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venerdì 21 novembre 2014

Il regime satanico (parte IV): la risposta di Dio nella Chiesa nascente

ATTENZIONE: Questo è uno studio strutturato in più parti. Nell'introduzione verrà fatto un breve riassunto delle considerazioni precedenti. Tuttavia, se non hai letto i primi tre studi e vuoi leggerli dall'inizio, puoi trovarli nei seguenti collegamenti:

Per leggere la prima parteCLICCA QUI
Per leggere la seconda parteCLICCA QUI
Per leggere la terza parte, CLICCA QUI.

1.INTRODUZIONE
L'impero babilonese, medo-persiano, macedone, ed infine quello romano, sono stati protagonisti di un importante sogno profetico avuto da Nabucodonosor e interpretato da Daniele. Nel sogno vi era una grandissima statua a forma di uomo composta da metalli e materiali diversi che rappresentavano appunto i differenti regni che si sarebbero susseguiti nella storia. Gli elementi comuni a tutti questi imperi sono la potenza militare e il desiderio di sottomettere tutto il mondo conosciuto al proprio governo centrale, uniformando così ogni aspetto della società al servizio del sovrano. Questo antico desiderio era sorto già dalla prima discendenza di Caino e si è successivamente manifestato nel progetto della torre di Babele e nella fondazione della città di Babilonia. Nei precedenti studi sono state affrontate tutte queste fasi della storia, terminando con un'approfondimento sulla prefettura della Giudea come parte della provincia romana della Siria, e sul momento in cui questo potere temporale si è incontrato con il potere eterno di Gesù Cristo. Nel piano di Dio, questo momento non doveva essere la fine del regime satanico ma l'inizio di una nuova fase del progetto di salvezza per l'umanità; per questo motivo Cristo non ha preso ciò che era suo di diritto ma al contrario si è reso ubbidente al Padre fino alla morte di croce per riscattare gli eletti di ogni tempo. Questo momento ha portato alla creazione della Chiesa, in attesa dell'ascesa dell'ultimo grande impero presentato dal sogno di Nabucodonosor, e della distruzione definitiva di ogni opera che si eleva contro la conoscenza di Dio per opera del ritorno del Signore.

Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. Ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò le zizzanie in mezzo al grano e se ne andò. Quando l'erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparvero anche le zizzanie. E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: "Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c'è della zizzania?" Egli disse loro: "Un nemico ha fatto questo". I servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a coglierla?" Ma egli rispose: "No, affinché, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con esse il grano. Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: 'Cogliete prima le zizzanie, e legatele in fasci per bruciarle; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio'"».
Matteo 13:24-30

Questo è il tempo della maturazione del grano e delle zizzanie infestanti, è il tempo della massima espressione dell'amore e della grazia di Dio e della massima furiosa attività di Satana e del suo esercito demoniaco. Questo, è il tempo della Chiesa.

2.LA CHIESA: POPOLO DI DIO
Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
Atti 2:1-4 

Dopo la resurrezione, il Signore ha comandato agli undici apostoli di fare dei discepoli tra tutti i popoli. Questo avvenimento rappresenta il fulcro di tutto il vangelo di Matteo (28:16-20), un importantissimo brano che porta a conclusione il libro e offre la chiave di lettura dell'intera narrazione evangelica. Al contrario del redattore di Matteo però, l'autore del vangelo di Luca e degli Atti degli Apostoli non si ferma qui, ma continua a raccontare gli avvenimenti seguenti: le attività degli apostoli e la nascita della Chiesa. Se la resurrezione di Cristo è la manifestazione del pieno significato della Pasqua, la nascita della Chiesa è manifestazione del pieno significato di Pentecoste. Nell'Antico Testamento, la festività della Pasqua ricordava la fuga dall'Egitto, la liberazione dall'oppressione e dalla schiavitù grazie all'intervento sovrannaturale di Dio. Il Signore però diede al popolo di Israele anche altre festività annuali da rispettare (un vero e proprio calendario profetico), ben descritte al capitolo XXIII del Levitico. Dopo la Pasqua infatti troviamo la festa delle Primizie, e dopo ancora sette settimane, la festività di Pentecoste. 

Dall'indomani del sabato, dal giorno che avrete portato l'offerta agitata del fascio di spighe, conterete sette settimane intere. Porterete dai luoghi dove abiterete due pani per un'offerta agitata, i quali saranno di due decimi di un efa di fior di farina e cotti con lievito; sono le primizie offerte al SIGNORE. 
Levitico 23:15, 17  

Nella festa delle Primizie il popolo di Israele offriva a Dio il primo fascio di spighe della stagione, ma nella festa di Pentecoste si offrivano due pani interi. Questa tradizione ebraica presenta un forte simbolismo che si è potuto spiegare soltanto dopo la resurrezione di Cristo. Egli, infatti, è la primizia della resurrezione (cfr. 1 Co 15:20 e ss.); ma a Pentecoste ha mandato lo Spirito Santo ai suoi discepoli da parte del Padre (cfr. Gv 15:26), portando alla nascita la sua unica Chiesa formata da Giudei e gentili (cfr. Gv 10:16). Tante spighe di grano sono utilizzate per produrre la farina, che a sua volta viene lavorata con olio e acqua per cucinare un unico pane. Similmente, esseri umani di ogni lingua, nazione e tribù (Apocalisse 7:9) da quel momento e per le successive generazioni sono stati battezzati in acqua e nello Spirito Santo per essere parte di un unico corpo: il Corpo di Cristo.


