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domenica 25 agosto 2013

La vigna del Signore

Io voglio cantare per il mio amico il cantico del mio amico per la sua vigna.
Il mio amico aveva una vigna
sopra una fertile collina.
La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti scelte,
vi costruì in mezzo una torre,
e vi scavò uno strettoio per pigiare l'uva.
Egli si aspettava (1) che facesse uva,

invece fece uva selvatica.
Ora, abitanti di Gerusalemme e voi, uomini di Giuda,
giudicate fra me e la mia vigna!
Che cosa si sarebbe potuto fare alla mia vigna
più di quanto ho fatto per essa?
Perché, mentre mi aspettavo (2) che facesse uva,
ha fatto uva selvatica?
Ebbene, ora vi farò conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
le toglierò la siepe e vi pascoleranno le bestie;
abbatterò il suo muro di cinta e sarà calpestata.
Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata,
vi cresceranno i rovi e le spine;
darò ordine alle nuvole
che non vi lascino cadere pioggia.
Infatti la vigna del SIGNORE degli eserciti è la casa d'Israele,
e gli uomini di Giuda sono la sua piantagione prediletta;
egli si aspettava (3) rettitudine (mishpat), ed ecco spargimento di sangue (mispach);
giustizia (sedaqah), ed ecco grida d'angoscia (se’aqah)!
Isaia 5:1-7

Il profeta Isaia nacque probabilmente a Gerusalemme, nel regno di Giuda ormai diviso dalle tribù del Nord, intorno al 760 a.C.
Era un sacerdote e, vista la sua vicinanza con il re, molto probabilmente apparteneva all'aristocrazia Gerosolomitana. Mentre stava ufficiando un culto nel tempio del Signore, ricevette una visione della gloria del Signore, descritta al capitolo sei del suo libro. Questa occasione sancì l'inizio del suo ministero profetico “nell'anno in cui morì il re [di Giuda] Uzzia”, ossia nel 740-739 a.C.
Ministero che portò avanti per almeno quarant'anni, attraversando la fine del regno di Uzzia, passando per quelli di Iotam (740-736), Acaz (736-716) ed Ezechia (716-687), mentre le superpotenze dell'Egitto e dell'Assiria si contendevano l'influenza sui due regni della Palestina.

Dopo aver profetizzato su Giuda e Gerusalemme, rivolgendosi ai principi del popolo, il profeta ispirato divinamente inizia a cantare questo cantico imitando i canti che i vignaioli cantavano nei campi mentre lavoravano nei vari terreni del paese.
Il canto inizia in modo molto dolce, illustrando un paesaggio comune nella nazione di Giuda. La coltivazione della vite era molto importante nel Paese non solo a livello economico ma anche sociale e sanitario. In questo contesto l'acqua infatti non era abbondante e quella che c'era aveva modo di contaminarsi facilmente. Per questo motivo il vino era la bevanda più diffusa tra il popolo, che poteva dissetarsi senza avere timore delle malattie.
Man mano che le strofe avanzano, diventa sempre più pressante il verbo “attendere”, che ripetuto per ben tre volte scandisce un aumento di tensione che esplode nell'inatteso finale.
“La vigna del Signore è la casa d'Israele”, questa frase avrà sicuramente shockato tutti i presenti, che se prima approvavano le azioni del vignaiolo, ora si trovano sotto il loro stesso giudizio.
Questo tipo di narrazione era comune tra i profeti, ed è riscontrabile nella Scrittura anche nella parola profetica che Natan diete a Davide dopo il suo adulterio ed omicidio (2 Samuele 12).
E' rilevante oltre a questo il gioco di parole presente nell'ultima strofa, che non viene reso affatto dalla traduzione in Italiano. Il biblista Gianfranco Ravasi ha provato a riprodurre il tipo di assonanza presente nelle parole ebraiche, arrivando a questo risultato:

"Aspettava la giustizia ed ecco la nequizia."

