Traduttore


martedì 18 luglio 2017

La mia gioia più grande

"L'uomo buono lascia un'eredità ai figli dei suoi figli,
ma la ricchezza del peccatore è riservata al giusto." 
Proverbi 13:22 

 DEDICA


























Questo articolo è speciale 
perché dedicato a mia figlia,
Gioia Galliani,
nata oggi. 



 L'ANZIANO, AL CARISSIMO GAIO...

La Terza Lettera di Giovanni è lo scritto più breve del Nuovo Testamento: 220 parole1 e 15 versetti in tutto. A differenza della prima lettera, e in parte della seconda, il suo tema non è di carattere dottrinale, ma risponde a una questione sull'ospitalità: il responsabile di una chiesa locale (Diotrefe) infatti non era stato ospitale nei confronti dei collaboratori dell'autore (v. 9). Questo viene denunciato proprio nella nostra epistola, indirizzata ad un altro credente: il carissimo Gaio. Non si può escludere che Gaio e Diotrefe fossero capi famiglia di diverse comunità poste nella stessa città.2 L'ospitalità nei confronti dei missionari cristiani era fondamentale per la diffusione della verità (v. 8), che trovava ostacolo proprio nella grande distanza tra i diversi gruppi di credenti localizzati probabilmente nei principali centri urbani.3 Da questo fatto quindi, deriva l'occasione di scrittura della lettera. La sua data ed il luogo di redazione invece vengono comunemente circoscritti tra la fine del I e l'inizio del II secolo, probabilmente vicino a Efeso, nella regione dell'Asia minore.4 

È alla fine del I secolo, dunque, che Giovanni scrive a Gaio, iniziando la sua lettera con le seguenti parole:

L'anziano al carissimo Gaio, che io amo nella verità. Carissimo, io prego che in ogni cosa tu prosperi e goda buona salute, come prospera l'anima tua. Mi sono rallegrato molto quando sono venuti alcuni fratelli che hanno reso testimonianza della verità che è in te, del modo in cui tu cammini nella verità. Non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità.
3Giovanni 1-4

Nella presentazione come "anziano", la tradizione cristiana vede un riferimento dell'apostolo Giovanni alla sua autorità di testimone oculare del Signore dovuta all'età avanzata5, mentre altri si interrogano sulla possibilità di un altro credente che, avendo lo stesso nome, avrebbe svolto il ministero di anziano/presbitero nella chiesa di Efeso alla fine del I secolo.6 Egli scrive in modo estremamente confidenziale, mostrando sin da subito il grande affetto e la grande stima per il destinatario Gaio. Afferma infatti immediatamente di amarlo nella verità, e di pregare per la sua prosperità e salute. Troviamo come indicazione il fatto che alcuni fratelli avevano fatto visita a Giovanni testimoniando della verità che era in Gaio, e tutto questo viene riportato come la fonte della sua gioia più grande. Evidentemente Gaio era un figlio spirituale di Giovanni (come Timoteo e Tito lo erano per Paolo: cfr. 1 Tim. 1:2 e Tito 1:4) e la notizia della sua irreprensibilità viene colta da un moto di gioia: non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità. Questo tipo di gioia e questo tipo di profondo legame nella fede è caratteristico dell'attività cristiana missionaria descritta nel Nuovo Testamento. Solo per citare due esempi, troviamo infatti la gioia dell'apostolo Paolo quando apprende che i credenti di Tessalonica evangelizzati da poco tempo erano restati fermi nella fede nonostante le persecuzioni:7

Perciò anch'io, non potendo più resistere, mandai a informarmi della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse tentati, e la nostra fatica fosse risultata vana. Ma ora Timoteo è ritornato e ci ha recato buone notizie della vostra fede e del vostro amore, e ci ha detto che conservate sempre un buon ricordo di noi e desiderate vederci, come anche noi desideriamo vedere voi. Per questa ragione, fratelli, siamo stati consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede, pur fra tutte le nostre angustie e afflizioni; perché ora, se state saldi nel Signore, ci sentiamo rivivere. Come potremmo, infatti, esprimere a Dio la nostra gratitudine a vostro riguardo, per la gioia che ci date davanti al nostro Dio, mentre notte e giorno preghiamo intensamente di poter vedere il vostro volto e di colmare le lacune della vostra fede?
1Tessalonicesi 3:5-10

