per te,
per farti una sola di queste cose, mosso a compassione di te; ma
fosti gettata nell'aperta campagna, il giorno che nascesti, per il
disprezzo che si aveva di te. Io ti passai accanto, vidi che ti
dibattevi nel sangue e ti dissi: 'Vivi, tu che sei nel sangue!' Ti
ripetei: 'Vivi, tu che sei nel sangue!' Io ti farò moltiplicare per
miriadi, come il germoglio dei campi. Tu ti sviluppasti, crescesti,
giungesti al colmo della bellezza, il tuo seno si formò, la tua
capigliatura crebbe abbondante, ma tu eri nuda e scoperta. Io ti
passai accanto, ti guardai, ed ecco, il tuo tempo era giunto: il
tempo degli amori; io stesi su di te il lembo della mia veste e
coprii la tua nudità; ti feci un giuramento, entrai in un patto con
te", dice il Signore, DIO, "e tu fosti mia. Ti lavai con
acqua, ti ripulii del sangue che avevi addosso e ti unsi con olio.Ti
misi delle vesti ricamate, dei calzari di pelle di delfino, ti cinsi
il capo di lino fino, ti ricoprii di seta. Ti fornii d'ornamenti, ti
misi dei braccialetti ai polsi e una collana al collo. Ti misi un
anello al naso, dei pendenti agli orecchi e una magnifica corona in
capo. Così fosti adorna d'oro e d'argento; fosti vestita di lino
fino, di seta e di ricami; tu mangiasti fior di farina, miele e olio;
diventasti bellissima e giungesti fino a regnare.
La
tua fama si sparse fra le nazioni, per la tua bellezza; essa infatti
era perfetta, perché io ti avevo rivestita della mia magnificenza",
dice il Signore, DIO. "Ma tu, inebriata della tua bellezza, ti
prostituisti sfruttando la tua fama e offrendoti a ogni passante, a
chi voleva.
Ezechiele 16:4-15
Ezechiele 16:4-15
In
tutta la Bibbia è presente il paradigma delle nozze, nel quale il
Signore si presenta come sposo e il suo popolo come sposa. E'
un'immagine rimarcata più volte nell'Antico Testamento con Israele e
ripetuto ugualmente numerose volte anche nel Nuovo Testamento, in
relazione alla Chiesa. Sicuramente questo non vuol dire che
quest'ultima ha preso il posto di Israele ma piuttosto che condivide
con la nazione santa l'elezione da parte di Dio.
Il
terzo aspetto interpretativo del canto della vigna invece, è proprio
quello rivelato alla fine del canto, che associa immediatamente la
vigna alla casa di Israele. Questa immagine è stata ripresa nel
panorama biblico anche successivamente, quando la profezia di Isaia
circa la distruzione della “vigna” trovò adempimento nella
deportazione di Israele e Giuda.
Portasti
fuori dall'Egitto una vite;
scacciasti
le nazioni per piantarla;
tu
sgombrasti il terreno
ed
essa mise radici e riempì la terra.
I
monti furono coperti della sua ombra
e
i suoi tralci furono come cedri altissimi.
Stese
i suoi rami fino al mare
e
i suoi germogli sino al fiume.
Perché
hai rotto i suoi recinti
e
tutti i passanti la spogliano?
Il
cinghiale del bosco la devasta,
le
bestie della campagna ne fanno il loro pascolo.
O
Dio degli eserciti, ritorna;
guarda
dal cielo, e vedi, e visita questa vigna;
proteggi
quel che la tua destra ha piantato,
e
il germoglio che hai fatto crescere forte per te.
Essa
è arsa dal fuoco, è recisa;
il
popolo perisce alla minaccia del tuo volto.
Sia
la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul
figlio dell'uomo che hai reso forte per te,
e
noi non ci allontaneremo da te.
Facci
rivivere, e noi invocheremo il tuo nome.
SIGNORE,
Dio degli eserciti, ristoraci,
fa'
risplendere il tuo volto e saremo salvi.
Salmi 80:8-19
Salmi 80:8-19
I versi di questo
salmo rivelano lo sgomento dei testimoni della deportazione di
Israele. Dopo tanti oracoli profetici, il Signore utilizzò una
nazione straniera per umiliare il popolo, e lo fece in modo
terribile. Il salmista probabilmente riprende il canto di Isaia
associando Israele a una vigna presa dall'Egitto, piantata e resa
forte e potente. Proprio nel momento di maggiore gloria però, i
recinti si sono rotti e la piantagione completamente recisa e
distrutta. Quello che Isaia ha profetizzato, qui viene constatato. Il
salmista termina invocando la misericordia del Signore per una
resurrezione del popolo, una resurrezione che Ezechiele vide
profeticamente nella valle delle ossa secche (Ez 37). Ossa secche,
disfatte dai cadaveri da lungo tempo, che però alla parola profetica
si riuniscono ancora con i muscoli, la carne, lo
spirito...un'immagine che rappresenta ciò che effettivamente
avverrà. La parte di Israele che risulta ad oggi disperso tornerà
nella terra promessa e si unirà a Giuda nel tempo deciso da Dio.
Israele verrà risuscitato.
Il tema della vigna
però non si conclude qui nel panorama biblico, ma sfocia nel Nuovo
Testamento, dove Gesù stesso lo riprende per denunciare gli stessi
peccati che erano presenti al tempo di Isaia, anche nella sua
generazione. Sono passati settecento anni infatti, ci si aspetterebbe
che l'esperienza della deportazione di Israele e di quella di Giuda
abbiano portato il popolo ad una maggiore attenzione al patto con il
Signore, ma nel momento in cui Cristo si è incarnato, egli è venuto
a casa sua ma i suoi non l'hanno ricevuto (Gv 1:11).