Una somiglianza volta ad enfatizzare ancora di più il desiderio disatteso del Signore.
Tornando a riflettere sul canto nel suo insieme, appare evidente che il suo significato riguardi appunto la casa di Israele, così come è evidenziato nel brano biblico, ma si possono osservare ben tre significati diversi di questo canto. Il primo significato è letterale. La storia è quella dell'amore di un agricoltore per la sua vigna, e di un ideale matrimonio tra i due. In questo rapporto il profeta svolge il ruolo dell'“amico dello sposo”, che nella cultura ebraica aveva il compito di preparare il contratto di fidanzamento che precedeva di un anno il matrimonio vero a proprio. Per quanto possa sembrare ridicolo, solo un agricoltore può sapere la passione che egli mette nel suo lavoro e la soddisfazione che matura nella lavorazione del suo terreno. 
Passare tutta la sua vita a coltivare la terra e a vivere dei suoi frutti crea un legame molto forte che tocca realmente i confini dell'amore. Questo è il significato iniziale del canto, quello che gli ascoltatori di Isaia hanno inteso per tutta la sua durata, prima della rivelazione finale.


A questo significato letterale però, se ne aggiunge un secondo sottinteso. Sebbene alla parola “vigna” tutti pensino immediatamente alla pianta reale, la Bibbia usa questo termine anche in modo allegorico.

Salomone aveva una vigna a Baal-Amon;
egli affidò la vigna a dei guardiani,
ognuno dei quali portava, come frutto, mille sicli d'argento.
La mia vigna, che è mia, la guardo da me;
tu, Salomone, tieni per te i tuoi mille sicli,
e ne abbiano duecento quelli che guardano il frutto della tua!
Cantico 8:11-12

Salomone aveva una vera vigna che affidò a dei guardiani per farla fruttare. Questi versetti del Cantico dei cantici però continuano seguendo le parole della sua amata, che serba la vigna del suo amore per Salomone, senza darla a nessun altro. La seconda volta, il termine vigna non si riferisce alla pianta ma piuttosto la ragazza che era innamorata del re e all'amore nei suoi riguardi.
Ecco quindi che in modo velato, la vigna rappresenta anche una figura femminile, per la quale acquista maggiore senso il ruolo del profeta come “amico dello sposo”, nell'attesa di queste nozze. Sicuramente questo significato sottinteso riguarda sempre il rapporto tra Israele e il Signore, così come raccontato dal profeta Ezechiele:

Quanto alla tua nascita, il giorno che nascesti l'ombelico non ti fu tagliato, non fosti lavata con acqua per pulirti, non fosti sfregata con sale, né fosti fasciata. Nessuno ebbe sguardi di pietà per te, per farti una sola di queste cose, mosso a compassione di te; ma fosti gettata nell'aperta campagna, il giorno che nascesti, per il disprezzo che si aveva di te. Io ti passai accanto, vidi che ti dibattevi nel sangue e ti dissi: 'Vivi, tu che sei nel sangue!' Ti ripetei: 'Vivi, tu che sei nel sangue!' Io ti farò moltiplicare per miriadi, come il germoglio dei campi. Tu ti sviluppasti, crescesti, giungesti al colmo della bellezza, il tuo seno si formò, la tua capigliatura crebbe abbondante, ma tu eri nuda e scoperta. Io ti passai accanto, ti guardai, ed ecco, il tuo tempo era giunto: il tempo degli amori; io stesi su di te il lembo della mia veste e coprii la tua nudità; ti feci un giuramento, entrai in un patto con te", dice il Signore, DIO, "e tu fosti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue che avevi addosso e ti unsi con olio.Ti misi delle vesti ricamate, dei calzari di pelle di delfino, ti cinsi il capo di lino fino, ti ricoprii di seta. Ti fornii d'ornamenti, ti misi dei braccialetti ai polsi e una collana al collo. Ti misi un anello al naso, dei pendenti agli orecchi e una magnifica corona in capo. Così fosti adorna d'oro e d'argento; fosti vestita di lino fino, di seta e di ricami; tu mangiasti fior di farina, miele e olio; diventasti bellissima e giungesti fino a regnare.
La tua fama si sparse fra le nazioni, per la tua bellezza; essa infatti era perfetta, perché io ti avevo rivestita della mia magnificenza", dice il Signore, DIO. "Ma tu, inebriata della tua bellezza, ti prostituisti sfruttando la tua fama e offrendoti a ogni passante, a chi voleva. 
Ezechiele 16:4-15