Israele come popolo eletto da Dio era formato da dodici tribù confederate, che tuttavia si sono divise intorno al 930 a.C. arrivando addirittura a farsi guerra tra di loro. L'elemento dell'unità nella diversità che il Signore ha voluto preservare in questo popolo, è stato incompreso ed osteggiato dall'avidità degli uomini che, mossi dalla seduzione satanica, hanno invece promosso guerre e conquiste volte a sottomettere i propri fratelli con la forza piuttosto che cercare la comprensione e la collaborazione, trovando spesso alleati nelle nazioni straniere piuttosto che tra la propria gente (come ben evidenzia la guerra siro-efraimitica). Possiamo vedere un primo sintomo di questa attitudine nella volontà del popolo di avere un unico re e non più una conduzione collegiale in sottomissione al Signore (cfr. 1 Samuele 8:4, 5), ma anche nel governo di Roboamo figlio di Salomone e nei successivi re di Giuda e Israele. L'infedeltà di Israele e Giuda sono state però volte in bene dal Signore che in questo modo ha potuto offrire la salvezza eterna anche agli altri popoli, in attesa del tempo in cui questo antico popolo potrà finalmente ravvedersi (cfr. Romani 11). La festa di Pentecoste che ha seguito la resurrezione di Cristo perciò apre un nuovo tempo, stabilito per la salvezza di tutti i gentili eletti, in attesa della conversione dell'intero popolo di Israele.

Che c'è da contestare se Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza dei vasi d'ira preparati per la perdizione, e ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri? Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò "mio popolo" quello che non era mio popolo e "amata" quella che non era amata»; e «Avverrà che nel luogo dov'era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli del Dio vivente"». 
Romani 9:22-26

3.LA CHIESA: CORPO DI CRISTO
La Chiesa è protagonista della maggior parte del Nuovo Testamento. Gli Atti degli Apostoli descrivono la fondazione della chiesa di Gerusalemme e di tutte le chiese costituite grazie all'opera dell'apostolo Paolo. Le epistole sono state scritte per chiese locali o singoli credenti attivamente coinvolti nella loro edificazione. L'Apocalisse di Giovanni inizia con sette lettere indirizzate a sette chiese dell'Asia minore, descrivendo le loro situazioni spirituale prima di iniziare a mostrare il resto del messaggio. Dalla discesa dello Spirito Santo a Pentecoste, il piano di Dio per la salvezza dell'umanità ha posto al centro di ogni cosa, indiscutibilmente, la nuova realtà che tutti noi conosciamo con il nome di Chiesa, condotta e sostenuta dallo Spirito Santo. 

Giovanni 14:12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch'egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre.

1 Corinzi 6:19 Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi.

Gesù Cristo è stato sulla terra il vero tempio di Dio, vivente ed operante (Gv 1:14, 2:19-21). Salito alla destra del Padre, ha inviato lo Spirito Santo come suo sostituto, che a sua volta è andato a dimorare nella Chiesa, nel cuore di ogni credente nato di nuovo. Probabilmente pensando al termine "Chiesa" ci vengono in mente le centinaia di istituzioni religiose sparse nel mondo e nella storia, nonché le più imponenti cattedrali costruite secondo i migliori stili architettonici. Scritturalmente e spiritualmente però, dobbiamo intendere questa parola in un modo completamente diverso, ben evidenziato dalla dottrina della Chiesa invisibile. Prima di entrare appieno nell'approfondimento della reale natura della Chiesa, ritengo sia utile leggere alcune parole che l'importante teologo riformato Giovanni Calvino indirizzò al sovrano francese Francesco I:
Noi affermiamo che la Chiesa può esistere senza forma visibile e, anzi, che la sua forma non deve essere valutata in base a quella magnificenza esteriore che essi stoltamente ammirano; ma essa ha ben altro segno distintivo, e cioè la pura predicazione della Parola di Dio.
Questa affermazione è sostenuta dall'insegnamento dell'intera Scrittura, tanto dalla vicenda di Elia nella caverna (citata nel testo successivo di Calvino), quanto dalle caratteristiche del Regno di Dio che il Signore stesso ha mostrato, e che sono riportate nel tredicesimo capitolo del vangelo secondo Matteo. Come abbiamo letto prima, infatti, in un campo ben visibile coesistono tanto le zizzanie quanto il grano, ma soltanto l'agricoltore e i suoi servi sanno distinguere le une dalle altre. Esiste perciò una Chiesa visibile, costituita da edifici, organizzazioni e persone, ma all'interno di essa vi è il numero esatto degli eletti di Dio che costituiscono la vera e genuina Chiesa invisibile. Si potrebbe pensare che nel primo secolo la situazione fosse più semplice, ma in realtà anche allora vi erano falsi apostoli, falsi profeti, falsi fratelli che partecipavano per un tempo alle attività liturgiche per poi palesarsi con le loro false dottrine, il loro mormorio e la loro attività di disunione all'interno delle comunità. La vera Chiesa però, dal giorno di Pentecoste è sempre esistita (in forma visibile o invisibile); una Chiesa che oltrepassa le nazioni, le lingue, le società ed il tempo stesso. Questa Chiesa di cui si sta parlando possiede una natura unica, ben descritta dall'apostolo Paolo. Una natura che soddisfa pienamente il Creatore in ogni cosa.

Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito. Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. Se il piede dicesse: «Siccome io non sono mano, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. Se l'orecchio dicesse: «Siccome io non sono occhio, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato? Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo? Ci sono dunque molte membra, ma c'è un unico corpo; l'occhio non può dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né il capo può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui. Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue. Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli? Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti?
1 Corinzi 12:12-30 

