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domenica 7 febbraio 2021

L'identità di Gesù e la consapevolezza dei discepoli

INTRODUZIONE


Possiamo identificare un preciso brano all’interno del Vangelo secondo Marco che ricopre il ruolo di fulcro e “cerniera” tra la prima parte dell’opera e la seconda. È già stato infatti più volte ribadito come questo vangelo sia composto da una prima parte tesa a dimostrare che Gesù è il Cristo - ovvero il Messia - (1:1-8:30) e una seconda parte con l’obiettivo di presentare Gesù come il Figlio di Dio (8:31-16:8) secondo la tesi affermata nella sua primissima frase in 1:1.

Le pericopi che si trovano in 8:27-30 e 8:31-38, dunque, costituiscono l’ultima parte della prima sezione e la prima parte della seconda in rapporto di continuità letteraria e teologica ma in discontinuità rispetto ai temi generali trattati dalle rispettive parti. Questa unica “armonia in tensione” vuole essere quindi introdotta dal presente approfondimento.


1. LO SLANCIO DELLA FEDE


Poi Gesù se ne andò, con i suoi discepoli, verso i villaggi di Cesarea di Filippo; strada facendo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che io sia?» Essi risposero: «Alcuni, Giovanni il battista; altri, Elia, e altri, uno dei profeti». Egli domandò loro: «E voi, chi dite che io sia?» E Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». Ed egli ordinò loro di non parlare di lui a nessuno.

Marco 8:27-30


Il contesto narrativo di questo episodio è quello del cammino di Gesù, che anticipa diversi avvenimenti che da qui in avanti accadranno proprio per strada (9:33, 10:17.32.46.52). Strada facendo, dunque, Gesù domanda ai discepoli chi la gente pensava che fosse. Loro rispondono con tre stereotipi diffusi nel proprio contesto storico:


  • Giovanni il Battista. Il Vangelo secondo Marco presenta Giovanni come il precursore del Messia (1:2-8) ed egli stesso era ritenuto dalla gente un profeta (11:32). Al momento di questo dialogo era già morto (6:17-19) ucciso da Erode, ma negli ambienti di corte Gesù che compie miracoli viene confuso con Giovanni risuscitato dai morti (6:16).

  • Elia. Questo profeta veterotestamentario asceso al cielo (2Re 2:1-13) nella tradizione biblica ha il compito di precedere la venuta del Messia:


«Ricordatevi della legge di Mosè, mio servo,

al quale io diedi sull'Oreb, leggi e precetti,

per tutto Israele.

Ecco, io vi mando il profeta Elia,

prima che venga il giorno del SIGNORE,

giorno grande e terribile.

Egli volgerà il cuore dei padri verso i figli,

e il cuore dei figli verso i padri,

perché io non debba venire a colpire il paese di sterminio».

Malachia 4:4-6


Nel Vangelo leggiamo che, proprio per questa attesa, alcuni lo ravvisano in Gesù (6:15).


  • Uno dei profeti. Evidentemente alcuni pensavano che Gesù fosse uno dei profeti, in modo implicito indicando con questa espressione un profeta biblico tornato in vita per gli ultimi tempi. Direttamente o indirettamente era diffusa infatti l’attesa di un profeta come aveva anche preannunciato lo stesso Mosè:


Per te il SIGNORE, il tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me; a lui darete ascolto! 

Deuteronomio 18:15 


Queste attribuzioni tuttavia Gesù le conosce già e costituiscono solo una tappa verso la una seconda domanda che egli rivolge questa volta direttamente ai discepoli: «E voi, chi dite che io sia?». I lettori sanno fin dall’inizio che Gesù è il Cristo ma i discepoli, anche se devono averlo pensato in precedenza, si espongono solo ora. In realtà si espone unicamente Pietro in loro rappresentanza. La risposta sancisce l’apice e la conclusione della prima parte di questo vangelo: una proclamazione di Gesù come Cristo, Messia. Questo titolo tuttavia non può rappresentare un definitivo punto di arrivo perché suscettibile di fraintendimenti. Il Messia che attendevano i Giudei era un guerriero che avrebbe combattuto contro gli oppressori romani per ripristinare la sovranità nazionale di Israele. Il Messia descritto nell’Antico Testamento era spesso un re che, in virtù del suo ruolo e della sua elezione e vicinanza con Dio, agiva in rappresentanza del popolo (sebbene originariamente la figura regale non avesse questa connotazione: la monarchia israelitica da Davide in poi si è adoperata per assumere anche ruoli sacerdotali che non gli spettava). Gesù però è un Messia che prende le distanze da entrambe queste aspettative. Che tipo di Cristo è dunque Gesù?