In tutta la Bibbia è presente il paradigma delle nozze, nel quale il Signore si presenta come sposo e il suo popolo come sposa. E' un'immagine rimarcata più volte nell'Antico Testamento con Israele e ripetuto ugualmente numerose volte anche nel Nuovo Testamento, in relazione alla Chiesa. Sicuramente questo non vuol dire che quest'ultima ha preso il posto di Israele ma piuttosto che condivide con la nazione santa l'elezione da parte di Dio.

Il terzo aspetto interpretativo del canto della vigna invece, è proprio quello rivelato alla fine del canto, che associa immediatamente la vigna alla casa di Israele. Questa immagine è stata ripresa nel panorama biblico anche successivamente, quando la profezia di Isaia circa la distruzione della “vigna” trovò adempimento nella deportazione di Israele e Giuda.

Portasti fuori dall'Egitto una vite;
scacciasti le nazioni per piantarla;
tu sgombrasti il terreno
ed essa mise radici e riempì la terra.
I monti furono coperti della sua ombra
e i suoi tralci furono come cedri altissimi.
Stese i suoi rami fino al mare
e i suoi germogli sino al fiume.
Perché hai rotto i suoi recinti
e tutti i passanti la spogliano?
Il cinghiale del bosco la devasta,
le bestie della campagna ne fanno il loro pascolo.
O Dio degli eserciti, ritorna;
guarda dal cielo, e vedi, e visita questa vigna;
proteggi quel che la tua destra ha piantato,
e il germoglio che hai fatto crescere forte per te.
Essa è arsa dal fuoco, è recisa;
il popolo perisce alla minaccia del tuo volto.
Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che hai reso forte per te,
e noi non ci allontaneremo da te.
Facci rivivere, e noi invocheremo il tuo nome.
SIGNORE, Dio degli eserciti, ristoraci,
fa' risplendere il tuo volto e saremo salvi.  
Salmi 80:8-19

I versi di questo salmo rivelano lo sgomento dei testimoni della deportazione di Israele. Dopo tanti oracoli profetici, il Signore utilizzò una nazione straniera per umiliare il popolo, e lo fece in modo terribile. Il salmista probabilmente riprende il canto di Isaia associando Israele a una vigna presa dall'Egitto, piantata e resa forte e potente. Proprio nel momento di maggiore gloria però, i recinti si sono rotti e la piantagione completamente recisa e distrutta. Quello che Isaia ha profetizzato, qui viene constatato. Il salmista termina invocando la misericordia del Signore per una resurrezione del popolo, una resurrezione che Ezechiele vide profeticamente nella valle delle ossa secche (Ez 37). Ossa secche, disfatte dai cadaveri da lungo tempo, che però alla parola profetica si riuniscono ancora con i muscoli, la carne, lo spirito...un'immagine che rappresenta ciò che effettivamente avverrà. La parte di Israele che risulta ad oggi disperso tornerà nella terra promessa e si unirà a Giuda nel tempo deciso da Dio. Israele verrà risuscitato.
Il tema della vigna però non si conclude qui nel panorama biblico, ma sfocia nel Nuovo Testamento, dove Gesù stesso lo riprende per denunciare gli stessi peccati che erano presenti al tempo di Isaia, anche nella sua generazione. Sono passati settecento anni infatti, ci si aspetterebbe che l'esperienza della deportazione di Israele e di quella di Giuda abbiano portato il popolo ad una maggiore attenzione al patto con il Signore, ma nel momento in cui Cristo si è incarnato, egli è venuto a casa sua ma i suoi non l'hanno ricevuto (Gv 1:11).

