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domenica 16 febbraio 2020

Il diadema, l'olio e il mantello





INTRODUZIONE

L'Unto profetizzato dall'oracolo della terza parte del libro del profeta Isaia (Is. 61) si distingue per molteplici compiti che sono stati compresi fin da subito in chiave cristologica dalla Chiesa primitiva.

Gesù stesso all'inizio del suo ministero terreno ha annunciato pubblicamente di adempiere in sé proprio quelle qualifiche e quelle missioni (cfr. Lc. 4) e, poco alla volta, i suoi discepoli sono riusciti a comprenderlo in modo sempre più completo. L'annuncio di una buona notizia, della guarigione, liberazione e dell'imminente arrivo del giorno del Signore (foriero contemporaneamente di grazia e vendetta) sono i primi aspetti descritti nell'esercizio di questo ufficio, ma in seguito ne troviamo anche altri legati a doni che, nell'ottica ecclesiale del Nuovo Patto, risultano decisamente significativi. La Grazia di Dio è la fonte della Salvezza in Cristo, ma sappiamo che questa grazia è multiforme, svariata (1 Pt. 4:10) e si manifesta tanto nella varietà di persone e servizi nella Chiesa quanto nella varietà e crescita nelle esperienze spirituali legate alla conoscenza – scritturale e esperienziale – del Signore. Ecco quindi che i doni del Messia agli afflitti vengono descritti nel seguente modo:

[…] per mettere, per dare agli afflitti di Sion
un diadema invece di cenere,
olio di gioia invece di dolore,
il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto,
affinché siano chiamati querce di giustizia,
la piantagione del SIGNORE per mostrare la sua gloria.
Isaia 61:3

Siamo arrivati al momento di poterli considerare insieme.

1. UN DIADEMA, INVECE DI CENERE

I Giudei in esilio pensavano alla propria speranza religiosa come qualcosa di completamente distrutto, andato in cenere. Ed è a loro per primi che Dio promette di dare al posto di questa cenere, ossia della distruzione e annientamento che avevano vissuto, un diadema: termine questo che traduce l'ebraico peh-ayr' indicante un accessorio che abbellisce ma che comporta anche un grado di gloria. In questo senso dunque la traduzione italiana è felice: infatti il diadema è un ornamento utilizzato soprattutto in ambito greco-romano dagli imperatori come simbolo di regalità. Il senso di questo dono quindi è quello del restaurare la dignità perduta, e non solo quella, ma anche una autorità di governo che nel momento presente appare come pura fantasia. Il profilo originario è escatologico ma presenta nuove e essenziali sfumature nel Nuovo Testamento. Proprio qui infatti leggiamo le parole che il Cristo risorto e glorificato rivolge alla sua chiesa:

«All'angelo della chiesa di Smirne scrivi:
Queste cose dice il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita:
"Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita.
Apocalisse 2:8-10

Come disse il martire e teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, la grazia a buon mercato è il pericolo più insidioso e mortale che si può trovare in Chiesa: la grazia del Signore infatti è a caro prezzo. E' gratuita, ma per essere coerente, la sua accoglienza costa tutta la vita. Accettare la buona notizia della salvezza di Dio in Cristo porta a un perdono totale, un perfetto ripristino della relazione con il Padre, ma anche la responsabilità con il sostegno dello Spirito Santo di ripercorrere i passi di Gesù. Crescere nella sua santità, nella sua ubbidienza, nella sua fedeltà fino alla morte. Questa è la condizione per ricevere la corona della vita, il premio di chi ha superato difficoltà, vituperio e tribolazione con e per l'amore restaurante di Dio nel proprio cuore. Proprio dove c'è prigionia, dolore, persecuzione, morte, cenere.....il Cristo glorificato promette una corona di vita e gloria eterna.

2. OLIO DI GIOIA, INVECE DI DOLORE

Il diadema, la corona, non è però l'unico dono che il Messia vuole dare. Come rafforzativo per questo concetto infatti troviamo in secondo luogo l'olio di gioia invece del dolore. L'olio è nel testo biblico da sempre un elemento di regalità (con l'olio venivano unti i re) e proprio l'olio profumato veniva utilizzato per esaltare la bellezza e il potere dei regnanti. L'elemento dell'olio appare con un duplice aspetto in particolare nel Vangelo secondo Giovanni, nel settimo segno miracoloso di Gesù in questo vangelo. A cavallo tra la prima e la seconda metà di questo testo abbiamo un po' di confusione cronologica (tra il cap. 11 e 12) ma quel che è rilevante è l'episodio di Maria che, preso dell'olio costoso e profumato, ne cosparge i piedi di Gesù asciugandoli con i propri capelli. Gesù stesso interpreterà per gli altri questo gesto come un'anticipazione della propria sepoltura (12:7). Nel capitolo precedente (c.11) però, che tuttavia non può che avvenire in un tempo successivo, troviamo la stessa Maria (v.2: quella che unse il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i suoi capelli) molto preoccupata per la malattia di suo fratello Lazzaro. Sappiamo tutti come procede la narrazione: Gesù tarda ad arrivare, Lazzaro peggiora fino a morire ma alla fine Cristo arriva e risuscita Lazzaro davanti ai presenti esterrefatti. Gesù ha aspettato consapevolmente quel tempo per mostrare la gloria di Dio, e la gloria di Dio è esattamente questa: convertire l'olio della sepoltura in olio di risurrezione e gioia. Un'anticipazione della sua risurrezione che, a sua volta, sarebbe stata una anticipazione della nostra.