2. LO SCANDALO DELLA SOFFERENZA


Poi cominciò a insegnare loro che era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse. Diceva queste cose apertamente. Pietro lo prese da parte e cominciò a rimproverarlo. Ma Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: «Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini».

Chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e del vangelo, la salverà. E che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua? Infatti, che darebbe l'uomo in cambio della sua anima? Perché se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli».
Marco 8:31-38


Per affrontare questo interrogativo Gesù continua a parlare con i suoi discepoli adottando un altro titolo similmente ambiguo: Figlio dell’uomo. Letteralmente identifica un essere umano, ma teologicamente identifica l’essere sovrumano che il profeta Daniele vide venire nel cielo sulle nuvole:


Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d'uomo; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui;  gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto.

Daniele 7:13-14 


L’insegnamento scandaloso è che lo stesso Figlio dell’uomo che verrà nella gloria del Padre con i suoi angeli è chiamato, prima di questo, a soffrire, essere respinto e persino ucciso. Ma come: il Cristo vittorioso sugli oppressori, il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Yhwh deve essere ucciso? Ci accorgiamo di come questo rigetto, questa sofferenza, questa morte sia incompatibile con qualsiasi aspettativa del popolo ebraico, compresa quella dei discepoli stessi. E, sempre in loro rappresentanza, per questo motivo Pietro rimprovera Gesù: le sue parole potevano creare solo confusione, non avevano alcun senso. Ma Gesù è irreprensibile nella sua posizione e letteralmente risponde: “Vattene dietro di me”. Il tentativo diabolico è quello di sorpassare il Maestro, scansare il piano di Dio per affermare l’autonomia del progetto umano. Lo stesso discepolo che aveva riconosciuto pubblicamente Gesù come il Cristo voleva insegnargli come comportarsi e come raggiungere la vittoria. Ma questo è impossibile perché il piano di Dio per il suo Unto era stabilito dall’eternità e profetizzato persino centinaia di anni prima dal profeta Isaia:


Disprezzato e abbandonato dagli uomini,

uomo di dolore, familiare con la sofferenza,

pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia,

era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.

Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava,

erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato;

ma noi lo ritenevamo colpito,

percosso da Dio e umiliato!

Isaia 53:3-4


Gesù aveva capito che i suoi discepoli avevano frainteso la sua missione in quanto Cristo e per questo motivo interviene così duramente, allargando poi l’insegnamento alla folla che lo stava ascoltando. Il progetto dell’Unto di Dio, del Figlio dell’uomo, era di perdere la sua vita per guadagnare quella di molti: vincere con una sconfitta. E i suoi discepoli, volenti o nolenti, se volevano essere tali dovevano percorrere questi suoi stessi passi. Chi si vergogna di abbracciare la sofferenza e il rigetto patite dal suo Signore sarà a sua volta oggetto di vergogna. Ma l’implicito è che chi invece sarà disposto a abbracciarle sarà riconosciuto nella gloria del Padre.


CONSIDERAZIONI FINALI


Dopo un'analisi esegetica si può approdare a qualche considerazione ermeneutica, applicativa. Come possiamo cogliere il messaggio di questo brano evangelico per noi, oggi? Di certo non viviamo nel fermento messianico della Giudea del I secolo ma la persona di Gesù riveste anche per noi un ruolo molto speciale. E anche noi possiamo avere delle aspettative su di lui plasmate dalla nostra immaginazione e dal nostro desiderio più ancora che da quanto rivelato nelle Scritture. Vorremmo un Gesù che tolga ogni sofferenza dal mondo, che scardini le ingiustizie con uno schiocco di dita, che annienti i regimi che opprimono, perseguitano e uccidono i suoi discepoli a migliaia anche nel nostro tempo. Ai nostri suggerimenti però, Gesù risponde come rispose a Pietro: Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini. Non è nella volontà di Dio intervenire in questo modo, ma attraverso la sofferenza del Figlio, una sofferenza che porta alla glorificazione. Dobbiamo dirci la verità: umanamente per noi non ha molto senso. Ma la fiducia che riponiamo in Cristo ci deve portare a oltrepassare questo baratro per approdare nella sponda che ci porta oltre noi stessi, oltre il nostro benessere, e raggiungere l’altro. Rinunciare a noi stessi, accogliere la sofferenza e seguire questo Cristo per essere accolto da lui nella gloria del Padre.
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