Traduttore


domenica 13 maggio 2018

Da schiavo a fratello

Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore.
Filemone 1 



















INTRODUZIONE

La lettera a Filemone è la più breve lettera scritta dall'apostolo Paolo e la terza più breve di tutto il Nuovo Testamento in quanto composta da soli venticinque versetti. Paolo scrive a Filemone che considera "suo collaboratore" (v. 1), come dimostra il fatto che una chiesa si riunisce a casa sua (v. 2). Egli viene definito inoltre suo debitore (v. 19) indicando in questo modo con ogni probabilità che l'apostolo dei gentili lo aveva convertito personalmente.1 Di Filemone apprendiamo che possedeva uno schiavo di nome Onesimo (v. 10), il quale in passato si era rivelato inutile (v. 11), gli doveva del denaro e gli aveva recato qualche danno (v. 18). Dai saluti finali della Lettera ai Colossesi apprendiamo poi che Filemone e Onesimo erano di Colossi e che quest'ultimo deve essere tornato a casa dopo la redazione di entrambe queste lettere:

Tutto ciò che mi riguarda ve lo farà sapere Tichico, il caro fratello e fedele servitore, mio compagno di servizio nel Signore. Ve l'ho mandato appunto perché conosciate la nostra situazione ed egli consoli i vostri cuori; e con lui ho mandato il fedele e caro fratello Onesimo, che è dei vostri. Essi vi faranno sapere tutto ciò che accade qui.
Colossesi 4:7-9

Scrivendo questa missiva privata destinata a Filemone, Paolo afferma più volte di essere prigioniero. Si tratta di una prigionia sperimentata in condizioni che rendevano possibile leggere e scrivere, quindi con uno stato di semilibertà che l'apostolo aveva sperimentato a Cesarea (Atti 24:23) e a Roma (Atti 28:30). La tradizione cristiana ha collocato la redazione di questa lettera assieme alle altre della prigionia (Filippesi, Efesini, Colossesi e 2 Timoteo) nel contesto della prigionia romana, intorno al 62 d.C.2 Quanto all'occasione di scrittura della lettera, lasciamo che sia essa stessa a parlarne.   


NON PIù COME SCHIAVO MA COME UN FRATELLO CARO

Da un punto di vista letterario il corpo della lettera si sviluppa nei versetti 8-20 ed è costituito da due parti: la prima relativa a una esposizione dei fatti e la seconda relativa alla loro soluzione.3

ESPOSIZIONE
Perciò, pur avendo molta libertà in Cristo di comandarti quello che conviene fare, preferisco fare appello al tuo amore, semplicemente come Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù; ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo, un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore. Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria.

SOLUZIONE Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po' di tempo, perché tu lo riavessi per sempre; non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore! Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso. Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, lo scrivo di mia propria mano: pagherò io; per non dirti che tu mi sei debitore perfino di te stesso. Sì, fratello, io vorrei che tu mi fossi utile nel Signore; rasserena il mio cuore in Cristo. Ti scrivo fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel che ti chiedo.
Filemone 8-20

Onesimo era scappato dal suo padrone e in circostanze sconosciute era arrivato a incontrare Paolo, nel frattempo agli "arresti domiciliari". Da questo incontro è nato qualcosa di inaspettato: Onesimo si è convertito a Cristo. Passando del tempo insieme in seguito a questo evento, egli è diventato grandemente amato da Paolo, e di sicuro l'affetto veniva ricambiato visto che Onesimo nel frattempo era diventato molto utile all'apostolo, limitato dalla sua prigionia. In questa situazione però, sebbene Paolo avesse una autorità spirituale sopra Filemone egli non volle usufruirne, decidendo di rimandare Onesimo da Filemone raccomandandosi con quest'ultimo di accoglierlo come sé stesso, addebitandogli ogni danno economico che poteva aver ricevuto.

Nelle sue lettere, Paolo non rivoluziona mai l'istituzione sociale della schiavitù perché era ben consapevole che il vero cambiamento poteva avvenire solo dall'interno: solo dal cuore di ogni singolo padrone e di ogni singolo schiavo credente. Alla chiesa di Colossi dirà:


Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore.

Padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone nel cielo.
Colossesi 3:22 e 4:1

E in modo simile troviamo nella Lettera agli Efesini: 

Servi, ubbidite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo. Fate la volontà di Dio di buon animo, servendo con benevolenza, come se serviste il Signore e non gli uomini; sapendo che ognuno, quando abbia fatto qualche bene, ne riceverà la ricompensa dal Signore, servo o libero che sia. Voi, padroni, agite allo stesso modo verso di loro astenendovi dalle minacce, sapendo che il Signore vostro e loro è nel cielo e che presso di lui non c'è favoritismo.
Efesini 6:5-9

 
Di fronte al Signore non vi sono favoritismi, ma c'è invece la libertà per tutti di servirlo. Non nella ribellione, ma nell'amore per Dio e per il prossimo. L'amore supera ogni distinzione sociale senza annullarla nella relativa istituzione ma trasformandola nella sostanza. Questa è la trasformazione che viene esemplificata, evidenziata e testimoniata proprio dalla vicenda di Onesimo.
 
