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domenica 29 agosto 2021

Il ricco incontra Gesù


INTRODUZIONE

Come già condiviso ampiamente negli studi precedenti, la struttura letteraria del Vangelo secondo Marco è composta da due parti distinte. La seconda parte, che inizia al c. 8 v. 21, comincia con il riconoscimento di Gesù come “il Cristo” da parte di Pietro. Questo riconoscimento però era suscettibile di fraintendimenti ed è per questo che Gesù è dovuto intervenire per chiarire che la sua identità messianica si sovrapponeva in modo inaspettato per i suoi interlocutori con quella del Servo sofferente e non con quella del re vittorioso. Da questo momento in avanti, infatti, la direzione del suo percorso sarebbe stata verso il Golgota e la Croce anche se persino i suoi discepoli non lo capivano e non lo volevano ancora accettare. In questo contesto incontriamo il brano che vorrei esporre con il presente articolo.

1. LA LETTURA

Gesù e il ricco

Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre"». Ed egli rispose: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù». Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: «Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni.

Gesù e i discepoli

Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!» I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: «Figlioli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?» Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio».

Gesù e Pietro

Pietro gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito». Gesù rispose: «In verità vi dico che non vi è nessuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi, per amor mio e per amor del vangelo, il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi, insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna. Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi primi».

Marco 10:17-31

2. IL COMMENTO

Come ho suggerito nella suddivisione del brano, questo dialogo si divide in tre parti: la prima tra Gesù e il ricco, la seconda con i suoi discepoli e la terza con Pietro. 

La prima cosa da notare è proprio la sua posizione letteraria, in una fase della narrazione che ormai è diretta a Gerusalemme verso l’epilogo che conosciamo tutti. Questo cammino non ha soltanto una rilevanza letteraria ma anche teologica e spirituale. Si incastona in un momento che definisce con grandissima chiarezza il costo della sequela di Gesù, una salvezza che, per usare le parole del teologo Bonhoeffer, è contemporaneamente gratuita ma anche a caro prezzo. 

Questo racconto si apre con Gesù che esce per la via, come abbiamo visto la via per Gerusalemme. Accorre a lui una persona che teneva Gesù in altissima considerazione. Lo possiamo capire dai seguenti indizi: 

  • Si inginocchia davanti a lui
  • Lo chiama Maestro
  • Lo chiama buono

Da questi elementi risulta evidente quanto questo “giovane” (Mt. 19:22) e “notabile” (Lc. 18:18) riconosca in Gesù una grande autorevolezza. Accostandosi a lui chiede cosa deve fare per ereditare la vita eterna. Al di là delle tante “opere buone” questa domanda riguarda piuttosto l’opera specifica senza la quale si è automaticamente esclusi dalla possibilità di accedere alla vita eterna. Di fronte a questo esordio, e avendo in mente i brani precedenti di questo Vangelo, viene naturale pensare alla risposta di Gesù con un elogio, l’accoglienza nella cerchia dei propri discepoli e la rassicurazione di entrare nella vita eterna. Ma, inaspettatamente, Gesù risponde in modo diametralmente opposto. 

Egli rimprovera il giovane di averlo chiamato “buono”, appellandosi alla tradizione biblica secondo la quale “Dio è buono!”, e solo lui è fonte ultima di ogni bontà. Poi, per valutare il livello religioso del suo interlocutore, chiede - in forma negativa - se segue le Dieci Parole, ossia il Decalogo nelle specifiche relative al rapporto con il prossimo. La risposta è affermativa: questa persona sin dalla sua gioventù ha sempre osservato la Torah. Gesù a questo punto al posto di compiacerlo lo ama sinceramente e chiede l’unica cosa che gli manca: vendere tutte le sue ricchezze per darle ai poveri prima di seguirlo. Questa risposta stupisce e rattrista tanto il giovane quanto i discepoli attorno a lui. Lo stupore è condizionato prima di tutto dal fatto che nella mentalità dell’epoca la ricchezza era un riflesso della benedizione di Dio. Solo i profeti avevano osato mettere in discussione questo assioma per denunciare le ingiustizie dei ricchi a scapito dei poveri e, probabilmente, a questa tradizione Gesù decide di associarsi. Oltre a questo, neanche i discepoli avevano venduto le loro proprietà e per questo stavano iniziando a preoccuparsi.

Il secondo dialogo riguarda per questo proprio i discepoli. 
E, anche in questo caso, Gesù anziché essere accondiscendente rimarca il concetto della difficoltà per i ricchi di entrare nel regno dei cieli. Utilizza l’immagine dell’animale più grande conosciuto nel suo contesto affiancandolo all’apertura più piccola: come un cammello non può entrare nella cruna di un ago, così un ricco (non) può entrare nel regno dei cieli. I discepoli giungono alla conclusione che in pochissimi potranno allora essere salvati, se non addirittura nessuno. Ma Gesù chiude questa conversazione indicando alla potenza di Dio, una potenza che tuttavia può solo convincere a queste privazioni oppure trasformare il cuore in modo che non abbia più alcun attaccamento terreno. 

