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domenica 21 dicembre 2014

Il campo di attività


"Nel principio Dio creò i cieli e la terra"
Genesi 1:1

1.INTRODUZIONE
Il primo versetto della Genesi introduce immediatamente il concetto di tempo (nel principio) e di spazio spirituale e fisico (i cieli e la terra). L'esistenza del tempo e dello spazio rimarrà una costante non solo per tutta la Scrittura ma anche per tutta la storia del nostro universo e dell'intera umanità. Ogni riflessione, ogni racconto, ogni pensiero non può in alcun caso prescindere da un contesto storico e geografico, perché esso riveste il ruolo di custode delle circostanze che hanno dato alla nascita un determinato evento, offrendone la più corretta chiave di lettura. I migliori libri di storia presentano la vita dei grandi personaggi del passato motivando le loro azioni, spesso poco comprensibili al giorno d'oggi, con la frase "essendo figlio del suo tempo". Il luogo e la cultura in cui viviamo ci influenzano molto più di quanto possiamo immaginare. 
Nel 1942, lo scrittore cristiano Clive Staples Lewis pubblicò un libro epistolare nel quale immaginava una serie di lettere scritte dall'anziano demone Berlicche al suo giovane nipote Malacoda, con l'intento di istruirlo alla tentazione e alla dannazione del giovane essere umano a lui assegnato. Lo scopo di questo libro, intitolato "le lettere di Berlicche", era evidentemente quello di comprendere per antitesi chi è il vero cristiano e quali sono i maggiori pericoli nei quali può incorrere. Nell'ottava lettera del libro, troviamo queste parole:
Gli esseri umani sono anfibi - mezzo spirito e mezzo animale. (La risoluzione del Nemico di produrre un ibrido talmente ributtante fu una delle cose che decisero Nostro Padre a ritirargli il suo appoggio). Come spiriti essi appartengono al mondo dell'eternità, ma come animali sono abitatori del tempo. Ciò significa che, mentre il loro spirito può essere diretto verso un oggetto eterno, il loro corpo, le passioni e l'immaginazione sono in continuo divenire, poiché essere nel tempo significa mutare.
Questa semplice ma efficace immagine, raffigura l'esatta condizione dell'essere umano. Tanto che il libro dell'ecclesiaste afferma:

Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta.  
Ecclesiaste 3:11 

L'uomo è immerso nello scorrere del tempo, e per questo motivo non può comprendere appieno l'opera che Dio ha fatta, ma possiede comunque il pensiero dell'eternità ed il desiderio di una vita eterna. Queste considerazioni sono di fondamentale importanza per comprendere la cornice di ogni racconto biblico e persino di ogni aspetto dottrinale. Riconoscere e discernere il contesto culturale della Scrittura dalla fiamma eterna della Parola di Dio è il definitivo banco di prova di ogni ministro del Signore e, in ultima analisi, di ogni credente. Nel panorama biblico, la realtà dello scorrere del tempo viene mostrata dalla fedeltà di Dio per tutte le generazioni. Nel libro di Isaia leggiamo queste parole:

Chi ha operato, chi ha fatto questo?
Colui che fin dal principio ha chiamato le generazioni alla vita.
Io, il SIGNORE, sono il primo; io sarò con gli ultimi.
Isaia 41:4 

Il Signore stesso proclama la sua assoluta sovranità e la sua presenza per tutta la storia dell'uomo, dal primo all'ultimo. Di uguale importanza però, nella Bibbia ritroviamo anche la coordinata spaziale, oggetto specifico di questo studio. Come vedremo a breve, appena l'uomo viene creato, è deposto in un particolare ed importante luogo fisico; e ogni qualvolta il Signore entra nella storia per rivelare i suoi disegni, questi comprendono sempre uno specifico territorio per uno specifico tempo. Se è vero che i piani di Dio per l'umanità sono enormi come gli oceani, è sicuramente vero anche il fatto ch'egli desideri che ognuno di noi, come singole gocce, si ritrovi nel posto giusto al momento giusto. La perfezione di Dio infatti, è ben manifesta proprio nei dettagli.

2.EDEN
Dio il SIGNORE prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. 
Genesi 2:15 