NON PIù SCHIAVO DEL PECCATO MA SERVO DELLA GIUSTIZIA

Alzando lo sguardo da questa situazione specifica per guardare il cuore del messaggio dell'apostolo Paolo nelle sue lettere, non può passare inosservato il fatto che egli in molti brani egli utilizzi proprio la situazione di schiavitù (ben radicata nella società dei suoi lettori immediati) come esempio per descrivere una realtà spirituale ancora più ampia. La schiavitù e la liberazione da quest'ultima diviene infatti occasione per parlare del significato della grazia e di cosa significhi vivere in essa.

Che faremo dunque? Peccheremo forse perché non siamo sotto la legge ma sotto la grazia? No di certo! Non sapete voi che se vi offrite a qualcuno come schiavi per ubbidirgli, siete schiavi di colui a cui ubbidite: o del peccato che conduce alla morte o dell'ubbidienza che conduce alla giustizia? Ma sia ringraziato Dio perché eravate schiavi del peccato ma avete ubbidito di cuore a quella forma d'insegnamento che vi è stata trasmessa; e, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia. Parlo alla maniera degli uomini, a causa della debolezza della vostra carne; poiché, come già prestaste le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità per commettere l'iniquità, così prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la santificazione. Perché quando eravate schiavi del peccato, eravate liberi riguardo alla giustizia. Quale frutto dunque avevate allora? Di queste cose ora vi vergognate, poiché la loro fine è la morte. Ma ora, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, avete per frutto la vostra santificazione e per fine la vita eterna; perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
Romani 6:15-23

Prima di conoscere Cristo, ogni persona era schiava del peccato. Ma dopo questo incontro è avvenuta una liberazione da questo vincolo (resa possibile dalla morte sostitutiva del Signore) con lo scopo di creare un nuovo vincolo non più con il peccato ma questa volta con l'ubbidienza (a Dio) che porta alla giustizia. Anche volendo, prima non vi era alcuna possibilità legale per poter scegliere un altro padrone: il legame con il peccato era sancito e inviolabile. La grandezza dell'opera di Cristo sta quindi proprio in questo: nell'aver distrutto questo legame e ripristinato una nuova libertà che ha per frutto la santificazione e per fine la vita eterna. 

Ecco quindi che come uno schiavo cristiano aveva la possibilità di servire il proprio padrone e la famiglia che serviva con fedeltà proprio in quanto servo di Cristo, in modo simile ogni credente socialmente libero ha la stessa libertà di non peccare ma ubbidire al Signore in ogni cosa, perseguendo la giustizia in sottomissione alle autorità stabilite da Dio. Il tratto comune è proprio la libertà di ubbidire a servizio della giustizia. Questo è ciò che caratterizza ogni credente, il modo in cui può fare la differenza nel mondo. 

CONCLUSIONE

L'apostolo Paolo proprio mentre era nello stato di maggiore necessità e indigenza ha incontrato uno schiavo ribelle e, predicando il Vangelo, ha reso possibile la sua conversione stringendo un forte legame di amicizia reso possibile dalla nuova condizione di fratellanza nel Signore. Per essere un esempio fino all'ultimo, nonostante la sua autorità apostolica, ha scelto di far tornare Onesimo dal suo padrone accompagnato da alcune lettere, nonostante ne avesse un gran bisogno.

Questa vicenda testimoniata dalla Lettera a Filemone è inserita nella cornice della schiavitù nell'antichità e di come questa poteva essere tollerata all'interno delle comunità cristiane del I secolo. 


Ma a sua volta anche questa cornice è usata altrove proprio dall'apostolo Paolo per descrivere lo stato di libertà del cristiano di fronte al peccato e alla morte: liberato del peccato il credente rigenerato dallo Spirito Santo infatti ha la libertà di vivere perseguendo la santificazione per servire non più il peccato ma ora la giustizia. Schiavi e liberi, genitori e figli, uomini e donne, tutti coloro che abbracciano Cristo diventano in lui fratelli e sorelle; sono accomunati da una stessa condizione per un medesimo fine: la vita eterna.

 

Note:

[1] Jordi Sanchez Bosh, Scritti Paolini, Paideia editrice, Brescia, 2001, p. 303.
[2] Su questo tema tuttavia è ancora in corso un dibattito, essendoci anche altre possibilità ugualmente se non maggiormente probabili. Per approfondire il tema consiglio di consultare: J. S. Bosh, Scritti Paolini, Paideia editrice, Brescia, 2001, pp. 314-317. 
[3] Id. Ibid. p. 309.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...