La Chiesa universale è il corpo di Cristo e costituisce le sue membra, ciascuno per parte sua. La Chiesa è stata creata per espresso desiderio di Dio, e presenta la sua caratteristica preferita: l'unità nella diversità. Quello che il Signore ha promosso creando l'umanità con due sessi, Israele con dodici tribù e la stessa Scrittura con decine di libri diversi, è arrivato a compimento nel grande sogno di un nuovo popolo santo che comprenda Giudei e Greci, schiavi e liberi, maschi e femmine, tutti uno in Cristo Gesù (Galati 3:28). Lo stesso governo all'interno della Chiesa è stato pensato e istituito in modo collegiale, attraverso l'ordinazione dei presbiteri (cfr. Tito 1:5) e la collaborazione di apostoli, profeti, pastori, dottori ed evangelisti (cfr. Efesini 4:11). La Chiesa di Cristo non è un'istituzione, un'azienda, un'associazione; è invece un popolo che nasce, vive, e prospera come un unico essere vivente, di cui ogni comunità locale non ne rappresenta che una piccolissima porzione. La storia del cristianesimo insegna che molto presto le assemblee hanno iniziato a mancare di fede nella conduzione dello Spirito Santo, richiedendo un unico responsabile esattamente come il popolo di Israele richiese anticamente un unico re che li difendesse e governasse. Insieme a questo, anche i cristiani nella responsabilità di conduzione iniziarono a desiderare più potere per gestire meglio le chiese e difenderle dai falsi apostoli e falsi profeti. Per questo motivo, già dalla fine del I secolo l'episcopato si è trasformato da collegiale a monarchico. Nei secoli seguenti, il cristianesimo si è sempre più istituzionalizzato, perdendo velocemente l'aspetto vivente e dinamico da cui era partito. Nonostante queste evoluzioni religiose, politiche e culturali, per ogni generazione non è mai mancata l'esistenza del vero popolo di Dio: persone genuinamente chiamate dal Signore per svolgere il compito loro destinato. Al giorno d'oggi il cristianesimo è rappresentato da moltissime denominazioni, movimenti, reti apostoliche e confessioni. La vera Chiesa esiste in modo trasversale a tutte queste realtà, comprendendo solo coloro che personalmente e spiritualmente dimorano nel Signore Gesù e nei quali il Signore Gesù dimora (cfr. Gv 15). La natura umana ha da sempre desiderato acquistarsi una nome e una fama, già dal tempo della torre di Babele; l'uomo rigenerato però ha soltanto il desiderio di amare il proprio Signore ed il suo prossimo, perdonando gratuitamente così come egli stesso è stato gratuitamente perdonato. Questa è la vera ed eterna controffensiva di Dio allo spirito del regime satanico. Laddove c'è individualismo, il Signore ha provveduto un grande popolo. Laddove c'è uniformità, il Signore ha provveduto unità nella diversità. Laddove c'è monopolio di potere, il Signore ha provveduto un governo collegiale. Laddove c'è una torre che si innalza fino al cielo, il Signore ha chiamato all'esistenza un popolo che si estendesse per tutta la terra.

Ogni volta che una chiesa locale comprende la sua stessa natura, essa prospera e cresce in numero e maturità. Ogni volta che invece una chiesa locale viene accecata dalla seduzione satanica, viene pervertita la sua identità spirituale (identità di santità, unità nella diversità, amore per Dio e per il prossimo), poi la sua struttura, ed infine la sua attitudine e le sue opere. Quando questo accade, la comunità viene inevitabilmente giudicata dal Signore, e se non si ravvede nel tempo stabilito essa è destinata a ricevere la giusta punizione, come accadde alle sette chiese dell'Asia minore del I secolo. Per questo motivo è di fondamentale importanza comprendere quali siano le caratteristiche scritturali della Chiesa, per poter vivere al meglio nella propria comunità locale ed offrire il proprio contributo nella misura del proprio vigore, oltre che riconoscere in sé stessi e negli altri la seduzione del regime settario e satanico (cfr. Galati 5:19-21), per potersi ravvedere e impegnare a cercare il Signore: il suo perdono, la sua misericordia e il sostegno dello Spirito Santo. 

È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore; ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore.
Efesini 4:11-16 
4.CONCLUSIONI
La risposta di Dio all'orgoglio umano e alla strategia del regime satanico è stata quella di intervenire in prima persona, sacrificandosi come Figlio al posto dell'umanità, per poterla riscattare e dimorare nel proprio popolo in un modo tanto intimo quale non lo era mai stato in passato. La statua sognata da Nabucodonosor mostrava i principali imperi umani influenzati dalla seduzione del regime satanico, ma non mostrava la grandiosa risposta che il Signore avrebbe dato prima della distruzione finale. Del resto, l'esistenza stessa della Chiesa è stato a lungo un mistero, tenuto nascosto fin dai tempi più remoti (cfr. Romani 16:25, Efesini 3, 5:32, Colossesi 1:27, 1 Pietro 1:12). La Chiesa come Corpo di Cristo rappresenta sulla terra il Regno di Dio, nato con il ministero terreno di Cristo ed espanso nei secoli seguenti, pur coesistendo in questo tempo con l'attività satanica che sarà definitivamente sradicata solo al ritorno del Signore, quando egli stesso interverrà per distruggere con la forza ogni impero ed ogni ribellione contro la sua autorità. 

In questo studio, è stato quindi possibile approfondire le dinamiche che regolano il tempo presente: comprendere i principi satanici all'opera, e realizzare a fondo le caratteristiche fondamentali della Chiesa, al fine di poter sottomettere la propria vita al volere di Dio e alla conduzione dello Spirito Santo. 

La Scrittura però non si ferma qui, ma continua nella sua rivelazione e descrive il momento futuro in cui Satana sarà definitivamente distrutto, e con lui tutti coloro che si elevano orgogliosamente nella ribellione contro Dio. Il tema della parte finale del sogno di Nabucodonosor infatti - relativo alla grande pietra che distrugge la statua di forma umana - viene ripreso e sviluppato all'interno dell'Apocalisse di Giovanni, contesto relativo al prossimo ed ultimo studio dedicato a questo ampio ed importante tema biblico. 

mercoledì 12 novembre 2014

Le sette lettere dell'Apocalisse (parte VI): la chiesa di Filadelfia

«All'angelo della chiesa di Filadelfia scrivi:
Queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre:
"Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato. Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch'io ti preserverò dall'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona. Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio (la nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio) e il mio nuovo nome. Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese".
Apocalisse 3:7-13 
1.INTRODUZIONE
Filadelfia è una città dell'odierna Turchia, conosciuta al giorno d'oggi con il nome di AlaşehirDista circa 50 km dalla città di Sardi, la cui chiesa è destinataria della precedente lettera, presente sempre nel terzo capitolo dell'Apocalisse. Sardi purtroppo è stata distrutta definitivamente nel 1402 d.C., ma Filadelfia continua ad esistere, anche se con un nome differente. Essa è stata fondata nel 189/190 a.C. dal re di Pergamo, Attalo II (conosciuto anche come Eumene II Sotere). La relativa chiesa invece è probabilmente nata grazie al ministero dell'apostolo Paolo, durante il suo soggiorno nella vicina Efeso (Atti 19:10). Come abbiamo visto negli studi dedicati alle precedenti lettere, la successione delle sette chiese destinatarie delle relative missive dei capitoli 2 e 3 dell'Apocalisse, può alludere ad un ipotetico (o reale) viaggio apostolico di Giovanni nell'Asia minore, partendo da Efeso e terminando il percorso a Laodicea. 