Nella narrazione del secondo capitolo di Genesi, immediatamente dopo aver creato l'uomo (v.7), il Signore pianta un giardino in Eden e vi pone l'uomo che aveva appena formato. E' un giardino speciale, pieno di ogni albero gradevole alla vista e buono per il nutrimento, tra i quali due alberi molto particolari: quello della vita e quello della conoscenza del bene e del male (v.9). In ebraico, "Eden" significa "delizia", "piacere", caratteristiche che ben si evidenziano nel primo territorio abitato dall'uomo. In questo contesto, Adamo riceve l'incarico di servire Dio lavorando e custodendo il giardino. Questo è un compito materiale, che rivela l'originaria intenzione del Signore di fare dell'uomo un suo amministratore; ma anche spirituale, in quanto l'uomo è chiamato a sovrintendere anche a due preziose realtà spirituali: la realtà della conoscenza del male e la realtà della vita eterna. Tutti conosciamo il fallimento di questo progetto e la relativa espulsione di Adamo ed Eva dal giardino delle delizie. Forse però non abbiamo riflettuto a lungo sul lavoro di giardiniere in sé e per sé. Nell'Antico Testamento, il giardino simboleggia il corpo dell'amata o dell'amato. Il Cantico dei Cantici infatti descrive la verginità della protagonista presentandola come "un giardino serrato" (4:12). Molto probabilmente, l'autore del vangelo di Giovanni riprende questa stessa interpretazione nel capitolo XX, quando Maria Maddalena scambia Cristo risorto per il custode del giardino. In questa occasione Gesù non si fa toccare né trattenere, venendo ritratto come l'amato del Cantico, che vuole dare tempo all'amore di trovarlo. Ebbene, il primo Adamo era senz'altro il soggetto principale dell'amore di Dio, l'amato di Dio, e riceve da Lui il compito di sorvegliare il giardino delle delizie: un luogo fisico che simboleggia e delimita la speciale comunione che egli aveva con il Creatore. Adamo doveva custodire questa creazione di Dio, ma anche ubbidire al Signore e rispettare la Sua volontà evitando di mangiare dall'albero del bene e del male. Il vero compito di Adamo dunque era quello di custodire il suo rapporto con Dio, custodire la fiducia che il Signore aveva riposto in lui. A causa del suo tradimento invece, è dovuto essere allontanato ed è stata necessaria l'incarnazione di Cristo come secondo Adamo (1 Co 15:45), per riconciliare l'umanità a Lui e restaurare il rapporto originale.

Il giardino di Eden perciò è stato il primo luogo geografico abitato e custodito dall'uomo, simbolo del prezioso rapporto tra quest'ultimo ed il Signore. Adamo è stato posto in questo specifico territorio per il suo pieno benessere spirituale, psicologico e fisico, secondo il motivo originario per cui è stato creato. Adamo come custode del giardino è senza ombra di dubbio un'immagine dell'uomo amato da Dio, chiamato a rispettare e custodire questo stesso amore.

3.SICHEM
Il SIGNORE disse ad Abramo: «Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra».
Genesi 12:1-3 

Dopo il tentativo da parte degli uomini di riunirsi nel paese di Scinear per costruire una torre che arrivasse al cielo ed acquistare fama, il Signore interviene confondendo il loro linguaggio e disperdendo le persone indistintamente su tutta la faccia della terra. Da questo avvenimento passano diverse generazioni prima di trovare a Ur dei Caldei un nuovo protagonista del racconto biblico, di nome Abramo. La città di Ur secondo il libro apocrifo dei Giubilei (11:3) è stata costruita da Ur figlio di Kesed, discendente di Arpacsad e di Sem. Questa informazione non trova conferma né smentita nel libro di Genesi che semplicemente omette il particolare soffermandosi unicamente sulla linea dinastica specifica che da Sem arriva a Tera e ad Abramo. Dopo la morte di Aran, fratello di Abramo, il padre Tera si trasferisce con la famiglia di Abramo e con il nipote Lot nel paese di Caran; città conosciuta al giorno d'oggi con il nome di Harran, in Turchia, e distante indicativamente 400 km in linea d'aria da Ur. 

In questo contesto, il Signore chiama Abramo a lasciare la casa di suo padre e il paese nel quale stava vivendo, per andare verso un paese nuovo e sconosciuto. Insieme a questa richiesta, c'è la promessa di una benedizione speciale sulla sua famiglia, di generazione in generazione. Abramo ubbidisce e si reca subito nel territorio indicato dal Signore, fermandosi nella città di Sichem, dove riceve la promessa che la sua discendenza avrebbe abitato quel posto. Per questo motivo, qui egli erige un altare (Gen 12:6,7). 

Questo momento della vita di Abramo viene spesso sottovalutato, trovando negli eventi successivi (il viaggio in Egitto, la divisione con Lot, la vittoria dei re, la benedizione di Melchisedec, e soprattutto la nascita di Ismaele e Isacco) spunti più interessanti per una riflessione teologica. In realtà però la promessa di Sichem riveste un'importanza fondamentale. Essa infatti viene adempiuta centinaia di anni più tardi ai tempi di Giosuè (cfr Gs 24), quando proprio in questa località il popolo di Israele prometterà di servire ed ubbidire il Signore:

Il popolo rispose a Giosuè: «Il SIGNORE, il nostro Dio, è quello che serviremo, e alla sua voce ubbidiremo!» Così Giosuè stabilì in quel giorno un patto con il popolo, e gli diede delle leggi e delle prescrizioni a Sichem. Poi Giosuè scrisse queste cose nel libro della legge di Dio; prese una gran pietra e la rizzò sotto la quercia che era presso il luogo consacrato al SIGNORE. E Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco, questa pietra sarà una testimonianza contro di noi; perché essa ha udito tutte le parole che il SIGNORE ci ha dette; essa servirà quindi da testimonianza contro di voi; affinché non rinneghiate il vostro Dio».
Giosuè 24:24-27 

Sichem è il primo luogo in cui Abramo è stato condotto da Dio, è il posto dove egli riceve la promessa di abitazione della sua discendenza. 
Sichem è il luogo dove il popolo di Israele (discendente di Abramo) ha rinnovato il patto con il suo Dio. 

Al pari del giardino dell'Eden però, Sichem è anche il posto del tradimento di questa alleanza tra Dio e l'uomo, il luogo dove si tenne l'assemblea popolare che decise la divisione del regno di Israele ed il regno di Giuda (cfr. 2 Cronache 10:1) e dove si insediò Geroboamo, progettando e promuovendo l'apostasia e l'idolatria nazionale per mantenere il potere (cfr. 1 Re 12:25-33). Il Signore aveva promesso questo posto a tutta la discendenza di Abramo, ma a causa della sua ribellione, solo una parte alla fine ha abitato il paese, divenendo presto deportata in Assiria. Se il primo luogo abitato dall'uomo significava "delizia", questo luogo - abitato da un uomo speciale, chiamato da Dio a benedire le famiglie della terra - significa invece "spalla". Una parte del corpo dedicata al lavoro, ma che rappresenta anche la forza ed il vigore; con una possibile allusione negativa, legata appunto all'infedeltà di Israele (cfr. Nehemia 9:29 che seppur usando un altro termine ebraico, rimanda proprio a questa parte del corpo).


4.GERUSALEMME
Ancora una volta, un luogo geografico simboleggia nella Scrittura una chiamata all'intimità con il Signore, al servizio e alla vita di un patto relazionale. Ancora una volta, un territorio preciso rappresenta anche il tradimento da parte dell'uomo, e la perdita della sua identità sempre più lontana dal Creatore.

Dopo aver riflettuto sul giardino di Eden e sulla località di Sichem, diventa a questo punto fondamentale soffermarci ora sulla città di Gerusalemme. Chiunque abbia letto la Bibbia almeno una volta per intero, non può non essere rimasto stupito del fatto che questa città sia continuamente al centro dei racconti e degli avvenimenti dei vari testi, ricorrendo ben 771 volte, senza contare le volte in cui viene presentata con altri appellativi. La incontriamo per la prima volta nel libro di Genesi: 

Melchisedec, re di Salem, fece portare del pane e del vino. Egli era sacerdote del Dio altissimo. Egli benedisse Abramo, dicendo: «Benedetto sia Abramo dal Dio altissimo, padrone dei cieli e della terra!  
Genesi 14:18,19 

Salem era appunto un vecchio nome di Gerusalemme, occupata a quel tempo dal clan amorrita dei Gebusei. Questo avvenimento avrà un profondo eco tanto nell'Antico Testamento (Salmo 110) quanto nel Nuovo (Ebrei 7). E' solo al tempo della monarchia di Israele, che il re Davide conquisterà la città, facendone la capitare del regno:

Allora il re, con la sua gente, si mosse verso Gerusalemme contro i Gebusei che abitavano quel paese. Questi dissero a Davide: «Tu non entrerai qua; perché i ciechi e gli zoppi ti respingeranno!» Volevano dire: «Davide non entrerà mai». Ma Davide prese la fortezza di Sion, che è la città di Davide. Davide disse in quel giorno: «Chiunque batterà i Gebusei giungendo fino al canale e respingerà gli zoppi e i ciechi che sono gli avversari di Davide...». Da questo ha origine il detto: «Il cieco e lo zoppo non entreranno nel tempio». Davide abitò nella fortezza e la chiamò Città di Davide; e vi fece delle costruzioni intorno, cominciando da Millo verso l'interno.
2 Samuele 5:6-9


Gerusalemme sorge sull'altura di Sion, a 765 metri sul livello del mare, e per tal motivo è spesso chiamata con quest'ultimo nome. Dopo la conquista di Davide diventerà il centro politico e religioso di tutto Israele (sostituendo Silo, la precedente capitale), ospitando a partire dal regno di Salomone, il celebre ed importante Tempio. Tutto il popolo era chiamato a fare dei pellegrinaggi annuali durante la Pasqua, la Festa delle primizie e  la Festa delle capanne. Dopo la divisione tra Regno di Israele e Regno di Giuda, soltanto quest'ultimo ha tramandato la linea dinastica davidica e in buona misura la tradizione di fede in YHWH; contrapponendosi invece al Regno del Nord che ha attraversato numerosi colpi di stato, ed ha assimilato in forma maggiore le religioni dei popoli confinanti. Per la Scrittura dunque, Sion rappresenta il monte del Signore, il luogo dove vi è il Tempio Santo: l'unico posto del mondo in cui le preghiere fatte sono come se fossero espresse direttamente nel cielo. Sion è il cuore del futuro regno messianico (Salmo 2; Isaia 2), è il luogo della dimora del Signore (Salmo 9:11) da cui Egli stesso manda il suo soccorso (Salmo 20).