Poi cominciò a parlare loro in parabole:
«Un
uomo piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca
per pigiare l'uva e vi costruì una torre; l'affittò a dei
vignaiuoli e se ne andò in viaggio. Al
tempo della raccolta mandò a quei vignaiuoli un servo per ricevere
da loro la sua parte dei frutti della vigna. Ma essi lo presero, lo
picchiarono e lo rimandarono a mani vuote. Egli
mandò loro un altro servo; e anche questo insultarono e ferirono
alla testa. Egli
ne mandò un altro, e quelli lo uccisero; poi molti altri che
picchiarono o uccisero. Aveva
ancora un unico figlio diletto e quello glielo mandò per ultimo,
dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio". Ma quei
vignaiuoli dissero tra di loro: "Costui è l'erede; venite,
uccidiamolo e l'eredità sarà nostra". Così lo presero, lo
uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna. Che farà dunque il
padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaiuoli e darà
la vigna ad altri.
Marco 12:1-9
Questa
parabola presenta degli elementi di novità rispetto al canto di
Isaia, ma il messaggio è assolutamente identico. Qui il padrone
della vigna l'affitta a dei vignaioli. Il popolo di Israele quindi
viene dipinto come “occupante” della vigna, avido di tenere per
sé tutta la ricchezza senza dare alcun conto al vero proprietario
della vigna. I servi sono i profeti, che vengono picchiati e uccisi,
e il figlio rappresenta Cristo stesso, ucciso sulla croce.
La
parabola termina con un verso lapidario: “farà perire quei
vignaioli e darà la vigna ad altri”. Se il canto profetico di
Isaia descriveva la distruzione verificata con le deportazioni,
possiamo concludere che la morte dei vignaioli possa riferirsi alla
distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. (peraltro ulteriormente
profetizzata da Gesù, cfr. Mt 24:2), e forse all'inizio del tempo
dei gentili.
Sebbene
questa parabola sia molto famosa, essa non è l'unica in cui Gesù
usa il concetto della vigna. Qui il Signore stava parlando ai capi
dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani (Mc 11:27), ma ai suoi
discepoli riservò un'altra versione dell'insegnamento sulla vigna,
che include una rivelazione fondamentale sulla sua relazione con
questi ultimi.
«Io
sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo.
Ogni
tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che
dà frutto, lo pota affinché ne dia di più.Voi siete già puri a
causa della parola che vi ho annunciata. Dimorate
in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar
frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate
in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e
nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non
potete far nulla. Se uno non dimora in me, è gettato via come il
tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel
fuoco e si bruciano. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in
voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. In questo è
glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete
miei discepoli.
Giovanni
15:1-8
Ciò
che i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani di Giuda non
avevano capito, era che Dio stesso, il Figlio, si era incarnato per
portare la salvezza all'umanità. E' per questo motivo che nella
parabola dei vignaioli malvagi, Gesù terminava dicendo:
Non
avete neppure letto questa Scrittura:
"La
pietra che i costruttori hanno rifiutata
è
diventata pietra angolare;
ciò
è stato fatto dal Signore,
ed
è una cosa meravigliosa ai nostri occhi"?»
Marco
12:10-11
I
capi di Israele erano i costruttori, ma rifiutarono la pietra
angolare che doveva essere posta alle fondamenta della Chiesa. Ecco perché la “vigna” è stata data temporaneamente ad altri, perportare la salvezza di Dio a chi non la stava neanche cercando,all'umanità tutta.
Ai
discepoli però, a coloro che avevano accolto la pietra angolare,
Gesù rivelò l'aspetto più intimo del piano e del desiderio di Dio:
Egli stesso si era fatto “vigna”, si era fatto carne. Laddove in
Isaia la vigna era Israele stesso, il popolo di Dio, qui il Signore
rivela la sua azione salvifica nel mistero dell'incarnazione.
Giovanni
1:14
E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi,
piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua
gloria, gloria come di unigenito dal Padre.
La
vigna era stata distrutta e i vignaioli dovranno essere ammazzati,
l'unico modo per salvare quel poco che resta della vite dunque è che
Dio stesso si faccia vite. Gesù, fonte di vita, si è fatto uomo per
condividere la nostra natura e nelle nostre condizioni poterci
offrire una salvezza che potevamo afferrare. Questa azione divina
ribalta completamente la nostra versione della parabola, offrendo una
speranza che possa squarciare le tenebre dell'insuccesso umano. Gesù
è la vera vite. I suoi discepoli sono i tralci. L'unica cosa che i
tralci devono fare, è stare attaccati alla vite. Non è più
necessario sforzarsi per cercare di dare uva buona e non uva acerba,
l'unico impegno, l'unico vincolo è quello di restare attaccati alla
pianta e ricevere la linfa. Anche questo insegnamento non è privo di
esortazioni alla vigilanza, infatti chi non dimora in Cristo non dà
frutto ed è tagliato via. Ma il primo motivo per cui viene tagliato
via non è la sua assenza di frutto, quella è una conseguenza! Il
primo motivo è legato al “non dimorare” in Gesù, non essere
attaccato alla vite. Questa è la grazia di Dio! Questa è la
salvezza per grazia, e non per opere, affinché nessun uomo si glori.
A
questa salvezza possiamo aggrapparci, perché è alla nostra portata!
L'unica cosa da fare è restare attaccati alla vite, dimorare in
Cristo. Ascoltare le Sue parole, la Sua voce. Ubbidire e camminare
con lui così come un discepolo cammina con il suo maestro. Questo è
l'unico modo per portare frutto e condividerlo direttamente con il
Signore al Suo ritorno, quando la Chiesa potrà sedersi a tavola con
Lui e bere insieme del frutto della vigna (Matteo 26:29).