All'inizio di questo libro biblico, Gesù Cristo appare a Giovanni in mezzo a sette candelabri d'oro, che vengono identificati con le sette chiese destinatarie delle sette lettere (cfr. 1:20). Tutto questo succede mentre l'apostolo si trovava in prigionia nell'isola di Patmos (1:9), e porta a pensare ad una rivelazione specifica legata alla condizione spirituale della regione nella quale Giovanni si era stabilito. Sebbene i capitoli successivi coinvolgano molti altri elementi, alcune interpretazioni (nel dettaglio: quella preterista e quella futurista) vedono in questi due capitoli delle parole legate al contesto storico della fine del I secolo, considerando quindi i brani in modo letterale. Del resto, se l'apostolo Paolo affermava di ricevere delle chiare indicazioni dallo Spirito Santo e dal Signore Gesù in relazione all'opera in un determinato territorio (cfr. Atti 16:6, Atti 16:9, Atti 18:9 e ss., Atti 20:23), è assolutamente probabile dal punto di vista teologico e spirituale che anche altri apostoli avessero delle indicazioni - più o meno dettagliate - di questo tipo. 

Tutte le lettere seguono lo stesso schema:

- Presentazione di Cristo in accordo con la condizione della chiesa
- Riconoscimento degli aspetti positivi
- Condanna di quelli negativi
- Correzione, esortazione a risolvere i problemi
- Promessa e incoraggiamento a perseverare.

La varietà delle condizioni comunitarie e il loro numero (il sette, biblicamente correlato alla perfezione) ha fatto pensare ad alcuni studiosi che i messaggi fossero in realtà diretti alle chiese di ogni tempo, oppure alla Chiesa universale nelle varie epoche della storia dell'umanità. Queste visioni rappresentano rispettivamente l'interpretazione idealista e quella storica. C'è da dire in ogni caso che chiunque ritenga l'intera Bibbia come infallibile parola di Dio, non può fare altro che riconoscere la storicità dei suoi testi, ma anche l'eterna validità spirituale dei messaggi contenuti, applicabili quindi in qualsiasi età e di beneficio di qualsiasi persona. 


2.LA CHIESA DI FILADELFIA
Alla chiesa di Filadelfia, il Signore si presenta come il Santo ed il Veritiero, come colui che ha la chiave di Davide. Quest'ultima è una citazione di Isaia 22:22, dove un oracolo associa per volontà divina la chiave di Davide al prefetto Eliachim, che in questo modo veniva investito dell'autorità di ammettere o allontanare le persone dalla presenza del re di Giuda. Cristo quindi si presenta alla comunità come colui che ha l'autorità di ammettere ed allontanare chi vuole dal suo regno davidico. Questo, per infondere una maggiore consapevolezza alla chiesa circa la sua chiamata ad entrare per un'importante porta, aperta a causa della grande fedeltà di questi credenti. Questa porta può rappresentare l'ingresso nel regno, oppure un'opportunità di servizio. Un ulteriore premio e dimostrazione di amore da parte del Signore, riguarda la promessa di concessione di "alcuni della sinagoga di Satana". Questa espressione ricorre anche nella precedente lettera alla chiesa di Smirne e si riferisce ai giudei che hanno rinnegato Cristo e perseguitato la chiesa. Dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme infatti, i rapporti tra cristianesimo e giudaismo diventarono molto più tesi, e questi ultimi inserirono nelle loro celebrazioni la Birkat Ha Minim, un anatema (ossia, una maledizione) rivolta a tutti gli eretici, tra cui i cristiani stessi. I credenti di Filadelfia avevano sopportato fedelmente ogni difficoltà, e per questo motivo il Signore promette che i loro detrattori verranno a prostrarsi ai loro piedi, probabilmente in seguito alla conversione. A seguire, troviamo la promessa di preservazione dall'ora della tentazione. Questo tempo di tentazione per il mondo intero viene associato alla tribolazione: ossia al periodo di sette anni che precederà l'avvento di Cristo e l'instaurazione del suo regno. La tribolazione per molti coincide con le descrizioni dell'Apocalisse presenti nei capitoli dal sei al diciannove, profetizzati dall''Antico Testamento come la settantesima settimana di Daniele. La seconda metà di questo periodo è chiamata grande tribolazione (cfr. Mt 24:21), e vede peggiorare drammaticamente ogni situazione prima del ritorno di Gesù al termine di questo tempo. L'interpretazione storica dell'Apocalisse individua nella chiesa di Filadelfia la Chiesa universale che va dal 1750 d.C. al periodo del rapimento, quando secondo questa dottrina essa sarà preservata dal periodo della tribolazione. L'esortazione e la sfida è quella di mantenere fermamente quello che la chiesa aveva, aspettando il Signore. La promessa finale invece è per i vincitori (coloro che si mantengono fedeli) quella di essere una colonna nel tempio di Dio e ricevere il nome di Dio, il nome della città di Dio ed il nome di Gesù Cristo. Nelle Scritture i nomi delle persone sono molto frequentemente nomi profetici che descrivono il destino della persona stessa. A partire dai patriarchi di Israele, quasi tutti gli uomini e le donne che hanno incontrato Dio hanno avuto da Lui un nuovo nome, proprio per evidenziare come fosse cambiata la loro vita ed il loro destino. Per i credenti di Filadelfia quindi, ricevere il nome di Dio, il nome della Nuova Gerusalemme e il nome di Cristo significava ricevere un nuovo destino e vivere eternamente con Dio ed in Dio. La promessa seguendo lo schema ripreso in tutte le lettere precedenti, si conclude con l'esortazione: chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.