Dove c'è cenere, Dio promette un diadema. Dove c'è dolore egli promette olio di gioia. Sempre guardando ai tempi di restaurazione, l'oracolo del profeta Ezechiele conferma:

Allora la vergine si rallegrerà nella danza,
i giovani gioiranno insieme ai vecchi;
io muterò il loro lutto in gioia, li consolerò,
li rallegrerò liberandoli del loro dolore.
Geremia 31:13

Questa è la promessa di Dio, ancora una volta realizzata dal Signore Gesù e attesa dai credenti di ogni epoca.

3. UN MANTELLO DI LODE INVECE DI UNO SPIRITO ABBATTUTO

Il terzo aspetto che stiamo considerando riguarda il mantello di lode al posto di uno spirito abbattuto. Nella sofferenza, nel dolore, nella morte è normale avere uno spirito abbattuto. Uno spirito che è a terra e solo a terra guarda. Parte integrante della missione di Gesù è stata quella di alzare il nostro sguardo verso di lui e verso il Padre. Non a caso nel Nuovo Testamento leggiamo:

Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra; poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio.
Lettera ai Colossesi 3:2-3

La morte di Cristo ha cancellato il documento a noi ostile, il corpo del peccato, e nella libertà dei figli di Dio ha permesso che potessimo alzare lo sguardo verso lassù. Identificati attraverso il battesimo nella sua morte e risurrezione (Rom. 6:4) siamo stati nascosti con Cristo in Dio ed è a Dio che dobbiamo guardare, non a noi stessi o alla caducità del mondo presente. Questo sguardo però non è fine a sé stesso ma permette il nostro rinnovamento in una serie di comportamenti che l'autore di questa lettera specifica in seguito, tra i quali troviamo:

La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente, ammaestrandovi ed esortandovi gli uni gli altri con ogni sapienza, cantando di cuore a Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali.
v.6

Aspirare alle cose di lassù significa aderire alla sequela di Cristo, essere consapevoli della nostra posizione spirituale in lui e, di conseguenza (!), essere rivestiti di un mantello di amore e di lode. In qualsiasi situazione ogni figlio di Dio può ricordarsi che la propria vita è nel Signore e rallegrarsi per questo esprimendo la lode spontanea che sorge sotto l'impulso della grazia. Come accadde agli apostoli persino in prigione, anche noi possiamo e dobbiamo fissare lo sguardo su Gesù e vivere per questo motivo ogni problema quotidiano immersi nella lode a Dio, sapendo sempre più per esperienza di quanto la lode possa cambiare le circostanze intorno a noi oltre al cuore dentro di noi. Una vita in comunione con il Padre, che esprime adorazione e amore, è il più grande miracolo che a cui possiamo assistere in quanto espressione di una vera rigenerazione spirituale e unione con Cristo.

CONCLUSIONE

Affinché siano chiamati querce di giustizia,
la piantagione del SIGNORE per mostrare la sua gloria.”

Dopo questo percorso nella consapevolezza biblica di alcuni doni di Cristo per noi, in quanto espressioni della grazia divina, possiamo giungere ora allo scopo ultimo di ogni cosa. Non possiamo esimerci infatti dal comprendere a fondo che ogni aspetto della creazione e della storia umana ha un destino solo: arrivare a mostrare la gloria di Dio. I grandi compositori di musica classica come Mozart o Hendel erano soliti concludere la scrittura degli spartiti con le loro creazioni appuntando le lettere S.D.G.: Soli Deo Gloria. E questa immagine, in fondo, è affine al capolavoro di restaurazione che il Padre sta compiendo in noi. Egli ha raccolto ognuno di noi in una posizione indegna, imperfetta, mortale e ha donato la vita del Figlio per poterci rivestire della sua Grazia, perfezione, immortalità. Non è una trasformazione “magica” ma un percorso spirituale che porta a comprendere l'ubbidienza dalla sofferenza: tuttavia in questa sofferenza non si sofferma, trasformandola infine in nobiltà, gioia, lode e riconoscenza. Il tutto, per diventare querce di giustizia. Il tutto, per la gloria di Dio.

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