La notizia della fermezza nella fede di questi credenti fa sentire Paolo - angustiato e afflitto per mille problemi e difficoltà - addirittura come rivivere. Lo fa sentire gioioso davanti a Dio! Ma questo non avviene solo nei loro riguardi. Infatti nella lettera scritta ai credenti di Filippi leggiamo:

Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!
Filippesi 4:1

Anche in questo caso, la fermezza della fede dei credenti raggiunti dal Vangelo grazie all'apostolo, è da lui direttamente collegata alla propria allegria e gioia, anzi: addirittura alla propria corona, il premio celeste!8 Questi due esempi, uniti al testo della Terza Lettera di Giovanni, delineano con grande chiarezza l'intenso sentimento e l'enorme partecipazione che legavano gli apostoli - i ministri della Parola, cfr. Atti 6:4 - nella loro attività missionaria con le persone che ricevevano il messaggio del Vangelo e, convertendosi, aderivano alla sequela di Cristo. Era la gioia più grande vedere che la salvezza di Dio in Cristo Gesù toccava così tante persone, e in modo così radicale e permanente. E tale deve essere anche al giorno d'oggi. Il legame che si instaura viene frequentemente paragonato a quello tra un padre e i propri figli (cfr. 1 Cor. 4:14) piuttosto che a quello di un maestro con i propri discepoli. Paolo arriva a dire ai corinzi di averli generati in Cristo Gesù mediante il Vangelo (1 Cor. 4:15), implicando quindi di conseguenza di essere loro genitore spirituale. Naturalmente, a maggiore ragione l'educazione cristiana e la conversione dei propri figli naturali è fonte di doppia benedizione e gioia. Sin dall'Antico Testamento apprendiamo che un figlio saggio rallegra suo padre (Pr. 10:1), i padri sono la gloria dei loro figli (Pr. 17:6) e i figli del giusto che camminano in modo integro sono beati (Pr. 20:7). Per non parlare della realtà familiare, contesto fondamentale nel quale Dio si rivela ad Abramo e promette a lui proprio un figlio come inizio di una innumerevole discendenza. Nel Nuovo Testamento troviamo ancora Timoteo, che era stato educato sinceramente nella fede da sua madre Eunice e sua nonna Loide (2 Tim. 1:5). Ma vediamo anche che il rispetto dei figli nella famiglia rende adatto (rispondendo anche alle altre caratteristiche elencate) un padre di famiglia all'incarico di vescovo (1 Tim. 3:2). Nel nuovo patto scopriamo che i credenti, essendo stati adottati dal Padre celeste attraverso il Signore Gesù, diventano parte della famiglia di Dio (Ef. 2:19), e quindi a maggior ragione coloro che sono parte di una famiglia naturale che aderisce insieme al Vangelo possono vivere nella pienezza della gioia e nella genuinità quotidiana della loro fede. Per questo motivo, il pastore riformato Jon D. Payne nel suo libro relativo alla rivalutazione della liturgia riformata presenta l'adorazione domestica come "una delle più belle espressioni del Vangelo nella vita familiare".9 E per lo stesso motivo il riformatore Martin Lutero presentando il suo Piccolo Catechismo ai pii pastori e predicatori, sottolinea la responsabilità dei genitori nel governo cristiano della famiglia.10 Sono le famiglie le unità fondamentali di ogni comunità, e di conseguenza la corretta devozione personale e familiare non può che stare alla base della salute spirituale di qualsiasi chiesa locale. Nel cuore dei padri volto verso i figli e nel cuore dei figli volto verso i padri, si passerà indenni nel giorno del Signore (cfr. Mal. 4), e in questa stessa comunione familiare e spirituale viene stabilita la gioia nello Spirito Santo. Questa è la gioia che viene allargata anche alla chiesa, questo è il tipo di gioia che viene vissuta nell'evangelizzazione e nel discepolato personale. Penso che sia molto importante evidenziare proprio questa realtà per poter vivere serenamente in contesti che altrimenti possono portare anche alla frustrazione. La logica del Regno di Dio non è una logica di crescita aziendale, ma di crescita spirituale, la sua gioia non è radicata nell'accumulo ma nel dono di sé e nel ricevimento di questo dono da parte degli altri. Donando amore e fede nella propria famiglia, presto o tardi si vedrà il loro sviluppo naturale fiorendo e portando frutto nel cuore degli altri membri. Donandoli nella propria comunità, o nelle persone che ancora non conoscono il Signore, allo stesso modo si raggiungerà il momento in cui riconoscere il frutto di questa semina, e raggiungere la gioia più grande. Certo, con pazienza. Al contrario, non ricevere a casa propria (v. 9), non ricevere nel proprio cuore, porterà divisione. Una divisione dalla quale ne escono tutti sconfitti. Alla fine, questo è il tema centrale della Terza Lettera di Giovanni: imitare il bene, non il male. Accogliere il prossimo, e non respingerlo. Diffondere la verità, e non nasconderla. E in questo modo, raggiungere la gioia più grande: la perfetta armonia tra più generazioni, naturali e spirituali.