3.LA LETTERA DI IGNAZIO DI ANTIOCHIA
Nei primi anni del II secolo d.C., quindi verosimilmente tra i dieci e i venti anni dopo la lettera presente nell'Apocalisse, il vescovo di Antiochia fu condannato ad essere dato in pasto alle belve. Imprigionato in Siria fu quindi condotto per un lungo viaggio verso Roma. In questo viaggio ebbe modo di scrivere sette lettere, di cui una indirizzata proprio alla chiesa di Filadelfia. Dalla lettera appare una chiesa ben salda, degna dei riconoscimenti di Cristo che abbiamo appena approfondito. Ignazio descrive la comunità come "ricolma di gioia grazie alla passione del Signore nostro, senza divisioni e, nella sua resurrezione, pienamente consapevole di ogni dono di misericordia". Successivamente elogia il loro vescovo, riconoscendo la sua disposizione verso Dio come virtuosa e perfetta; ed esorta a fuggire dalle divisioni e dagli insegnamenti dei giudei. Un tema centrale sembra essere quello di preservare l'unità con i ministri della chiesa (vescovo, anziani e diaconi) e sottolineare la superiorità del Vangelo rispetto all'Antico Testamento. Riflettendo su questi indizi, si potrebbe anche pensare che la comunità avesse in quel tempo una buona componente di origine giudaica, che pur evitando di influenzare direttamente in modo negativo gli altri fratelli manteneva un certo legame con le proprie origini, generando una discreta confusione. Questo fatto confermerebbe il compimento della promessa di Cristo nella lettera dell'Apocalisse (li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi), costituendo un importante collegamento tra i due documenti epistolari. In seguito a questa lettera non abbiamo più molte informazioni sulla chiesa di Filadelfia, ma la sua fama e la promessa di essere una colonna del tempio di Dio si sono diffuse in tutto il mondo e in ogni generazione di cristiani, proprio grazie al prezioso libro dell'Apocalisse, sigillo conclusivo dei libri canonici, ritenuti da tutta la cristianità come "infallibile parola di Dio".  

4.CONCLUSIONE
Pur possedendo uno schema comune, le sette lettere dell'Apocalisse rispondono in modo profondamente personale alle situazioni che coinvolgevano le rispettive chiese. La fedeltà di questi credenti è entrata a pieno titolo nell'immaginario dei cristiani di ogni età, tanto che anche al giorno d'oggi parecchie comunità locali si chiamano "Filadelfia" proprio in loro onore. Questa lettera inoltre possiede una grande importanza ai fini dell'escatologia, costituendo un importante indizio per la dottrina pre-tribolazionista, che vede precedere il rapimento della Chiesa rispetto alla tribolazione (ti preserverò dall'ora della tentazione). La conclusione stessa poi, con la promessa di diventare colonna del tempio di Dio e di ricevere i tre nomi, portano a compimento il valore di questa chiesa così speciale, che tanto ha sofferto ma che tanto sarà premiata, per la misericordia e l'amore del nostro Signore.

sabato 1 novembre 2014

L'etica del Nuovo Testamento












1.INTRODUZIONE
Con il termine etica si intende, in senso ampio, quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento (gr.ἦθος) umano, politico, giuridico o morale («Etica» in Enciclopedia Treccani). In senso più prettamente filosofico esso si riferisce specificamente ad una riflessione riguardante la sfera delle azioni umane che va alla ricerca di un ideale universale di vita buona. L’etica è, in questo senso, una disciplina che affonda le sue radici nel pensiero greco, e che trova in Socrate il suo padre fondatore. È a questo filosofo ateniese che si fa risalire, infatti, il primo tentativo di definire la natura della virtù e della vita buona. La filosofia socratica, magistralmente ripresa e sviluppata dall'allievo Platone, va alla ricerca della chiarificazione di idee come il bene, la giustizia, il piacere, la felicità, a partire dalla convinzione che sia possibile per questi concetti etici trovare una definizione universale al di là delle opinioni personali.

La riflessione etica come teoria generale della vita buona è presente in modo limitato negli scritti del Nuovo Testamento. In ambito cristiano essa si è sviluppata a partire dall’idea, predicata da Gesù di Nazaret, di un’uguaglianza tra gli uomini chiamati ad essere figli di Dio. Da questo presupposto nasce la regola di condotta evangelica che si traduce nel sommo comandamento d’amore per gli altri. L’etica cristiana è un operoso donare sé stessi, senza nulla chiedere in cambio, la vita buona è condotta in vista dell’attuazione del Regno che è sì dono di Dio, ma insieme meta cui l’uomo deve tendere. Essa riscopre il grande ideale di perfezione morale nell'unico modello di vita: il Figlio di Dio fatto uomo che, incarnandosi e morendo in croce, riscattò gli uomini offrendo loro il «dono di diventare figli di Dio» (Giov. 1, 12).


2.UN'ETICA ESCATOLOGICA 












Leggendo l'Antico Testamento, è possibile accorgersi molto presto di quale sia stato l'evento trasformante per tutto il popolo ebraico: la liberazione dall'oppressione egiziana, e la promulgazione della Legge di Dio trasmessa per mezzo di Mosè. Questi avvenimenti sono raccontati nel pentateuco, ossia nei primi cinque libri della Bibbia. Tali eventi si sono solidificati nell'identità etnica e nazionale del popolo, centralizzando la fede comune per poi condurla oltre con la promessa davidica (renderò stabile il tuo trono per sempre..), l'edificazione del tempio, e l'attesa del Messia. Nel caso del cristianesimo, è possibile trovare un'importante analogia all'interno del Nuovo Testamento: un nuovo evento specifico che ha permesso l'edificazione della Chiesa e la trasmissione della fede nei millenni. Questa vera e propria chiave di volta è particolarmente evidenziata nelle tradizioni dei vangeli sinottici e corrisponde alla pasqua, ossia alla resurrezione del Signore. Studiando i vangeli si è soliti adoperare questo evento come spartiacque, e fare quindi una distinzione fra il gruppo prepasquale (ossia i discepoli che seguirono Gesù durante il suo ministero terreno, raccogliendo i suoi detti), e la comunità postpasquale (ossia le comunità che vivevano nella fede del Cristo risorto, fortificate da questo evento sovrannaturale attraverso il quale rivedere la precedente tradizione per una comprensione più completa del piano di Dio). 