Dio è ben conosciuto in Giuda;
il suo nome è grande in Israele.
Il suo tabernacolo è in Salem,
e la sua dimora in Sion. 
Salmo 76:1,2

Il Tempio di Gerusalemme è stato distrutto da Nabucodonosor II nel 586 a.C., e la popolazione di Giuda è stata deportata a Babilonia. Ma anche in questo esilio, tutti gli ebrei ortodossi continuavano a pensare a Gerusalemme:

Salmo 137:1 Là, presso i fiumi di Babilonia, 
sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. 

La sua santità ed importanza spirituale è tale da formulare in questo Salmo un'auto-maledizione nel caso in cui ci si dimentichi di essa:

Se ti dimentico, Gerusalemme,
si paralizzi la mia destra;
resti la mia lingua attaccata al palato,
se io non mi ricordo di te,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
Salmo 137:5,6 

Appare chiaro il fatto che la Bibbia presenta Gerusalemme come la città più importante del mondo. Certo, è stata la capitale del regno di Israele e successivamente di Giuda. Sicuramente è stata anche il centro delle attività religiose ebraiche, ma più di ogni altra cosa essa è il cuore del regno spirituale di Dio: tanto nell'antico Israele quanto nel futuro regno del Messia.
Non si tratta quindi di una semplice importanza politica, economica o geografica, ma piuttosto del luogo che il Signore ha scelto per dimorare e rappresentare in terra il Suo dominio e la Sua autorità. Così come il tabernacolo di Mosè è stato costruito secondo il modello spirituale (Esodo 25:9, Ebrei 8:5), anche Gerusalemme rappresenta una sua controparte celeste, come scopriamo nel libro dell'Apocalisse di Giovanni. Se le località precedenti erano importanti, comprendiamo ora che questa nuova città è invece veramente unica. Nei piani del Signore, l'uomo doveva abbandonare il giardino di Eden e distorcere la città di Sichem; ma a differenza di queste due località, la città di Gerusalemme non è mai stata abbandonata nei pensieri del Creatore, manifestando il desiderio di mantenerla come luogo di incontro con l'uomo nonostante i suoi tradimenti e la sua debolezza. Al ritorno dall'esilio, i giudei costruirono un secondo Tempio, ripristinando la vita religiosa perduta. Durante l'oppressione ellenistica venne difeso il culto a YHWH con tutte le risorse disponibili, riuscendo a riconsacrare il santuario profanato da Antioco Epifane IV. Dopo quasi due secoli da questo avvenimento, Gesù Cristo si è incarnato, nascendo a Betlemme. Come è evidente dalle narrazioni evangeliche, Gesù visse per la maggior parte della Sua vita terrena in Galilea, salendo a Gerusalemme in occasioni delle feste annuali. In particolare, il vangelo di Giovanni è scandito proprio dalle festività ebraiche, individuando almeno tre occasioni in cui il Signore si diresse nella capitale (Gv. 2:13., 5:1, 11:55). Nella terza occasione, celebrerà la Pasqua e sarà arrestato e ucciso sulla croce, prima di risorgere tre giorni dopo. 

Poi li condusse fuori fin presso Betania; e, alzate in alto le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio.
Luca 24:50-53 

E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero:  «Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo».
Atti 1:10-11 


Betania è a pochi chilometri ad Est di Gerusalemme, sul monte degli Ulivi. Qui il Signore è asceso al cielo e nello stesso punto Egli ritornerà, per insediarsi definitivamente a Gerusalemme:

Io radunerò tutte le nazioni per far guerra a Gerusalemme,
la città sarà presa, le case saranno saccheggiate, le donne violentate;
metà della città sarà deportata,
ma il resto del popolo non sarà sterminato dalla città.
Poi il SIGNORE si farà avanti e combatterà contro quelle nazioni,
come egli combatté tante volte nel giorno della battaglia.
In quel giorno i suoi piedi si poseranno sul monte degli Ulivi,
che sta di fronte a Gerusalemme, a oriente,
e il monte degli Ulivi si spaccherà a metà, da oriente a occidente,
tanto da formare una grande valle;
metà del monte si ritirerà verso settentrione
e l'altra metà verso il meridione. 
Zaccaria 14:2-4 