CONCLUSIONE

























La Terza Lettera di Giovanni, pur essendo il più breve testo del Nuovo Testamento, e pur non trattando argomenti dottrinali, apre un'illuminante finestra sulla corretta attitudine cristiana e sulla grande gioia che essa può procurare. Nel cuore del suo contesto, ci insegna molto sulla vita missionaria e sulla benedizione di un discepolato che segua le orme di Cristo, ci mette in guardia dalla sete di potere nella chiesa e dal rifiuto della comunione e dell'ospitalità, ed infine ci incoraggia esplicitamente ad imitare il bene e non il male (v. 11). 

Ad un secondo livello più generale, questa lettera evidenzia la grandissima gioia che lega i ministri della Parola ed i credenti più maturi (genitori spirituali) con i discepoli più giovani nella fede (figli spirituali); e specularmente come questa stessa gioia può essere trasportata anche nella famiglia vera e propria quando le sue relazioni di sangue vengono suggellate dalla comune fede nel Signore. 

Ringraziamo il Signore per le nostre relazioni: nella famiglia, nella fede e nella società. In esse infatti possiamo avere le più grandi sfide della nostra vita, ma è proprio lì che il Signore ha deciso di offrirci le più grandi possibilità di gioia e benedizione. Accogliamo il prossimo, doniamo con gioia, preghiamo ferventemente e, affidandoci completamente al Signore, potremo dire assieme a Giovanni:
non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità.

Ecco, i figli sono un dono che viene dal SIGNORE;
il frutto del grembo materno è un premio.
Come frecce nelle mani di un prode,
così sono i figli della giovinezza.
Beati coloro che ne hanno piena la faretra!
Non saranno confusi
quando discuteranno con i loro nemici alla porta.

Salmo 127:3-5




Note:

[1] Josep-Oriol Tuni, Xavier Alegre, Scritti giovannei e lettere cattoliche (1997), Paideia, p. 158. 
[2] Id. Ibid., 159.
[3] Id. Ibid
[4] Id. Ibid., 160.
[5] La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur (2007), Società biblica di Ginevra, p. 1991.
[6] Cfr: 
- J.-O. Tuni, X. Alegre, Scritti giovannei e lettere cattoliche (1997), Paideia, p. 159.  
- Papia presso Eusebio, Hist. Eccl. 3,39,3,4 
- Decretum Gelasianum 
[7] Per approfondire il contesto di questo brano:
http://www.davidegalliani.com/2016/01/il-frutto-dellapostolato-parte-ii-una.html

[8] Cfr. 1 Cor. 9:25.
[9] Jon D. Payne, Nello spendore della santità, BE edizioni, p. 45.  
[10] Martin Lutero, Il Piccolo Catechismo - a cura di Fulvio Ferrario, Claudiana (2015), p. 25. 
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...