Nelle nostre considerazioni sull'etica cristiana, il corretto punto da cui iniziare è costituito proprio dal gruppo prepasquale e dalle rispettive tradizioni che sono successivamente confluite all'interno dei vangeli sinottici. In questi testi, possiamo sottolineare subito una caratteristica importante della predicazione di Gesù: ossia che il suo messaggio etico si identifica con quello escatologico, con l'annuncio del regno di Dio che sta per venire. E' infatti a causa dell'imminente arrivo del regno che si può enunciare l'imperativo "convertitevi!" che troviamo per esempio in Mc 1:15 o Mt 3:2, 4:17. Non vi è perciò una parziale esortazione relativa a qualche aspetto del culto, ma piuttosto il comandamento a un cambiamento radicale, un'accettazione incondizionata, un'obbedienza completa alla volontà del Padre rivelata per mezzo del Figlio. 

Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, bensì i malati. Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento».
Luca 5:31,32 

L'appello di Gesù non è rivolto solo alle persone religiose del popolo, ma è rivolto a tutti, e soprattutto a coloro che sono peccatori, bisognosi e indigenti. Esso non consiste in una particolare regola di condotta ma piuttosto nella totale sottomissione alla sovranità di Dio. Ogni legame familiare, nazionale ed economico deve essere sciolto per entrare nella libertà del regno di Dio, distaccandosi anche da sé stessi e dal proprio egocentrismo. 

La predicazione di Gesù non si contrappone alla legge di Mosè, ma in alcuni casi mostra una volontà divina superiore, come nel caso della santificazione del sabato (Mc 3), o del digiuno (Mc 2). Evidenzia inoltre una cattiva comprensione della stessa, un travisamento del significato fondamentale:

Marco 7:13 [...] annullando così la parola di Dio con la tradizione che voi vi siete tramandata. Di cose simili ne fate molte». 

Queste osservazioni diventano di vitale importanza proprio a causa del subentro di una situazione nuova (Mc 2:22), un nuovo tempo della salvezza che cambia la posizione nei confronti della legge, nell'antica divisione tra sacro e profano; radicalizzando invece altri precetti che vengono allargati fino alle intenzioni del cuore. Tutta la legge infatti trova il suo pieno adempimento nell'amore di Dio e del prossimo (Mt 22:37), laddove il prossimo non è più solo il proprio connazionale (Lev 19:18) ma addirittura il proprio nemico e persecutore (Mt 5:44). L'amore di cui parla Gesù, non è un amore umano ma è l'amore di Dio, che avvolge per primo tutti i suoi figli rendendoli capaci di ricambiare questo stesso amore verso di lui e verso il prossimo. 

Esiste una certa difficoltà nell'inquadrare la predicazione e la richiesta di Gesù sotto le normali classificazioni sociali e religiose. Egli infatti non è un riformatore morale, né un rivoluzionario sociale e neppure un asceta nemico del mondo, nonostante la sua scelta di non sposarsi e non avere alcun possedimento. Le sue guarigioni non vogliono portare a una riforma dell'igiene e della medicina, né si rende portavoce della richiesta di abolizione della schiavitù. Il suo appello infatti trascende ogni singolo aspetto per contenerli tutti: la richiesta è quella di fare vere rinunce, non in senso ascetico ma per vivere nella libertà di decisione per il regno di Dio. In questo modo ogni legame (familiare, sociale, economico etc.) viene relativizzato perdendo quindi il carattere di potenza assoluta. Ogni cosa impallidisce di fronte alla realtà del regno di Dio, che a partire da questo momento storico rappresenta tanto il mezzo quanto il fine dell'intera vita umana secondo le intenzioni del Creatore. Questa etica escatologica vige fino al compimento del regno di Dio, quando male, matrimonio e stato non esisteranno più, e vi sarà una totale ed eterna adesione alla realtà spirituale tanto predicata e tanto attesa.

3.LA COMUNITA' POST PASQUALE













La pasqua di resurrezione è l'origine della comunità cristiana, l'evento trasformante che ha reso necessario non solo il ricordo e la trasmissione degli insegnamenti di Gesù, ma anche la loro rielaborazione, interpretazione e attualizzazione. In poco tempo sono sorte nuove comunità che ben presto hanno sviluppato delle esigenze storiche nuove, i cui problemi non trovavano soluzione nei detti conosciuti di Gesù. Ecco quindi la necessità di prendere decisioni personali, conciliando il dono dello Spirito Santo con le esigenze dell'etica, con il comandamento dell'amore. Assistiamo quindi ad un vero e proprio sviluppo dell'etica cristiana, che assume la sapienza giudaica ed ellenistica, le leggi morali della società ed in genere tutto quello che poteva servire per coprire il più possibile la casistica di problemi all'interno delle chiese locali. Non vi era alcuna forma di esclusivismo cristiano proprio perché tutto ciò che è santo, giusto, buono, tutto ciò in cui vi è qualche virtù (Fil 4:8) poteva essere considerato cristiano in modo puro o indipendente. La coesistenza di diversi tipi di etica (di Paolo, Giovanni, Giacomo etc.) dimostra che esisteva un ampio campo di libertà e possibilità, secondo la molteplicità di doni dello Spirito Santo. In questo nuovo contesto emergono necessariamente nuove autorità etiche: la chiesa in quanto comunità (cfr. 1 Cor 5), l'apostolo come padre spirituale delle comunità da lui fondate (cfr. 1 Cor 4:14-17) e successivamente i direttori di comunità nominati dagli apostoli stessi. Questa impostazione si è consolidata secondo un passaggio a più livelli. Inizialmente infatti vi era soltanto la parola di Gesù convalidata mediante la pasqua, in un secondo momento questa stessa parola si è potuta attualizzare in base alle situazioni storiche delle comunità, arrivando infine ad uno sviluppo ulteriore dell'etica cristiana mediante concetti nuovi come l'etica dello Spirito in Paolo, la fondazione cristologica dell'etica, la parenesi battesimale e la lotta contro le potenze di questo mondo. 