Cristo ritornerà a Gerusalemme, spanderà uno spirito di supplicazione su Israele che finalmente potrà ravvedersi e riconoscerlo come Messia e Signore (Zac. 12:10). Ma anche all'inizio di questo nuovo regno, sarà ancora una volta scelta la stessa città come capitale spirituale del mondo:

«In quel giorno molte nazioni s'uniranno al SIGNORE
e diventeranno mio popolo;
io abiterò in mezzo a te
e tu conoscerai che il SIGNORE degli eserciti mi ha mandato da te.
Il SIGNORE possederà Giuda, come sua parte
nella terra santa,
e sceglierà ancora Gerusalemme.
Ogni creatura faccia silenzio in presenza del SIGNORE,
perché egli si è destato dalla sua santa dimora».

Zaccaria 2:11-13

Il SIGNORE degli eserciti preparerà per tutti i popoli su questo monte
un convito di cibi succulenti,
un convito di vini vecchi,
di cibi pieni di midollo,
di vini vecchi raffinati.
Distruggerà su quel monte il velo che copre la faccia di tutti i popoli
e la coperta stesa su tutte le nazioni.
Annienterà per sempre la morte;
il Signore, Dio, asciugherà le lacrime da ogni viso,
toglierà via da tutta la terra la vergogna del suo popolo,
perché il SIGNORE ha parlato.
Isaia 25:6-8

Dopo la Grande Tribolazione, durante il regno millenario di Cristo (Ap. 5), molte nazioni si uniranno al Signore e dovranno salire a Gerusalemme per rendergli omaggio. Nel monte Sion infatti Egli preparerà un convito per stipulare un patto di salvezza con le genti, esattamente come fece al tempo di Mosè con Israele, sul monte Sinai:

Poi Mosè e Aaronne, Nadab e Abiu e settanta degli anziani d'Israele salirono e videro il Dio d'Israele. Sotto i suoi piedi vi era come un pavimento lavorato in trasparente zaffiro, e simile, per limpidezza, al cielo stesso. Ma egli non stese la sua mano contro quegli eletti dei figli d'Israele; anzi essi videro Dio, e mangiarono e bevvero.
Esodo 24:9-11 

Successivamente, i cieli e la terra verranno distrutti per lasciare spazio ad una nuova ed eterna creazione:

E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate».
Apocalisse 21:2-4 

Gerusalemme viene presentata nel libro di Genesi come la città della Pace, e come abbiamo visto, è stata costituita dal Signore per ufficializzare una nuova unione con l'uomo, attraverso la morte e resurrezione di Cristo avvenute proprio in questo luogo. Sebbene al tempo presente essa sia contesa tra vari popoli e religioni, la sua identità resta legata indissolubilmente a Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo, che hanno aperto per questa dispensazione la salvezza a tutte le genti in tutto il mondo richiedendo un'adorazione in Spirito e verità (Gv. 4:23) slegata da templi e santuari; tuttavia all'inizio del futuro regno messianico il Signore richiamerà tutti i popoli della terra proprio in questo luogo, per inaugurare un tempo eterno di comunione e pace.

5.FINO ALL'ESTREMITA' DELLA TERRA
Quelli dunque che erano riuniti gli domandarono: «Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?» Egli rispose loro: «Non spetta a voi di sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità. Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra».
Atti 1:6-8 

Facendo un passo indietro, credo sia opportuno approfondire i pensieri di Dio per questo tempo, così come sono rivelati ancora una volta nelle Scritture. Come abbiamo visto, Gerusalemme è considerata dal Signore la capitale del Suo Regno spirituale, il luogo dove tutti gli ebrei si dirigevano per rendergli culto e dove convergeranno tutti i popoli alla fine di questa età. Al presente però, viviamo nella dispensazione della Chiesa, in una "bolla temporale" il cui scopo è quello di far raggiungere la salvezza a tutti i gentili eletti, prima del ravvedimento di Israele e dell'instaurazione del regno millenario di Cristo (cfr. Romani cc. 9,10,11). 

