
INTRODUZIONE
L'Unto
profetizzato dall'oracolo della terza parte del libro del profeta
Isaia (Is. 61) si distingue per molteplici compiti che sono stati
compresi fin da subito in chiave cristologica dalla Chiesa primitiva.
Gesù
stesso all'inizio del suo ministero terreno ha annunciato
pubblicamente di adempiere in sé proprio quelle qualifiche e quelle
missioni (cfr. Lc. 4) e, poco alla volta, i suoi discepoli sono
riusciti a comprenderlo in modo sempre più completo. L'annuncio di
una buona notizia, della guarigione, liberazione e dell'imminente
arrivo del giorno del Signore (foriero contemporaneamente di grazia e
vendetta) sono i primi aspetti descritti nell'esercizio di questo
ufficio, ma in seguito ne troviamo anche altri legati a doni che,
nell'ottica ecclesiale del Nuovo Patto, risultano decisamente
significativi. La Grazia di Dio è la fonte della Salvezza in Cristo,
ma sappiamo che questa grazia è multiforme, svariata (1 Pt. 4:10) e
si manifesta tanto nella varietà di persone e servizi nella Chiesa
quanto nella varietà e crescita nelle esperienze spirituali legate
alla conoscenza – scritturale e esperienziale – del Signore. Ecco
quindi che i doni del Messia agli afflitti vengono descritti nel
seguente modo:
[…]
per
mettere, per dare agli afflitti di Sion
un
diadema invece di cenere,
olio
di gioia invece di dolore,
il
mantello di lode invece di uno spirito abbattuto,
affinché
siano chiamati querce di giustizia,
la
piantagione del SIGNORE per mostrare la sua gloria.
Isaia
61:3
Siamo
arrivati al momento di poterli considerare insieme.
1.
UN DIADEMA, INVECE DI CENERE
I
Giudei in esilio pensavano alla propria speranza religiosa come
qualcosa di completamente distrutto, andato in cenere. Ed è a loro
per primi che Dio promette di dare al posto di questa cenere, ossia
della distruzione e annientamento che avevano vissuto, un diadema:
termine questo che traduce l'ebraico peh-ayr'
indicante
un accessorio che abbellisce ma che comporta anche un grado di
gloria. In questo senso dunque la traduzione italiana è felice:
infatti il diadema è un ornamento utilizzato soprattutto in ambito
greco-romano dagli imperatori come simbolo di regalità. Il senso di
questo dono quindi è quello del restaurare la dignità perduta, e
non solo quella, ma anche una autorità di governo che nel momento
presente appare come pura fantasia. Il profilo originario è
escatologico ma presenta nuove e essenziali sfumature nel Nuovo
Testamento. Proprio qui infatti leggiamo le parole che il Cristo
risorto e glorificato rivolge alla sua chiesa:
«All'angelo
della chiesa di Smirne scrivi:
Queste
cose dice il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita:
"Io
conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e
le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo
sono, ma sono una sinagoga di Satana. Non temere quello che avrai da
soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in
prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per
dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona
della vita.
Apocalisse
2:8-10
Come
disse il martire e teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, la grazia a
buon mercato è il pericolo più insidioso e mortale che si può
trovare in Chiesa: la grazia del Signore infatti è a caro prezzo. E'
gratuita, ma per essere coerente, la sua accoglienza costa tutta la
vita. Accettare la buona notizia della salvezza di Dio in Cristo
porta a un perdono totale, un perfetto ripristino della relazione con
il Padre, ma anche la responsabilità con il sostegno dello Spirito
Santo di ripercorrere i passi di Gesù. Crescere nella sua santità,
nella sua ubbidienza, nella sua fedeltà fino alla morte. Questa è
la condizione per ricevere la corona della vita, il premio di chi ha
superato difficoltà, vituperio e tribolazione con e per l'amore
restaurante di Dio nel proprio cuore. Proprio dove c'è prigionia,
dolore, persecuzione, morte, cenere.....il Cristo glorificato
promette una corona di vita e gloria eterna.
2.
OLIO DI GIOIA, INVECE DI DOLORE
Il
diadema, la corona, non è però l'unico dono che il Messia vuole
dare. Come rafforzativo per questo concetto infatti troviamo in
secondo luogo l'olio di gioia invece del dolore. L'olio è nel testo
biblico da sempre un elemento di regalità (con l'olio venivano unti
i re) e proprio l'olio profumato veniva utilizzato per esaltare la
bellezza e il potere dei regnanti. L'elemento dell'olio appare con
un duplice aspetto in particolare nel Vangelo secondo Giovanni, nel
settimo segno miracoloso di Gesù in questo vangelo. A cavallo tra la
prima e la seconda metà di questo testo abbiamo un po' di confusione
cronologica (tra il cap. 11 e 12) ma quel che è rilevante è
l'episodio di Maria che, preso dell'olio costoso e profumato, ne
cosparge i piedi di Gesù asciugandoli con i propri capelli. Gesù
stesso interpreterà per gli altri questo gesto come un'anticipazione
della propria sepoltura (12:7). Nel capitolo precedente (c.11) però,
che tuttavia non può che avvenire in un tempo successivo, troviamo
la stessa Maria (v.2: quella
che unse il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i
suoi capelli)
molto preoccupata per la malattia di suo fratello Lazzaro. Sappiamo
tutti come procede la narrazione: Gesù tarda ad arrivare, Lazzaro
peggiora fino a morire ma alla fine Cristo arriva e risuscita Lazzaro
davanti ai presenti esterrefatti. Gesù ha aspettato consapevolmente
quel tempo per mostrare la gloria di Dio, e la gloria di Dio è
esattamente questa: convertire l'olio della sepoltura in olio di
risurrezione e gioia. Un'anticipazione della sua risurrezione che, a
sua volta, sarebbe stata una anticipazione della nostra.