Poi cominciò a parlare loro in parabole:
«Un uomo piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l'uva e vi costruì una torre; l'affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio. Al tempo della raccolta mandò a quei vignaiuoli un servo per ricevere da loro la sua parte dei frutti della vigna. Ma essi lo presero, lo picchiarono e lo rimandarono a mani vuote. Egli mandò loro un altro servo; e anche questo insultarono e ferirono alla testa. Egli ne mandò un altro, e quelli lo uccisero; poi molti altri che picchiarono o uccisero. Aveva ancora un unico figlio diletto e quello glielo mandò per ultimo, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio". Ma quei vignaiuoli dissero tra di loro: "Costui è l'erede; venite, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra". Così lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna. Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaiuoli e darà la vigna ad altri.
Marco 12:1-9 


Questa parabola presenta degli elementi di novità rispetto al canto di Isaia, ma il messaggio è assolutamente identico. Qui il padrone della vigna l'affitta a dei vignaioli. Il popolo di Israele quindi viene dipinto come “occupante” della vigna, avido di tenere per sé tutta la ricchezza senza dare alcun conto al vero proprietario della vigna. I servi sono i profeti, che vengono picchiati e uccisi, e il figlio rappresenta Cristo stesso, ucciso sulla croce.
La parabola termina con un verso lapidario: “farà perire quei vignaioli e darà la vigna ad altri”. Se il canto profetico di Isaia descriveva la distruzione verificata con le deportazioni, possiamo concludere che la morte dei vignaioli possa riferirsi alla distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. (peraltro ulteriormente profetizzata da Gesù, cfr. Mt 24:2), e forse all'inizio del tempo dei gentili.
Sebbene questa parabola sia molto famosa, essa non è l'unica in cui Gesù usa il concetto della vigna. Qui il Signore stava parlando ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani (Mc 11:27), ma ai suoi discepoli riservò un'altra versione dell'insegnamento sulla vigna, che include una rivelazione fondamentale sulla sua relazione con questi ultimi.

«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo.
Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più.Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciata. Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli. 
Giovanni 15:1-8

Ciò che i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani di Giuda non avevano capito, era che Dio stesso, il Figlio, si era incarnato per portare la salvezza all'umanità. E' per questo motivo che nella parabola dei vignaioli malvagi, Gesù terminava dicendo:

Non avete neppure letto questa Scrittura:
"La pietra che i costruttori hanno rifiutata
è diventata pietra angolare;
ciò è stato fatto dal Signore,
ed è una cosa meravigliosa ai nostri occhi"?» Marco 12:10-11

I capi di Israele erano i costruttori, ma rifiutarono la pietra angolare che doveva essere posta alle fondamenta della Chiesa. Ecco perché la “vigna” è stata data temporaneamente ad altri, perportare la salvezza di Dio a chi non la stava neanche cercando,all'umanità tutta.
Ai discepoli però, a coloro che avevano accolto la pietra angolare, Gesù rivelò l'aspetto più intimo del piano e del desiderio di Dio: Egli stesso si era fatto “vigna”, si era fatto carne. Laddove in Isaia la vigna era Israele stesso, il popolo di Dio, qui il Signore rivela la sua azione salvifica nel mistero dell'incarnazione.

Giovanni 1:14 E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.