Anche la comunità postpasquale vive un'etica di tipo escatologico, evitando di formulare trattati sulla filosofia della società, per intervenire solo nel momento in cui la situazione specifica degli ascoltatori e dei lettori rende necessaria una direttiva concreta. Ecco quindi che la cessione e comunione dei beni descritta negli Atti, non ha un intento assolutistico ma funge da esempio (probabilmente con un certo grado di idealizzazione) di libertà nell'accoglienza della causa del regno di Dio. Il problema anche in questo caso non è la proprietà in quanto tale, ma piuttosto il rapporto tra la proprietà e l'uomo. Il possesso della proprietà infatti esercita un potere sul cuore dell'uomo, che ne risulta legato. Per questo motivo vi sono così tante esortazioni a non accumulare tesori terreni (p.es. Mt 6:19), ma anche denunce relative all'impossibilità di servire contemporaneamente Dio e la ricchezza (cfr. Mt 6:24). In tutto questo quindi non troviamo nulla di simile ad una concezione comunista, ma piuttosto delle linee guida su come superare certi ostacoli pratici che allontanano da una vita piena di amore per il Signore e per il suo regno. Dalla parte opposta infatti, la stessa povertà non viene glorificata ma considerata secondo la stessa luce critica dell'escatologia. Il regno dei cieli infatti non appartiene ai poveri in quanto tali, ma ai poveri in spirito (Mt 5:3). 

Più avanti con il tempo, troviamo un'ulteriore sviluppo del pensiero etico cristiano nella formazione delle prime comunità ellenistiche, come quella di Antiochia di Siria. Queste chiese locali sono il frutto della missione fra i gentili, e manifestano notevoli differenze rispetto alle comunità giudeo-cristiane. In questi nuovi contesti viene accettata la combinazione della legge di Mosè con la tradizione di Gesù, sviluppando però anche il presupposto storico che porterà alla teologia ed etica paolina. Il solo e semplice passaggio verso la cultura ed il linguaggio ellenistico rese necessaria la formazione di termini nuovi: euaggélion, khàris, agape, per esempio; ma anche termini spiccatamente etici come areté (virtù) e synéidesis (coscienza), riscontrabili in Fil 4:8 e Rom 2:15. Le comunità presenti nei territori greco-romani erano soggette a pressioni pagane molto potenti, e per questo motivo si dovette rispondere con delle regole di vita cristiana molto chiare, espresse per esempio con la parenesi battesimale illustrata da Paolo in Romani 6. In questo contesto troviamo anche i cataloghi di vizi e virtù (cfr. 1 Cor 6:9 e seguenti, Gal 5:19 e seguenti) adottati sicuramente da un ambiente ellenistico ma rivisti nell'ottica cristiana. Non bisogna dimenticare il fatto che la predicazione missionaria rimaneva e rimarrà sempre un annunzio del giudizio, che non esaspera tuttavia uno stile di vita legalistico proprio grazie al kerygma, all'annuncio di Cristo Salvatore. 

4.L'ETICA CRISTOCENTRICA DI PAOLO













L'apostolo Paolo ha senz'altro dato un contributo fondamentale allo sviluppo dell'etica cristiana, attingendo prevalentemente a tre tipi di importanti tradizioni:

1) Il kerygma dell'unico vero Dio in contrasto con il politeismo pagano.
2) La predicazione escatologica del giudizio, in accordo con la tradizione sinottica (vista nel capitolo 2.UN'ETICA ESCATOLOGICA).
3) Le prime forme di parenesi etica di tipo battesimale. 

La sua battaglia avveniva su due fronti: quello giudaico (con la concezione che la legge porta alla salvezza), e quello gnostico (soprattutto a Corinto e Colossi, con la ricerca di una conoscenza nascosta necessaria a possedere già il regno di Dio). Per questi motivi la sua difesa era volta a rimarcare la gratuità della salvezza in Cristo (Rom 3:24) e camminare nello Spirito (Galati 5:25) da una parte, e dall'altra a sostenere l'energica predicazione del "non ancora" escatologico. Il regno di Dio infatti non si è ancora pienamente manifestato, ed è proprio lo Spirito Santo che insegna ad attendere e sospirare la redenzione non ancora avvenuta (Rom 8). Per l'apostolo quindi il senso dell'etica cristiana si posiziona tra la resurrezione di Cristo e l'apparizione finale del Signore; essa è perciò necessaria unicamente in questo periodo intermedio della chiesa. Le sue indicazioni sono peraltro squisitamente "comunitarie", in quando provengono dalla comunità e valgono per essa; al contrario, per esempio, dell'etica degli stoici rivolta a tutti gli uomini. 

Purificatevi del vecchio lievito, per essere una nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. Celebriamo dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità.
1 Corinzi 5:7,8

In queste poche frasi inviate ai Corinti possiamo renderci conto della motivazione cristologica dell'etica paolina. La necessità di purificazione infatti nasce proprio dalla morte sacrificale di Cristo. Parafrasando, possiamo trovare il seguente significato: "divenite quello che siete già realmente mediante Cristo, cioè vivete la nuova esistenza partendo da Cristo". Non è un'etica del dovere, o dell'ubbidienza ad uno status, ma un nuovo concetto etico della persona che agisce in Cristo e per Cristo.

Ci sono però altre due motivazioni in questo tipo di etica. La prima è quella sacramentale, e si vede per esempio nell'insegnamento del battesimo quale unione con la morte e resurrezione di Cristo (Rom 6) in vista della libertà dalla tirannia del peccato. La seconda invece è quella pneumatologica, ed è mostrata dalla necessità della presenza e comunione con lo Spirito per adempiere la volontà di Dio e produrre i frutti desiderati (cfr. Rom 8, Galati 5). Lo Spirito Santo dunque compie la legge di Dio, attraverso l'azione degli stessi cristiani. Il tutto però deve essere vincolato dall'amore per essere confermato tanto dalla chiesa quanto dal Signore stesso.