Oggi non abbiamo la necessità di adorare Dio sul monte Sion, né in qualunque altra parte specifica del mondo, ma abbiamo solo l'indicazione di farlo secondo lo Spirito Santo ed in verità. La Chiesa è ovunque, lo Spirito è ovunque, e la missione di Dio per questo tempo è ovunque nel mondo. I versetti che abbiamo appena letto, all'inizio del libro degli Atti degli Apostoli, dichiarano proprio questo, allargando il campo di azione dei discepoli del Signore "fino all'estremità della terra". A Gerusalemme i discepoli ricevono il battesimo nello Spirito Santo e - secondo un moto centrifugo - possono adempiere a questo mandato. Essi rappresentano la Chiesa universale nella sua interezza, che attraverso la parola di Gesù e il battesimo nello Spirito, acquisisce il mandato e l'autorità su tutto il mondo, fino alle sue estremità. Se successivamente alla creazione, Dio aveva affidato ad Adamo ed Eva (Gen. 1:28) l'autorità per sottomettere la terra e tutti gli animali, in modo analogo ora - dopo la resurrezione di Cristo, il secondo Adamo e la primizia della resurrezione - Egli affida alla Chiesa il mandato di predicare e discepolare le genti di tutto il mondo, sul fondamento del potere di Cristo e con la garanzia della Sua presenza fino alla fine dell'età presente. La Chiesa universale dunque ha autorità su tutta la terra, per tutta la durata della dispensazione della Grazia, ma, come stiamo per constatare, i singoli apostoli ed i singoli credenti hanno un'incarico preciso e non vago in tutto questo, ricevendo da Dio il compito di predicare il vangelo ognuno in un territorio specifico. Questa distinzione non è politica o religiosa (in senso liturgico) ma piuttosto puramente spirituale, attingendo dalla volontà stessa di Dio rivelata di volta in volta ai singoli protagonisti. Avviciniamoci quindi a questo principio spirituale sempre all'interno della Scrittura, prima di giungere alle debite conclusioni nella nostra vita personale di credenti del XXI secolo, in attesa di ritornare tutti alla fine dei tempi - secondo un moto centripeto - proprio a Gerusalemme, luogo in cui questa epoca è iniziata.
6.CORINTO
Una notte il Signore disse in visione a Paolo: «Non temere, ma continua a parlare e non tacere; perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città». Ed egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando tra di loro la Parola di Dio.
Atti 18:9-11 

Durante l'inverno che sta tra il 50 e il 51 d.C., l'apostolo Paolo è nel mezzo del suo secondo viaggio missionario. Reduce dal limitato successo della sua predicazione ad Atene, egli si dirige a Corinto. Anche in questa città riceve opposizione, ma presto si converte il capo della sinagoga ed altre persone con lui, formando il nucleo di una nuova chiesa locale appena venuta alla luce. E' in questo contesto che possiamo valorizzare i versetti appena letti. 

Il Signore parla in visione all'apostolo, confortandolo con la sicurezza della Sua presenza ed esortandolo alla predicazione, rivelandogli che aveva un popolo numeroso in quella città da raggiungere. Ricevendo questo riscontro, Paolo si ferma a Corinto per un anno e sei mesi, continuando a lavorare nel ministero per rafforzare e ingrandire la comunità. Dopo sei anni da quell'inverno però, ritroviamo la chiesa lacerata da divisioni interne, immoralità, dottrine proto-gnostiche e una profonda immaturità dei credenti. Paolo scrive due lettere per cercare di delineare una linea che salvasse la comunità, recandosi successivamente di persona a Corinto, ma le cose vanno di male in peggio e i credenti iniziano a dare ascolto a nuovi apostoli itineranti che insegnano dottrine legalistiche in contrasto con il Vangelo di Cristo. Paolo parte dalla città senza aver risolto nulla, arrivando ad Efeso e scrivendo quella che viene chiamata la "lettera severa" (2 Co 2:4). Successivamente riceve delle buone notizie da Tito, che annuncia il ravvedimento di molti credenti della comunità. Per questo motivo, e per evitare ulteriori ribellioni, l'apostolo scrive una nuova epistola, conosciuta come "seconda lettera ai Corinzi":

Poiché noi non abbiamo il coraggio di classificarci o confrontarci con certuni che si raccomandano da sé; i quali però, misurandosi secondo la loro propria misura e paragonandosi tra di loro stessi, mancano d'intelligenza. Noi, invece, non ci vanteremo oltre misura, ma entro la misura del campo di attività di cui Dio ci ha segnato i limiti, dandoci di giungere anche fino a voi. Noi infatti non oltrepassiamo i nostri limiti, come se non fossimo giunti fino a voi; perché siamo realmente giunti fino a voi con il vangelo di Cristo. Non ci vantiamo oltre misura di fatiche altrui, ma nutriamo speranza che, crescendo la vostra fede, saremo tenuti in maggior considerazione tra di voi nei limiti del campo di attività assegnatoci, per poter evangelizzare anche i paesi che sono di là dal vostro senza vantarci, nel campo altrui, di cose già preparate. Ma chi si vanta, si vanti nel Signore. Perché non colui che si raccomanda da sé è approvato, ma colui che il Signore raccomanda.
2 Corinzi 10:12-18