La vigna era stata distrutta e i vignaioli dovranno essere ammazzati, l'unico modo per salvare quel poco che resta della vite dunque è che Dio stesso si faccia vite. Gesù, fonte di vita, si è fatto uomo per condividere la nostra natura e nelle nostre condizioni poterci offrire una salvezza che potevamo afferrare. Questa azione divina ribalta completamente la nostra versione della parabola, offrendo una speranza che possa squarciare le tenebre dell'insuccesso umano. Gesù è la vera vite. I suoi discepoli sono i tralci. L'unica cosa che i tralci devono fare, è stare attaccati alla vite. Non è più necessario sforzarsi per cercare di dare uva buona e non uva acerba, l'unico impegno, l'unico vincolo è quello di restare attaccati alla pianta e ricevere la linfa. Anche questo insegnamento non è privo di esortazioni alla vigilanza, infatti chi non dimora in Cristo non dà frutto ed è tagliato via. Ma il primo motivo per cui viene tagliato via non è la sua assenza di frutto, quella è una conseguenza! Il primo motivo è legato al “non dimorare” in Gesù, non essere attaccato alla vite. Questa è la grazia di Dio! Questa è la salvezza per grazia, e non per opere, affinché nessun uomo si glori.
A questa salvezza possiamo aggrapparci, perché è alla nostra portata! L'unica cosa da fare è restare attaccati alla vite, dimorare in Cristo. Ascoltare le Sue parole, la Sua voce. Ubbidire e camminare con lui così come un discepolo cammina con il suo maestro. Questo è l'unico modo per portare frutto e condividerlo direttamente con il Signore al Suo ritorno, quando la Chiesa potrà sedersi a tavola con Lui e bere insieme del frutto della vigna (Matteo 26:29). 

giovedì 1 agosto 2013

Lo gnosticismo cristiano


Dov'è il sapiente? Dov'è lo scriba? Dov'è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo?
Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione.
I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza,
ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini. [1Corinzi 1:20-25]


Introduzione
Fonte


Il termine gnosi deriva dal greco, e significa letteralmente "conoscenza". In ambito teologico identifica una ben precisa ideologia che si può descrivere come una conoscenza nascosta relativa alla divinità e posseduta soltanto da un ristretto gruppo di persone. Di riflesso, lo gnosticismo si può descrivere come una gnosi elaborata in un sistema. Lo gnosticismo cristiano quindi, è una gnosi elaborata all'interno del cristianesimo. 

Contesto storico

Quest'ultimo, ha avuto un'ampia fioritura nel II e III secolo d.C., trovando la massima espressione ad Alessandria d'Egitto. In questo periodo si svilupparono anche due altri grandi movimenti: il marcionismo e il montanismo. Gli gnostici ritenevano che la salvezza non fosse ottenibile con la semplice fede, ma con una conoscenza segreta raggiungibile solo per rivelazione e trasmissibile con tradizioni riservate a pochi eletti. E' difficile ricondurre lo gnosticismo cristiano ad un unica corrente, in quanto corrisponde piuttosto ad una varietà di movimenti accomunati da una serie di caratteristiche. 

L'identikit

"Da dove proviene il male, e perché?"
"Da dove l'uomo e perché egli è creato?"
"Da dove è Dio?"

I maestri gnostici miravano a dare risposte a queste e altre domande esistenziali, utilizzando una serie di concetti con caratteristiche comuni tra di loro. Principalmente, sono i seguenti:

1. La materia è negativa e non può essere stata creata da Dio

2. La materia è in opposizione con la sfera divina spirituale

3. Esiste un dualismo tra la divinità malvagia dell'Antico Testamento (Demiurgo) che ha creato questo mondo, e il Dio supremo, trascendente e sconosciuto.

4. L'uomo possiede lo spirito (pneuma), che è una parte di Dio stesso. La gnosi rende consapevoli di questa scintilla divina innescando il processo di salvezza. Pochissime persone tuttavia sono coinvolte in tutto questo.

5. Le Scritture non sono sufficienti alla salvezza, così come la sola fede; è necessario infatti attingere ad una trasmissione orale dei segreti conosciuti dai maestri gnostici.

6. Esistono tre categorie di uomini: pneumatici (predestinati alla salvezza), psichici (uomini che possono guadagnarla solo con affanno e buone opere) e hylici (così coinvolti dalla materialità da essere irrimediabilmente perduti).

7. L'origine del male non deriva dal peccato di Adamo ma da una decadenza iniziata ancora prima e coinvolgente in primo luogo la stessa divinità.

8. L'esposizione di queste dottrine attraverso racconti appartenenti all'Antico Testamento ma anche alle tradizioni filosofiche e mitologiche di altre culture.