Ora, fratelli, vi esorto, per il Signore nostro Gesù Cristo e per l'amore dello Spirito, a combattere con me nelle preghiere che rivolgete a Dio in mio favore [...] 
Romani 15:30 

Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.
Romani 5:5 

L'amore è il legame che sussiste tra Dio e l'uomo, e che si concretizza nelle opere dei cristiani. Esso è divino ed umano contemporaneamente, e si origina proprio dalla croce di Cristo. Un amore che si sacrifica, si dedica e serve, che non pensa al proprio interesse ma piuttosto a quello del prossimo (Fil 2). Questa concezione dell'amore è agli antipodi di tutta l'antichità, e si allontana dalla virtù aristocratica dei sapienti, dalla ragione dell'uomo, dalla virtù del cittadino della polis, o dalla maturazione in un processo pedagogico. Questo amore è dono di Dio in Cristo, una realizzazione della salvezza. 

Esso trova una sua manifestazione anche nel rapporto tra la comunità e il mondo, e in molti altri aspetti di vita pratica e sociale. 

Ma questo dichiaro, fratelli: che il tempo è ormai abbreviato; da ora in poi, anche quelli che hanno moglie, siano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che si rallegrano, come se non si rallegrassero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perché la figura di questo mondo passa.
1 Corinzi 7:29,31 

Il tempo rimanente prima della fine è molto breve, i credenti in Cristo sono nuove creature che, entrando in questa nuova creazione (ossia nella Chiesa), sono invitati a vivere in modo degno della loro chiamata. Non abbiamo un disprezzo del mondo come quello dei cinici, degli scettici o degli gnostici, ma una santificazione derivata da un fatto molto positivo: la presenza della salvezza. 

Nonostante l'attesa escatologica, il comportamento da tenere deve essere sempre rappresentativo della rinnovata realtà interiore. Un primo esempio importante di questa attitudine può essere trovato nella seconda lettera ai Tessalonicesi, al terzo capitolo. Questo brano presenta quello che viene chiamato "il comandamento del lavoro", che manifesta la necessità di continuare a lavorare per non essere di peso a nessuno ed agire in modo ordinato. E' evidente la ricerca di un delicato equilibrio tra la consapevolezza di non appartenere a questo mondo e quella di esserci in mezzo. Come abbiamo visto precedentemente la soluzione non è quella di estraniarsi, ma di continuare a usare di questo mondo, facendolo però come se non lo si facesse. Un'attitudine di cuore volta alla libertà da ogni legame, e alla testimonianza dell'opera di Cristo.
Vi può essere qualche difficoltà a mettere a fuoco questo pensiero proprio perché esso non è sistematizzato in un vero e proprio concetto etico, ma viene presentato sempre e comunque in risposta a situazioni concrete delle comunità, rendendo l'apostolo Paolo un "etico della situazione". Un secondo esempio dell'equilibrio e della necessità di dare una buona testimonianza, è presente nella lettera ai Romani, al tredicesimo capitolo. I primi versetti riguardano la posizione dei cristiani di Roma verso i funzionari e le autorità dell'impero. In questo contesto Paolo non si pone neanche il problema della legittimità del potere romano, arrivando subito dritto al punto: questa autorità politica esiste perché è stata voluta da Dio, e quindi bisogna necessariamente sottomettervisi. Qui non troviamo alcuna motivazione cristologica dello stato, anche se si tratta comunque di una conseguenza significativa dell'amore e dell'umiltà. Prima delle sanzioni, deve essere la stessa coscienza dei cristiani a vincolarli verso lo stato, riconoscendo in esso un ordinamento divino. 
Un terzo esempio può essere quello della prima lettera ai Corinti al settimo capitolo. Questo brano risponde ad alcune domande specifiche relative al matrimonio. Paolo respinge tanto la tendenza libertina quanto quella dell'ascetismo radicale, restringendo la libertà al cristiano che di fatto non deve cedere alla carne e ai suoi desideri, ma neanche perseguire una forma di ascesi assoluta. C'è il consiglio di non sposarsi a causa dell'attesa del regno di Dio e per non essere occupati da altro che piacere e servire Lui, ma c'è anche la consapevolezza che il matrimonio è un ordinamento sacro voluto dal Signore, e che di conseguenza è "cosa buona". La chiamata di Dio non strappa l'uomo dalla sua posizione storico-sociale, pertanto non esiste una "rivoluzione sociale" ma l'esortazione che "ciascuno continui a vivere secondo lo stato che gli fu assegnato dal Signore". 

5.CONCLUSIONE














Il Nuovo Testamento evita di formulare un pensiero etico completo, principalmente perché questo non è il suo scopo. Il messaggio del regno di Dio e il significato del sacrificio di Cristo, infatti, rappresentano qualcosa di molto più grande, che trascende i singoli aspetti della vita umana pur comprendendoli tutti. L'urgenza verte sulla libertà di risposta ed adesione alla chiamata di Dio, a cui deve seguire un'adeguata condotta di vita. Per questo motivo possiamo descrivere l'etica neotestamentaria come escatologica in primo luogo, e parenetica in secondo. Escatologica perché vive nell'attesa dell'instaurazione del regno di Dio, e parenetica in quanto manifesta unicamente delle risposte alle singole esigenze storico-sociali delle comunità o dei cristiani a cui erano rivolti gli scritti biblici. 


Nel tempo attuale, è logico pensare che i cristiani contemporanei debbano fare altrettanto: ubbidire alle indicazioni delle Scritture, ma anche a quelle delle nuove autorità etiche sorte nel frattempo: l'assemblea ecclesiastica nel suo insieme, gli apostoli fondatori delle comunità e i responsabili da loro nominati nelle rispettive chiese locali. Queste autorità sono chiamate in causa soprattutto quando la risposta a un determinato problema non è contemplato dalle parole di Gesù nei vangeli o dal resto dei libri biblici, ma è consigliabile che essi possano seguire un ragionamento simile a quello dell'apostolo Paolo: evitare cioè qualsiasi "rivoluzione sociale" per valorizzare ogni persona alla luce del regno di Dio, in sottomissione al più importante tra tutti i comandamenti:

Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?» Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore. Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». 
Marco 12:28-31 


Bibliografia:

- Wendland Heinz-Dietrich, Etica del Nuovo Testamento, Paideia Editrice Brescia.

Sitografia:
- http://www.treccani.it/enciclopedia/etica/
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