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lunedì 6 giugno 2011

Invidia e gelosia spirituale

Genesi 37:5-8 Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai suoi fratelli; allora questi lo odiarono più che mai. Egli disse loro: «Ascoltate, vi prego, il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando dei covoni in mezzo ai campi, ed ecco che il mio covone si alzò e restò diritto; i vostri covoni si radunarono intorno al mio covone e gli s'inchinarono davanti». Allora i suoi fratelli gli dissero: «Regnerai forse tu su di noi o ci dominerai?» E l'odiarono ancor di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole.

Giuseppe fece questo sogno, e lo raccontò ai suoi fratelli.
Non vi era malizia in questo racconto, ma solo condivisione di quello che aveva visto.I fratelli di Giuseppe lo interpretarono subito, odiando il fratello per le sue parole. Era il più piccolo della famiglia, ma lasciava intendere che sarebbe diventato il più grande. Come osava?!
Noi, al loro posto, non avremmo pensato nello stesso modo? "Una tale presunzione è sicuramente frutto di un orgoglio smisurato", penserebbe ogni buon cristiano. "Non c'è peccato peggiore dell'orgoglio spirituale!" commenterebbe seduta al proprio posto l'intera comunità.
Se un fratello in Cristo venisse da noi a raccontarci un sogno ricevuto da Dio, una missione che metta radici in Italia e cresca fino a diventare la più grande, e servire tutte le altre denominazioni presenti....pensando a tutte le realtà cristiane già presenti sul territorio, non lo prenderemmo forse per pazzo?
In Africa, sì, c'è bisogno di missioni, ma in Italia abbiamo già le migliori denominazioni! E la migliore in assoluto: quella che frequentiamo noi, ovviamente.
Il nostro tempo e la nostra cultura sono molto distanti da questo episodio biblico, ma l'ipocrisia e l'egocentrismo umano non sono affatto cambiati.
Tutti i figli di Giacobbe sono cresciuti senz'altro con i racconti dell'esperienza spirituale di loro padre. Gli aneddoti delle circostanze che l'hanno portato a conoscere personalmente il Dio di Abramo, loro bisnonno; Isacco, loro nonno e Giacobbe, loro padre. Tutti erano a conoscenza della promessa divina presente sulla loro famiglia. Tutti sapevano che Dio avrebbe fatto grandi opere attraverso loro.
E' bello sentirsi importanti. Essere protagonisti nel Regno di Dio. Ma quando Dio usa qualcun altro, rendendolo protagonista? Siamo felici allo stesso modo?

Romani 12:3-5 Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno.
Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro.


Il Signore ha assegnato ad ognuno di noi una misura di fede e una funzione ben specifica. Ogni credente è parte del corpo di Cristo. Membro di un'organismo infinitamente più grande. Non ci sono superstar nel Regno dei Cieli. Questa è la realtà. Le riprensioni che elargiamo con tanta abbondanza riferendoci all'orgoglio del prossimo, sono lecite, e condite con amore o sono inacidite dal nostro stesso orgoglio punto sul vivo? Tale questione, è di fondamentale importanza.

Matteo 7:1-5 «Non giudicate, affinché non siate giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo?
Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello.


La storia di Giuseppe però non finisce quì.

Genesi 37:18-20 Essi lo videro da lontano e, prima che egli fosse vicino a loro, complottarono per ucciderlo. Dissero l'uno all'altro: «Ecco, il sognatore arriva! Forza, uccidiamolo e gettiamolo in una di queste cisterne; diremo poi che una bestia feroce l'ha divorato e vedremo che ne sarà dei suoi sogni».

L'orgoglio e l'odio diventano in fretta azioni sconsiderate.
I fratelli di Giuseppe volevano addirittura ucciderlo. Alla fine, si sono "limitati" a catturarlo e venderlo come schiavo. Preferivano l'idea che il loro fratello fosse servo di popoli stranieri, piuttosto che fosse più grande e più importante di loro. Non fa riflettere tutto questo?
Forse pensiamo che questo odio sia lontano da noi millenni e migliaia di chilometri? La nostra illusione è così realistica da darci la certezza che discriminazioni simili non accadano mai nelle nostre chiese? Purtroppo non è così.
Apriamo i nostri occhi e rendiamo sensibile il nostro cuore. Esaminiamo noi stessi e stiamo attenti a ciò che accade alle persone a noi vicine. Ciò che è veramente importante non è la nostra persona. L'obiettivo delle attività della chiesa non è la nostra realizzazione o gratificazione. Il centro di ogni cosa infatti è sempre e solo il Signore Gesù. Quando non è così si moltiplicano le gelosie e le invidie. Iniziano i pettegolezzi. Fino a far diventare quello che dovrebbe essere un nido d'amore, un covo di vipere velenose. Non è questo, quello che vuole il Signore.