E' necessario evidenziare come gli gnostici non volessero fondare un'altra religione ma piuttosto rappresentare un'aristocrazia spirituale presente proprio all'interno della chiesa cristiana. I problemi quindi non furono di opposizione diretta ma sincretismo interno, e per questo particolarmente subdoli. L'elaborata ideologia rendeva lo gnosticismo cristiano appetibile e intellettualmente gratificante. E' probabile che chi volesse avvicinarsi al cristianesimo dal mondo pagano tenesse in maggiore considerazione questo aspetto piuttosto che il cristianesimo vero e proprio, a causa della somiglianza con determinate prospettive filosofiche tenute in alta considerazione nel mondo secolare.

I maestri gnostici

Identificare tutti i principali maestri gnostici dei primi secoli è un'impresa particolarmente difficile a causa della pseudonimìa ampiamente utilizzata e delle invettive dei loro avversari che spesso esageravano la realtà. E' possibile però identificare alcuni personaggi tramandati dalla tradizione e presenti nelle fonti più autorevoli.

Atti 8:9 Or vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città le arti magiche, e faceva stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un personaggio importante.

Sicuramente il personaggio più antico, nominato anche dalle Scritture, è proprio Simon Mago. La tradizione eresiologica lo pone come fondatore dello gnosticismo cristiano e precursore di ogni eretico.
Nel primo secolo troviamo poi Basilide, che affermava di tramandare una tradizione dottrinale derivante direttamente da Gesù. Egli fu attivo soprattutto ad Alessandria d'Egitto e il suo insegnamento coinvolgeva una complessa architettura cosmica composta da 365 cieli abitati da differenti entità di maggiore perfezione maggiore era la loro lontananza dalla terra. Abbiamo testimonianza dell'esistenza del suo movimento anche parecchio tempo dopo la sua morte, almeno fino al IV secolo.
Valentino invece fu un filosofo e predicatore di elevata cultura, si formò ad Alessandria d'Egitto, spostandosi tuttavia in un secondo momento a Roma tra il 140 e il 160 d.C. dove fondò una scuola iniziatica di appannaggio intellettuale e aristocratico. Egli riconosceva un mondo superiore, il pleroma, formato da emanazioni divine dette eoni che essendo sessuate potevano riprodursi. 

Gli apocrifi gnostici

Nel 1945 furono scoperte nell'Alto Egitto (a Nag Hammadi) alcune giare contenenti numerosi manoscritti risalenti al IV secolo ma redatti almeno un secolo prima. 


Questi manoscritti ricalcano principalmente i generi letterari del Nuovo Testamento: vangeli, lettere, apocalissi e atti, attribuiti ai vari discepoli di Cristo. Molti di questi testi presentano un'inclinazione marcatamente gnostica, risultando documenti preziosi per lo studio di questa corrente. Prima di queste scoperte, lo studio dei testi apocrifi gnostici era limitato ai trattati anti eretici dei padri della chiesa. Spicca a questo riguardo lo scritto adversus haereses (contro gli eretici) di Ireneo di Lione. 

Considerazioni finali

Come ogni eresia, lo gnosticismo cristiano rappresenta materia di studio per ciascun credente. Comprendere i problemi e gli errori del passato facilita il riconoscimento degli errori del presente. Nulla infatti è nuovo sotto il sole: antiche eresie si ripropongono anche al giorno d'oggi sotto nuova veste. Ignorare il proprio passato equivale ad ignorare anche il proprio presente ed essere inadatti per il compito che ci è stato affidato (in quanto attuale generazione di discepoli di Cristo). Lo gnosticismo ha trovato una grande fortuna tra il II e III secolo e solo grazie agli apologeti di questo periodo si è potuta affermare l'ortodossia cristiana e preservare l'insegnamento di Cristo esattamente come è stato tramandato dagli apostoli, testimoni oculari. Da allora, ogni generazione di credenti ha avuto compito di conservare "il testimone della fede" e passarlo alla successiva generazione integro e identico a come lo ha ricevuto. 


Bibliografia:
Cristianesimi nell'antichità, Giancarlo Rinaldi. Edizioni GBU

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