I falsi apostoli che conoscevano i Corinzi si raccomandavano da sé, paragonandosi tra di loro stessi. Paolo invece non lo faceva perché non doveva dimostrare niente a nessuno, voleva solamente ubbidire alla voce del Signore: la stessa voce che anni prima gli aveva comandato di predicare e raggiungere il popolo che Egli aveva in quella città. Questa certezza gli consentiva di avere una fermezza straordinaria, confidando che sopra ogni cosa il Signore stesso si sarebbe preso cura di questo gregge. L'apostolo era perfettamente consapevole del campo di attività che aveva ricevuto da Dio. Il campo di attività rappresentato dagli stranieri incirconcisi (Gal. 2:7, 8), ma anche il campo di attività dei territori che si estendevano dalla Siria fino probabilmente alla Spagna (Rom 15:28), pur avendo alcune eccezioni in riguardo all'Asia minore e la Bitinia (Atti 16:6). L'obiettivo per Paolo era quello di assistere la chiesa di Corinto affinché potesse crescere nella fede, e poi continuare ad evangelizzare i paesi al di là del loro adempiendo alle opere già preparate dal Signore per lui (cfr. Ef. 2:10). Per questo motivo non ha senso raccomandarsi da soli: l'unica raccomandazione utile è quella del Signore, proprio in relazione ai doni e al ministero specifico affidato ad ogni singola persona. 

Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O abbiamo bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione presso di voi o da voi? La nostra lettera, scritta nei nostri cuori, siete voi, lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne.
2 Corinzi 3:1-3 

La lettera di raccomandazione che deve avere ogni ministro di Dio è quella scritta con lo Spirito di Dio nei cuori delle persone attraverso il proprio servizio cristiano. Questa è la raccomandazione del Signore, la prova dell'attendibilità di un ministero che non potrà essere invalidato. 

Questo esempio evidenzia le conseguenze della grande missione che Gesù ha dato alla Chiesa universale. Essa ha autorità fino all'estremità della terra, ma nel I secolo l'apostolo Paolo ha ricevuto il mandato specifico solo per gli stranieri e per le regioni che arrivano fino alla Spagna ma, come già detto, con l'esclusione dell'Asia minore (che Paolo ha solo costeggiato nei suoi viaggi, fermandosi invece ad Efeso) e della Bitinia. Come mai? Perché nella Sua sovranità, il Signore ha voluto lavorare diversamente in queste regioni, con altre persone e altri tempi. Paolo aveva un campo di attività e il suo successo è da ricondursi alla fedeltà di lavoro entro i limiti di questo campo. Oltrepassarlo avrebbe significato anteporre il proprio vanto alla volontà di Dio, fallendo senza dubbio lo scopo per il quale era stato chiamato. Ogni cristiano lavora per le opere che sono state precedentemente preparate dal Signore per lui, ma proprio per questo motivo ogni cristiano deve crescere nella maturità e nel discernimento della propria chiamata e del proprio ministero, al fine di lavorare correttamente nel proprio campo, per la gloria di Dio. Il divieto dello Spirito Santo espresso in Atti 16:6 non è certamente un caso, ed è possibile trovare una possibile motivazione di questo strano impedimento nell'ultimo libro della Bibbia: l'Apocalisse di Giovanni. 

7.L'ASIA MINORE
Io, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù, ero nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui rapito dallo Spirito nel giorno del Signore, e udii dietro a me una voce potente come il suono di una tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatiri, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea».
Apocalisse 1:9-11 