Giacomo 3:10 Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni. Fratelli miei, non dev'essere così.

Le maledizioni (male-dire, ossia dire del male circa una persona) sono solo una parte dei gravi mali che arrivano ad affliggere le chiese. Inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie...tutti i frutti della carne, tutti frutti di morte (Galati 5:21). Vegliamo su di essi, affinchè siano lontani dalle nostre vite e da quelle dei fratelli a noi vicini. Chiediamo al Signore di portare guarigione, qualora ci rendiamo conto di essere (o di essere stati) in queste condizioni. Quanti Giuseppe ci sono stati nella storia della Chiesa! Quanti fratelli perseguitati da altri fratelli solo per il loro zelo e il loro amore per il Signore! Quanto è facile, dopo aver speso una vita servendo Dio, inorgoglirsi e pensare che gli altri fratelli debbano avere la tua autorizzazione per lavorare nel campo del Signore!

Matteo 20:1-15 «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale, sul far del giorno, uscì a prendere a giornata degli uomini per lavorare la sua vigna. Si accordò con i lavoratori per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscì di nuovo verso l'ora terza, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che sarà giusto". Ed essi andarono. Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso. Uscito verso l'undicesima, ne trovò degli altri in piazza e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?" Essi gli dissero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi". Allora vennero quelli dell'undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. Venuti i primi, pensavano di ricevere di più; ma ebbero anch'essi un denaro per ciascuno. Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: "Questi ultimi hanno fatto un'ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e sofferto il caldo". Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?"

Prendiamo coscienza del fatto che Dio fa ciò che vuole.
Non ha bisogno della tua autorizzazione per suscitare una nuova generazione di lavoratori. Non chiede il tuo permesso per affidare ministeri pastorali, profetici, apostolici, evangelistici e di insegnamento a nuovi fratelli nella fede.
Non lo deve chiedere a me, ne a te. Non necessita dell'approvazione del mio pastore, nè tantomeno del tuo. Credi forse che questo ragionamento sia banale? No, in realtà non lo è affatto.

Galati 2:6 [...] Ma quelli che godono di particolare stima (quello che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali), quelli, dico, che godono di maggiore stima non m'imposero nulla [...]

Quello che possono essere stati coloro che godono di particolare stima, non ci deve importare. Certo, ognuno deve essere sottomesso alla propria autorità spirituale. Ma questa autorità non è sinonimo di dittatura. C'è un solo Signore nel Regno di Dio, ed è Gesù Cristo. Nessun altro è perfetto, nessun altro è infallibile e nessun altro ha l'autorità di comandare. Dio comanda, l'uomo esegue.

Luca 22:24-26 Fra di loro nacque anche una contesa: chi di essi fosse considerato il più grande. Ma egli disse loro: «I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma per voi non dev'essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve.

Alla fine, Giuseppe fu onorato da Dio, adempiendo il sogno che aveva ricevuto. Divenne la seconda autorità di tutto l'Egitto e la famiglia si inchinò a lui. Grazie alla sua posizione potè salvare tutti loro dalla carestia e dare futuro alla stirpe di Israele. Questo non per suo merito, ma per libera volontà di Dio.

Proverbi 16:9 Il cuore dell'uomo medita la sua via,
ma il SIGNORE dirige i suoi passi.


Il Signore regna, e ogni circostanza è diretta dal Suo volere.
Chi si umilia davanti a Dio per certo sarà innalzato a tempo debito.
Ma ciascuno di noi sia attento, vegliando di non cadere in errore ed essere strumento di malvagità anzichè di giustizia. La Chiesa di Cristo è chiamata ad essere gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile.

2Timoteo 2:20 In una grande casa non ci sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche vasi di legno e di terra; e gli uni sono destinati a un uso nobile e gli altri a un uso ignobile.


Miriamo ogni giorno della nostra vita ad essere vasi ad uso nobile e non ignobile. Riconosciamo la volontà di Dio negli altri, così come in noi. Amiamo e non giudichiamo. Edifichiamo e non distruggiamo. Benediciamo e non malediciamo. Accogliamo e non respingiamo. Solo in questo modo saremo approvati dal Signore. Solo in questo modo potremo sentire un giorno "Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore".

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