In seguito a questa laconica speranza, Pietro diviene portavoce dei Dodici e afferma che in realtà loro hanno lasciato ogni cosa per seguirlo. Hanno lasciato il loro lavoro, la loro casa. E Gesù risponde che non vi è nessuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi, per amor mio e per amor del vangelo, il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi, insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna.

Questo è il momento della rinuncia assoluta e i requisiti della sequela diventano più che mai radicali, ma a queste rinunce corrispondono la sovrabbondante provvidenza divina: cento volte superiore alle rinunce su questa terra e, nel tempo futuro, la vita eterna. 

3. L'ATTUALIZZAZIONE

Questo brano presenta indubbiamente delle difficoltà. Preso a sé stante, secondo questo episodio e queste parole di Gesù ogni persona che non vende i suoi averi e decide di seguirlo come discepolo itinerante non ha parte nel regno di Dio e non otterrà a vita eterna. Vengono quindi esclusi la maggior parte dei cristiani di ogni epoca e luogo. Leggendo il Vangelo secondo Marco nella sua interezza e tutto il Nuovo Testamento sappiamo però che non è così, e per questo ci viene richiesto lo sforzo di comprendere e armonizzare questi aspetti apparentemente contraddittori.

Sappiamo che i discepoli nel gruppo dei Dodici hanno abbandonato tutto per seguire Gesù nel suo ministero terreno, e probabilmente anche altri seguaci hanno imitato - come dice Pietro - questo comportamento. Gesù assicura un premio presente e futuro per queste rinunce. 

Le condizioni e il messaggio del gruppo pre Pasquale però non sono rimasti immutati, sono invece stati trasformati dall’evento della morte e risurrezione di Cristo. Come visto sin dalla “introduzione”, questo episodio si inserisce nella tensione di un cammino diretto alla Croce, in un’atmosfera sempre più drammatica. Il gruppo di discepoli però non si è fermato alla Croce ma in seguito alla Risurrezione si è trasformato in una comunità di discepoli e, in seguito, in un grande numero di comunità sparse ovunque nel mondo. Dobbiamo quindi comprendere una progressione e un cambiamento nell’approccio al discepolato. Questo processo, o perlomeno l’esistenza di diverse prospettive, ci appare evidente anche confrontando i vari Vangeli: laddove per Luca sono beati i poveri tout court (6:20), in Matteo lo sono i poveri in spirito (5:30): le parole di Gesù sono state attualizzate per la comunità.

Questa relativizzazione è obbligatoria proprio per attualizzare e armonizzare il messaggio evangelico ma non dobbiamo comunque neanche radicalizzarla: ci sono dei principi infatti che possiamo considerare ancora validi e degli aspetti di questo episodio che ci devono ancora oggi interpellare. Se infatti difficilmente possiamo diventare tutti dei predicatori itineranti senza fissa dimora, tutti i cristiani sono certamente chiamati comunque a rispondere all’appello a una sequela personale e completa. La salvezza è gratuita ma costa la nostra intera vita: l’incontro con Cristo non ci può lasciare come ci ha trovati ma - per essere un incontro genuino - deve essere un incontro trasformante. Ecco quindi che la trasformazione deve poter toccare i nostri pensieri, le nostre azioni quotidiane, le nostre priorità...in altre parole la gestione della nostra intera vita. Gesù ci invita ad affidare a lui la nostra vita e non alla nostra forza, alle nostre finanze, alla nostra intelligenza. Questo è un punto fermo, un principio del regno di Dio: Dio e Cristo sono al centro. L’esortazione di questo brano quindi, per noi oggi, quale può essere? Proprio questa: lasciare ogni peso e ogni presunta sicurezza per abbracciare Cristo. Lasciamo che si prenda cura lui di noi. Se non lo abbiamo mai fatto o se lo abbiamo fatto in passato ma siamo tornati in un secondo momento sui nostri passi...oggi è il momento opportuno. Torniamo a Gesù, torniamo a seguire le sue impronte, e la sua benedizione quotidiana non tarderà ad abbondare. 

CONCLUSIONE

Il brano del “giovane ricco” è per certi versi enigmatico: Gesù si comporta in modo apparentemente duro e ingiusto nei confronti di una persona che lo ammirava e seguiva. 

Nel contesto letterario e teologico del Vangelo secondo Marco possiamo rilevare una prima chiave di lettura: l’elevatissimo prezzo di questo discepolato è da correlare con l’imminente prezzo assoluto del sacrificio di Cristo.

Ogni cristiano, però, può prendere spunto da questo episodio per riflettere sulla serietà della proprio vita di fede: il proprio incontro con Cristo ha trasformato ogni aspetto della nostra vita? La nostra sicurezza è nelle finanze, nel lavoro, nella forza o nella provvidenza di Dio? Gesù esorta a non essere attaccati alla casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi (lavoro) ma in Dio. Lui ricompenserà questa adesione cento volte tanto in questo tempo (pur essendoci anche persecuzioni) e, in quello a venire, la vita eterna. 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

  • Rafael Aguirre Monasterio, Antonio Rodriguez Carmona, Vangeli Sinottici e Atti degli Apostoli, Paideia Editrice, Brescia, 1995.
  • Santi Grasso - nuova versione, introduzione e commento, Vangelo di Marco, Figlie di San Paolo, Milano, 2003.
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