La tradizione cristiana associa l'Apocalisse all'apostolo Giovanni, nei suoi ultimi anni di vita. L'autore afferma di essere compagno degli altri credenti nella tribolazione, nel regno di Cristo e nella costanza di lavoro per il Signore. In esilio nell'isola di Patmos, egli vive un rapimento nello Spirito che lo porta a vedere e sentire una serie di rivelazioni destinate alle chiese di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatiri, Sardi, Filadelfia e Laodicea. L'attività ministeriale di Giovanni viene ricondotta soprattutto ad Efeso nella seconda metà del I secolo, ossia successivamente alla morte dell'apostolo Paolo; ed è interessante il fatto che tutte le altre città nominate sorgono nel territorio specifico e circoscritto dell'Asia minore, a poca distanza proprio da Efeso. Seguendone la disposizione sembra in effetti di riconoscere un ipotetico viaggio ministeriale dell'apostolo, residente ed operante in quella regione. La letteratura subapostolica presenta il vescovo Policarpo come discepolo dell'apostolo Giovanni: un cristiano nato, vissuto e morto a Smirne, proprio una delle sette città coinvolte dall'Apocalisse. Tutte queste testimonianze sono concordi nel presentare l'apostolo Giovanni come l'autorità apostolica indiscussa nella regione dell'Asia minore. Non appare chiaro se Giovanni si sia recato ad Efeso prima o dopo Paolo, ma in entrambe i casi non cambia la conclusione: l'impronta spirituale di questa regione viene infatti ricondotta in modo specifico all'apostolato di Giovanni. Riflettendo su questo fatto, possiamo valutare come chiave di lettura proprio il proposito di Dio per l'apostolo, per questa regione geografica e per quel tempo specifico. Non è sicuramente un caso che il Signore riveli a lui la condizione spirituale delle chiese dell'Asia e non invece della Grecia, o dell'Italia. Leggendo i primi tre capitoli, si evidenzia una nitidissima immagine della condizione spirituale di queste chiese; con i loro successi, i loro insuccessi e le sfide che devono superare per poter restare nell'approvazione di Cristo. Questi brani presentano delle novità assolute nella Scrittura ma riprendono anche degli elementi della letteratura profetica veterotestamentaria. Spesse volte infatti i profeti ricevevano degli oracoli per Israele, Giuda, e per le altre nazioni straniere; citando peccati specifici di questi popoli e castighi altrettanto specifici. In senso lato, il profetismo è l'interpretazione del presente dal punto di vista di Dio, e questi capitoli corrispondono in modo quantomai calzante a questa definizione. Dalla condizione spirituale di queste chiese, parte la proiezione degli avvenimenti futuri, ma spesso si sottovaluta il significato proprio di questo inizio. Solidificare la propria consapevolezza sul significato di questi pochi capitoli (1-3) significa infatti crescere nella comprensione del principio spirituale del "campo di attività" e del fatto che ogni crescita spirituale (personale o ministeriale) ed ogni rivelazione passa inderogabilmente da questa legge spirituale. Il Signore non affida ai Suoi ministri degli incarichi che sono al di fuori di quelli che aveva precedentemente preparato per loro, e tali incarichi riguardano un tempo ed uno spazio specifico. Partendo da questo tempo e da questo spazio, può concedere rivelazioni su eventi futuri e globali, ma anche questi casi non sono mai slegati dall'opportuno punto di partenza. Questo per un semplice motivo: l'ordine. Lo stesso Dio che ha creato il tempo, i cieli e la terra, ha anche predisposto il Suo proposito per ogni singolo luogo e momento affinché raggiungano lo scopo per ciascuno di essi. Nulla nella creazione è stato lasciato al caso, nulla nella Chiesa è stato lasciato al caso. Così come il corpo di Cristo trae sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte (Ef. 4:16), allo stesso modo la storia della creazione trae sviluppo nella misura del vigore di ogni minimo elemento. E, nella sovrana volontà di Dio, l'elemento dell'Asia minore del I secolo era stato affidato proprio al discepolo che Gesù amava, elemento che ha aperto la porta all'eccezionale rivelazione della fine di questo mondo e dell'inizio di una nuova ed eterna comunione con il Creatore. 

8.CONSIDERAZIONI FINALI
Il giardino di Eden ha rappresentato per Adamo la custodia della sua relazione con il Creatore, la città di Sichem ha manifestato la fedeltà di Dio per il Suo patto con Abramo ma anche il tradimento dell'uomo verso la propria famiglia ed il Signore stesso; la città di Salem-Gerusalemme è invece immagine della pace che Dio ha voluto ripristinare con l'umanità attraverso il sacrificio di Cristo. Da Gerusalemme è partita la missione della Chiesa universale ed a Gerusalemme essa sarà richiamata al momento del ritorno del Signore. In questo specifico periodo di tempo, Gesù ha affidato alla Chiesa il compito di fare discepoli "fino all'estremità della terra", ma questo grande incarico è diviso tra tutti i credenti di tutte le epoche. Ciascuno di essi infatti riceva da Lui un incarico legato alle opere personali precedentemente preparate, riferite ad un tempo ed una regione geografica specifica. Come nell'Antico Testamento il profeta Isaia ministrava a Gerusalemme e Michea, suo contemporaneo, nelle campagne rurali del Sud di Giuda; allo stesso modo nel Nuovo Testamento l'apostolo Paolo edificava chiese in tutta la Grecia e l'apostolo Giovanni sovrintendeva la regione dell'Asia minore. 

In tutto questo, non ci sono evidenze bibliche che portino a pensare che nel XXI secolo non sia più così, anzi, la trasversalità di questa legge spirituale attraverso i vari momenti della storia non fa altro che convalidarne la durata fino al ritorno di Cristo. Ogni cristiano - anche al giorno d'oggi - ha dunque dal Signore una chiamata unica e personale, legata al proprio tempo e al proprio luogo di vita (il proprio posto di scuola, di lavoro, di attività quotidiana) oppure per alcuni ad un'altra regione geografica raggiunta nell'ubbidienza missionaria. La consapevolezza della propria identità nel Signore porta inevitabilmente alla consapevolezza della propria chiamata specifica, in modo che ogni singolo figlio di Dio possa dare il proprio contributo per lo sviluppo della Chiesa locale ed universale, secondo il proposito eterno di Dio e per la Sua stessa gloria.
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