Dove
c'è cenere, Dio promette un diadema. Dove c'è dolore egli promette
olio di gioia. Sempre guardando ai tempi di restaurazione, l'oracolo
del profeta Ezechiele conferma:
Allora
la vergine si rallegrerà nella danza,
i
giovani gioiranno insieme ai vecchi;
io
muterò il loro lutto in gioia, li consolerò,
li
rallegrerò liberandoli del loro dolore.
Geremia
31:13
Questa è
la promessa di Dio, ancora una volta realizzata dal Signore Gesù e
attesa dai credenti di ogni epoca.
3.
UN MANTELLO DI LODE INVECE DI UNO SPIRITO ABBATTUTO
Il terzo
aspetto che stiamo considerando riguarda il mantello di lode al posto
di uno spirito abbattuto. Nella sofferenza, nel dolore, nella morte è
normale avere uno spirito abbattuto. Uno spirito che è a terra e
solo a terra guarda. Parte integrante della missione di Gesù è
stata quella di alzare il nostro sguardo verso di lui e verso il
Padre. Non a caso nel Nuovo Testamento leggiamo:
Aspirate
alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra; poiché voi
moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio.
Lettera
ai Colossesi 3:2-3
La morte
di Cristo ha cancellato il documento a noi ostile, il corpo del
peccato, e nella libertà dei figli di Dio ha permesso che potessimo
alzare lo sguardo verso lassù. Identificati attraverso il battesimo
nella sua morte e risurrezione (Rom. 6:4) siamo stati nascosti con
Cristo in Dio ed è a Dio che dobbiamo guardare, non a noi stessi o
alla caducità del mondo presente. Questo sguardo però non è fine a
sé stesso ma permette il nostro rinnovamento in una serie di
comportamenti che l'autore di questa lettera specifica in seguito,
tra i quali troviamo:
La
parola di Cristo abiti in voi abbondantemente, ammaestrandovi ed
esortandovi gli uni gli altri con ogni sapienza, cantando di cuore a
Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali.
v.6
Aspirare
alle cose di lassù significa aderire alla sequela di Cristo, essere
consapevoli della nostra posizione spirituale in lui e, di
conseguenza (!), essere rivestiti di un mantello di amore e di lode.
In qualsiasi situazione ogni figlio di Dio può ricordarsi che la
propria vita è nel Signore e rallegrarsi per questo esprimendo la
lode spontanea che sorge sotto l'impulso della grazia. Come accadde
agli apostoli persino in prigione, anche noi possiamo e dobbiamo
fissare lo sguardo su Gesù e vivere per questo motivo ogni problema
quotidiano immersi nella lode a Dio, sapendo sempre più per
esperienza di quanto la lode possa cambiare le circostanze intorno a
noi oltre al cuore dentro di noi. Una vita in comunione con il Padre,
che esprime adorazione e amore, è il più grande miracolo che a cui
possiamo assistere in quanto espressione di una vera rigenerazione
spirituale e unione con Cristo.
CONCLUSIONE
“Affinché
siano chiamati querce di giustizia,
la
piantagione del SIGNORE per mostrare la sua gloria.”
Dopo
questo percorso nella consapevolezza biblica di alcuni doni di Cristo
per noi, in quanto espressioni della grazia divina, possiamo giungere
ora allo scopo ultimo di ogni cosa. Non possiamo esimerci infatti dal
comprendere a fondo che ogni aspetto della creazione e della storia
umana ha un destino solo: arrivare a mostrare la gloria di Dio. I
grandi compositori di musica classica come Mozart o Hendel erano
soliti concludere la scrittura degli spartiti con le loro creazioni
appuntando le lettere S.D.G.: Soli Deo Gloria. E questa immagine, in
fondo, è affine al capolavoro di restaurazione che il Padre sta
compiendo in noi. Egli ha raccolto ognuno di noi in una posizione
indegna, imperfetta, mortale e ha donato la vita del Figlio per
poterci rivestire della sua Grazia, perfezione, immortalità. Non è
una trasformazione “magica” ma un percorso spirituale che porta a
comprendere l'ubbidienza dalla sofferenza: tuttavia in questa
sofferenza non si sofferma, trasformandola infine in nobiltà, gioia,
lode e riconoscenza. Il tutto, per diventare querce di giustizia. Il
tutto, per la gloria di Dio.